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INTRODUZIONE
Tutte le società a livello mondiale sono oggi accomunate da uno specifico
fenomeno: il progressivo invecchiamento della popolazione. L’Italia, in
particolare, è il paese maggiormente interessato a tale evoluzione socio-
demografica, configurandosi come il paese più vecchio d’Europa e, al mondo,
secondo solo al Giappone.
Tale evoluzione è da attribuirsi a due fattori quali la riduzione dei tassi
di fecondità e l’allungamento della speranza di vita, che costituisce uno dei più
grandi successi dell’umanità.
Il processo di invecchiamento ha stravolto la piramide demografica della
popolazione, richiedendo un ripensamento della tripartizione della vita in fasi
(infanzia, età adulta e vecchiaia) laddove il numero consistente di anni trascorsi
in quanto individui anziani impone visioni e misure di intervento che superino
lo stereotipo della vecchiaia come il periodo residuale dell’esistenza.
La prolungata longevità ha reso necessario almeno una divisione del
periodo di senescenza, che si connota con le espressioni “terza” e “quarta età”,
laddove la “terza età” fa riferimento ai giovani-anziani i quali per condizioni
fisiche, sociali e culturali presentano molti tratti in comune con gli individui in
età produttiva, mentre la “quarta età” si riferisce ad un periodo successivo (di
solito oltre i 74 anni) in cui la persona appare più soggetta a fragilizzazione e
decadenza fisica e sociale.
Prescindendo dalle problematiche specifiche presentate da questa fascia
di popolazione nei diversi periodi della senescenza, la condizione anziana pare
essere pervasa da un malessere sottile e diffuso che potrebbe essere definito
come “timore dell’invisibilità” laddove all’aumento della longevità non
corrisponde una visione rinnovata dell’individuo anziano, il quale pare essere
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etichettato solo come un peso e un costo sociale, con scarsa attenzione alle sue
risorse e alle sue specifiche esigenze.
In generale, la condizione anziana oggi sembra manifestare una
progressiva ambivalenza, tale per cui al miglioramento e alla diversificazione
delle possibilità di vita di coloro che si affacciano ora alla terza età (grazie anche
al diffondersi di orientamenti innovativi rientranti nell’approccio
dell’invecchiamento attivo) si associa una crescente precarietà e insicurezza
della popolazione già oggi in una fase avanzata della vecchiaia data dagli
elementi tipici della società individualizzata, quali la contrazione del supporto
garantito delle reti familiari e amicali, nonché la dissoluzione delle reti
protettive offerte dalla comunità di vicinato. Questi fattori determinano una
condizione di rischio per l’intera società occidentale, e tanto più per gli anziani i
quali, già destabilizzati dai numerosi cambiamenti che questo passaggio di fase
porta con sé (pensionamento, perdita del ruolo genitoriale, rarefazione della
propria rete sociale estesa, progressiva perdita dell’autosufficienza, ecc.)
risultano più esposti ai rischi tipici della contemporaneità: la solitudine,
l’isolamento sociale e la “povertà” intesa, dalle parole di Sen [2010: 357], come
«deficit di capacità», ovvero la necessità forzosa delle persone di "vivere meno
ed essere meno" di ciò che la società può consentire loro. Gli anziani, fuori dai
circuiti della produttività, in un contesto socio-familiare sempre più debole, con
a disposizione un lungo tempo liberato dai doveri della vita produttiva e
riproduttiva, necessiterebbero di essere accompagnati ad affrontare questa
nuova fase attraverso stimoli che conferiscano senso ad un tempo spesso
percepito come vuoto (proposte di volontariato, apprendimento permanente,
offerte culturali e ricreative) e, soprattutto, attraverso un’attenzione costante che
impedisca agli anziani più fragili di sperimentare condizioni di marginalità e
isolamento sociale. In particolare, ciò che sembra mancare è un’attenzione al
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bisogno di socializzazione degli anziani, al loro desiderio di sentirsi parte della
comunità familiare e sociale, senza percepire un senso di esclusione imputabile
ad uno stereotipo che li etichetta come individui improduttivi. Gli anziani, al
contrario, costituiscono una grande risorsa: non solo possono trovare un ruolo
in forme di aiuto solidale verso i più deboli ma, anche qualora le mutate
condizioni fisiche impediscono di impiegarsi in azioni di utilità sociale,
costituiscono una risorsa dal punto di vista umano, la cui presenza va a
beneficio sia della famiglia sia della comunità tutta, laddove ricorda a tutti la
necessità della solidarietà verso una condizione di debolezza in cui, presto o
tardi, incorreranno tutti.
Sulla base di tali elementi risultano evidenti la rilevanza e l’interesse che
il tema degli anziani suscita nella società post-moderna e la motivazione che ha
spinto a trattare quella che potrebbe essere definita “la questione del futuro”. In
particolare, ciò che nel corso di queste pagine si è tentato di illustrare consiste,
da un lato, in una panoramica della condizione anziana oggi, vista da molteplici
punti di vista (demografico, sociologico, normativo, ecc.) e dall’altro, si è cercato
di contestualizzare le riflessioni emerse nel capoluogo campano.
