Capitolo Primo
Analisi esegetica dell’art.28 DPR 448/88
1. Origine e ambito di applicazione
La legge delega 16/2/1987 n°81 riguardante il nuovo rito penale prevedeva all’articolo 3 lettera
“e”, tra le direttive dettate per disciplinare il processo penale a carico di imputato minorenne, la
facoltà di sospendere il processo per un tempo determinato, di disporre contestualmente interventi
di sostegno per il minorenne e di “apprezzare” poi i risultati di tali interventi. Per l’appunto tali
direttive sono state recepite agli articoli 28 e 29 della legge 448 del 22/9/88, disciplinanti
rispettivamente “la sospensione del processo e messa alla prova” e la “dichiarazione di estinzione
del reato per esito positivo della prova”.
La messa alla prova appartiene alla grande famiglia del “probation.”
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Probation è un istituto del diritto penale di origine angloamericana, consistente in una condanna,
che in luogo della pena detentiva, impone al condannato di osservare determinate condizioni
idonee a facilitare il suo reinserimento sociale, sotto la supervisione dei servizi addetti al controllo
dei condannati ammessi al probation.
La principale funzione dei probation è di offrire programmi di trattamento individualizzati che
facilitino il recupero del condannato, evitando il danno derivante dalla detenzione in un istituto di
pena. La pena detentiva non è più vista come strumento unico e rigido di prevenzione, quanto
come extrema ratio, cioè irrinunciabile solo nei casi di reato nei confronti dei quali lo stato non è in
grado di creare strumenti sanzionatori dissuasivi alternativi.
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In forza di questo principio innovativo,
la “sospensione del processo con la messa alla prova” ha fatto ingresso nel nostro ordinamento,
realizzando finalmente un passo importante in una prospettiva di reale decarcerizzazione.
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In questo senso Bouchard M., voce “Processo penale minorile”, in Digesto delle discipline penalistiche, p. 152 s.s.
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Basco M. G., De Gennaro S., “La messa alla prova nel processo penale minorile”, p.5.
In realtà esistono nel nostro ordinamento anche altre forme di probation. Sono l’istituto
“dell’affidamento in prova al servizio sociale” e l’istituto che consente di applicare sanzioni
sostitutive alla pena detentiva, come la “semidetenzione” o la “libertà controllata”. Novità della
messa alla prova è di riferirsi alla fase antecedente la sentenza; trattasi, dunque, di probation
processuale.
La messa alla prova, come detto, si colloca nel solco del probation ma da essa si discosta per
alcune originali peculiarità.
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Le caratteristiche che lo accomunano alla prova classica sono: 1
Carattere di fase incidentale anteriore alla applicazione, o esecuzione della pena. 2 Previsione per
chi è sottoposto alla prova di prescrizioni comportamentali. 3 Valutazione finale del giudice; in
caso di esito positivo tale valutazione ha effetto liberatorio. Hanno invece carattere di novità: 1 La
collocazione della prova all’interno del processo e l’ampiezza della sua sfera di applicazione.
La messa alla prova è collocata non solo in una fase anteriore alla determinazione e/o
esecuzione della pena - come avviene in tutti gli istituti analoghi - ma anche all’accertamento
formale della responsabilità. In questo modo, attraverso tale istituto, sono stati estesi nella
massima misura possibile i confini delle tecniche di probation.
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Seconda particolarità della messa alla prova sta’ nell’ampiezza del suo ambito di applicazione,
in un contesto che vuole il probation tendenzialmente riservato a reati di modesta gravità e a
soggetti privi di precedenti giudiziari di rilievo. Il legislatore nella sua voluta indeterminatezza
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non
ha previsto particolari limiti né per quanto riguarda il tipi di reato contestato, né per l’entità della
pena prevista (quindi può essere disposta sia per delitti efferati, sia per contravvenzioni
insignificanti). Resta però il fatto che la probation non può prescindere dalla gravità del reato, ne
dalla eventualità di reiterazione; mal si concilia con reati di scarsissimo rilievo o viceversa reati
della massima gravità.
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4
In tal senso Pepino L., voce “Sospensione del processo con messa alla prova”, in Digesto delle discipline penalistiche, p.482
5
In questo senso Cibinel D., voce “Sistema penale minorile”, in Digesto delle discipline penalistiche, p. 343.
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Pepino L., voce “Sospensione del processo con messa alla prova”, op. cit. p. 483.
