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INTRODUZIONE
L’apprendistato è un istituto di grande attualità e rilevanza, che
coinvolge interessi di varie categorie quali giovani, imprese, regioni
e parti sociali.
La peculiarità di tale rapporto lavorativo è caratterizzato dal fatto che
il datore di lavoro, oltre a pagare la retribuzione all’apprendista per il
lavoro svolto, è obbligato altresì a garantirgli la formazione necessaria
per acquisire competenze professionali adeguate al ruolo e alle
mansioni per cui è stato assunto; l’apprendista, a sua volta, ha
l’obbligo di seguire il percorso formativo che può essere svolto
internamente o esternamente all’azienda.
Da tempo, la formazione professionale rappresenta argomento di
accesa discussione nel dibattito della politica economica nazionale ed
internazionale.
Da più parti, infatti, è stato sottolineato come l'Italia stia perdendo
competitività nel mercato globale e come ciò sia imputabile, in
particolare, allo scarso investimento nella formazione professionale;
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basti pensare, a tal fine, che nel sistema produttivo italiano l'istruzione
terziaria ha un peso pari a due terzi rispetto alla media comunitaria ed
a poco più della metà di paesi nostri diretti competitori come la
Francia e la Germania
1
.
A ciò va aggiunto che il nostro Paese presenta strutturalmente tassi di
occupazione giovanile inferiori rispetto alla media europea
2
e, di
conseguenza, tassi di disoccupazione e di inattività relativamente
elevati.
La particolare situazione di congiuntura economica degli ultimi anni
ha avuto un impatto fortemente negativo sull'occupazione e sulla
domanda di lavoro ed ha colpito, in particolare, i giovani; l'attuale
ciclo sfavorevole ha, così, messo ulteriormente in evidenzia i problemi
irrisolti del mercato del lavoro italiano enfatizzandoli per la classe
dei più giovani.
Ciò spiega perché l'istituto dell'apprendistato, tradizionale strumento
d'ingresso nel modo lavorativo per i giovani, abbia di recente assunto
1
Dati forniti dall'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, rapporto
Isfol 2012: le competenze per l'occupazione e la crescita, Cava de' Tirreni, 2012,53.
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Dati Istat ,aggiornati a gennaio 2014.L’Italia, con il suo 41,6% di giovani disoccupati, è al quarto
posto dopo Grecia, Spagna e Portogallo.
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una rinnovata attenzione da parte del legislatore.
L'apprendistato, negli ultimi anni, è stato oggetto di numerosi
interventi normativi.
La Legge del 19.01.1995 n. 25, che per prima disciplinò
compiutamente l'apprendistato, è stata sostituita, dapprima, con la
Legge del 24.06.1997 n. 196 recante “Norme in materia di
promozione dell'occupazione" (c.d. Pacchetto Treu) e quindi con il
Decreto legislativo 10.09.2003 n. 276 di "Attuazione delle deleghe in
materia occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 14 febbraio
2003, n. 30", che ha provveduto ad articolare l'apprendistato in tre
fasce: l'apprendistato per l'espletamento del diritto/dovere di istruzione
e formazione, l'apprendistato professionalizzante e l'apprendistato per
l'acquisizione di un diploma o percorsi di alta formazione.
Infine, dopo il D.Lgs. n.167 del 2011, denominato “Testo unico
dell'apprendistato”, volto a raccogliere, semplificare ed, in parte,
innovare l'intera disciplina di questo prezioso istituto per l'inserimento
lavorativo, è intervenuta sulla materia la Legge n, 92 del 2012
(c.d. riforma Fornero) con il fine di porre rimedio all'aggravarsi del
fenomeno della disoccupazione giovanile.
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Nonostante l'intento volto a favorire l'inserimento dei giovani nel
mondo del lavoro attraverso l'acquisizione di una professionalità
specifica direttamente all'interno di un'impresa, l'istituto in oggetto
non ha riscosso i dovuti consensi operativi, rimanendo caratterizzato
da una scarsa diffusione e da un'attuazione distorta.
Spesso l'apprendistato è stato infatti utilizzato dalle aziende
unicamente per reperire manodopera a basso costo e non per fornire
un'opportunità di formazione e di avviamento al mondo professionale,
con la conseguenza che si è assistito ad un notevole spreco di risorse
umane e di materiali, che la recente e perdurante crisi economica ha
ulteriormente aggravato.
Tra le ragioni determinanti il sostanziale insuccesso dell'apprendistato
nel nostro Paese(numerose e di diversa natura) le principali sono da
attribuire alla complessità normativa e burocratica, che ha
caratterizzato il rapporto di lavoro de quo, specialmente in ragione
dell'intreccio fra le diverse competenze statali e regionali; nonchè alle
limitate risorse pubbliche stanziate a sostegno della formazione
professionale, che, contrariamente alle aspettative ed alle ambizioni
riposte in tale istituto, hanno consentito unicamente ad una quota
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ridotta di apprendisti l'avvio di effettivi percorsi formativi.