L’invecchiamento in Italia mostra una geografia variabile e, nel dettaglio,
la Campania risulta essere la regione più giovane di Italia, con indici di
vecchiaia e di dipendenza al di sotto della media nazionale; ciò determina un
intervento da parte dell’ente locale incentrato soprattutto su categorie altre,
quali i giovani, i disoccupati, ecc. L’interesse è stato allora quello di osservare
l’intervento di un’organizzazione di volontariato operante nella città di Napoli
in favore degli anziani partenopei, la cui mission consta proprio nella lotta alla
solitudine e all’isolamento sociale delle persone in età avanzata.
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Nel dettaglio, il testo si struttura in sei capitoli.
Il primo è dedicato interamente allo studio dei principali caratteri
demografici e sociali della popolazione anziana italiana, con uno sguardo sia al
confronto con gli altri paesi sia alla prospettiva fornita dalle previsioni future.
Il secondo capitolo, invece, intende offrire un contributo sociologico al
tema dell’età che vada oltre la prospettiva demografica o del bisogno e fornisca
una panoramica teorica della condizione anziana dal punto di vista della
società. Pertanto, viene fatta luce sugli stereotipi che connotano la condizione
anziana, sulle differenze degli anziani in base all’appartenenza di coorte, e sulla
necessità che questa fase della vita, al pari delle altre, venga normata dal punto
di vista sociale e vista con occhi nuovi dal punto di vista culturale.
Nel terzo capitolo, attraverso una descrizione dettagliata degli approcci
normativi emersi in questi anni ai vari livelli di governo, si propone un
approfondimento sul tema dell’invecchiamento attivo quale tentativo di
connotare in modo nuovo la fascia di popolazione anziana; l’attenzione si è poi
focalizzata sulle modalità in cui le direttive internazionali e comunitarie sono
state recepite dallo Stato italiano, nella dimensione nazionale e regionale.
Il capitolo quarto, analizza e illustra nel dettaglio i diversi cambiamenti e
le diverse derive negative che possono indurre l’anziano a sperimentare una
condizione di solitudine e isolamento sociale, siano queste afferenti alla sfera
personale, familiare o sociale.
Il quinto capitolo costituisce una base conoscitiva preliminare per
inquadrare il contesto nel quale si è svolta la ricerca. Viene offerta, pertanto,
una descrizione della popolazione anziana residente in Campania, dal punto di
vista della demografia, dell’assetto familiare e delle condizioni di salute. Più
nello specifico, si è descritto poi, in base ai medesimi fattori, il profilo degli
anziani partenopei, con particolare attenzione a coloro che risiedono nella Terza
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e Quarta Municipalità di Napoli, che sono stati in parte oggetto di studio nel
corso dell’indagine.
Nel sesto ed ultimo capitolo, infine, si riporta dettagliatamente
l’esperienza empirica condotta, nella forma dello studio di caso, presso le sedi
preposte agli interventi che la Comunità di Sant’Egidio mette in atto a Napoli in
favore degli anziani residenti nelle suddette municipalità. Nel dettaglio, a
seguito della descrizione di questa associazione di volontariato nei suoi valori e
nelle sue modalità operative, si è approfondita l’esperienza napoletana di cui si
è tentato di indagare, da un lato, come si declinano nel concreto i servizi offerti
dalla Comunità nel territorio di riferimento e, dall’altro, se e in che modo le
azioni messe in atto dall’organizzazione risultano essere efficaci sia dal punto di
vista diretto che indiretto.
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CAPITOLO PRIMO
VERSO LA SOCIETA’ DEGLI ANZIANI
1.1 Il quadro demografico
L’invecchiamento della popolazione è un processo destinato a cambiare
le società in cui viviamo, in tutto il mondo. Tale fenomeno ha infatti una
dimensione globale: è la popolazione di tutto il mondo ad invecchiare, pur con
intensità e tempi diversi. Golini e Rosina [2009] sintetizzano le caratteristiche di
tale processo con tre “I”: inedito, incisivo e irreversibile. Inedito perché è un
fenomeno che solo di recente si è affermato con forza nella storia dell’umanità.
La proporzione delle persone con più di sessant'anni tra gli abitanti del pianeta non è mai stata
storicamente superiore a una su 20. Nel corso degli ultimi decenni ha definitivamente superato quasi
ovunque tale soglia, fino ad arrivare attualmente oltre quota di una su dieci. Secondo le previsioni delle
Nazioni Unite, entro il 2050 si arriverà a superare il livello di una su cinque. La fascia anziana sarà la parte
di popolazione che aumenterà più velocemente nel corso del XXI secolo. Ancora, secondo le previsioni
delle Nazioni Unite, se la popolazione mondiale crescerà nei prossimi decenni a un tasso medio annuale di
poco superiore all'1%, quella over 60 aumenterà invece a un ritmo 2,5 volte maggiore
1
.
