Introduzione
Il lavoro di tesi intende presentare le pratiche e gli strumenti scelti ed applicati
dal 1999 al 2012, anni in cui ho rivestito il ruolo di progettista-coordinatore e di
responsabile per l’attività di analisi qualitativa e valutazione di processo
nell’ambito delle attività di sperimentazione dell’Autonomia scolastica, del
Programma Operativo Nazionale 2000/2006 e 2007/2013 e del Programma
Operativo Regionale Campania 2010/2011.
Di tali pratiche e strumenti si intende mettere in evidenza la stretta
connessione con gli aspetti teorici ed operativi relativi alle caratteristiche del
processo formativo e con il quadro storico sociale, caratterizzato dalla crisi del
dualismo degli opposti e dall’affermarsi dell’approccio transdisciplinare.
Un’impostazione che riflette in modo puntuale uno dei punti cardini della
ricerca pedagogica: un metodo si ritiene efficace quando interroga costantemente
la teoria di riferimento per esplorarne le possibilità ed i limiti (Orefice. P).
Ed è proprio partendo da tale prospettiva che si intende illustrare quanto la
ricerca applicata possa fungere da stimolo all’attività di studio e di
sperimentazione in ambito valutativo, allorquando essa si pone l’obiettivo di
indagare i livelli di rintracciabilità e di applicazione dei principi cardine
discendenti dall’elaborazione teorica complessa ( la dialogicità, lo sviluppo
integrato, la transdisciplinarietà, la flessibilità della progettazione formativa,
l’individualizzazione/personalizzazione, la didattica partecipativa/laboratoriale,
la valutazione e l’autovalutazione, la riflessività) e di proporre, pertanto, delle
linee teorico-operative idonee alla definizione di piani di intervento didattico
basati sul rigore scientifico e metodologico, nell’ottica della Ricerca Azione
Partecipativa (Orefice P., 2006) e delle nuove prospettive delineate dal Bilancio
Sociale.
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Piani d’intervento, che partendo dall’analisi dei bisogni e delle risposte locali e
da una “coerente” progettazione formativa, siano concretamente finalizzati
all’individuazione e alla sperimentazione di innovazioni metodologiche e
didattiche che favoriscano la fruizione “reale” del diritto allo studio per tutti, e al
tempo stesso garantiscano l’innalzamento dei livelli di competenza degli allievi e
la drastica riduzione dei tassi di insuccesso e di abbandono scolastico, così come
richiesto dalla Comunità Europea.
Un’attività di ricerca e di sperimentazione continua che si è orientata e
costruita intorno alla consapevolezza che le azioni di valutazione esterna e di
autovalutazione non possono e non devono connotarsi “tecnicamente” per
indagare prioritariamente i fattori generali di processo e gli esiti delle azioni
formative, ma dovrebbero avere come punto di riferimento cardine lo “scenario
complessivo” delineato dalla teoria e dalla ricerca pedagogica.
È in tale ottica, nella consapevolezza dei problemi posti dalla crisi del
paradigma degli opposti, dal riduzionismo, dal fallimento dell’utopia scientifica,
(Orefice P., 2011) e dalle spinte centrifughe di attivazione di processi di
rifondazione delle strutture di pensiero (pensare bene), e di una nuova
consapevolezza della complessità/unicità della dimensione umana (auto-etica,
socio-etica ed antropo-etica) generate dall’affermarsi del paradigma della
complessità, nell’era della società planetaria, che il modello di analisi dei processi
formativi sperimentato si differenzia da quelli maggiormente diffusi e promossi su
scala nazionale ed internazionale, indagando soprattutto i profili di
coerenza/incoerenza tra i modelli formativi delineati dalla ricerca pedagogica
contemporanea e le “prassi” messe in atto, mediante l’analisi dello scarto esistente
tra qualità progettata e qualità realizzata.
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Da questo punto di vista è stato possibile individuare non solo i livelli di
coerenza/incoerenza formale con le norme generali, con le scelte operate in fase di
progettazione e gli esiti finali degli interventi formativi, ma soprattutto i livelli di
coerenza della “programmazione”, dell’impianto metodologico complessivo e di
dettaglio, dei criteri di verifica e di valutazione ipotizzati e realizzati, dei livelli di
adeguamento dell’offerta formativa alle reali esigenze di contesto, dei livelli di
corrispondenza e gradimento delle attività mediante l’analisi dei contratti
formativi. Inoltre sono stati individuati anche i livelli di riflessività individuali e
collettivi generatisi o meno, a seguito delle azioni di formazione rivolte al
personale scolastico e delle analisi valutative interne ed esterne.