E' in tale contesto che si è inserita la recente Riforma Fornero, che
intervenendo sul fenomeno del precariato incidendo sul regime della
durata, sul numero complessivo degli apprendisti in servizio e sul
regime delle conferme dei lavoratori apprendisti, si è proposta di
rendere più dinamico il mercato del lavoro, ponendo particolare
attenzione ai giovani.
Tuttavia, la portata complessiva della riforma è risultata limitata o,
comunque, insufficiente rispetto ai proclami e alle aspettative
3
in
quanto la formazione professionale e l'apprendimento permanente,
perno centrale della riforma, non sono stati adeguatamente supportati
e risultano, anzi, essere rimasti un obbiettivo per il futuro piuttosto
che una realtà attualmente operati
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Cfr. M.TIRABOSCHI il quale definisce “la Riforma Fornero ,un occasione mancata”, Rilancio
dell'apprendistato e somministrazione di lavoro, Giuffrè, Milano, 2011.
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CAPITOLO PRIMO
L'EVOLUZIONE DELL’APPRENDISTATO NEL CONTESTO
EUROPEO E IN ITALIA
1. Le origini del rapporto tra formazione e lavoro
Lavoro e formazione sono posti in connessione tra loro soprattutto con
riferimento alla fase d'inserimento dei giovani nel mondo lavorativo.
Tale relazione ha trovato nell’istituto denominato tirocinio o
apprendistato l’espressione più significativa .
Le radici storiche dell’apprendistato sono molto antiche e,
generalmente, ricondotte alla relazione tra il maestro e l'allievo; le
prime tracce di formazione dei giovani sul lavoro si ritrovano
nell’antico Egitto e nelle epoche greca e romana, in cu l'insegnamento
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del mestiere era di tipo prevalentemente familiare
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, includendo
sovente la coabitazione del giovane col maestro e, conseguentemente,
l’obbligo per il docente al mantenimento dell'allievo (posizione questa
che rievoca quella del pater familias investito non solo di funzioni
direttive ma anche di un potere correttivo).
La figura del moderno apprendista affonda le proprie radici in quella
del laborans medievale che collaborava nella bottega artigiana e
versava al maestro un compenso per l’insegnamento ottenuto
aspirando ad acquisire, mediante il tirocinio nell’arte o nella
professione, la posizione di maestro ovvero di socio dell’artigiano
5
.
Disciplinato dagli Statuti delle corporazioni, l’apprendistato medievale
svolgeva essenzialmente la funzione di preparare l’ingresso del
giovane nell’organizzazione professionale.
Nell’epoca moderna l’avvento dell’industrializzazione ha
comportato la fine delle corporazioni e dei mestieri e l’avvio al lavoro
di molti giovani e bambini sottopagati, costretti a vivere in condizioni
disumane e privi di qualsivoglia istruzione e formazione
4
Cfr. L. MELE, Il contratto di formazione e lavoro, Piano straordinario per l’occupazione
giovanile, Milano, 1995, Il Sole 24 Ore Pirola, p. 5.
5
Cfr. M. SALA CHIRI, Il tirocinio, in Il codice civile. Commentario, diretto da SCHLESINGER,
Giuffrè, Milano, 1992, p. 2.
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professionale, dato che il nuovo sistema industriale richiedeva
l’esecuzione di mansioni semplici e ripetitive. In quell'epoca il
fenomeno dell'apprendistato sopravvisse, ma i ruoli si capovolsero, in
quanto non era più l’apprendista a pagare il maestro, bensì il datore di
lavoro, che ricavando un’utilità dalla prestazione lavorativa
dell’apprendista, seppure imperfetta, viste le sue scarse conoscenze in
materia, si obbligava a retribuirlo anche se in misura ridotta
6
.
L'apprendista quindi, nel periodo dell'industrializzazione, divenne un
lavoratore al pari di tutti gli altri; il giovane assunto eseguiva il
medesimo lavoro che svolgevano i lavoratori qualificati, alle stesse
gravose condizioni ed in assenza di una qualsivoglia formazione
teorica che, di contro, era costituita, semplicemente,
dall'affiancamento al personale esperto
7
.
Il contratto di apprendistato, tuttavia, non ha mai perso la sua
tradizionale funzione volta a far conseguire al lavoratore una qualifica
professionale ovvero a far apprendere il mestiere mediante
l’addestramento sul posto di lavoro.
6
Cfr. L. MENGHINI, Sezione I – art. 2 comma 1, lett. a), b), c), e), f), g), h), i). I contratti a
contenuto formativo, in “La legge delega in materia di occupazione e mercato del lavoro” di
CARINCI M. T., Leggi e lavoro (diretta da CARINCI F.), Ipsoa, Milano, 2003, p. 107 e ss.
7
Cfr. C. CAMEROTA - D. LUPI, Il Consulente del Lavoro, Buffetti, Roma, 1989, pp. 248-249.