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INTRODUZIONE
Il lavoro di tesi ha avuto come scopo l’analisi e lo sviluppo nel corso degli
anni del più “geografico” dei conflitti, ovvero quello tra israeliani e palestinesi.
Per poter esprimere bene il senso del nostro lavoro, dobbiamo prima di tutto
chiarire la questione che riguarda l’approccio in questione, ovvero quello della
geografia politica.
Oggi è sicuramente cambiato il concetto di geografia politica, perché essa
riconosce da un lato le differenze sociali ed economiche fra luoghi senza
ascriverle necessariamente a differenze della geografia fisica, dall’altro lato
invece la politica abbraccia oggi anche le questioni riguardanti l’identità politica e
dei movimenti politici e quindi non solo le questioni tra Stati. Sicuramente più
significativo è il fatto che oggi per geografia si intende la selezione e la
classificazione di alcuni temi, partendo dalla denominazione dei continenti alla
suddivisione del mondo in regioni, arrivando fino alla identificazione di alcune
regioni “strategicamente” più o meno importanti. Chi detiene il potere e ha la
capacità di comandare gli altri può contribuire a formulare la nozione stessa di
geografia politica. Essa rappresenta un insieme di idee politiche e scientifiche e
include il rapporto con la scienza politica, ma anche con la sociologia e la
psicologia, con le relazioni internazionali. Oggi un gran numero di questioni di
interesse pubblico di grande peso e visibilità presenta aspetti profondamente
geografici, ed è proprio il caso del nostro lavoro di tesi dal titolo “Limes e il
conflitto israelo-palestinese”.
Nel corso del primo capitolo abbiamo cercato di ricostruire le origini del
conflitto, cercando di capire quali siano stati i motivi che hanno portato alla guerra
tra questi due popolazioni.
La seconda parte invece ricostruisce i primi anni della nascita di Israele, la
guerra del Sinai, quella del Kippur, la prima e la seconda Intifada, fino ad arrivare
agli accordi internazionali che hanno cercato di risolvere la questione tra Israele e
Palestina. Ci riferiamo soprattutto agli accordi di OsloI e Oslo II, passando da
quelli di Annapolis, fino ad arrivare al giugno 2008, ovvero a quelli della nascita
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dell’Unione del Mediterraneo per la pace avvenuta soprattutto grazie al sostegno
dell’Unione Europea.
La terza parte della trattazione viene affrontato l’approccio di Limes, la rivista
italiana di geopolitica nata subito dopo la caduta del Muro di Berlino e diretta da
Lucio Caracciolo, al conflitto con articoli che riguardano gli interessi italiani in
Medio Oriente, le idee italiane per la risoluzione del conflitto, ma anche l’impatto
della primavera araba sulla questione palestinese, senza dimenticare la paure che
include agli israeliani l’ormai quasi ex presidente iraniano Mahmud Ahmdinejad.
Il capitolo successivo della tesi prende in esame Palestina oggi, i vari problemi
che questa regione ha dovuto affrontare nel corso degli anni e che affronta ancora
oggi. Abbiamo fatto riferimento in questo caso alla questione dei profughi e al
loro diritto di poter tornare alle loro terre e alle loro case che hanno dovuto
abbandonare nel 1967, alle questioni ambientali come lo sfruttamento dell’acqua
o dei giacimenti di gas a Gaza, ma anche a come è cambiato il conflitto nel corso
degli anni.
Nell’ultimo capitolo abbiamo voluto affrontare la questione con gli “occhi
americani”. Si è cercato di stilare un’analisi dell’operato del presidente Barak
Obama, su quello che ha fatto dal giorno della sua elezione e su quello che ancora
potrebbe fare.
Dal nostro lavoro emerge, purtroppo, che una pace tra i due popoli sembra
essere oggi più lontana di quanto già lo fosse ieri.
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Le origini
1.1 La società palestinese
Il conflitto tra Israele e Palestina abbraccia più di un secolo di tensioni
politiche e di ostilità, sebbene lo Stato di Israele si sia costituito solo 60 anni fa.
Una terra dai confini incerti e la comprensione della natura del suo conflitto
richiede una indagine a tutto campo.
Innanzitutto con il termine Palestina si ử intende comunemente una regione
del Vicino (o Medio) Oriente, compresa tra il Mar Mediterraneo e il fiume
Giordano. La Palestina
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era in originariamente la denominazione romana,
introdotta nel 135 ,all’epoca dell’imperatore Adriano.
Il nome Palestina era tuttavia noto, introdotto da Erodoto e utilizzato dai greci.
Nell’Antico Testamento, la Palestina è ricordata con diversi nomi, indicando
anche una presenza simultanea di più Stati sul suo territorio.
I territori riconosciuti con il termine Palestina erano parte di un più generale
ordinamento, l’Impero ottomano. Come tali, essi non costituivano una unità
geopolitca a sé stante né una società autonoma e ancor meno una comunità
politica indipendente. Per circa quattrocento anni, dal 1517, anno in cui fu
sottratta ai mamelucchi, agli inizi del Novecento, le regione visse all’ombra di
Istanbul. La Palestina della prima metà dell’Ottocento, l’età della
modernizzazione europea e mediterranea, era un lembo di territorio sconosciuto ai
più. A metà di quel secolo ci viveva circa mezzo milione di individui. La maggior
parte di essi era di religione mussulmana e di lingua araba, mentre erano circa 60
mila erano gli appartenenti alle diverse confessioni cristiane, 20 mila gli ebrei
insieme a un numero variabile di militari funzionari ottomani e a 10 mila europei.
