9
Introduzione
Questo lavoro è il frutto di una grande passione, passata attraverso le esperienze di
una vita e sotto il giogo del disincanto. È la passione per una specifica forma di
comunicazione, in italiano nota come fumetto, e per un genere narrativo legato alla
presenza di uno specifico personaggio del folklore contemporaneo: il supereroe.
I supereroi godono oggi di ottima salute, forti di eccezionali risultati sul mercato
cinematografico e su quelli legati a esso, dalla distribuzione home video, nelle sue varie
forme contemporanee, al merchandising. Il mezzo di comunicazione fumetto, per così dire,
tiene bene: non produce il volume di affari —e denaro— che interessa ai grossi investitori,
ma oggi si ritrova ad avere, nei diversi contesti e con le rispettive storie e tradizioni
nazionali, un importante riconoscimento quantomeno dalla critica, accademica e non, e un
altrettanto importante zoccolo duro di lettori che tengono in vita l’industria.
Di più, oggi il fumetto rappresenta una sorta di laboratorio, in cui vengono
sperimentate narrazioni e personaggi che potranno eventualmente trovare la strada per il
grande pubblico del cinema, della televisione e dei videogiochi: il fumetto insomma non
produce direttamente quei numeri che le industrie dell’intrattenimento cercano, ma
sperimenta i contenuti che quelle stesse potranno o meno decidere di sfruttare per fare quei
numeri.
In fondo, quello che ora accade sistematicamente, in una sorta di non troppo tacito
accordo tra sistemi mediali, è avvenuto indirettamente nell’arco di poco meno di ottanta
anni rispetto al genere supereroistico: l’industria degli albi a fumetti ha, di fatto,
sperimentato, in termini di formati di serialità editoriale e di modelli di supereroe, quello
che altre industrie mediali hanno poi preso ed eventualmente riadattato, in termini di forma
seriale, di contenuto mediale o dell’insieme dei due.
10
In questo lavoro sono interessato a evidenziare questi formati seriali e questi modelli
di supereroe nel loro progressivo presentarsi, nonché di mostrare la correlazione che esiste
tra un certo formato e una certa tipologia di eroe. In questo senso, non vuole esserci alcuna
presunzione nello stabilire un qualche genere di causalità tra una tendenza seriale
dell’editoria in particolare —e dell’industria mediale in generale— e uno specifico
modello di supereroe, ma certamente la volontà di mostrare, all’interno di un percorso
storico, il legame che esiste tra un certo tipo di racconto seriale e un certo tipo di mito
contemporaneo, con la consapevolezza che in alcuni casi si sia trattato di un matrimonio
necessario, in altri semplicemente di un matrimonio felice.
11
1
Il fumetto supereroistico
Per esaminare nello specifico i principali modelli di supereroe e la loro relazione con
le distinte tipologie di narrazioni seriali, è opportuno precisare che cosa s’intenda per
fumetto supereroistico, cioè quali sono le caratteristiche del mezzo e quali del genere,
l’unione dei quali ha portato alla realizzazione delle sequenze di storie da cui è possibile
ricavare quei modelli di eroe e quei modelli di continuità narrative. In altri termini, è
necessario premettere che cosa sia il medium fumetto e specificamente i “formati
americani” di distribuzione che l’hanno caratterizzato e condizionato, che cosa sia il
supereroe e come determini il proprio genere narrativo, e infine anticipare i modelli di
supereroe e le relative tendenze seriali.
1.1
Premesse mediatiche e storiche del fumetto supereroistico:
l’albo a fumetti americano
Il termine italiano “fumetto”, quanto il corrispondente americano “comics”, comporta
un’ambiguità di fondo da dirimere prima di qualsiasi disamina storica più specifica.