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Losana C., “Commento al codice di Procedura Penale. Il processo minorile”, p.395. “I reati di poco rilievo non sono sentori,
generalmente, di una personalità deviante o comunque fortemente lacerante. Reati di grandissimo rilievo sono all’opposto, il sintomo
di una grande lacerazione rispetto alle vittime ed alle conseguenze del reato, oppure rispetto all’autostima del ragazzo, così profonda
da non poter essere colmata e superata con uno strumento di questo genere”.
Applicare la messa alla prova per reati gravissimi, come l’omicidio, è una scelta che da un punto
di vista psicologico comporta per il minore i rischi di deresponsabilizzazione di mancata
elaborazione di senso di colpa ed anche della perdita di valore della vita umana nel vissuto del
ragazzo; per i parenti e gli ambienti sociali legati alla vittima può dar luogo ad effetti negativi in
termini di iniquità e ingiustizia.
La messa alla prova non trova neppure limiti neppure sul piano soggettivo, si applica ai soggetti
che sono minorenni nel momento che hanno commesso il reato, indipendentemente dall’avvenuto
raggiungimento della maggiore età prima o nel corso del processo. Inoltre è reiterabile
illimitatamente, suscettibile d’estensione in corso di esecuzione, può essere concessa in caso di
nuovi processi per fatti sia precedenti che successivi ed applicabile anche a chi sia stato in
precedenza condannato.
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Certamente è da escludere l’applicabilità della messa alla prova nelle
ipotesi di evidente immaturità del minore.
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Pepino L., voce “Sospensione del processo con messa alla prova”, op. cit. p.482.
2. Funzione
Il processo minorile è il luogo dove coesistono esigenze e categorie diverse : accertamento,
educazione, punizione e trattamento.
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E’ un luogo dove viene perseguita l’esigenza
dell’accertamento della responsabilità ed eventuale applicazione della sanzione adeguata ma è
anche il luogo dove esistono forme e istituti particolari - per l’appunto la messa alla prova -
rispondenti a specifiche esigenze della condizioni minorile.
Con questo non si vuol affermare che il processo minorile sia un semplice intervento rieducativo
- “uno strumento di educazione rafforzata per minori riottosi”
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- aventi come unico scopo quello di
determinare una evoluzione positiva della personalità del soggetto imputato. Anzi, questa
interpretazione, per ragioni logiche e interpretative, non può essere condivisa.
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Al processo penale minorile si applicano, per quanto non specificamente stabilito, le disposizioni
del codice di procedura penale;
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ciò è stabilito espressamente dall‘art.1 del DPR 448/88.
Il processo penale non è il luogo ideale per ed educare, ma è necessario comunque tenere
conto della specificità della condizione minorile e delle esigenze educative del minore. Il fatto che il
minorenne diventi anche imputato nel sistema penale, non fa venire meno il fatto che è pur
sempre un minore, cioè un soggetto tutelato nel diritto allo sviluppo della personalità in quanto di
interesse sociale.
Né consegue l’elaborazione di istituti giuridici più vicini alle esigenze del minore. Tra questi il più
innovativo, assieme alla sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e la
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Cibinel D., voce “Sistema penale minorile”, op. cit., p. 289.
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Questa espressione viene usata da Assante G., Giannino P. e Mazziotti F., in “Manuale di diritto minorile”, p.258. Tali autori
sostengono che, pur tenendo conto delle forti particolarità del processo penale minorile, che tale processo è caratterizzato da funzioni
e finalità tipiche del processo penale per gli “adulti”.
un semplice
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Su questo punto le valutazioni non sono concordi. Viene, infatti, anche sostenuto che il processo penale minorile più che ad
accertare la responsabilità ed a comminare la conseguente sanzione, sia strumento educativo avente come scopo quello di
determinare una evoluzione positiva della personalità.
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Anche il fatto che il p. p.m. è collocato nel contesto della riforma del processo penale tout court, e non in quello della giustizia
minorile del suo insieme, conferma la conclusione appena vista.
predisposizione di misure cautelari non detentive, è la sospensione del processo e la messa alla
prova.
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Questo istituto, mirando fondamentalmente alla salvaguardia della personalità del minore, gli
offre l’opportunità di uscire rapidamente dal circuito penale sottoponendolo a una serie, più o
meno ampia, di prescrizioni il cui adempimento comporta l‘estinzione del reato.
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Lo scopo della messa alla prova è valutare la personalità del minorenne all ‘esito della prova. Ma
questa valutazione della personalità non viene effettuata al momento del fatto, bensì, in momento
successivo.
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Si tratta quindi una valutazione della evoluzione della personalità del minorenne
dopo il fatto, dell’accertamento di un processo di crescita e cambiamento verso traguardi di
positivo inserimento sociale e di distacco dal reato commesso.
