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Introduzione
L’esperienza professionale pluriennale maturata nel settore socio sanitario per
anziani - dapprima in Umbria, all’interno della storica istituzione perugina
Fondazione “Fontenuovo” e, dal 2010, in Lombardia, a Milano, presso l’Istituto
Auxologico Italiano-I.R.C.C.S., nella direzione delle Residenze Sanitario-
Assistenziali “Mons. Bicchierai” - accompagnata da specifici percorsi formativi
in Italia e, nel 2012 in Irlanda in un viaggio-studio in visita a servizi socio sanitari
per anziani e disabili, mi hanno spinto ad avviare un progetto di ricerca che,
partendo dall’evoluzione della popolazione anziana degli ultimi decenni,
intendesse presentare un quadro sulle politiche messe in campo, a livello
nazionale e regionale, in Umbria e Lombardia, nel sistema dei servizi sociali e
socio sanitari per anziani, nonchØ evidenziare i processi innovativi e di sviluppo
dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, soprattutto grazie al contributo di
ricerca dato dal Rapporto Annuale sulla Non Autosufficienza promosso
dall’IRCCS-INRCA per il Network Nazionale per l’Invecchiamento, giunto alla
sua quarta edizione.
In modo particolare, rilevando in Italia negli ultimi decenni, una crescita
progressiva della popolazione anziana, dovuta all’allungamento dell’età della vita
e al miglioramento delle condizioni di salute, non accompagnata da un
incremento delle nascite (salvo il contributo degli ultimi anni dovuto agli
immigrati), sorge la necessità di una riforma complessiva dell’impianto del Long-
Term Care, il sistema di assistenza continuativa per anziani non autosufficienti.
Nell’epoca attuale di crisi economica mondiale che ha coinvolto anche il
continente Europa ed il nostro Paese, le priorità del Governo italiano sono al
momento indirizzate verso interventi di crescita economica e dell’occupazione e
verso politiche di diminuzione del debito pubblico. Ciò nonostante, il tema della
non autosufficienza degli anziani in Italia resta, comunque, un ambito di primaria
importanza in cui una riforma del Welfare rappresenterebbe una vera sfida, sia per
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la crescita dell’occupazione nel settore, sia per il potenziamento del gettito fiscale
e contributivo ed offrirebbe, altresì, ai soggetti interessati (anziani non
autosufficienti e loro famiglie) la possibilità di accesso a servizi socio sanitari ed
assistenziali che siano espressione di accresciuti livelli di qualità ed equità, in
un’ottica di flessibilità e di personalizzazione degli interventi.
La mia esperienza professionale ultraventennale nell’area dei servizi residenziali
per anziani, negli ultimi anni, mi ha spinto a confrontarmi, con due sistemi socio
sanitari regionali differenti, quello umbro e quello lombardo; ciò mi ha incuriosito
e mi ha avviato ad intraprendere un’analisi comparata delle politiche sociali e
socio sanitarie rivolte agli anziani non autosufficienti nelle due regioni, rilevando
i modelli ed i processi di sviluppo dei servizi, i percorsi autorizzativi e di
accreditamento istituzionale, i punti di forza e di debolezza dei due modelli
regionali, le differenti risposte ai bisogni complessi del Long-Term Care, con
particolare approfondimento dei servizi di residenzialità socio sanitaria
(Residenze Sanitario-Assistenziali e Residenze Protette).
Inoltre, il caso personale della gestione dell’assistenza continuativa di mio padre,
recentemente scomparso, mi ha costretto ad interagire, in qualità di case-manager
e caregiver, con gli operatori della “rete dei servizi”, rilevando aspetti positivi e
punti critici dei servizi di Long-Term Care, ciò che mi ha orientato a sollevare, in
questa sede, alcuni quesiti circa l’efficacia della risposta socio sanitaria rispetto ai
bisogni di assistenza continuativa degli anziani non autosufficienti nel territorio.