Entrambi questi termini, connotati tradizionalmente da una componente spregiativa
1
,
1
Negli anni ’40, nel momento in cui l’uso consolidato del termine “fumetto” aveva reso possibile il
suo ingresso in un vocabolario della lingua italiana, troviamo l’apparente neutralità della descrizione per cui
“i disegnatori chiamano fumetto quello spazio bianco che contiene le parole dei personaggi, nei disegni dei
12
peccano soprattutto perché hanno storicamente portato a una percezione ristretta delle
potenzialità comunicative ed estetiche del mezzo in questione. In entrambi i casi si tratta di
una sineddoche (o, al limite, di una metonimia), dove in italiano la parte per il tutto a
indicare il mezzo di comunicazione è il balloon, il fumetto, il “piccolo fumo” che sembra
uscire dalla bocca dei personaggi che “stanno parlando” all’interno della rappresentazione
grafica, mentre per l’inglese americano
1
la scelta del termine parziale è caduta sul genere
che aveva caratterizzato i primi anni di carriera di questo mezzo nell’industria culturale
americana.
Solo recentemente si sono tentate espressioni più confacenti le specifiche
caratteristiche del medium, a prescindere dalle effettive applicazioni dello stesso, quindi
tralasciando questioni come l’eventuale pubblico di riferimento, il genere o i generi
prevalenti, o che lo scopo sia informativo o d’intrattenimento. In questo senso,
l’associazione di termini più riuscita a indicare un’esposizione o narrazione tramite la
giustapposizione d’immagini e parole è “arte sequenziale”
2
. Il medium comics o fumetto è,
giornali per bambini” (B. Migliorini, Appendice al “Dizionario moderno”, in A. Panzini, Dizionario
moderno, Milano 1942
8
). A questa definizione, peraltro inadeguata alla descrizione dell’intero mezzo, negli
anni successivi vanno ad aggiungersi “opera narrativa di contenuto banale” (B. Migliorini, Profili di parole,
Firenze 1968), o ancora, in relazione al termine “fumettista” troviamo affiancati “chi scrive storie a fumetti”
e “scrittore da poco” (B. Migliorini, Appendice…, 1963
10
). Nel contraltare anglofono dell’epoca, troviamo
per la definizione generica di comics «una pubblicazione per bambini concepita per suscitare ilarità» (Oxford
English Dictionary, 1965, (traduzione mia).
1
Una chiave storica, che vuole il termine “comics” originato invece nell’inglese britannico, riporta di
come fogli stampati con caricature e illustrazioni buffe erano noti già nel Diciottesimo secolo come “the
comicals”, termine che potrebbe poi essere stato abbreviato in “comics” (riportato in [Sabin 1996: 12]). Se
pur interessante approfondire e documentare una questione di storia della lingua inglese, in realtà non c’è
alcuna continuità storica tra l’uso del probabile termine britannico e quello del suo gemello americano: il
termine “comics” in riferimento a quello che in Italia si chiama fumetto per così dire ri-nasce negli Stati
Uniti, con la progressiva affermazione di un nuovo mezzo di comunicazione di massa. Un percorso forse
analogo a quello britannico, ma con rilevanti differenze e comunque in discontinuità.
2
“Arte sequenziale” è un’espressione quasi scientifica che descrive perfettamente il fumetto come
linguaggio. Will Eisner, con due testi fondamentali, Comics & Sequential Art e Graphic storytelling,
ridefinisce “arte sequenziale” la comunicazione per cui si narra qualcosa per giustapposizione d’immagini,
con o senza la presenza di testo —mentre con la sua opera matura di cartoonist ha materialmente proposto,
13
infatti, caratterizzato esattamente da questo: una deliberata sequenza d’immagini
giustapposte, chiamate convenzionalmente vignette
1
(panel in inglese), per cui spetta al
lettore il completare la narrazione “riempiendo mentalmente” lo spazio fra le due (o più)
immagini
2
, costruendo così di fatto una narrazione le cui immagini giustapposte di
partenza costituiscono per così dire gli estremi. La presenza di parole scritte non è altro che
un’ulteriore estensione di questo principio di base (in fondo la stessa parola, intesa
graficamente, nasce dalla giustapposizione di segni), ma è comunque importante ricordare
come proprio le parole intese come elemento grafico del dialogo dei personaggi abbiano
determinato quello che viene considerato un’altra condizione specifica del media fumetto:
il “fumetto”, appunto, il balloon che, collegandosi a un qualche personaggio tramite le
cosiddetta pipetta, ne contiene il parlato
3
.
