INTRODUZIONE
Nell'ultimo decennio la necessità di un’analisi puntuale dei meccanismi che
incidono sull’andamento della spesa pubblica e l’esigenza di individuare
interventi mirati al contenimento e alla sua progressiva riqualificazione
sono stati l'oggetto principale dell’azione dei vari Governi, divenendo tema
fondamentale della politica finanziaria e di bilancio, reso ancor più
stringente alla luce del percorso di consolidamento dei conti pubblici
necessario ai fini del rispetto degli obiettivi di finanza pubblica concordati
in sede europea.
In tal contesto è emersa con forza la necessità di potenziare il monitoraggio
dei flussi di finanza pubblica, sia a livello centrale che locale, e di elaborare
nuovi strumenti, di carattere più strutturale e selettivo, finalizzati a
consentire un più penetrante controllo anche qualitativo della spesa.
In questo senso le attività di analisi e revisione della spesa hanno delineato
una strategia di medio termine della politica economica, volta a contenere il
complesso della spesa pubblica, favorendo al contempo una maggiore
qualità della stessa e una allocazione più efficiente delle risorse, al fine di
migliorare sia il processo di decisione delle priorità e di allocazione delle
risorse, sia la performance delle amministrazioni pubbliche in termini di
economicità, qualità ed efficienza dei servizi offerti ai cittadini.
Il governo della spesa pubblica è quindi un problema di attualità politica,
sociale, economica e finanziaria riferibile soprattutto alla crescita della
spesa stessa. Da ciò l’esigenza di adottare logiche di risanamento supportate
da analisi di economicità e di efficienza della spesa in diretta relazione ai
servizi resi dall’operatore pubblico ed alle connesse responsabilità
gestionali, che possono essere valutate soltanto attraverso
l'implementazione di un buon sistema dei controlli.
Ora, com’è noto, infatti, un sistema il cui funzionamento si fonda sui
controlli può risultare particolarmente oneroso, rigido e destinato
all’inefficienza, ma soprattutto focalizzato sugli adempimenti, a tutto
discapito dei fini da perseguire. Da ciò l’esigenza di ridisegnare il sistema
organizzativo e gestionale, per enfatizzare gli aspetti relativi alla
tracciabilità e alla responsabilità.
Questo significa che occorre affiancare ai tradizionali controlli in essere,
rivolti soprattutto a garantire la correttezza formale delle operazioni di
spesa, cioè il corretto utilizzo delle risorse e il giusto impiego per fini
istituzionali, un sistema di monitoraggio che, partendo dalla formulazione
dei programmi da perseguire e attraverso la rilevazione delle modalità di
attuazione, permetta di indirizzare la gestione verso gli obiettivi prefissati,
apportando opportuni interventi correttivi nel caso di disfunzioni, al fine di
arginare quelle azioni che possono sintetizzarsi come di “mala gestio”, cioè
come gestione non oculata della cosa pubblica, nei diversi livelli in cui si
esprime la pubblica amministrazione.
Molteplici, in questo quadro istituzionale, sono gli scopi al raggiungimento
dei quali deve tendere un efficace sistema di controlli interni, ed anche di
natura assai diversa tra loro.
In primo luogo esso deve garantire la trasparenza dell’azione
amministrativa nel senso della piena rendicontabilità dell’utilizzo che il
pubblico fa delle risorse che gli sono affidate.
In secondo luogo il sistema deve puntare a tenere sotto controllo il livello di
efficienza nell’uso delle risorse per limitare ogni forma di spreco senza che
ciò significhi spingere i comportamenti dell’amministrazione oltre i limiti
della legittimità; pertanto il controllo sull’efficienza deve essere attuato
contestualmente al controllo sulla legittimità degli atti ed in modo tale che
non sia data maggiore importanza all’uno sull’altro.
In terzo luogo il sistema deve monitorare l’efficacia/ qualità dell’azione
amministrativa. Ricercare l’efficacia non è meno importante del ricercare
l’efficienza, la legittimità e la trasparenza dell’azione amministrativa, ma il
perseguimento di queste ultime finalità è preliminare alla ricerca
dell’ottimizzazione dell’efficacia-qualità, costituisce una vera e propria
conditio sine qua non.
