Introduzione
L’estrema versatilità nell’uso delle materie plastiche ha fatto sì che la
produzione di queste a scala mondiale sia in costante aumento ormai da
cinquant’anni. Da fonti aggiornate al 2012 (PlasticsEurope), la produzione
mondiale ammonta a circa 288 milioni di tonnellate annue. Questi livelli di
produzione e consumo comportano numerosi problemi di carattere
ambientale. Si stima che circa il 4% della produzione mondiale di
combustibili fossili quale il petrolio, risorsa non rinnovabile, sia utilizzato
come materia prima per la produzione di materiali plastici e che un ulteriore
3-4% sia volto a coprire il fabbisogno energetico di tali processi. Bisogna
considerare, inoltre, che circa il 50% dei materiali plastici prodotti
annualmente nel mondo sia destinato a modalità di consumo “usa e getta”.
Tali rifiuti, quali imballaggi per bevande e alimenti o teli per l’agricoltura,
hanno una vita media utile molto breve, ma una capacità di persistenza
nell’ambiente di migliaia di anni. Il problema della non biodegradabilità di
molte plastiche trova mitigazione, ma non risoluzione, nell’impiego di
polimeri biodegradabili, poiché anch’essi richiedono ambienti di
degradazione favorevoli e la presenza di particolari ceppi di
microorganismi. Allo stato attuale, al fine di ridurre le quantità, e quindi gli
impatti, dei materiali plastici a fine vita, il riciclaggio rappresenta una valida
soluzione. Riciclando, si agisce su di una moltitudine di aspetti tra loro
correlati, quali ad esempio la riduzione del consumo intensivo di risorse
naturali non rinnovabili e dell’eccessivo conferimento in discarica. Tramite
il riciclaggio è possibile ottenere una stessa quantità di prodotto finale
utilizzando quantità inferiori di materie prime in input ai processi produttivi,
e quindi diminuire l’uso di energia e materia necessarie alla realizzazione di
materiali plastici vergini. Oggetto della tesi è la valutazione, tramite
approccio sperimentale, dell’efficienza del separatore idraulico nella
separazione di miscele di PET e PVC provenienti dalla triturazione di scarti
plastici di origine urbana, al fine di contribuire allo sviluppo di tecnologie di
riciclaggio, e in particolare di separazione, sempre più environmentally
friendly, efficienti ed economicamente vantaggiose.
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1 I rifiuti di materie plastiche e il loro fine
vita
1.1 I materiali plastici
I materiali plastici sono materiali organici o semiorganici che derivano dalla
lavorazione chimica del petrolio o del gas naturale. Le unità costitutive di
base delle plastiche sono i monomeri, che attraverso un processo chimico di
polimerizzazione, vengono trasformati in macromolecole chiamate
polimeri. Questi si distinguono in omopolimeri, copolimeri o leghe
polimeriche a seconda che siano formati da un solo monomero, da due
monomeri differenti o da due monomeri che polimerizzano senza però
combinarsi chimicamente. Inoltre, al fine di conferire particolari proprietà ai
prodotti finali, i polimeri di base sono addizionati con due classi di sostanze,
gli additivi droganti e le cariche. Nella prima ricadono sostanze con
particolari funzioni quali stabilizzanti all’ossidazione, antistatici e
conduttori, coloranti, ritardanti di fiamma, ecc. Le cariche, invece, ungono
principalmente da inerti e da riempitivi.
1.1.1 Termoplastici e termoindurenti
Ai fini del riciclaggio, la distinzione più importante da fare è quella tra
polimeri termoplastici e polimeri termoindurenti. I primi presentano una
relazione inversa tra temperatura e viscosità: al crescere della prima, la
seconda diminuisce fortemente e consente la lavorabilità del materiale.
Quando la temperatura scende sotto il punto di rammollimento, i polimeri
termoplastici riacquistano viscosità, solidificano e assumono la forma
desiderata. Pur essendo reversibile, tale trasformazione non può essere
ripetuta un numero infinito di volte, causa il deterioramento delle catene
polimeriche di partenza. Tra i polimeri termoplastici più diffusi si trovano il
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polietilene (PE), il polietilentereftalato (PET), il polivinilcloruro (PVC). I
polimeri termoindurenti, invece, sono quelli che, in determinate condizioni
di temperatura e/o in presenza di particolari sostanze, divengono rigidi,
insolubili e infusibili. Questa trasformazione si manifesta mediante reazioni
di reticolazione note nel complesso come processo di curing. I nuovi legami
formati a seguito della reticolazione sono definitivi, e ciò è di forte ostacolo
al riciclaggio di tali materiali. Infatti, al crescere della temperatura, superato
il punto di rammollimento, vi è dapprima una diminuzione della viscosità
che consente la lavorabilità del materiale cui segue però la reticolazione,
associata ad un forte aumento della viscosità, e il materiale diviene
impossibile da lavorare. Tali polimeri trovano un largo impiego quali
isolanti, tra questi i più noti sono il teflon (PTFE- politetrafluoroetilene) e il
poliuretano (PU).