Nel quarto capitolo, ho ritenuto utile approfondire il contesto della residenzialità
lombarda e umbra, mettendo in evidenza l’aspetto normativo ed organizzativo del
modello regionale, i requisiti strutturali, le caratteristiche degli ospiti e gli
strumenti di valutazione adottati, rilevando altresì le prospettive di innovazione e
di sviluppo del comparto, anche al fine del superamento della crisi economica
attuale che ha, comunque, un impatto importante nella realtà dei servizi
residenziali sia dal lato della domanda che dell’offerta. Infine, ho affrontato il
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tema del percorso di autorizzazione e di accreditamento istituzionale delle
strutture socio sanitarie per anziani nei due territori, lombardo ed umbro,
descrivendone l’intelaiatura normativa, il modello regionale con le relative
peculiarità, il sistema di verifica e controllo a garanzia del mantenimento degli
standard di qualità dei servizi socio sanitari residenziali.
Pertanto, con la presente ricerca intendo illustrare l’attuale quadro normativo ed
organizzativo del Long-Term Care, espresso dalle politiche nazionali e dai sistemi
socio sanitari regionali umbro e lombardo, rilevandone punti di forza e debolezza,
criticità a livello nazionale e regionale e, focalizzando l’attenzione ai servizi
residenziali, verificare quali siano le prospettive future delle residenze per anziani.
Inoltre, in risposta ai crescenti bisogni della popolazione anziana, mi propongo di
sollevare il quesito su possibili percorsi e modelli assistenziali integrativi e/o
alternativi da tradurre nella nostra realtà, già sperimentati in altri paesi europei,
come ad esempio l’Irlanda, per i servizi socio sanitari per anziani e disabili ed
illustrare il contributo innovativo del Terzo Settore ai servizi sociali e socio
sanitari per anziani.
Si tratta di una sfida importante, soprattutto per il fatto che in Italia, i Piani
Sanitari Nazionali degli ultimi decenni auspicano una riforma nell’accesso alle
prestazioni ospedaliere, in parte attuata con la contrazione del numero di posti
letto, definiti a livello nazionale e regionale - anche in applicazione alle recenti
manovre di Spending Review e con la riconversione di piccoli ospedali in strutture
sanitarie e socio sanitarie territoriali (Riabilitazione, Residenzialità Protetta, ecc.)
- ma che tuttavia non ha ancora riscontrato una piena ed omogenea attuazione in
servizi territoriali integrati ed alternativi all’ospedalizzazione, quale risposta dei
bisogni di non autosufficienza. Il ricorso ai ricoveri ospedalieri (in emergenza-
urgenza) è, ancora, fenomeno dilagante, in assenza di una vera pianificazione dei
servizi residenziali e territoriali di Long-Term Care, sia a livello regionale che
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nazionale, con conseguente rischio di inappropriatezza e di inefficienza della
spesa sanitaria dovuta ai suddetti ricoveri ospedalieri.
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1. Il mutamento sociale e demografico in Italia: fragilità sociali e
non autosufficienza
1.1 Come è cambiata la realtà italiana: aspetti demografici
Al 1° gennaio 2013 la popolazione residente in Italia è pari a 59.685.227 abitanti
e, come accade ormai da diversi anni, il maggior contributo all’incremento
demografico del Paese è dato dalla crescente e progressiva dinamica migratoria
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.
Come emerge dal “Rapporto annuale del Paese”, pubblicato nel 2012
dall’ISTAT, profondi cambiamenti hanno interessato la popolazione italiana
negli ultimi venti anni (1991-2011). Dai dati rilevati nel “15° Censimento della
popolazione italiana e delle abitazioni” del 2011, la popolazione italiana è
aumentata del 4,7% rispetto al 1991
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e tale incremento è quasi interamente stato
determinato dall’afflusso di immigrati. L’Italia è infatti tra i paese dell’UE
quello che ha registrato la piø alta crescita demografica per effetto dei flussi
migratori (nel 2011 gli stranieri rappresentano il 6,3% della popolazione totale
residente)
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. Altro fenomeno che ha interessato il nostro Paese negli ultimi venti
anni è l’allungamento della vita media; nel 2011 la vita media ha raggiunto 79,4
anni per gli uomini e 84,5 anni per le donne.
