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INTRODUZIONE
Il tema dell‟energia riveste negli ultimi anni un peso sempre maggiore nelle
decisioni adottate dalle Istituzioni sia a livello internazionale che a livello nazionale.
La politica energetica può essere considerata una tra le politiche meno statiche in
quanto, la sua disciplina giuridica, è sottoposta ad una costante revisione e
aggiornamento in seguito alle frequenti pubblicazioni di nuove ricerche scientifiche che
rafforzano sempre di più la consapevolezza di promuovere attività e strumenti atti a
ridurre, o quanto meno attenuare, il grave problema del cambiamento climatico, il quale
crea dei riflessi negativi non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sul piano
politico e soprattutto economico.
Oggi più di ieri la crisi finanziaria, che nasce negli Stati Uniti nel 2007 ma che in breve
tempo si è estesa anche nelle principali economie mondiali determinando una spirale
recessiva ancora non superata, ha prodotto dei significativi cambiamenti: crescita dei
prezzi dei combustibili fossili, sviluppo di una “coscienza ambientale” che incide sia
sulle scelte di natura politica ed economica adottate dai Governi e sia sulle scelte di
consumo operate dai consumatori finali ed infine, l‟attuale recessione economica, ha
contributo a rivalutare il ruolo delle fonti rinnovabili che hanno assunto, e assumeranno
sempre di più nel corso degli anni, un‟importanza primaria.
In particolare si intende per fonti energetiche rinnovabili tutte quelle fonti energetiche
alternative alle fonti fossili tradizionali (si pensi al petrolio ed ai suoi derivati) dalle
quali produrre energia inesauribile e che permettono all‟uomo di realizzare uno sviluppo
sostenibile, espressione introdotta per la prima volta dal noto “Rapporto Brundtland”
ossia il rapporto approvato nel 1987 dall‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel
quale figura la nozione di sviluppo sostenibile come quella forma di sviluppo che
soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere i bisogni delle
generazioni future.
L‟obiettivo di promuovere tale forma di sviluppo si è poi intrecciata negli anni Novanta
con l‟esigenza di ottemperare al dilagante problema del cambiamento climatico, sono
non a caso gli anni nei quali si susseguono eventi molto importanti a partire dal ‟92 con
il Summit di Rio de Janeiro al 1997 data in cui fu ratificato il Protocollo di Kyoto,
ovvero un accordo internazionale, volontario, con il quale tutti i Paesi firmatari si sono
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impegnati a ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra responsabili del
surriscaldamento del nostro Pianeta.
Il perseguimento di questi due importanti obiettivi ha fatto sì che l‟Unione Europea
operasse dei cambiamenti molto rilevanti sia dal punto di vista legislativo che
economico e sociale, rinnovamenti recepiti a loro volta anche dai singoli Paesi membri.
Il presente lavoro nasce, pertanto, dall‟interesse per i cambiamenti che riguardano il
settore energetico sia a livello europeo che a livello nazionale.
Tuttavia l‟ampiezza dell‟argomento oggetto del lavoro non consente di trattare in modo
completo tutti i suoi aspetti, per questo motivo è stata considerata solo la dimensione
interna della politica energetica escludendo dal campo di studio il settore esterno che
considera invece le relazioni che l‟UE intrattiene per concludere gli accordi
internazionali e il tema dei noti corridoi europei che hanno un ruolo cruciale per
l‟economia europea.
Riferendoci pertanto alla sola dimensione interna della politica oggetto di studio, il
primo problema affrontato sarà quello di analizzare l‟evoluzione della competenza
normativa dell‟Unione in ambito energetico a partire dalla costituzione della Comunità
Europea del Carbone e dell‟Acciaio (CECA) fino ad arrivare alla recente strategia in
ambito energetico elaborata dalla Commissione Europea nel 2013.
Il secondo Capitolo è invece finalizzato alla comprensione dei vari strumenti che l‟UE
ha adottato, a partire dagli anni Novanta, per promuovere l‟impiego delle fonti
energetiche rinnovabili (FER) in tutti i settori economici, si pensi al noto sistema di
scambio delle quote di emissioni (ETS), con la finalità non solo di contribuire alla lotta
al cambiamento climatico ma anche per attuare, attraverso lo sviluppo di fonti
energetiche domestiche, la costante crescita della dipendenza energetica europea dai
Paesi Importatori.
Infine il terzo Capitolo analizza la ripartizione di competenze relative alla disciplina del
settore energetico tra l‟Unione Europea e l‟Italia, cercando di valutare quale possa
essere l‟impatto del diritto europeo dell‟energia sul nostro ordinamento nazionale nella
regolamentazione di un settore estremamente strategico per la ripresa economica
italiana.