Tre erano le aree geografiche della Palestina, ovvero Nablus, Akko e
Gerusalemme. A questa divisione amministrativa corrispondeva anche
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In latino Syria Palestina; in ebraico biblico Pelesheth, «terra dei Filestei»; nell’ebraico moderno
sostituita dalla parola Eretz Israel «Terra di Israele», «Stato di Israele» ; in arabo Filastin
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un’articolazione politica elementare della Sublime Porta
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ovvero l’unità di base
alla quale il funzionario imperiale faceva riferimento. Per quel che riguarda la
popolazione che occupava i territori palestinesi, diciamo che essi conducevano
una esistenza autonoma, ossia estranea all’attività politica ufficiale, si trattava per
più aspetti di una società priva di coinvolgimento politico, nella quale la quasi
totalità dei suoi componenti era avulsa sia dai processi decisionali che, soprattutto,
dalle questioni di potere. Circa l’80% della popolazione viveva nelle zone rurali
dedicandosi all’agricoltura e risiedendo di soliti, in piccoli villaggi, di preferenza
assiepati nelle ampie zone collinari dell’entroterra. La struttura sociale della
società arabo palestinese, fortemente pastorale, ruotava attorno alla famiglia e le
vicende delle singole famiglie erano regolate dal clan di appartenenza, detto
Hamula
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, i cui capi erano definiti mukhtar.
Alla pari delle zone rurali, la vita della Palestina urbana, era influenzata dalla
tradizione e dalla religione. Il passato storico pesava fortemente sulla nobiltà
urbana della Palestina, gli ayan (o maggiorenti), una élite musulmana che doveva
la sua preminenza sia agli antichi legami familiari, sia alle buone relazioni che
intratteneva il potere politico – amministrativo . Gli ayan erano espressione della
“ politica dei notabili “, una politica che denotava l’approccio degli ottomani a
evitare il più possibile la gestione diretta del potere e a conferire agli ayan
posizioni di rilievo nell’ambito delle province.
In questo quadro di tradizione s’inseriva il ruolo degli esponenti della
religione ufficiale, come i muftì, ossia le autorità clericali competenti in materia
legali che emanavano le sentenze religiose e come i membri dei tribunali in cui s i
applicava la shari’a (legge religiosa). La suddetta struttura sociale arabo
palestinese fu rimodellata con le Tanzimat, o riforme, che culminarono tra il 1872
e il 1876. I riformatori ottomani riorganizzarono in maniera più coesa l’impero
dando inizio alla modernizzazione della Palestina in campo civile, (le donne per
esempio cominciarono a essere registrate nella documentazione demografica)
giudiziario ed economico.
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Erano i termini usati per indicare il governo dell’Impero ottomano, l’espressione si rifà al
portone, nella città di Istanbul , attraverso il quale gli ambasciatori stranieri venivano condotti
dinanzi alla massima autorità imperiale, il sultano, per ricevere il benvenuto
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Un gruppo di arabi che avevano lo stesso cognome e vantavano la stessa discendenza da un
comune antenato
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La modernizzazione economica, realizzata attraverso l’integrazione del
mercato aprì lo spazio e i luoghi della Palestina al sistema europeo. Tutto ciò si
verificò quando l’interesse nei confronti del paese era al culmine, a causa della
Guerra di Crimea, della disgregazione dell’Impero ottomano, dagli accresciuti
interessi di terra da parte delle potenze dominanti in Europa.
1.2 Nascita del sionismo e migrazione nella Palestina
All’interno di questo quadro s’inserì in Terra di Palestina, dal 1882, la prima
emigrazione ebraica dall’Europa, spinta dagli ideali nazionali e patriottici del
nascente movimento sionista, quanto dai numerosi massacri (pogrom) che
nell’Europa orientale e nella Russia zarista provocavano la morte di migliaia di
ebrei.
Il primo segno di preoccupazione nei confronti di questi flussi migratori
ebraici furono lanciati il 24 giugno 1981. I notabili di Gerusalemme indirizzarono
alla Sublime Porta un telegramma di protesta con la richiesta di un decreto che
proibisse agli ebrei di entrare in Palestina e di acquistarvi terre
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. Nel 1908 fu
creato ad Haifa il giornale Al karmel, appartenente ai greco – ortodossi, con lo
scopo di svelare gli obiettivi sionisti. La stessa impostazione ebbe il giornale
Falestin (Palestina) . Chi espresse i primi argomenti della campagna antisionista
fu il giornalista turco Y anius Nadi, che nell’aprile 1909 pubblicò un articolo
intitolato «Abbasso il sionismo, per sempre ed eternamente ». In questo articolo si
affermava che i sionisti non si sarebbero accontentati di uno Stato ebraico nella
terra tradizionale dei loro avi, ma miravano a molto più. Tutte queste polemiche
comunque non portarono la Palestina al centro della discussione geopolitica e
delle controversie internazionali, poiché è solo con l’inizio della Prima guerra
mondiale che la Terra di Palestina venne inserita nel contesto geopolitico del
tempo. Quando l’Impero ottomano entrò in guerra il 2 novembre 1914, il conflitto
colse la provincia di Siria in piena trasformazione: i 730 mila abitanti della
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G. Codovini, Geopolitica del conflitto arabo israeliano palestinese, Milano, Bruno Mondadori,
2009, pp. 11-13