Alla luce delle riflessioni introduttive condotte in precedenza e tenendo
conto dell'importanza e dell'attualità del tema, il primo obiettivo di questo
lavoro è stato analizzare il contesto in cui risiede ed opera il sistema dei
controlli interni nella Pubblica Amministrazione. In particolare, nel primo
capitolo sarà affrontato il tema della definizione del concetto di “controllo”,
dei suoi molteplici significati e dell'articolazione delle varie tipologie
secondo le connotazioni in merito sviluppate dai massimi esponenti della
disciplina. Come si potrà vedere sarà importante la differenziazione e
l'analisi dei controlli di tipo burocratico con quelli di tipo manageriale,
come questi possano essere antitetici ma allo stesso tempo fortemente
correlati tra loro, e quanto il grado di interrelazione tra gli stessi sia di
fondamentale importanza per la sana e corretta gestione dell'ente,
nell'obiettivo di perseguire i concetti di correttezza e legittimità dell'azione
amministrativa, nonché quelli di efficacia, efficienza ed economicità.
In un contesto come quello italiano, in cui i controlli di legittimità/legalità
hanno da sempre sovrastato quelli di merito, rispecchiando sostanzialmente
gli schemi del modello “burocratico” elaborato da Max Weber, la
transizione nell'ultimo ventennio da un'amministrazione di tipo passivo ad
una di tipo attivo si è resa necessaria per rispondere alla richiesta di
efficientamento della Pubblica Amministrazione, sicuramente non pronta
ma certamente bisognosa di assimilare nei propri processi gestionali quelle
pratiche derivanti dal settore privato utili al perseguimento dei concetti di
cui sopra, adattandoli alle proprie caratteristiche di “aziende di produzione
per l'erogazione”.
Per cui il secondo tema proposto sarà proprio quello dell'evoluzione
normativa in materia di controlli, caratterizzata da una forte connotazione di
cultura economico aziendale che ha posto sempre più in secondo piano
quella giuridico amministrativa dominante in modo incontrastato fino agli
anni '80. L'analisi parte dalla L. 142/1990, passando per le grandi riforme
degli anni '90 culminate con le leggi Bassanini e quindi il D.lgs. 286/1999
che riordina e puntualizza il sistema dei controlli interni, la successiva
introduzione del TUEL in cui andrà a confluire la disciplina normativa della
286 e la riforma del Titolo V della Costituzione, quello che era stato
presentato come il grande passo verso la tanto auspicata autonomia delle
Regioni e degli Enti Locali, con annessa soppressione su di essi dei
controlli esterni. Poi un lungo periodo di vacanza legislativa, interrotto solo
nel 2009 con il “Decreto Brunetta” in materia di misurazione e valutazione
delle performance, una delle quattro tipologie di controllo puntualizzate dal
decreto 286 e sottratta da tale novero per essere affidata agli OIV, e da
ultimo il D.L 174/2012 che ha ampliato e rafforzato il sistema dei controlli
interni degli Enti Locali e a cui sarà dato ampio spazio.
Infatti la riforma apportata dal D.L. 174/2012 è il tema del terzo argomento
proposto, con un'ampia disamina del riformato art. 147 del TUEL e del
nuovo “pacchetto” di controlli, diventato più corposo e sempre più tendente
alle esigenze della Pubblica Amministrazione odierna, con particolare
riferimento alle aree grigie e critiche dal peso enorme nell'economia dei
conti pubblici italiani, nonché del rinnovato sistema dei controlli esterni
sugli Enti Locali, nel tempo ridimensionati e poi rinsaldati attorno alla
figura della Corte dei Conti.
Secondo obiettivo del lavoro è stato concentrarsi sul controllo di tipo
amministrativo-contabile negli Enti Locali, nello specifico focalizzando
l'attenzione sul ruolo svolto dal revisore, soprattutto alla luce delle citate
riforme dei sistemi di controllo interno e dei sistemi contabili pubblici.
