RIASSUNTO
Negli anziani istituzionalizzati i disturbi del sonno notturno sono prevalenti (1)(13),
disturbi che spesso non vengono diagnosticati e trattati (7)(13).
In questo contesto, l’infermiere svolge un ruolo fondamentale (13) nell’accertamento del
modello di sonno (4). Poter utilizzare uno strumento che permetta di individuare i soggetti
a maggior rischio di cattivo sonno, verso i quali programmare interventi volti a migliorare
la qualità del sonno stesso, indirizzando in modo mirato le energie e il tempo dal punto di
vista di un’efficace allocazione delle risorse umane e finanziarie può essere di
fondamentale utilità per l’infermiere.
Con questo intento, nasce nel 2011 la Scala Biazzi (Allegato n.1), scala di accertamento
del rischio di cattivo sonno dell’anziano, proposta come strumento in diverse pubblicazioni
scientifiche (vedi Cap.II; pag.7;‘’Pubblicazioni’’e‘’Presentazioni‘’) ed ancora in fase di
validazione.
Obiettivo della tesi è quello di verificare se lo strumento possa essere facilmente
somministrato agli infermieri, se e in quale misura gli item che lo compongono sono
ritenuti dalla letteratura come fattori che incidono sulla qualità del sonno, e se è possibile
una loro rilevazione oggettiva da parte dell’infermiere.
Nella prima parte ci si approccia al sonno, ai suoi cambiamenti legati all’età, ai principali
disturbi nell’anziano e all’importanza del ruolo dell’infermiere nel rilevare, accertare,
osservare, riconoscere le alterazioni di questo modello e i fattori che lo determinano.
Nella seconda parte si definiscono i materiali e metodi di ricerca bibliografica, si presenta
la modalità di studio e di approccio che ha portato alla realizzazione dello strumento di
valutazione.
Nelle terza parte, dopo un’iniziale analisi del tipico modello sonno/riposo dei residenti e
dei fattori comuni in casa di riposo che incidono sulla qualità del sonno, si affrontano tutti
gli item della Scala Biazzi, mettendoli a confronto con la letteratura.
Nell’ultimo capitolo si discutono i risultati, evidenziando le difficoltà di compilare lo
strumento analizzato basandosi solamente sull’osservazione estemporanea del rilevatore,
senza la collaborazione del residente.
Si rileva inoltre l’influenza che l’infermiere può avere nel determinare abitudini di cattiva
igiene del sonno e nel diventare lui stesso fattore di rischio attraverso l’attività
assistenziale.
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CAPITOLO I PROBLEMA
1.1) Il sonno
Il sonno occupa un terzo della vita di una persona (1)(2): è un processo essenziale per il
funzionamento del nostro organismo, dal punto di vista fisico, mentale (3) e della funzione
sociale (4). Il ciclo del sonno ha una struttura complessa e procede attraverso 2 fasi
principali: Fase NREM / Fase REM (3)(5)(6)(7)(8).
1. Fase NREM: Sonno con movimenti non rapidi degli occhi (3)(6)(9)(8). Si suddivide:
N1: Fase di transizione caratterizzata da sonno leggero, riduzione dell’attività delle onde
cerebrali, movimenti oculari lenti.
N2: Fase caratterizzata da rilassamento muscolare, diminuzione della temperatura
corporea, della frequenza cardiaca e respiratoria.
N3-4 o Slow-Wave Sleep (SWS).
Sonno profondo e ristoratore associato ad onde cerebrali più grandi e lente. Ogni fase è più
profonda di quella precedente (3).
2. Fase REM: Sonno con movimenti rapidi degli occhi (3)(6)(9)(11).
E’ caratterizzata dal movimento rapido degli occhi, attività onirica, aumento dell’attività
cerebrale, della frequenza cardiaca e respiratoria, atonia muscolare. L’ampiezza delle onde
è simile allo stato della veglia (3).
Un ciclo completo di sonno include un episodio di sonno NREM seguito da un episodio di
sonno REM (3)(5). Una tipica notte negli adulti è caratterizzata da 4-6 cicli di sonno di
durata tra i 60 -110 (3), 90-120 (8).
1.2) Gli anziani e il sonno
Con l’aumentare dell’età il tempo passato nella fase N1, N2 del sonno NREM aumenta,
mentre diminuisce il tempo nella fase SWS con una conseguente riduzione del sonno
ristoratore e più profondo (3)(8)(10)(12)(13).
Le ragioni dei disturbi del sonno dell’anziano non si possono spiegare solamente con
questi cambiamenti, gli studi hanno dimostrato che i disturbi del sonno primari negli
anziani sani sono rari (13) e dunque non è l’invecchiamento a causare i disturbi del sonno,
ma le condizioni cliniche che lo accompagnano (5)(7).
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1.3) I principali disturbi del sonno nell’anziano
1.3.1) L’Insonnia
E’ riferire una difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno (4)(8)(15)(10) e/o sonno
non ristoratore o di scarsa qualità per almeno un mese (8)(10). L’insonnia può essere acuta
(perdura meno di un mese) o cronica (perdura più di un mese) (8)(14).