1.1.2 Identificazione
L’enorme varietà di materie plastiche esistenti ha reso necessaria una serie
di normative (DIN 7728, DIN 16780, ISO 1443/1) volte a standardizzarne
la nomenclatura e quindi a facilitarne il riconoscimento, tramite sigle che
identificano in modo univoco ogni plastica.
1.1.2.1 Materie plastiche costituenti gli imballaggi
Le maggiori quantità di rifiuti di origine plastica provengono dalla
dismissione degli imballaggi (PlasticsEurope, 2013). Al fine di agevolare il
riconoscimento e l’avvio a riciclo dei differenti polimeri provenienti da
questo comparto, sono utilizzate ormai da anni le codifiche SPI- Society of
Plastic Industry. I codici da uno a sei identificano i polimeri con maggiore
diffusione, il numero sette è associato a tutti gli altri polimeri. In generale,
comunque, tutti gli imballaggi possono essere conferiti della raccolta
differenziata prescindendo dal polimero e dal codice.
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Fig.1.1 Simboli che identificano la tipologia di polimero
1.2 Normativa in materia di rifiuti plastici
1.2.1 Normativa Europea
Dal punto di vista legale, la Comunità Europea agisce sugli Stati membri
dell’unione tramite “Direttive”, mezzi giuridici che indicano obiettivi da
raggiungere, definizioni importanti, scopi, gerarchie, responsabilità e
orizzonti temporali di azione, ma lasciano alle parti coinvolte la libertà di
scelta riguardo forma e mezzi per il recepimento delle stesse.
1.2.1.1 Direttiva 2008/98/CE
In tale Direttiva Comunitaria, del 19 novembre 2008, si parla spesso di
raccolta differenziata quale mezzo imprescindibile per aumentare le quantità
di materiali di scarto recuperati e riciclati. Gli obiettivi posti sono, per gli
Stati membri, i seguenti:
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entro il 2015 istituzione di regimi di raccolta differenziata per
quanto riguarda almeno carta, metallo, plastica e vetro;
entro il 2020, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti domestici di carta,
metallo, plastica e vetro accresciuti complessivamente di almeno il
cinquanta percento in termini di peso.
1.2.1.2 Altre Direttive
Sebbene la 2008/98/CE fornisca un inquadramento generale, per alcuni
prodotti contenenti materiali plastici esistono direttive specifiche,
soprattutto per quanto riguarda la gestione del fine vita. Gli esempi più
rilevanti sono:
Direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20
dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio
(modificata dalla Direttiva 2004/12/CE);
Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso - (End of Life
Vehicles – ELV);
Direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
4 luglio 2012 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche (RAEE).
1.2.2 Normativa Italiana
La Direttiva Europea 2008/98/CE è stata recepita in Italia tramite il Decreto
legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, che integra e modifica il Decreto
Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, noto come “Testo Unico Ambientale”. Le
più importanti novità recepite dal decreto riguardano i seguenti ambiti:
l’introduzione della responsabilità estesa del produttore dei beni
(nuovo art. 178 bis Dlgs. 152/06);
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il criterio della prevenzione (comma 5 del nuovo art. 179 Dlgs.
152/06), secondo cui le Pubbliche Amministrazioni devono
favorire il rispetto della gerarchia di trattamento dei rifiuti, che
vede al primo posto la prevenzione della produzione dei rifiuti,
seguita da “la preparazione per il riutilizzo”, “il riciclaggio”, “il
recupero di altro tipo” ed infine “lo smaltimento”;
l’inserimento della preparazione per il riutilizzo (art. 180 bis)
definita all’art. 183, lettera q), come le operazioni di controllo,
pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o
componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da
poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. E del
riutilizzo, definito come qualsiasi operazione attraverso la quale
prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la
stessa finalità per la quale erano stati concepiti;
l’ufficializzazione della definizione di riciclaggio, inteso come
qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono
trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per
la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di
materiale organico, ma non il recupero di energia né il
ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali
combustibili o in operazioni di riempimento (art. 183, lettera u);
la definizione di sottoprodotto che deriva dai processi produttivi.
Esso è tale, e non un rifiuto, se la sostanza o l’oggetto può essere
utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso
dalla normale pratica industriale, intesa dunque come unico
trattamento ammesso. Il Ministero dell’Ambiente potrà adottare
criteri quali-quantitativi per specifiche tipologie di materiali.
Per quanto riguarda le altre Direttive specifiche, queste sono state recepite
in Italia rispettivamente:
(Direttiva 94/62/CE e successive modifiche) dal Decreto
Legislativo 3 Aprile 2006 n. 152 (che abroga e sostituisce il
Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 c.d. Decreto Ronchi):
(Direttiva 2000/53/CE) dal Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n.
209 relativo ai Veicoli Fuori Uso;
(Direttiva 2012/19/UE) è di pochi giorni fa la firma in Consiglio
dei Ministri allo Schema di decreto legislativo recante attuazione
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della direttiva 2012/19/Ue sui rifiuti di apparecchiature elettriche
ed elettroniche (RAEE). Ad oggi, vige il Decreto Legislativo 25
luglio, n. 151 che recepisce le precedenti Direttive 2002/95/CE
2002/96/CE e 2003/108/CE.
