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Introduzione
Populismo, una parola che ha fatto e fa discutere ancor oggi gli esperti di
politica per la sua indeterminatezza e per il suo sapersi adattare a qualsiasi
forma politica, una parola fortemente abusata negli ultimi anni all’interno di
tutte le democrazie europee, ma soprattutto all’interno del nostro Paese.
Infatti, accendendo un qualunque televisore, leggendo un qualunque giornale
o navigando in un qualunque sito, è subito lampante il continuo ed
estenuante ricorso a questo termine.
È per questo che ho deciso di prendere in esame il tema del populismo,
perché fortemente attuale e in linea con il panorama politico-sociale
dell’Italia. Un tema, questo, che va scardinato e affrontato a 360°, attraverso i
moltissimi contributi provenienti dai vari studiosi, intellettuali e docenti.
Nel primo capitolo della tesi mi sono incentrata sulle teorie di alcuni autori più
celebri sottolineando il carattere “cangiante” del populismo, sono poi passata
a trattare due importanti elementi ad esso strettamente collegati, ovvero il
concetto di popolo e di democrazia, per chiudere con le diverse
classificazioni di populismo fin ora date.
Nel secondo capitolo ho fatto una panoramica generale sulla storia della
comunicazione politica, mi sono occupata di descrivere il ruolo dei mass
media all’interno della dottrina del populismo e in particolare il ruolo della Tv,
mezzo così importante da far coniare il termine telepopulismo. Inoltre, ho
5
descritto la figura del leader populista, rifacendomi doverosamente al “potere
carismatico” di Max Weber e sono poi passata ad analizzare la
comunicazione e specificatamente i manifesti di alcuni partiti politici,
sottolineando la loro capacità o meno, di porsi sulla stessa lunghezza d’onda
dei “cittadini comuni”.
L’ultimo capitolo tratta del fenomeno M5S che è nato e cresciuto in Rete e
che sta avendo una grande fortuna elettorale tra i cittadini. Un movimento-
partito spesso tacciato di essere populista e che in effetti ricalca molti dei
tratti tipici del populismo a partire dalla figura carismatica a cui si lega, cioè
l’ex comico televisivo Beppe Grillo. Un personaggio che fa molto discutere di
sé e delle sue iniziative, insieme con l’altro fondatore del M5S, Gianroberto
Casaleggio, colui che ha inizializzato Grillo alla Rete e che è considerato il
guru di quest’ultima.
In questo capitolo cerco di sfatare il mito della democrazia diretta e
partecipativa promossa da Grillo, non per gli obiettivi che si propone, che, se
davvero fossero portati avanti sarebbero più che nobili, ma quanto più per i
mezzi (il suo blog), per la retorica e per il linguaggio volgare che il comico
utilizza. Inoltre, Grillo semplifica le questioni politiche, dando spesso soluzioni
banali e soprattutto non attuabili, critica le incoerenze dei politici quando lui
stesso è una contraddizione vivente!
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1. Populismo e dintorni
1.1 Definizione
Per Ludovico Incisa di Camerana, “possono essere definite populiste quelle
formule politiche per le quali fonte precipua di ispirazione e termine costante
di riferimento è il popolo considerato come aggregato sociale omogeneo e
come depositario esclusivo di valori positivi, specifici e permanenti”
1
. Il
populismo, quindi, non è una dottrina precisa, non corrisponde ad
un’elaborazione teorica, organica e sistematica; infatti, le definizioni del
populismo risentono dell’ambiguità concettuale del termine.
È proprio su questa indeterminatezza concettuale e sul suo carattere
equivoco che si soffermano molti specialisti della scienza politica; in
particolare, Margaret Canovan secondo la quale il termine populismo
“comprende un ventaglio estremamente ampio di fenomeni diversi e usato da
vari autori per rimandare a cose del tutto diverse”
2
. Il suo uso eccessivo e nei
casi più disparati, ha portato alla proposta di alcuni autori di ricorrere al
“rasoio di Ockham”
3
, cioè all’eliminare la parola stessa dal vocabolario delle
scienze sociali.
1
N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, Dizionario di politica, Utet, Torino, 1983, pp. 859-
864.