È un processo incisivo, perché è una trasformazione che non è solo
demografica, ma che ha (e avrà sempre più) le sue ripercussioni in ogni
dimensione dell’esistenza: nella sfera sociale, come in quella economica e
politica in quanto gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone si
modificano in base all’età e quindi, in un’ottica macro, in base all’età della
popolazione.
Il processo è infine da considerarsi sostanzialmente irreversibile giacché
l’aumento del numero e dell’incidenza della popolazione anziana è da
considerarsi (come lo stesso Golini affermava anni fa) un problema derivante da
1
A. Golini, A. Rosina (a cura di), Il secolo degli anziani. Come cambierà l’Italia, Il Mulino, Bologna, 2011, p. 9.
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due indiscutibili “vittorie dell’umanità” [Golini 2003: 82]: il controllo delle
nascite e la riduzione delle cause di morte precoce. I demografi, a tal proposito,
utilizzano le espressioni “invecchiamento dal basso” e “invecchiamento
dall’alto”
2
. Nel primo caso, ci si riferisce al calo del tasso di fecondità e del tasso
di natalità, a cui si accompagna una forte riduzione della mortalità infantile (per
cui nascono meno bambini, ma i nuovi nati hanno maggiori probabilità di
sopravvivenza rispetto al passato). È chiaro che questo non può considerarsi un
semplice fenomeno naturale: la sua spiegazione va ricercata nell’ambito delle
trasformazioni sociali, con particolare riferimento ai mutamenti di natura
economica (anzitutto all’ingresso delle donne nel mercato del lavoro), sociale
(come ad esempio le politiche di conciliazione), e culturale (come la
scolarizzazione di massa che ritarda l’età del matrimonio e comunque la nascita
del primo figlio). A ciò si aggiunge il peso della crisi economica che, rendendo
incerte le prospettive future, può influenzare negativamente le scelte
riproduttive.
Con l’espressione “invecchiamento dall’alto”, invece, ci si riferisce
all’allungamento della durata media della vita, come conseguenza della
riduzione delle cause di morte precoce, collegato soprattutto ad un maggiore
benessere socio-economico, alla prevenzione e, in generale, ad una maggiore
disponibilità di cure mediche e assistenza pubblica. Se ne deduce che la
presenza di un’elevata quota di persone anziane è una caratteristica destinata a
diventare strutturale nell’ambito delle società moderne, a meno che non si
ritorni ai livelli di fecondità di antico regime, o che (per effetto di una crisi nel
sistema di welfare o di nuove epidemie) si abbia un decisivo incremento della
mortalità nelle età adulte o anziane o, ancora, che si abbiano continue e
crescenti migrazioni di popolazione giovane. L’immigrazione di bambini e di
2
Cfr. E. Pugliese, La terza età. Anziani e società in Italia, Il Mulino, Bologna, 2011.
14
adulti è in effetti un fenomeno che può determinare un effetto opposto rispetto
all’evoluzione della struttura demografica della popolazione, contribuendo a
sostenere il tasso di natalità dei paesi di arrivo.
1.2 L’Italia e gli altri paesi sviluppati: un confronto
Per quanto concerne la dinamica dell’invecchiamento nel nostro paese, i
dati demografici mostrano l’Italia come uno dei paesi più avanzati in tale
processo. Come ricorda Golini,
3
nel 1861, al momento dell’Unità, la fecondità si
attestava intorno ai cinque figli per donna e la durata media di vita era di circa
32 anni. La struttura demografica rispettava in tal modo la sua forma
piramidale, grazie ad una base larga, ricca di bambini e di giovani, e ad un
vertice molto stretto, dovuto agli alti rischi di morte precoce, che rendevano
raro il raggiungimento del traguardo dei 60 anni. Tale scenario rimarrà
sostanzialmente stabile fino alla seconda metà del secolo scorso. Nel 1950 si
assiste al fenomeno del baby boom e, al contempo, si verifica una riduzione delle
cause di morte precoce; quest’ultimo fenomeno si ripresenterà costantemente
nel corso degli anni, mentre, già dalla metà degli anni Sessanta, il numero delle
nascite inizierà a subire progressivi decrementi. Come mostra Pugliese: «Questi
[gli anziani] –che definiamo qui convenzionalmente come le persone di età
superiore ai 60 anni- mostrano un trend di crescita continuo e passano tra il
1950 e il 2005 da 5.800.000 persone a 13.660.000»
4
. Ancora Pugliese, fa notare
come il dato mostri tutta la sua portata se confrontato con quello degli altri
paesi appartenenti all’Europa dei 15:
5
3
Cfr. A. Golini, A. Rosina (a cura di) , op. cit., 2011.
4
Cit. E. Pugliese, op. cit., 2011, p. 30.
5
L’autore opera questa limitazione tenendo conto non solo delle sostanziali differenze storiche ed
economiche che intercorrono tra questi Paesi e quelli entrati successivamente all’interno dell’Unione