1.3 Fine vita dei materiali post-consumo
La produzione a livello europeo di materie plastiche ha raggiunto, nel 2011,
la cifra di 58 milioni di tonnellate, con un fatturato di circa novanta miliardi
di euro, crescendo del 2% rispetto al 2010, così come l’industria della
trasformazione che nello stesso periodo ha registrato una crescita dell’1%.
Dati importanti riguardano anche la raccolta di rifiuti plastici post-consumo
nel 2011, che è aumentata rispetto al 2010 del 2.4%, con circa 25 milioni di
tonnellate (PlasticsEurope: “Plastica – I fatti del 2012”). Di questi, i rifiuti
recuperati, sfiorano i quindici milioni di tonnellate e la quantità di plastiche
avviate a riciclaggio è aumentata dell’8,7%. Tale tendenza crescente trova
le sue cause in una molteplicità di fattori quali la maggiore educazione
ambientale dei cittadini, miglioramenti legislativi, migliori programmi di
raccolta differenziata e di gestione del fine-vita in generale.
1.3.1 Opzioni di fine vita
Per “fine vita” di un prodotto s’intende ciò che accade a questo una volta
diventato scarto. Questa fase finale può comprendere diverse opzioni,
indicate secondo un ordine gerarchico dalle norme in materia:
1) riuso: recupero della funzione che il bene svolgeva nella filiera
principale;
2) riciclaggio meccanico e chimico: recupero di materia a partire da
scarti plastici con determinate proprietà;
3) recupero di energia: combustione degli scarti plastici difficilmente
reimpiegabili mediante altre tecnologie;
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4) conferimento in discarica: opzione finale, quando inapplicabili
precedenti alternative.
L’indicazione di una gerarchia del post-consumo è sicuramente utile nelle
scelte riguardanti gli scarti di materie plastiche. Tuttavia, affinché tali
opzioni siano concretamente adottabili, è necessario, caso per caso,
considerare una serie di fattori, tra cui l’idoneità di un trattamento, le
modalità di raccolta, la disponibilità tecnologica, il costo della manodopera,
l’economicità di un’opzione rispetto alle altre, ecc. Lo schema
rappresentato nella Figura 1.2 riassume le relazioni che intercorrono
tra la qualità del rifiuto raccolto e selezionato e il tipo di trattamento
cui questo è avviato:
. .
Fig.1.2 Opzioni disponibili per il recupero di scarti di materie plastiche
(H. Krahling, I. Sartorius, 2012)
Da un punto di vista di vantaggio economico, un rifiuto ben selezionato e
separato per polimero è idoneo al trattamento meccanico e a quello chimico,
che restituiscono un prodotto riciclato con un discreto valore di mercato,
confrontabile con le risorse economiche spese nelle operazioni di raccolta,
selezione e trattamento dello stesso. Il rifiuto plastico “tal quale” non è
conveniente da riciclare meccanicamente, giacché richiederebbe ricorse
economiche eccessive in termini di selezione e trattamento, mentre si presta
alla produzione di combustibile da rifiuto (SRF- Solid Recovered Fuel) e,
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quando nessun’altra alternativa risulta economicamente praticabile,
all’incenerimento (MSWI – Municipal Solid Waste Incinerator).
1.3.2 Il riciclaggio meccanico e le sue fasi
Per riciclaggio meccanico s’intende il trattamento meccanico dei polimeri
termoplastici di scarto al fine di ottenere una materia prima secondaria,
ovvero nuovi polimeri che possano sostituire l’impiego di materiali vergini
nella filiera di produzione. La qualità dei prodotti ottenuti dipende in gran
parte dalle operazioni di selezione e separazione delle plastiche in entrata al
processo di riciclaggio, che si articola generalmente nelle fasi di raccolta,
selezione, trattamento, produzione.
1.3.2.1 Raccolta
Le possibili modalità di raccolta per i rifiuti urbani sono:
raccolta differenziata per tipologia di prodotto;
raccolta multimateriale per due o più tipologie di prodotto;
raccolta indifferenziata.
Per tutte le categorie di rifiuti speciali, invece, esistono particolari modalità
di raccolta. La progettazione di un sistema di raccolta differenziata risulta
efficiente quando sono tenute in considerazione una molteplicità di variabili
territoriali quali la densità abitativa, la fruizione turistica, la presenza di
zone di difficile accesso o di zone prevalentemente industriali, nonché
necessaria risulta la conoscenza approfondita di viabilità e percorribilità dei
tratti stradali relativi alla zona esaminata. Nello specifico caso dei rifiuti di
origine plastica, le modalità di raccolta adottate sono le seguenti:
Raccolta monomateriale: mira ad intercettare una specifica
frazione di rifiuto e quindi ad aumentare l’efficienza del processo
di recupero.
Raccolta multimateriale: mira a raccogliere una quantità di rifiuti
maggiore, compresi quelli a basso peso specifico. A valle della
raccolta è necessario un sistema di selezione spinto, che tuttavia
non sempre è sufficiente ad evitare la contaminazione dovuta
all’eterogeneità delle frazioni raccolte.