Chi è il revisore, quali sono le sue funzioni, attraverso quali strumenti
opera, perché è fondamentale il suo lavoro e come si innesta la sua figura
tra i vari organi che risiedono nella Pubblica Amministrazione è il fulcro
attorno a cui ruota l'intero lavoro e a cui sarà dedicato maggior spazio e
grado di analisi.
Il primo tema del secondo capitolo è proprio quello di inquadrare la figura
del revisore: parliamo di un organo derivante dalla pratica professionale
privata in grado di operare in modo trasversale nell'ambito pubblico, avendo
facoltà e funzioni che gli permettono di agire, in raccordo con gli altri
organi, a 360° in merito all'azione, sia preventiva quanto consuntiva,
dell'ente. Parliamo di uno, forse l'unico professionista, capace di apportare
quegli elementi di discontinuità ed innovazione nelle farraginose pratiche
burocratiche pubbliche, attraverso l'innesto dei migliori strumenti derivanti
dalla cultura privata, contribuendo così al corretto funzionamenti degli Enti
Locali.
Scopo dell'organo revisionale è proprio quello di concorrere alla gestione
efficiente delle risorse pubbliche, a maggior ragione nel contesto storico cui
stiamo vivendo, e proprio per la sua particolare formazione professionale
ritrovatosi ad assumere un ruolo centrale non solo nel controllo contabile e
nell'assistenza all'ente attraverso la funzione di collaborazione a supporto
dell'efficace, efficiente e produttiva azione amministrativa, “ma anche il
compito e la responsabilità di una vigilanza generale e continua
sull’adeguatezza economico-aziendale della gestione e sulla veridicità
sostanziale degli atti di programmazione e dei documenti consuntivi”.
Per pervenire a tali considerazioni non si poteva non prescindere, ancora
una volta, da un'attenta riflessione sull'evoluzione normativa in merito
all'istituto della revisione, e ancora una volta funge da base di partenza la L.
142/1990, istitutiva del Collegio dei revisori e che demandava a questi le
funzioni di vigilanza amministrativa, revisione contabile, revisione
gestionale, e consulenza a favore del Consiglio dell'ente. Insomma, una già
veste molto simile a quella attuale, la cui disciplina sarà modificata a vario
titolo negli anni a seguire senza snaturarne la struttura di base. Nei primi
anni '90 gradualmente l'istituto sarà esteso a diverse tipologie di ente,
saranno disciplinate le modalità di determinazione del trattamento
economico e il limite di affidamento degli incarichi. Le ambiguità della
norma in merito all'ampio ventaglio di funzioni affidate al revisore furono
risolte con il D.Lgs.77/1995, attraverso cui fu esplicitamente dichiarato il
Collegio come organo esterno e quindi estraneo al controllo di gestione.
L'intera disciplina è confluita poi nel Titolo VII del D.Lgs. 267/2000 o
TUEL, tra gli artt. 234 e 241, dal titolo “Revisione economico-finanziaria”
e la cui struttura è rimasta tale fino ad oggi, pur avendo subito in questi anni
più modifiche.
Altre norme non importate nel TUEL si sono succedute negli anni, tuttavia
merita un certo rilievo sicuramente il D.L. 138/2011 che ha previsto la
delega al Governo per l'istituzione di un registro dei revisori tenuto dal
Ministero dell'Interno e i criteri di inserimento dei nominativi nel registro,
da cui i revisori saranno estratti a sorte su base regionale, eliminando così la
facoltà del Consiglio di procedere alla nomina del proprio Collegio, a cui
segue il Decreto del Ministero dell'Interno 23/2012 che ha raccolto la
delega e formato il registro dei revisori secondo i criteri stabiliti.
Il terzo tema del capitolo è quello dell'armonizzazione dei sistemi contabili
e degli schemi di bilancio delle regioni ed Enti Locali, volta a soddisfare la
necessità di disporre di dati di bilancio omogenei, aggregabili e
confrontabili, in quanto elaborati con le stesse metodologie e criteri
contabili. La finalità è connessa alle pressanti esigenze informative relative
alla programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica,
alle verifiche del rispetto delle regole comunitarie, con particolare
riferimento al patto di stabilità e crescita e alle procedure sui disavanzi
eccessivi da esso previste.