Per quanto assolutamente determinante e imprescindibile per definire una
comunicazione “fumetto” sia l’aspetto della giustapposizione delle vignette, viene
tradizionalmente accolta e soprattutto vista storicamente come decisiva anche la presenza
del balloon, e quindi di testo scritto, per quanto sia assolutamente possibile parlare di
verso la fine degli anni ’70, un nuovo formato editoriale, la graphic novel, romanzo grafico o romanzo a
fumetti, volume narrante una storia o un gruppo di storie unite per tema, fortemente autoriale e indipendente
dal regime editoriale che aveva per lo più voluto i comics fabbricati in serie, fossero stati sui quotidiani o in
albi adibiti.
1
Altro termine convenzionale rilevante è quello di “tavola”, di fatto la pagina contenente la sequenza
di vignette. L’identità tra “tavola” e “pagina” è evidenziata dal fatto che in inglese viene usata la stessa parola
per entrambe —“page”.
2
Questa operazione di completamento da parte del lettore è stata chiaramente descritta e
perfettamente sintetizzata da Scott McCloud in [McCloud 1993: 60-93].
3
A questi elementi caratterizzanti —giustapposizione d’immagini e presenza di balloon—
tradizionalmente si aggiungono le linee di movimento, cioè quegli elementi grafici “immaginari” per cui
oggetti o personaggi lasciano una sorta di “scia”, che serve a evidenziare come quegli oggetti o personaggi
abbiano occupato posizioni diverse nello spazio nel corso del tempo. All’imprescindibile giustapposizione, ai
balloon e alle linee di movimento si può aggiungere un ulteriore elemento grafico tipico del media fumetto:
gli effetti sonori od onomatopee. Si tratta di tutti quei suoni legati a eventi rappresentati che vengono scritti
con parole onomatopeiche (o convenzionalmente intese come tali), spesso caratterizzate da effetti e
distorsioni grafiche allo scopo di rendere meglio “il suono”.
14
fumetto anche in assenza di balloon e di parole scritte, quando quindi ci si trovi di fronte a
una narrazione o comunicazione determinata esclusivamente dalla immagini giustapposte
1
.
1.1.1 Definizione e distinzione di comics e comic book
Comic strip, striscia di argomento comico, era l’associazione di termini con la quale
veniva indicata quella sequenza di vignette, giustapposte deliberatamente a rendere una
breve narrazione comica, pubblicate sui quotidiani statunitensi tra fine del XIX e l’inizio
del XX secolo; funny book e comic book, “libro comico”, sarebbero poi state chiamate di lì
a poco quelle pubblicazioni che raccoglievano strisce comiche edite o inedite, quindi comic
book sarebbe rimasto a indicare le riviste contenenti le storie a fumetti, anche se ben poco
avevano di comico i contenuti o tanto meno gli albi potevano essere definiti libri, mentre
comics sarebbe stato prima il termine con cui si indicava la parte del quotidiano contenente
le comic strip, per poi diventare il termine generico a designare l’intero media, che il
veicolo fossero i quotidiani o albi pubblicati appositamente per questa forma di
espressione.
Considerare preventivamente i formati con cui gli albi a fumetti sono stati pubblicati
e distribuiti negli Stati Uniti risulta necessario alla luce di come alla questione siano legati
aspetti che, se non determinanti, sono stati almeno condizione del percorso e dello sviluppo
di questa forma di comunicazione e dei suoi generi prevalenti (tra i quali quello
supereroistico), almeno per quanto riguarda la determinazione sociale del pubblico e, di
rimando, per quanto il pubblico avrebbe avuto una ricaduta sullo sviluppo del media
stesso. «Gli albi a fumetti emersero come distinto mezzo d’intrattenimento negli anni ’30.
