4
Introduzione
La
mia
tesi
è
principalmente
centrata
sull ’analisi
del
ruolo
delle
associazioni
degli
stranieri
nell ’inserimento
di
essi
nella
soci età
italiana.
Particolare
attenzione
è
dedicata
ai
fattori
che
stanno
alla
base
dell ’affermarsi
di
un
fenomeno
così
recente
nel
panorama
italiano,
e
alle
sue
caratteristiche
in
termini
di
composizione
e
obiettivi.
Nello
specifico
la
tesi
prende
in
conside razione
il
caso
della
comunità
albanese
in
Trentino,
con
speciale
riferimento
al
ruolo
dell ’associazione
delle
donne
albanesi,
TEUTA,
nata
cinque
anni
fa.
TEUTA
ha
finora
realizzato
una
serie
di
attività
nel
territorio
trentino
che
hanno
contribuito
non
so lo
a
diffondere
la
cultura,
la
lingua
e
la
storia
dell ’Albania
nella
società
trentina,
ma
anche
ad
accrescere
i
contatti
tra
gli
stessi
cittadini
albanesi
presenti
sul
territorio
e
a
suscitare
in
loro
l ’interesse
per
le
sfide
poste
dalla
multi -‐interculturalità
e
per
l ’attivismo
come
strumento
di
miglioramento
delle
proprie
condizioni
di
vita
nella
condizione
di
straniero.
L’associazionismo
degli
stranieri
rappresenta
un
tema
di
crescente
interesse
sociale
e
accademico
perché
è
una
misura
del
bisogno
e
de l
desiderio
di
essi
di
partecipare
alla
vita
sociale
del
territorio
in
cui
vivono,
quindi
di
stringere
rapporti
con
la
comunità
autoctona
e
con
i
propri
connazionali.
Divulgare
e
diffondere
la
cultura
del
paese
o
della
regione
di
origine
è
l ’attività
più
evidente
delle
associazioni
degli
stranieri,
ma
essa
mira
generalmente,
talvolta
indirettamente,
alla
ricerca
di
strategie
attraverso
cui
gli
stranieri
possono
migliorare
le
proprie
condizioni
sociali
ed
economiche.
5
Dall’analisi
risulta
che
l ’associazionismo
degli
stranieri
è
effetto
della
stabilizzazione
dell’immigrazione
come
fenomeno
non
passeggero,
ma
strutturale,
cioè
di
presenza
di
persone
straniere
i
cui
progetti
di
vita
sono
strettamente
legati
al
territorio
italiano
dove
queste
persone
svolgono
buona
parte
della
propria
vita.
L ’integrazione
degli
stranieri
nel
tessuto
della
società
italiana
ospitante
e
quindi
la
loro
partecipazione
attiva
a
tale
società
passa,
tra
gli
altri
aspetti,
per
le
condizioni
abitative
e
lavorative.
Pertanto,
sebbene
l ’abitazione
e
il
lavoro
siano
al
centro
delle
loro
attività,
generalmente
la
ricerca
di
queste
condizioni
precedono
il
costituirsi
delle
associazioni,
le
quali
inizialmente
fungono
semplicemente
da
annello
di
congiunzione
tra
stranieri,
come
reti
di
sostegn o
di
diversi
tipi,
no nchè
per
riprodurre
e
di ffondere
la
propria
cultura
in
un
contesto
differente
dal
paese
o
regione
di
or igine.
La
nasc ita
dell ’associazionismo
degli
stranieri
è
anche
motivato
dalle
difficoltà
da
parte
degli
stranieri
di
acquisire
la
c ittadinanza
italiana,
la
quale
richiede
tempi
assai
lunghi
(teoricamente
dieci
per
residenza,
ma
in
realtà
molti
di
più
a
causa
dei
ritardi
burocratici).