Il provvedimento è il D.Lgs. 118/2011 e dispone che “le regioni, gli enti
locali ed i loro enti strumentali adottino la contabilità finanziaria, cui
devono affiancare, a fini conoscitivi un sistema di contabilità economico-
patrimoniale, per garantire la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia
sotto il profilo finanziario che sotto il profilo economico-patrimoniale”.
Tra i nuovi strumenti introdotti per la realizzazione dei documenti contabili
sono previsti l'adozione di un piano dei conti integrato, l'elemento di
costruzione dei conti costituito dalla transazione elementare, la definizione
delle finalità del sistema di bilancio delle amministrazioni regionali e locali,
l'articolazione del bilancio in missioni e programmi, anche per gli enti e gli
organismi strumentali, l'obbligo del bilancio consolidato del “gruppo ente”.
In più in allegato al D.Lgs. 118/2011 il Legislatore ha voluto ribadire sia i
principi contabili generali sia, con una serie di allegati ad hoc, i principi
contabili applicati, con l'intento di fornire un framework di principi relativi
al sistema di bilancio, di cui si riporterà il testo correlato dalle opportune
analisi.
Altro tema discusso è quello relativo ai Principi di revisione e di
comportamento dell’organo di revisione negli Enti Locali, ovvero il corpo
di norme elaborato dal CNDCEC, quindi dalla prassi professionale, a
supporto delle funzioni svolte e dei comportamenti deontologico-
professionali tenuti dai professionisti che si cimentano nel ruolo del
revisore pubblico, attraverso la fissazione delle disposizioni che possono
illustrare e rendere note le tecniche e le accortezze adoperate dai
professionisti nell’espletamento del proprio incarico. Tale framework, come
si potrà apprezzare nel lavoro, si compone di 15 documenti, tralasciando in
modo voluto soltanto l'introduzione della contabilità economico-
patrimoniale fino alla sua effettiva entrata in vigore.
Il secondo capitolo si conclude con un'ampia panoramica sulle norme
stabilite dal TUEL in merito alla “Revisione economico-finanziaria”
contenuta nel Titolo VII, con l'enunciazione delle singole norme e dei
relativi commenti e analisi, in particolar modo per quanto riguarda le
funzioni attribuite all'Organo di revisione.
Terzo ed ultimo obiettivo è la descrizione del ruolo del revisore da parte
della sua stessa categoria, ovvero la ricerca dei punti di raccordo o,
viceversa, delle discrasie esistenti, tra i precetti normativi, concetti teorici e
sviluppo, nella realtà pratica, del lavoro svolto dal revisore pubblico, al fine
di determinare la reale consistenza del contributo dei professionisti
nell'ambito del sistema dei controlli interni degli Enti Locali.
Il terzo capitolo si articola appunto in un'analisi sia quantitativa che
qualitativa in relazione alle risposte fornite da un campione di circa trenta
professionisti intervistati personalmente, corredata da una interpretazione
personale delle risultanze ma soprattutto in cui emergerà tutto il pensiero e
l'esperienza che ogni singolo incontro è riuscito a trasmettere.
A dispetto della scontatezza di alcune risposte, sarà molto interessante
verificare il pensiero di una intera categoria, il modus operandi con cui i
professionisti operano e le tante idee per rendere questa professione sempre
più efficiente nella corretta gestione degli Enti Locali.
Il lavoro illustrato consentirà di pervenire ad alcuni spunti di riflessione
conclusivi sull'intera materia della revisione pubblica, articolati a fine
capitolo in una serie di punti che, condivisibili o meno, rispecchiano quella
che è la realtà del funzionamento di quest'organo, su quali sono i punti di
forza e le criticità che esaltano o indeboliscono il lavoro del revisore, e su
come potrebbero o dovrebbero operare i professionisti, tenuto conto che il
periodo di riforme nella Pubblica Amministrazione pur lauto, non può e non
deve ritenersi concluso.