1
È questo il caso di molti fumetti “muti”, cioè narrazioni a fumetti che vedono la totale assenza di
parole scritte —balloon, onomatopee e così via. In effetti, la ragione dell’accettazione del balloon come
elemento caratterizzante è più di tipo storico, che non semiotico: paradossalmente, è facilmente etichettabile
come fumetto un “fumetto muto” in un’epoca successiva alla conclamata nascita del mezzo (quindi
successiva alla comparsa di una narrazione che vedesse la compresenza di giustapposizione di immagini e
balloon, oltre che la presenza di altri effetti tipici del mezzo) piuttosto che non in un tempo precedente,
perché in questo secondo caso verrebbe visto facilmente come esperimento nella direzione della creazione
del mezzo —un protofumetto o altra etichetta analoga.
15
Comunicano narrazioni tramite una combinazione unica di testo e illustrazioni in sequenza,
che funzionano all’interno di un loro proprio vocabolario estetico. Per quanto spesso siano
raggruppati assieme alle comic strip, i due mezzi non sono la stessa cosa. La differenza
chiave sta nel marketing.»
1
Le comic strip pubblicate sui newspaper, giornali quotidiani, siano di argomento
comico o avventuroso, raccontino una storia che termina con l’ultima immagine o siano
episodi che continuano sul quotidiano del giorno o della settimana successiva, sono per lo
più syndicated feature, pubblicazioni periodiche prodotte da specifiche agenzie e poi
vendute ai giornali, quindi indirizzate a un pubblico massivamente generalista e
generalmente adulto. I comic book sono invece concepiti, realizzati e venduti come
prodotti e veicoli a sé stanti, quindi hanno o possono avere uno specifico pubblico loro
proprio. Storicamente, per gli USA, i comic book sono stati «i primi prodotti per
l’intrattenimento messi sul mercato direttamente per i bambini e gli adolescenti invece dei
loro genitori.»
2
Per sottolineare la profonda differenza storica e culturale fra i due formati, basti
pensare alla lunga tradizione critica e alla folta bibliografia che è possibile trovare riguardo
alle comic strip, contrapposta a una letteratura scientifica esigua fino a pochi anni fa e
quindi comunque recente sull’argomento comic book. Sempre a titolo d’esempio, nel
secondo dopoguerra, nel momento di una delle massime proliferazioni di albi a fumetti, i
cartoonist delle syndicated strip, autori e disegnatori dei fumetti delle strisce quotidiane,
consideravano i loro colleghi al lavoro sugli albi artisti di seconda scelta, al punto da
prenderne le distanze quando l’ascia della censura si sarebbe abbattuta sull’editoria degli
albi a metà degli anni ’50.
1.1.2 Realizzazione e formati dei comic book
Il formato comic book, ovvero l’albo a fumetti spillato di 6,5 pollici per 10 pollici
circa (17 centimetri per 26 centimetri circa), nasce dall’incontro fra le comic strip e i pulp
1
[Wright 2001: xiii] (traduzione mia).
2
[Wright 2001: xvi] (traduzione mia).
16
magazine, le riviste stampate su carta scadente che pubblicavano racconti che andavano
dall’horror al poliziesco, dal western alla fantascienza, e i cui editori furono fra i primi a
dedicarsi alla ristampa delle strisce disegnate.
Caratteristica fondamentale del comic book, almeno fino agli anni ’70, è la sua natura
prettamente commerciale, fatto dal quale conseguono due aspetti produttivi determinanti
nella tradizione di questo veicolo di comunicazione: la serializzazione del prodotto e la
ripartizione del processo creativo. Preciso intento degli editori di comic book è stato —e
spesso lo è ancora adesso— non quello di pubblicare un singolo albo contenente una o più
storie, ma iniziare a pubblicare una serie di albi virtualmente infinita, a garantire profitti
nel corso del tempo. Analogamente la suddivisione delle procedure di produzione
assicurava ulteriori vantaggi, perché allo snellimento dei tempi di produzione si
aggiungeva l’indipendenza dall’autorialità del prodotto, allo scopo più o meno consapevole
di legare personaggi e serie alla casa editrice più che ai loro creatori.
