INTRODUZIONE
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INTRODUZIONE
A pochi anni dalla crisi subprime (2007-2008) e a più di dieci anni dalla crisi
finanziaria asiatica (1997-1998) l’estenuante dibattito economico mondiale che
vede lo Stato vs Mercato continua. Gli economisti della mainstream che avevano
predicato agli Stati asiatici normative e trasparenza, si sono ritrovati con milioni
di mutui insolventi immessi segretamente in fondi d'investimento e titoli che
servono agli istituti americani per racimolare capitali e risparmi nel mondo.
Avevano criticato le politiche statali dei paesi asiatici volte ad evitare il collasso
delle banche, ma adesso corrono a salvare dal collasso le proprie. Fin dal 1970 il
discorso neoliberale ha dominato l'economia e l'opinione pubblica. Questo
discorso, che va avanti da più di trenta anni, pretende di imporre un modello unico
e dogmatico, dal momento che i suoi principi spesso oscuri e contradditori
vengono presentati come verità indiscutibili. Nella continua ricerca della
legittimazione del pensiero neoliberista si è sempre cercato di occultare gli aspetti
più devastanti del progetto, iniziando dalla consapevolezza che ai popoli viene
imposto un modello di vita che li sottomette alle necessità dei processi economici,
fino al controllo monopolista dei mass-media nell’intento di creare un mondo
nuovo secondo le esigenze delle imprese multinazionali e dei gruppi finanziari.
È con il famoso Washington Consensus a cavallo tra gli anni settanta e ottanta
che le dottrine neoliberiste giocano con le sorti dei paesi in via di sviluppo
imponendo i famigerati Piani di Aggiustamento Strutturale, con la promessa di
una rapida crescita, basate sulle politiche laizzes-faire del mercato, sull’apertura
finanziaria e commerciale, sullo Stato minimo. Il messaggio promozionale di
queste politiche si è rafforzato ulteriormente con la globalizzazione, percepita
come un processo in cui il mercato guadagna più potere sullo Stato, che ha
persuaso i PVS ad abbandonarsi alle forze del mercato lasciando poche manovre
alla mano visibile. Poco importa se sul piano empirico questi modelli
denunciassero una scarsa aderenza alla realtà.
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Il miracolo asiatico non è esente dalla tanto discussa dicotomia: la mano visibile e
invisibile. Le organizzazioni internazionali come la Banca mondiale e il FMI
hanno subito inquadrato la straordinaria performance economica asiatica
attraverso il linguaggio e le categorie del neoliberismo, senza tener conto, o forse
facendo finta di non vedere, il ruolo promotore dei governi nello sviluppo
economico delle suddette economie. Critici nei confronti delle economie del
Nord-Est asiatico in cui la mano visibile era fin troppo visibile, le suddette
organizzazioni hanno elevato i paesi del Sud-Est asiatico come i veri champions
della crescita economia asiatica dato il loro approccio market oriented, a un ruolo
meno attivo dell’intervento statale nelle politiche industriali e a un processo di
industrializzazione guidato dagli IDE.
Purtroppo la crisi asiatica del ‘97 ha messo a nudo la vera natura miracolosa della
crescita economica asiatica. Le economie maggiormente colpite dalla crisi asiatica
sono state proprio i champions del Sud-Est asiatico, vittime di quella che viene
definita Middle income trap, fenomeno in cui la crescita economica di una
nazione si stagna a livelli di medio reddito non riuscendo a salire ai livelli ad alto
reddito delle economie avanzate. Eppure tra le varie economie del Sud-Est
asiatico c’è ne una che, nonostante abbia adottato un’economia di libero mercato è
riuscita ad evitare la trappola del medio reddito e a superare in termini di PIL
addirittura gli Stati Uniti. Singapore, case od study del presente lavoro, la città-
Stato del Sud-Est asiatico, una piccola isola di soli 700 km2, con una popolazione
di soli quattro milioni, è classificata fra le dieci economie più libere e più
competitive del mondo; passando dall’essere un paese del terzo mondo nel 1960 a
una delle nazioni più ricche del pianeta entro la fine del 1990.
L’ascesa economica di Singapore è stata spesso interpretata in termini neoliberisti
nell’enfatizzare la sua natura di libero mercato. Come vedremo, all’interno della
presente trattazione, questa versione del successo di Singapore verrà smentita alla
luce delle strategie di sviluppo che hanno condotto Singapore alla sua apoteosi
economica. Nel dibattito Stato vs Mercato, che ha contraddistinto il miracolo
asiatico, Singapore ha sempre ricoperto una posizione scomoda nel rientrare in
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uno dei due suddetti parametri ed è per questo che è sempre stata considerata
un’eccezione anomala.
Un economista del libero mercato che non ha esitato ad etichettare come lassaire
faire la politica industriale di Singapore, rimarrà molto deluso nell’aspettativa di
inquadrare questa particolare economia asiatica secondo i parametri della
mainstream neoliberale. Infatti, a dispetto delle apparenze e degli assunti
neoliberisti, il governo di Singapore è stato il principale protagonista e fautore
della crescita economica straordinaria della città-Stato.
L’incredibile capacità dello Stato singaporiano è stato quello di creare un sistema
nazionale già orientato agli imperativi della globalizzazione, a intravedere e
carpire l’andamento economico globale, anticipando continuamente i prossimi
settori di crescita mondiali. In poche parole, a differenza di molte altre nazioni che
sono state colpite negativamente dall’onda disuguagliante della globalizzazione,
Singapore è riuscita a cavalcarla con maestria traendone i massimi vantaggi.