Può essere un disturbo del sonno primario, ma spesso è causata da malattie croniche e/o
psichiatriche (Allegato n.2), farmaci (Allegato n.3), fattori psicosociali: lutto, solitudine,
ospedalizzazione, problemi finanziari (8), fattori ambientali/comportamentali: sonno
eccessivo diurno, rumore, mancanza di esposizione alla luce solare, fumo, eccessivo tempo
speso a letto (8), disturbi primari del sonno (3)(5)(7)(8)(16).
L’insonnia negli anziani aumenta: il rischio di cadute (5)(8)(15), il deterioramento
cognitivo (5), la mortalità (8)(10)(15), i disturbi della memoria (8)(10), la difficoltà nel
mantenere l’attenzione (8)(10)(15), l’incidenza del dolore (8), aumenta del doppio il
rischio di sviluppare la depressione nei pazienti più anziani (14).
Determina l’incapacità di godere le relazioni familiari e sociali ed eccessiva sonnolenza
diurna (che si manifesta con sonnellini in momenti inopportuni nella giornata: durante la
lettura, mentre si intrattiene una conversazione, guardando la televisione (5)(10)).
1.3.2) Disturbo dei ritmi circadiani
Il ritmo sonno/veglia, la temperatura corporea, le secrezioni ormonali (15)(18), la funzione
immunitaria, la pressione sanguigna (18) oscillano nell’arco delle 24 ore (15)(18).
Il ciclo sonno/veglia è regolato dal nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo che risponde
sia a stimoli esogeni (alternanza luce/buio (3)(5)(19), attività sociale, igiene del sonno
(3)(16)), sia endogeni (temperatura corporea, livelli di melatonina (3)(16)).
La temperatura corporea oscilla nelle 24 ore con un ritmo che prevede una discesa nelle
ore serali (favorendo l’instaurarsi del sonno) e una risalita che inizia nelle prime ore del
mattino (10). La secrezione di melatonina è regolata dal livello di luce ambientale
presente, la sua concentrazione aumenta con il buio e rimane elevata durante tutto il sonno
(3)(6). Con l’aumentare dell’età si determina un’alterazione del ritmo della temperatura
corporea (8)(14) e diminuzione della secrezione di melatonina contribuendo a diminuire la
qualità del sonno e aumentare l’incidenza del disturbo del ritmo circadiano (5)(10)(14)(15),
diventando fattore di rischio all’instaurarsi di disturbi dell’umore come la depressione
maggiore (14).
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Patologie croniche (14), la ridotta esposizione alla luce esterna (3)(5)(14) (15), una minore
capacità di trasmettere la luce da parte della retina (14)(19), la riduzione delle attività
sociali e una scarsa igiene del sonno contribuiscono all’instaurarsi del disturbo del ritmo
circadiano (3)(16).
1.3.3) Sindrome delle apnee notturne (OSA).
Si manifesta con una parziale o totale cessazione del flusso d’aria (ipo-apnee o apnee)
durante il sonno (5)(10)(13). Le apnee ostruttive nel sonno sono considerate clinicamente
significative quando durano almeno 10 secondi e si verificano 15 o più volte all'ora durante
il sonno (1). L’indice AHI (numero medio di apnee per ora di sonno in una notte
(7)(10)(15)) determina la gravità del disturbo: Lieve tra 5-15 eventi per ora, Moderato tra
15-30, Grave sopra >30 (3).
L’apnea ostruttiva determina ipossiemia (7)(16)(18) e alterazione del flusso sanguigno
cerebrale (7)(19). Aumenta: la pressione sistemica arteriosa e polmonare (7), la mortalità in
casa di riposo (13)(1), il rischio di malattie polmonari (13), il deterioramento cognitivo nei
soggetti con grave AHI (13)(18), il rischio d’ipertensione (10)(13)(18) e di essere soggetti
a problemi cardiaci (13)(15), in particolare negli anziani aumenta il rischio di sviluppare
l’insufficienza cardiaca congestizia, malattia coronarica e ictus (5)(10)(18).
1.3.4.) Movimento periodico degli arti (PLMS)
Si manifesta con movimenti ripetitivi degli arti inferiori durante il sonno (10)(13)(15), che
si verificano ogni 20 40 secondi (18), determinando risvegli notturni (5)(13)(15), difficoltà
nel mantenere il sonno e aumento della sonnolenza diurna (8)(18).
La persona non si rende conto dei propri movimenti che inducono al risveglio e potrebbe
lamentarsi di un problema di insonnia (10)(15).
Può essere associata a carenza di ferro, uremia, neuropatia periferica (5)(8).
1.3.5) Sindrome delle gambe senza riposo (RLS)
E’ caratterizzata da disestesia nelle gambe (5)(10) che viene descritta come: dolore,
formicolio (10)(15), corrente elettrica (5)(15), la sensazione viene alleviata solo con il
movimento degli arti inferiori (13)(15).
I sintomi peggiorano alla sera e durante il riposo, con conseguente disturbo del sonno
(1)(13)(15).
Si manifesta con sonno leggero, insonnia, eccessiva sonnolenza diurna (18), nei residenti
dementi in casa di cura può determinare irrequietezza motoria e vagabondaggio (1).