Non ultimi, i livelli di coerenza esistenti tra finalità educative generali
dichiarate e prassi consolidate rispetto alla centralità dei processi comunicativi
(nella mediazione didattica e nell’organizzazione scolastica), alla
individualizzazione e personalizzazione, alla tesaurizzazione delle esperienze e
valorizzazione delle professionalità, alle attività di studio/ricerca/innovazione
metodologica e didattica ed, infine, la coerenza dei livelli di priorità nella gestione
del Fondo d’Istituto.
Un processo di coordinamento, di valutazione e di autovalutazione corredato
da strumenti di indagine, di analisi e di rappresentazione grafica idonei a fornire
alle istituzioni scolastiche gli elementi necessari alla “riflessione pedagogica e
didattica” in relazione alle procedure e agli esiti degli interventi messi in atto.
Metodologie di lavoro e strumenti che, a differenza dei modelli ufficiali
standardizzati (oggetto di approfondita analisi e comparazione), sembrano essere
più idonei a cogliere l’ineludibile interconnessione esistente tra teoria e pratica, tra
programmazione e valutazione e tra la stessa e l’individualizzazione e la
personalizzazione dei processi di insegnamento/apprendimento.
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Di conseguenza i più idonei ad evidenziare i diversi livelli di coerenza delle
azioni messe in atto rispetto alle caratteristiche del processo formativo e a fornire
chiavi di lettura in senso evolutivo sia ai partner esterni sia agli operatori interni
nell’ottica del bilancio sociale.
Un’attività di ricerca e di sperimentazione che è risultata ancora più
significativa a partire dall’introduzione del Piano Integrato degli Interventi (PON
2007/2013).
Tale Piano Integrato richiede una progettazione non più intesa in un’ottica
aggiuntiva rispetto alle attività curriculari e al Piano dell’Offerta Formativa, ma
integrata ed in quanto tale, generatrice di specifiche ricadute sul piano dello
sviluppo integrale del soggetto che apprende e sul piano specifico degli
apprendimenti curriculari.
Un’ottica che impone un’attenta e approfondita riflessione in relazione al tema
della valorizzazione delle esperienze extracurricolari in ambito curricolare e che
pertanto rimanda ad una particolare attenzione alle azioni di analisi qualitativa e di
valutazione di processo, onde poter individuare gli elementi di criticità e di
positività che determinano lo scarto esistente tra qualità progettata e qualità
realizzata.
Uno scarto ed un conseguente “spazio di riflessione” non più e non solo
riservato all’area degli interventi extrascolastici, ma all’intera progettazione messa
in campo, di anno in anno, dalle istituzioni scolastiche. Proprio per questo,
nell’ambito del Piano integrato, particolare importanza viene riconosciuta ai
processi di valutazione tanto da riconoscere una certa premialità (ulteriori
contributi economici) alle istituzioni scolastiche che hanno sviluppato processi di
ricerca, sperimentazione e validazione in tale ambito.
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Il lavoro di tesi comincia con la presentazione del quadro teorico di
riferimento, attraverso l’analisi degli aspetti fondamentali dei mutamenti dei
paradigmi storici alla base dell’Approccio Transdisciplinare e della Ricerca
Azione Partecipativa, in quanto l’intero discorso sul processo formativo si basa su
un’educazione sociale olistica e sull’approccio transdisciplinare all’educazione.
Nell’ambito di tale analisi, si è ritenuto utile, ai fini di una maggiore
comprensione della prospettiva di senso in cui sono stati ideati gli strumenti di
analisi qualitativa e del particolare punto di vista da cui si osservano i processi,
dedicare un’attenzione particolare anche agli studi elaborati da Edgar Morin sui
sette temi fondamentali per integrare le discipline esistenti, stimolando, allo stesso
tempo, gli sviluppi di una conoscenza atta a raccogliere le sfide della nostra vita
individuale, culturale e sociale (Morin E., 2001).
Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione del processo di riforma avviato
alla metà degli anni Novanta fino all’approvazione del Regolamento
dell’Autonomia che sancisce il definitivo passaggio dall’insegnamento inteso
come trasmissione di informazioni e/o di abilità rigidamente definite,
all’insegnare ad apprendere, focalizzato su competenze di carattere molto
generali, flessibili e facilmente trasferibili.