La positiva performance di questo piccola realtà del Sud-Est asiatico negli ultimi
trent'anni e gli importanti obiettivi futuri che la sua classe dirigente si pone la
rendono un laboratorio di politica industriale molto interessante tra le economie
mondiali.
Allora, qual è stata la ricetta per il successo economico di Singapore? quale
lezione possiamo trarre dall’esperienza di Singapore? E soprattutto, sebbene il suo
processo di industrializzazione risulta simile a quello delle altre economie del
Sud-Est asiatico, come ha fatto a sfuggire alle sorti della middle income trap dei
suoi vicini asiatici?
Il presente lavoro si pone come obiettivo quello di rispondere ai suddetti
interrogativi.
Il primo capitolo presenterà una ricostruzione del cosiddetto “miracolo” asiatico e
del dibattito che ne è scaturito, cercando di comprendere le determinanti del
miracoloso fenomeno d’industrializzazione dell’Asia Orientale, con particolare
riferimento ai differenti fenomeni di catching up tra le NIEs di prima e seconda
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generazione. Un particolare riferimento verrà fatto al Developmental State in
quanto protagonista del processo d’industrializzazione asiatico. Una ricostruzione
storica della crisi finanziaria del ‘97 servirà a introdurre il tema della Middle-
Income trap che sembra abbia preso il sopravvento nelle economie degli ASEAN
3 (Indonesia, Malesia e Thailandia). In particolare lo studio di Kenichi Ohno ci
aiuterà a intraprendere un'osservazione empirica delle differenti traiettorie di
sviluppo sia delle quattro tigri sia degli ASEAN 3.
Il secondo si propone di rispondere all’interrogativo sul perché gli ASEAN 3 non
siano riusciti a infrangere, a differenza delle NIEs di prima generazione, the glass
ceiling della Middle Income Trap che coincide con il secondo stadio dello
sviluppo industriale descritto da Kenichi Ohno. A tal fine, verranno utilizzati
come strumenti analitici il Flying Geese model, come modello esplicativo dello
sviluppo regionale asiatico, nonché un’analisi storica ex-post dello sviluppo
economico del Giappone e delle «quattro tigri». La divisione regionale del lavoro
ci offre un’ulteriore chiave di lettura nell’individuare le cause della Middle
Income Trap. Secondo questa lettura, la condizione di Middle Income trap in cui
riversano gli ASEAN 3 sembra corrispondere alle logiche gerarchiche della
divisione regionale del lavoro odierne che offrono minori spazi di manovra
rispetto a quelli consentiti ai primi Asian NIEs fino gli anni ’80. L’inserimento in
periodi diversi all’interno della divisione regionale del lavoro, dimostra come il
contesto storico e politico sia di fondamentale importanza per comprendere le
differenze sostanziali di sviluppo economico nazionale tra le due generazioni, con
particolare riferimento alla tigre Singapore che sembra costituire un modello a
parte di sviluppo.
Il terzo capitolo si concentra sulla peculiarità del case of study del presente lavoro:
Singapore. Il case of study verrà analizzato partendo dagli indicatori
macroeconomici della città-Stato, per poi proseguire con un excursus
approfondito dello sviluppo economico della nazione attraverso l’analisi delle
politiche industriali effettuate dai policy makers. È importante sottolineare che
l'anno 1985 segna una linea di demarcazione e di svolta nelle politiche industriali
di Singapore. Dopo la recessione del 1985, infatti, la visione politica industriale
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del governo si evolve con nuove iniziative, trasformando la città-Stato in ciò che è
stato definito “total business center”. Queste nuove iniziative si sono tradotte
nell’immagine odierna della città cosmopolita di Singapore, come principale
centro finanziario nel mondo con un importante ruolo nel commercio
internazionale e nella finanza.
CAPITOLO 1: LA PARABOLA DEL MIRACOLO ASIATICO
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Capitolo primo
LA PARABOLA DEL MIRACOLO ASIATICO.
I primo capitolo della seguente tesi presenterà il dibattito sul miracolo asiatico e
cercherà di comprenderne le determinanti prendendo in considerazione le
politiche industriali intraprese dalle economie asiatiche e il ruolo del
Developmental State nel guidare tale crescita. Un excursus storico sulla crisi
finanziaria del ‘97 servirà a introdurre il tema della Middle-Income trap che
sembra abbia preso il sopravvento nelle economie degli ASEAN 3 (Indonesia,
Malesia e Thailandia).
1.1 Il boom asiatico e il dibattito.
Nell’ambito dell’Economia Politica Internazionale, la straordinaria crescita
asiatica ha rappresentato un fenomeno unico nel suo genere sotto vari aspetti. Dal
punto di vista economico, tassi di crescita elevati nella regione hanno fatto parlare
molti studiosi di Miracolo Asiatico. Descrivere il fenomeno asiatico come un
“miracolo” ha sollevato numerosi interrogativi: perché si parla di miracolo
economico? Quali sono le sue determinanti? Si tratta di un processo comune in
tutte le economie dell’Asia Orientale?
Indubbia è la straordinarietà empirica di tale trend regionale, soprattutto se
confrontato con la performance dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS), ma capire le
sue determinanti ha sollevato numerosi dibattiti. Dal punto di vista politico, il
Miracolo Asiatico ha scosso le fondamenta delle politiche neoliberali perseguite
dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale che negli ultimi due
decenni hanno dominato la scena mondiale. Queste potenti organizzazioni
internazionali attraverso il cosiddetto Washington Consensus hanno imposto ai
paesi in via di sviluppo, con la promessa di una rapida crescita, strategie di
sviluppo basate sul laizzes-faire del mercato, sull’apertura finanziaria e
commerciale, sullo Stato minimo ecc.... Le economie asiatiche, grazie alla guida