Data
la
scarsità
della
letteratura
scientifica
sull ’associazionismo,
la
tese
mira
anche
a
contribuire
alla
produzione
della
conoscenza
del
fenomeno,
suggerendo
che
esso
merita
attenzione
da
parte
delle
scienze
sociali,
oltre
che
del
potere
amministrativo
e
della
società
italiana.
Per
comprendere
l ’associazionismo
in
Trentino
ho
cercato
di
esplorare
il
c aso
della
comunità
albanese,
attraverso
l ’analisi
specifica
di
un ’associazione
culturale
di
donne
con
sede
a
Trento,
TEUTA.
La
scelta
di
TEUTA
come
caso
studio
specifico
è
giustificata
dal
suo
maggiore
attivismo
rispetto
alle
altre
associazioni
albanesi
in
termini
di
6
progetti,
eventi
ad
altre
iniziative,
messe
a
punto
autonomamente
o
in
maniera
collaborativa,
o
ancora
su
commissione
di
un
ente
pubblico.
Dal
punto
di
vista
metodologico
ciò
significa
che
lo
studio
di
TEUTA
ci
permette
di
osservare
più
facilmente
l ’impatto
dell ’associazionismo
albanese
sull ’integrazione
degli
albanesi
in
Trentino
e
da
esso
trarre
alcune
considerazioni
generalizzabili
sul
ruolo
dell’associazionismo
degli
stranieri
nella
costruzione
di
una
società
pluralistica
e
inclusiva.
L’elaborato
è
in
tre
capitoli.
Il
primo
capitolo
è
in
sostanza
un
inquadramento
storico
del
fenomeno
migratorio
in
Europa
e
in
Italia.
È
un
breve
excusrs
storico
dell’immigrazione
dal
1800
ai
giorni
nostri
che
ripercorre
le
sue
fasi
evolutive,
le
quali
evidenziano
come
inizialmente
l ’immigrazione
si
sia
caratterizzata
come
una
questione
di
emergenza
legata
alla
ricerca
della
mano
d ’opera
per
l ’industria
(
1973 -‐2000)
e
successivamente
come
un
fenomeno
strutturale
(2000
ad
oggi).
Nella
descrizione
degli
ultimi
de cenni
enfasi
è
posta
sul
caso
dell ’Italia
e
del
Trentino.
Nel
secondo
capitolo
comincio
ad
entrare,
per
cosi
dire,
nel
cuore
della
mia
tesi
concentrandomi
sulle
caratteristiche
dell ’associazionismo
degli
stranieri
in
Italia
e
in
Trentino
attraverso
l ’analisi
di
dati
quantitativi,
delle
caratteristiche
e
degli
obiettivi
generali
delle
associazioni.
Il
terzo
capitolo
è
dedicato
alla
valutazione
del
ruolo
delle
associazioni
degli
stranieri
nell’integrazione
e
nel
miglioramento
della
vita
sociale
e
lavorativa
degli
associati
di
TEUTA.
Sostengo
che
tale
miglioramento
si
ripercuote
sulla
comunità
ospitante.
7
1.
Il
fenomeno
dell’immigrazione
1.1
Cenni
storici
La
globalizzazione
ha
accorciato
le
distanze
tra
i
popoli
su
scala
globale
attraverso
la
rapida
circolaz ione
di
capitali,
merci
e
informazione.
Si
sono
intensificati
altresì
i
movimenti
migratori,
i
quali
hanno
così
acquisito
dimensioni
mai
registrate
dalla
storia
fino
a
pochi
decenni
fa.
In
questo
processo,
l ’Italia
è
divenuta
una
meta
di
immigrazione,
sia
come
destinazione
finale
che
come
luogo
di
passaggio
per
destinazioni
più
promettenti
come
la
Francia,
la
Germania
e
il
Regno
Unito.
Si
definisce
immigrazione
lo
spostamento,
permanente
o
temporaneo,
di
una
o
più
persone
verso
un
paese
diverso
da
quello
d ’origine.