Un processo di rinnovamento normativo dall’alto profilo pedagogico e
didattico, al quale però si contrappone il diffuso tradizionalismo didattico che
caratterizza la struttura del fare didattico ancora presente in buona parte delle
istituzioni scolastiche italiane.
Nel terzo capitolo, viene presentato il nuovo scenario relativo ai processi di
valutazione di processo che segnano il passaggio definitivo dai processi di
monitoraggio all’ottica del Bilancio Sociale, di cui si stanno ancora definendo e
sperimentando i modelli operativi di riferimento.
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Un’analisi puntuale in cui vengono presentati i sistemi di valutazione di
processo e delle competenze degli studenti più diffusi in Europa non senza, però,
una breve rassegna dei modelli scolastici e in cui si mette in evidenza quanto il
corretto riferimento agli aspetti normativi della programmazione e delle
valutazione possa contribuire in modo sostanziale a garantire a tutti gli allievi pari
opportunità formative, limitando gli effetti di una concezione della scuola
incapace di conquistare autonomia nei confronti dei condizionamenti propri della
società. Nella parte finale del capitolo si mettono, anche in evidenza, i livelli di
applicabilità della ricerca sperimentata nell’ottica del Bilancio Sociale (Paletta
A., 2012).
L’ultimo capitolo è dedicato alla presentazione degli strumenti utilizzati e degli
esiti delle azioni valutative messe in atto, evidenziandone le connessioni con il
quadro teorico di riferimento delineato nel primo capitolo.
Si parte dai focus della ricerca per descrivere i campi d’indagine della
sperimentazione metodologico-didattica (La metodologia enattiva e la didattica
non lineare) per arrivare all’analisi qualitativa, alla valutazione di processo in
ambito PON e delle azioni di coordinamento e alla valutazione di processo
nell’ambito del POR Campania, Avviso Pubblico “Scuole Aperte - Azioni
congiunte”.
Ci si sofferma in particolare sulle finalità e sugli obiettivi del Piano Operativo
Nazionale (ambito preminente di sperimentazione dei modelli di analisi di
processo) che, oltre ad una puntuale analisi delle criticità del sistema scolastico
nazionale ed in particolare di quello meridionale, definisce le linee d’intervento e
le procedure da attuare per innalzare i tassi di successo scolastico e la qualità
dell’offerta formativa, contribuendo in tal modo a promuovere processi di ricerca
e di sperimentazione in ambito docimologico e didattico.
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Si descrive, inoltre, il ruolo strategico del Referente per la valutazione e si
riportano alcune esemplificazioni operative, in modo da rendere evidente il nesso
esistente tra la ricerca e la sperimentazione in campo docimologico e la qualità
dei processi decisionali e formativi.
Capitolo primo
IL PROCESSO FORMATIVO: I MUTAMENTI DEI PARADIGMI STORICI
1.1. L’approccio transdisciplinare
L’uomo moderno, in contrasto con le “originarie” forme di conoscenza basate sul
sentire e sul pensare
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, ha affermato la possibilità della ragione di controllare da sé il
processo di indagine e di verificare sperimentalmente come è fatta la realtà,
esaltandone i poteri fino ad arrivare alla fede totale nella scienza positiva.
Questo passaggio ha segnato anche la rinuncia alla lettura complessiva della realtà
e si è concentrata nei suoi segmenti con conseguente allargamento dell’enciclopedia
delle discipline e produzione di saperi tecnologici segmentati con cui intervenire su
parti della realtà. Ma la frattura più profonda avviene con la separazione della
scienza dalla coscienza: il vero si distacca dal giusto in quanto la conoscenza
oggettiva non ha coscienza, è neutra.
L’esito di tale processo è stata la diffusione di un modello di sviluppo culturale,
sociale ed economico alimentato dai paradigmi di una scienza legata soprattutto ad
una lettura decontestualizzata della realtà che, al di là degli indiscutibili progressi
indotti, è comunque responsabile della crisi del nostro pianeta
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Seguendo questa prospettiva, la ricerca scientifica ha segmentato la realtà e ha
confuso per “oggettività” ciò che è solo l’oggettività del segmento esplorato fuori del
contesto: di qui, per esempio, la visione solo economicistica della crescita nelle
teorie e nelle pratiche dello sviluppo, prendendo l’abbaglio di confondere quantità
produttiva e qualità della vita e dei contesti.
1
Orefice P. (2001), I domini conoscitivi. Origine, natura e sviluppo dei saperi dell’Homo sapiens
sapiens, Carocci, Roma.
2
Orefice P. (2011), Pedagogia Sociale, Bruno Mondadori, Milano.
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