A questo scopo verranno approfonditi gli strumenti che il Governo nazionale ha
elaborato per promuovere le fonti energetiche rinnovabili di cui l‟Italia non solo ne è
ricca ma ben si adattano, per le loro caratteristiche tecniche, al tessuto industriale
nazionale caratterizzato, come è noto, dalla predominanza di piccole e medie imprese.
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CAPITOLO I
Le basi giuridiche della politica energetica europea.
1. Introduzione.
La tematica energetica è, negli ultimi anni, una questione ricorrente nelle agende
di lavoro non solo degli Organi di governo a livello europeo e internazionale, bensì
anche a livello nazionale.
Il crescente interesse verso questo tema, senza dubbio molto complesso e articolato, è
dovuto essenzialmente al fatto che gli usi e i modi di vivere del “cittadino”sono mutati,
l‟energia oggi rappresenta, infatti, una componente essenziale per svolgere le azioni
quotidiane tanto è vero che la maggior parte delle attività esplicate nei principali settori
economici hanno un collegamento, diretto o indiretto, con l‟utilizzo di energia.
Alla luce di questo verrà di seguito proposto il panorama legislativo europeo in materia
di politica energetica andando ad cogliere l‟evoluzione di questo tema nel corso degli
anni e il lento percorso svolto dall‟Unione Europea per realizzare una politica energetica
comune in tutta l‟Unione.
2. Un primo approccio alla politica energetica europea.
Fin dai primi Trattati, che rappresentarono poi le basi dell‟attuale Unione
Europea, si cercò di elaborare soluzioni che avrebbero consentito di gestire in modo
comune le fonti energetiche presenti in quegli anni, ovvero il carbone e l‟acciaio.
L‟attenzione mostrata fin da subito verso le fonti energetiche è motivata dai riflessi che,
come testimonia anche la recentissima situazione di crisi fra Siria e Stati Uniti, possono
creare sugli equilibri politici, economici e finanziari non solo a livello di singola
Nazione bensì a livello mondiale.
2.1 Il Trattato CECA.
La prima pietra che segnò il passo verso la costruzione della Comunità
Economica Europea (CEE oggi Unione Europea) avvenne nel 1950 ad opera del
Ministro degli Esteri francese Schuman che nel cosiddetto “Piano Schuman”,
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prevedendo il raggruppamento di tutte le imprese carbosiderurgiche europee, istituì la
Comunità Europea del carbone e dell’acciaio (CECA) alla quale aderirono sei paesi :
Belgio, Repubblica federale della Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
Questa prima forma di organizzazione sovranazionale nacque allo scopo di mettere in
comune la produzione di carbone e di acciaio non solo per finalità prettamente
economiche bensì anche, e soprattutto, per fini politici ovvero rafforzare la solidarietà
fra Francia e Germania al termine del secondo conflitto mondiale agevolando nel
contempo la gestione comune delle risorse site nei giacimenti del Saar e del Ruhr.
Nel 1951 venne firmato, dai sei Paesi in precedenza enunciati, il Trattato di Parigi che,
con scadenza cinquantennale ossia 23 luglio 2002, elencò una serie di obiettivi (crescita
economica, un miglior livello di vita della popolazione e incremento dell‟occupazione)
come conseguenza diretta della situazione di grave deficit in cui si trovava l‟Europa
anche sul fronte infrastrutturale in seguito al conflitto mondiale.
La creazione del mercato comune ha prodotto diversi benefits tra i quali un miglior
controllo in materia di determinazione dei prezzi dal momento che il Trattato di Parigi
vietata la discriminazione dei prezzi, le pratiche di concorrenza sleale e le pratiche che
conducono a disuguali condizioni per operazioni omogenee.
In seguito alla soddisfacente collaborazione nata in seguito alla gestione comune delle
due sopracitate risorse energetiche, il 27 maggio 1952 gli Stati Membri della CECA
tentarono di replicare questo successo estendo il reciproco sostegno anche nel settore
militare firmando il Trattato che avrebbe dovuto istituire la CED ovvero la Comunità
Europea di Difesa che prevedeva la nascita di un esercito europeo integrato sotto il
comando di un‟autorità politica comune. Tuttavia la CED non fu mai istituita giacché la
Francia si rifiutò di ratificare il Trattato per una serie di motivazione quali la morte di
Stalin che attenuò il conflitto fra URSS e l‟occidente capitalista e i problemi interni alla
Francia come la guerra in Indocina e il rifiuto da parte dei francesi di accettare un
possibile riarmo della Germania ancora intimoriti dal conflitto mondiale.
2.2 Il Trattato di Euratom.
Lo step successivo per la realizzazione di una comune politica sul piano
energetico fu rappresentato dalla Conferenza di Messina nel 1955 convocata su
iniziativa del Ministro degli Esteri italiano Martino grazie alla quale i Paesi fondatori
della CECA estesero il mercato comune a tutti i fattori della produzione, tuttavia solo il