Il
fenomeno
opposto
è
chiamato
emigrazione.
La
storia
dell ’immigrazione
ci
aiuta
a
comprendere
la
sua
evoluzione,
quindi
la
sua
importanza
nell ’analisi
dei
fenomeni
sociali.
Ecco
alcuni
cenni
storici.
Tra
il
1800
e
la
metà
del
1900
la
storia
regis trò
un
importante
incremento
di
spostamenti
umani.
Questo
è
vero
soprattutto
per
quanto
concerne
le
migrazioni
all’interno
del
continente
europeo
e
ancor
di
più
da
esso
ad
altri
continenti.
Tale
mutamento
sociale
è
da
attribuire
ai
processi
macro
allora
in
corso
sia
in
Europa
che
a
livello
internazionale.
Nel
caso
dell ’Europa
ci
si
riferisce
alla
crescita
demografica,
alla
sovrabbondanza
della
mano
d ’opera
agricola
e
alle
tensioni
sociali
causate
dall’industrializzazione.
A
livello
internazionale,
nel
perio do
tra
la
fine
del
1800
e
l’inizio
del
1900
si
assistette
ad
importanti
cambiamenti
nella
struttura
degli
stati -‐
nazione
americani
e
africani,
con
la
decolonizzazione
dei
primi
e
l ’intensificazione
del
processo
coloniale
dei
paesi
africani
dopo
la
Conferenz a
di
Berlino
del
1885,
la
quale
sancì
la
spartizione
del
continente
africano
e
quindi
l ’attribuzione
formale
delle
colonie
alle
potenze
europee.
Tutto
ciò
modificò
considerevolmente
le
economie
e
la
struttura
demografica
degli
stati
europei
e
delle
rispett ive
colonie
nelle
americhe
e
in
Africa.
In
questo
mutamento
l ’economia
industriale
giocò
un
ruolo
preponderante.
Come
già
8
detto,
allora
gli
spostamenti
umani
riguardavano
massicciamente
il
dislocamento
di
europei
verso
le
“nuove
terre ”.
Nel
secondo
dopogue rra,
tuttavia,
i
flussi
cominciarono
ad
andare
in
direzioni
opposte,
ossia,
l ’Europa
cominciava
a
diventare
terra
di
immigrazione.
Nello
sviluppo
del
fenomeno
di
migrazione
in
Europa
(U.
Melotti
2004,
p.
2-‐3)
si
distinguono
tre
fasi
fondamentali:
la
fase
d ell’immediato
dopoguerra
fino
agli
anni
‘70,
il
periodo
tra
l ’inizio
degli
anni
70
e
l ’inizio
degli
anni
80,
e
infine,
il
periodo
tra
i
primi
anni
80
ad
oggi.
Tra
il
periodo
immediatamente
success ivo
al
dopoguerra
e
agli
inizi
degli
anni
‘70,
che
segna
la
prima
fase
dell ’immigrazione
in
Europa,
essa
rispondeva
ad
una
reale
domanda
di
lavoro
da
parte
dell ’Europa
centro -‐settentrionale
(Francia,
Gran
Bretagna,
Belgio).
Tale
domanda
di
lavoro
generò
il
“liberismo
migratorio ”.
I
paesi
dell ’Europa
centro-‐settentrionale
hanno
costituito
le
aree
di
approdo
e
quelli
dell ’Europa
meridionale
le
aree
di
esodo.
Nella
seconda
fase,
tra
l ’inizio
degli
anni
‘70
e
l ’inizio
degli
anni
‘80,
la
recensione
economica
conseguente
alla
crisi
petrolifera
ridusse
la
domanda
di
manod opera
e
determinò
misure
restrittive
da
parte
dei
paesi
dell ’Europa
centro -‐settentrionale.