Per quanto vada da sé che in ogni tempo (come in ogni tradizione nazionale) ci sono
stati i cosiddetti “autori completi”, che si occupano di ogni aspetto creativo del prodotto, il
lavoro per la realizzazione dell’albo a fumetti viene per lo più ripartito a livello creativo tra
chi disegna la storia a fumetti e chi ne scrive la trama e i testi. E ancora, spesso proprio
nella tradizione americana, a occuparsi della parte grafica sono per lo più due persone: il
disegnatore vero e proprio, indicato negli eventuali credit di un albo come artist, che
traccia a matita i disegni della storia; l’inchiostratore, o chinatore o rifinitore, noto negli
USA come inker, che rifinisce i disegni passandoli a china per facilitarne la stampa
successiva. Anche sul fronte degli sceneggiatori, indicati sui comic book come writer,
ovvero quanti si occupano di concepire la storia e di scrivere i dialoghi dei personaggi,
possiamo avere più di una figura, chi appunto stabilisce il plot, il soggetto della storia, e
chi ne scrive effettivamente i dialoghi.
Nella tradizione italiana, e negli Stati Uniti almeno fino agli anni ’60, per lo più la
sceneggiatura precede i disegni, per cui gli sceneggiatori producono scritti precisi,
indicanti la scansione delle vignette, ciò che compare al loro interno e i dialoghi come gli
effetti sonori contenuti, eventualmente il formato della vignetta e il tipo d’inquadratura. In
questo modo il disegnatore, in linea di massima seguendo la sceneggiatura per così dire
“registica” dello scrittore, procede alla creazione delle tavole disegnate. Negli Stati Uniti
17
negli ultimi cinquanta anni questo tipo di processo creativo ha rappresentato solo una parte
della produzione industriale di fumetti. Quanto è accaduto spesso è infatti l’indicazione di
massima da parte dello scrittore o l’accordo fra scrittore e disegnatore a matita sul soggetto
della storia, per cui il disegnatore procede alla creazione della tavole disegnate e
successivamente, in base anche ai disegni, l’autore dei dialoghi decide e scrive i testi.
Ultimo passaggio della struttura produttiva di una tavola a fumetti è il lettering, la
fisica scrittura delle parole all’interno dei balloon e delle didascalie della storia, di cui si
occupa un’altra figura professionale. Nel caso americano, dove la maggioranza degli albi a
fumetti è a colori, ulteriore momento che prelude l’effettiva stampa è la colorazione delle
tavole, originariamente e per lungo tempo con l’utilizzo di quattro colori base, garantendo
così costi bassi e tinte piene, per decenni tipico elemento estetico del comic book (nonché
motivo di ispirazione per la Pop Art).
Solo negli ultimi anni si è creata una differenziazione di pubblici tale da giustificare
una diversificazione del mezzo, in termini di temi, generi e formati, per cui all’economico
albo spillato stampato su carta scadente in quadricromia sono andati ad associarsi albi più
costosi, brossurati e stampati su carta di qualità, fino ad arrivare a veri propri libri rilegati e
venduti ad alto prezzo.
1.1.3 Il fumetto americano prima dei superhero comic book:
anticipazione di formati e temi
Se l’idea di arte sequenziale ha origini molto antiche, per cui monumenti come la
Colonna Traiana o pitture ritrovate all’interno delle piramidi egizie rispettano il criterio
fondamentale della “narrazione per giustapposizione di immagini”, il fumetto
contemporaneo, ovvero i comics come oggi li concepiamo, iniziano a prendere forma nel
corso del XIX secolo e vedono la luce entro la fine dello stesso
1
.
1
Lasciando da parte i pur meritevolissimi predecessori, vanno considerati legittimi precursori dei
fumetti contemporanei tutti quegli esperimenti in termini d’illustrazione o di effettiva narrazione tramite una
sequenza d’immagini quando riprodotti industrialmente. Illustri precursori come la già menzionata Colonna
traiana, o l’Arazzo di Bayeux, vanno citati sicuramente come primi esempi di arte sequenziale intesa come