Tale mutamento nella composizione della popolazione italiana è determinato
dalla crescita dell’immigrazione accompagnata dall’invecchiamento della
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: Fonte: ISTAT, Documento “Italia in cifre” (a cura della Direzione centrale per la diffusione e la comunicazione
dell’informazione statistica), Roma, 2013, par. 1 “Territorio”, www.istat.it:
“I dati sull’evoluzione degli stranieri residenti in Italia sono i seguenti:
Censimento 1961: 62.780
Censimento 1971: 121.116
Censimento 1981: 210.937
Censimento 2001: 1.334.889
1° gennaio 2013: 4.387.721”
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: Fonte: ISTAT, “Rapporto Annuale 2012”, pag. 59, www.istat.it
3
: Fonte: ISTAT, “Rapporto Annuale 2012”, pag. 61, www.istat.it
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popolazione (oggi la vita media va oltre gli 80 anni sia per i maschi che per le
femmine) e rafforzato dalla progressiva denatalità.
In Italia, perciò, oggi rispetto al passato, si vive piø a lungo ma si fanno pochi figli
(anche rispetto agli altri paesi UE) e si assiste ad uno spostamento in avanti di
tutte le fasi della vita (crescita del numero di giovani che vive in famiglia di
origine e spostamento in avanti dell’età di autonomia dei giovani, innalzamento
dell’età media delle madri italiane per la nascita del primo figlio)
4
. In particolare,
la fecondità delle donne italiane è scesa al di sotto del “livello di sostituzione”
(pari a 2 figli per donna) dalla metà degli anni Settanta, raggiungendo nell’ultimo
ventennio un minimo storico, nel 1995, pari a 1,19 figli per donna
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.
Come afferma lo Schema di Piano Sanitario Nazionale (PSN) 2011-2013, “negli
ultimi 10 anni la popolazione è aumentata in termini assoluti di circa 3,5 milioni
di abitanti, ma l’incremento maggiore (di circa 1,9 milioni di persone) si è
osservato tra gli ultra 64enni […]
6
. Negli ultimi 10 anni il rapporto di
dipendenza è passato dal 48% al 52% e, all’interno di questo rapporto, è
cresciuto il peso delle persone anziane: nel 2009 ci sono circa 31 ultra 64enni
ogni 100 persone in età attiva contro i 27 del 2000.
La popolazione in età attiva cresce solo per effetto delle migrazioni dall’estero,
giungendo a rappresentare nel 2009 il 65,8% del totale.
Il processo di invecchiamento investe tutte le regioni d’Italia, ma piø
pesantemente le regioni centro-settentrionali; la Liguria, con un indice di
vecchiaia pari a 235%, continua a detenere il primato della regione piø anziana
4
: Come afferma il Rapporto Annuale 2012 pubblicato dall’ ISTAT : “La combinazione tra aumento della sopravvivenza e
persistente bassa fecondità ha reso l’Italia uno dei paesi con il piø elevato livello di invecchiamento: attualmente si contano
144 persone di 65 anni e oltre per ogni 100 con meno di 15, mentre nel 1992 questa proporzione era di 97 a 100”, Fonte:
ISTAT: “Rapporto Annuale 2012”, pag. 64, www.istat.it
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: Fonte: ISTAT: “Rapporto Annuale 2012”, pag. 62, www.istat.it
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: “Gli ultra 64enni rappresentano, nel 2009, il 20% della popolazione, mentre i bambini sotto i 14 anni rappresentano il 14%.
L’indice di vecchiaia (il rapporto tra anziani ultra 64enni e giovanissimi 0-14enni) raggiunge il valore di 144%, contro il 127%
del 2000. Si fa sempre piø problematico il rapporto di dipendenza, ovvero il rapporto tra popolazione in età non attiva (0-
14enni e ultra 64enni) e la popolazione in età lavorativa (di 15-64 anni), che dovrebbe economicamente sostenere la prima”,
Fonte: “Mutamenti demografici ed epidemiologici”, Schema di Piano Sanitario Nazionale (PSN) 2011-2013, Allegato A, pag.
95, http://www.salute.gov.it/imgs/c_17_pubblicazioni_1454_allegato.pdf