Di
conseguenza,
l ’immigrazione
si
spostò
verso
i
paesi
meridionali,
ovvero
Italia,
Spagna
e
Grecia,
dove
si
diressero
significativi
flussi
migratori
dal
Nord
Africa
e
dal
Mediterraneo
orientale.
In
questa
fase
l ’Europa
cercò
di
incrementare
il
rapporto
di
scambio
economico
e
gli
aiuti
allo
sviluppo
per
contenere
l ’immigrazione.
Nella
terza
fase
del
processo
di
immigrazione
in
Europa,
tra
l ’inizio
degli
anni
‘80
ad
oggi
l ’immigrazione
cominciava
a
dipendere
sempre
meno
dalla
domanda
di
lavoro
dei
paesi
d ’ingresso
e
sempre
più
da
forze
espulsive
presenti
nei
paesi
di
origine
come
guerre
e
mancanza
di
opportunità
lavorative.
Crebbe
così
il
numero
dei
richiedenti
asilo
pol itico
e
dei
rifugiati
provenienti
da
paesi
in
situazione
di
guerra
o
carestie.
Di
conseguenza,
dal
“liberismo
migratorio ”
che
caratterizzava
il
periodo
di
domanda
di
9
forza
lavoro
per
l ’economia
dei
propri
paesi,
i
governi
europei
passarono
ad
adottare
leggi
sempre
più
restrittive,
preferendo
ancorare
i
potenziali
immigrati
nei
loro
paesi
di
origine
e
nel
2008
fu
approvata
dall ’Unione
Europea
la
direttiva
per
il
rimpatrio
degli
stranieri
senza
documenti
di
soggiorno.
Le
misure
legislative
restrinsero
aree
di
inserimento,
ma
non
hanno
mai
riscosso
grande
successo
nell ’Europa
meridionale,
sia
in
virtù
della
sua
posizione
geografica
che
la
rende
un
canale
privilegiato
di
ingresso,
che
a
causa
della
sua
bassa
capacità
di
fare
rispettare
le
norme.
Una
conseguenza
naturale
di
una
tale
situazione,
unita
ad
altri
fattori
economici,
sociali
e
burocratici,
riguarda
l ’alto
livello
di
immigrazione
o
condizione
irregolare
degli
stranieri,
la
quale
genera
scarse
possibilità
di
promozione
sociale,
quindi
emarginazione,
stigm a
e
xenofobia.
A
mio
parere,
dal
2000
ad
oggi,
l ’immigrazione
in
Europa,
l ’immigrazione
è
divenuta
strutturale
e
molto
meno
transitoria.
Ne
è
uno
esempio
la
naturalizzazione
degli
stranieri,
sebbene
alcuni
paesi
come
l ’Italia
affrontino
ancora
enormi
diffi coltà
legali,
burocratiche,
politiche
e
culturali
in
relazione
alla
concessione
di
diritti
di
cittadinanza
agli
immigrati
di
prima
e
di
seconda
generazione.
1.2
L ’immigrazione
in
Italia:
passato
e
presente
Fino
agli
anni
1960
il
fenomeno
dell ’immigrazione
in
Italia
era
marginale.
Dopo
l ’inizio
del
“Boom
economico ”
sviluppatosi
tra
gli
anni
‘50
e
‘70,
l ’immigrazione
cominciò
a
raggiungere
dimensioni
significative
per
poi
diventare
un
fenomeno
caratterizzante
della
demografia
italiana
nei
primi
anni
del
XXI
secolo.
In
particolare,
nel
1973
si
ebbe
per
la
prima
volta
un
saldo
migratorio
positivo,
conseguenza
del
rientro
degli
italiani
per
via
della
crisi
petrolifera
che
saturò
il
mercato
di
lavoro
anche
dei
paesi
che
ospitavano
gli
italiani
(La
risorsa
emigraz ione
2012,
Osservatorio
di
politica
internazionale).
Alla
fine
degli
anni
‘70
il
flusso
degli
stranieri
cominciò
a
diventare