In questo modo il giudice compie una valutazione non statica ma dinamica della personalità (per
così dire “non ad una fotografia bensì ad un film che parte dal passato, si concretizza nel presente
e si proietta nel futuro”
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).
Se la valutazione della prova è positiva abbiamo l‘estinzione del reato. Vuol dire che la
personalità si è evoluta e si è avviata ad un positivo cambiamento. Il soggetto non “merita” più un
interesse penale.
Pertanto con la messa alla prova si perseguono due obiettivi fondamentali:1 estromettere il
minore dal circuito penale evitandogli la condanna; 2 offrirgli la possibilità di un cambiamento con il
supporto di opportuni aiuti.
Il patto “sottostante” alla messa alla prova è il seguente: lo stato rinuncia alla pretesa punitiva ed
offre l’estinzione del reato; il minore non solo deve impegnarsi a non compiere più il reato, ma
anche ad intraprendere e proseguire un progetto di cambiamento, naturalmente con l‘aiuto dei
servizi preposti. Lo stato infatti si deve impegnare ad offrire al minore quel sostegno e quell’aiuto
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In tal senso Patrizi P., “Tutela del minore e processo di responsabilizzazione nella sospensione del processo e messa alla prova”, in
Mestitz A., op.cit., p.176.
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Basco M. G. e De Gennaro S., op. cit., p.1 : “....lo stato rinuncia alla pretesa punitiva ai fini del miglioramento sociale del minore,
al quale chiede in cambio non solo di astenersi , in futuro, dalla commissione di altri reati ma anche l’impegno ad aderire ad un
programma di crescita, cambiamento e reinserimento sociale.”
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In questo senso, art.29 d.p.r. 448/88 :“...tenuto conto del comportamento e della evoluzione della sua personalità, ritiene che la
prova abbia dato esito positivo....”.
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Questa espressione è usata da Losana C., op. cit., p.293.
di cui il minore deviante spesso è privo. L’esito della prova dipende infatti anche dall‘efficienza e
dalla efficacia dei servizi preposti al sostegno del minore.
Questa impostazione della messa alla prova corrisponde alla consapevolezza che spesso la
devianza dei minori è collegata ad un periodo di crisi, ma che il minore in forza della sua giovane
età può ribaltare tale situazione, non volendosi più identificare in un modello così negativo, ed
intraprendere un percorso di crescita e di maturazione che lo allontani dal circuito penale.
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17
In tal senso Losana C., op. cit., p.293 s. s.
3. Presupposti applicativi
La formulazione generica dell’istituto, in riferimento ai presupposti, potrebbe causare disparità di
trattamento nel godimento della sospensione.
Possiamo però individuare dei presupposti fondamentali per l’applicazione dell‘istituto: a) -
accertamento della responsabilità; b) - accertamento della personalità; c) - consenso del minore.
a) accertamento della responsabilità
Il previo accertamento della responsabilità del minore, in ordine ai reati contestatigli, costituisce,
pur nel silenzio della legge, un presupposto ineludibile.
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Ciò discende in maniera univoca dal principio di stretta legalità a cui sono soggette le misure
penali comunque limitative della libertà personale. Se così non fosse si finirebbe per applicare una
misura certamente “onerosa” e comunque in qualche modo limitativa della libertà personale, sulla
base di una semplice ipotesi.
E’ condivisibile l’opinione che afferma che nel caso ci sia anche un solo dubbio riguardante la
responsabilità penale a carico del minore, il giudice dovrebbe chiedere l’archiviazione per
infondatezza del fatto, pronunciare sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento.
L’orientamento, prevalente nella dottrina, è confermato dalla giurisprudenza.
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In dottrina gli autori sono concordi nell’affermare la necessità di tale presupposto; a riguardo: Camillo Losana, op. cit., p. 207;
Chiavario M. (a cura di), Commento al nuovo codice di procedura penale, vol. 1, Leggi collegate, “Il processo minorile”, p.534;
Basco M.G., De Gennaro S., op. cit., p.16 Scardaccione G., Merlini F., op. cit., p.32.
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Cassazione, sent. Del 23/3/90; Corte Cost. con sent. n. 125 del 14/4/95, che considera “il giudizio di responsabilità penale che si
sia formato nel giudice” un presupposto concettuale essenziale “del provvedimento di sospensione, ricollegando tale necessità alle
esigenze di garanzia dell‘imputato” e precisando che se così non fosse “ si imporrebbe il proscioglimento”.