2
M.Canovan, Two Strategies for the Study of Populism, in Political studies, anno XXX 4,
dicembre 1982, pp. 544-545. Cit. da P. A. Taguieff in L’illusione populista pag.78.
3
È il nome con cui viene contraddistinto un principio metodologico espresso nel XIV
sec. dal filosofo e frate francescano inglese William of Ockham, noto in italiano come
Guglielmo di Occam. Tale principio, ritenuto alla base del pensiero scientifico moderno, nella
sua forma più immediata suggerisce l'inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano
strettamente necessarie per spiegare un dato fenomeno quando quelle iniziali siano
sufficienti.
7
Proposta che non viene accettata dalla maggior parte degli studiosi che
invece vogliono ricostruire e spiegare tale concetto pur basandosi su
differenti strategie cognitive. La Canovan distingue tra due tipi di strategie,
l’una descrittiva, che lei stessa abbraccia e che si limita a stilare un elenco di
populismi senza dare una definizione concreta e l’altra che si occupa di
elaborare una teoria generale del populismo trovando le sue caratteristiche
essenziali
4
.
Strategia ripresa poi da Ernesto Laclau che prima di iniziare afferma: “il
populismo è un concetto tanto ricorrente quanto inafferrabile. In modo
intuitivo noi sappiamo a che cosa ci riferiamo quando chiamiamo populista
un movimento o un’ideologia, ma troviamo difficoltà a tradurre la nostra
intuizione in concetti”
5
.
Terza via possibile per tentare un approccio al populismo è quella proposta
dall’antropologo Rodney Needham in un articolo del 1975 in cui introduce il
termine “politetico” che si riferisce a «cose tra le quali esiste una somiglianza,
un’“aria di famiglia”, ma che non cadono sotto una sola definizione».
Consiste nel partire da un caso prototipico che presenti le caratteristiche
basilari, come il peronismo, per poi identificare delle varianti e porle come
suoi sottotipi, varianti che condividono con il caso basilare certi attributi
definitori, anche se privi tra loro di una connessione necessaria. «Se il
populismo costituisce una nozione non chiaramente delimitata, allora si può
dire: “Questo termine significa approssimativamente questo o quello” e
4
M. Canovan, op. cit., pag. 545.
5
P. A. Taguieff, L’illusione populista, Ed. Mondadori, Milano, 2006, pp. 78-81.
8
fornire qualche esempio, supponendo che il “che cosa” si esaurisca
nell’enumerazione degli esempi»
6
.
Addirittura, da alcuni studiosi come Isaiah Berlin, la ricerca della definizione
del populismo viene ironicamente paragonata a un “complesso di
Cenerentola”, cioè al fatto che “non esista una scarpa, in questo caso la
parola populismo, per la quale esista un piede adatto. In un modo o nell’altro,
si riuscirà a far calzare la scarpa a qualsiasi piede”
7
. Per altri, come Paul
Taggart, il populismo è sinonimo di confusione, in quanto è sia una
“bestemmia” politica, che un concetto delle scienze sociali. Inoltre, Taggart
definisce il populismo un “fenomeno marginale, spettacolare e visibile” grazie
alla cassa di risonanza fornita dai media, visibilità che può generare
impressioni sbagliate sul suo peso politico effettivo
8
.
In definitiva, l’ambiguità semantica del termine populismo è data dal
“principio di onnipotenza sincretica”, cioè dal fatto che si lega con qualsiasi
forma politica, dalla democrazia alla dittatura e dal fatto che entra in
relazione con altre parole chiave ambigue ma fondamentali nell’ambito
politico come il concetto di popolo e di democrazia
9
.
1.2 Il Concetto di Popolo
Molti autori vedono nel richiamo al concetto di popolo e al suo appello, insito
nel populismo, il suo nucleo costitutivo. Per Pasquino le politiche populiste si
6
Ivi, pag. 80.
7
Y. Mény, Y. Surel, Populismo e democrazia, Il Mulino, Bologna, 2001, pag. 23.
8
Il populismo è marginale, di D. Vlasblom - 26 febbraio 2011, pubblicato in Olanda,
traduzione di italiadallestero.info.
9
P. A. Taguieff, op. cit., pag. 85.
9
basano sulla “credenza nei valori positivi di quell’indifferenziata entità che è il
popolo e sull’esistenza di un rapporto diretto tra leadership e popolo”
10
.
Per Lloyd Fallers il populismo è un’ideologia per la quale “la legittimità risiede
nel popolo”, mentre per Edward Shils “si basa su due principi fondamentali:
la supremazia della volontà del popolo e la relazione diretta tra popolo e
leadership”
11
.
Studiosi come Guy Hermet, Pierre-Andrè Taguieff, Paul Taggart e Alfio
Mastropaolo, considerano il populismo non come un’ideologia, ma più come
una forma mentis alla cui radice c’è il credere nelle virtù innate del popolo e il
voler rivendicare il ruolo di elemento di legittimazione del potere politico;
mentre per Canovan e Laclau gli appelli al popolo, anche detti “interpellanze
popolari-democratiche”, sono l’unico tratto condiviso da tutti i tipi di
populismo
12
.
Il populismo si riferisce a un popolo dalla natura mitica, idealizzato e oggetto
di venerazione, visto come una comunità organica e omogenea. Un concetto
di popolo inteso anch’esso in maniera diversa dagli innumerevoli autori che
se ne sono occupati, come Yves Mèny e Yves Surel che parlano di popolo-
sovrano, popolo-classe e popolo-nazione
13
. Nel primo caso, il popolo viene
visto come attore legittimo e fondatore dell’ordine politico. Esso instaura uno
stretto legame con la nozione di sovranità, idea che si sviluppa già nel
10
M. Tarchi, L’Italia populista, Il Mulino, Bologna, 2003, pag. 19.
11
N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, op.cit., pag. 859.
12
P. A. Taguieff, op. cit., pp. 82-83.
13
Cfr., M. Canovan, Populism, H. B. Jovanovich, New York e Londra, 1981. La Canovan ha
distinto tre diversi appelli caratteristici della famiglia politico-culturale dei populisti: appelli
rivolti al popolo unito, che coincide con la nazione o il paese, al nostro popolo, inteso come
l’insieme di quanti fanno parte di un ceppo etnico comune e vivono all’interno di un
medesimo aggregato, e alla gente odierna o comune, l’uomo della strada.
10
Medioevo e con le teorie “moderne” di Hobbes, ma soprattutto di Rousseau.
Infatti, è da quest’autore che il pensiero populista trae maggiore ispirazione,
in particolare dall’idea di volontà generale che per Rousseau non può essere
rappresentata da alcun interesse particolare. È il popolo stesso ad esprimersi
attraverso la volontà generale e a dissolversi quando questa viene affidata
ad un suo rappresentante. Possiamo, quindi, riassumere le posizioni teoriche
di Rousseau attraverso le parole di Jacques Julliard: “Non solo il popolo è
sovrano, ma deve lui stesso esercitare la sua sovranità senza mai delegarla”.
Il popolo-classe, invece, nella sua accezione socioeconomica, è la parte più
umile della popolazione e il suo significato è molto vicino a quello di "plebe”
14
,
cioè aggregato più o meno informe di misera gente costantemente in rivolta
contro i ricchi. Infine, l’ultima classificazione di popolo-nazione, si basa sul
suo aspetto culturale, legato a caratteristiche geografiche, linguistiche o
etniche che delimitano una data comunità
15
.
Inoltre, Pierre-André Taguieff intende il popolo in base alle sue radici
etimologiche di demos ed ethnos; demos come l’insieme di tutti i comuni
cittadini ed ethnos come identità nazionale
16
.
Concezioni queste che pongono tutte il popolo come interlocutore ideale del
populismo, che deve ritrovare la perduta compattezza e non lasciarsi
sopraffare dal rischio della decadenza e della disgregazione.
14
Anche Guy Hermet in Les populismes dans le monde, Fayard, Parigi, 2001, pag. 15. Cit.
da M. Tarchi, op.cit., pag. 23, parla di popolo nazione e di popolo plebe. Questi due concetti
vengono, per alcuni versi, accostati e per altri contrapposti e indicano: il primo, il popolo
come costituente principale della nazione, mentre il secondo il popolo oppresso dalle classi
ricche.
15
Y. Mény, Y. Surel, op. cit., pp. 175-176.
16
P. A. Taguieff, op. cit., pag. 57.