33
Capitolo 2
LO SVILUPPO SOSTENIBILE NELLE AREE
PROTETTE: DALLE RETI ECOLOGICHE AL
MODELLO ECOSISTEMICO
1. Il concetto di “sviluppo sostenibile”
Il concetto di sviluppo sostenibile è molto ambiguo e sfuggente. Questa
difficoltà di definizione è sintomatica non solo della complessità
dell’argomento, ma anche della sua contraddittorietà, del tentativo di
comprendere in uno stesso concetto elementi eterogenei, se non addirittura
contrapposti: lo sviluppo, che connota il cambiamento; la situazione in
divenire; la modifica dello status quo e la sostenibilità, che rimanda alla
conservazione, alla difesa delle condizioni iniziali, al mantenimento
dell’integrità.
Una delle espressioni più note ed utilizzate di sviluppo sostenibile è
quella fatta propria dal Rapporto Brundtland
16
ed adottata dai documenti
ufficiali della Conferenza di Rio de Janeiro
17
, secondo cui esso è lo
16
Il RAPPORTO BRUNDTLAND (Our Common Future) è un documento rilasciato nel 1987
dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED) dove, per la prima volta, viene
introdotto il concetto di “sviluppo sostenibile”.
17
La Conferenza di Rio
de Janeiro si è tenuta nel giugno 1995. Gli obiettivi della Convenzione
sono stati: la conservazione della diversità biologica; l’utilizzazione durevole dei suoi elementi e la
ripartizione giusta ed equa dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche
mediante il trasferimento opportuno delle tecnologie pertinenti e di finanziamenti adeguati. Viene
sancito che, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi del diritto internazionale,
gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le loro risorse applicando la propria politica
ambientale e hanno il dovere di fare in modo che le attività esercitate sotto la loro giurisdizione, o
il loro controllo, non pregiudichino l’ambiente di altri Stati. Ogni parte contraente adotta misure
economicamente e socialmente positive, che siano di stimolo alla conservazione e all’utilizzazione
durevole degli elementi costitutivi della biodiversità. La Convenzione inoltre sottolinea il ruolo
delle comunità locali e delle popolazioni autoctone che fondano le loro tradizioni sulle risorse
biologiche del territorio. Sostanzialmente la Dichiarazione di Rio, che riprende e affina i principi
34
“sviluppo capace di soddisfare i bisogni della attuale generazione senza
compromettere il soddisfacimento dei bisogni delle future generazioni”.
Dall’inizio, è evidente in questa definizione di sviluppo sostenibile una
dimensione “economica”, legata alla soddisfazione dei bisogni materiali;
una lettura più attenta, tuttavia, consente di individuare al suo interno anche
una dimensione ecologica ed una culturale-sociale.
La componente economica è data dalla capacità di generare reddito ed
occupazione in modo duraturo e soddisfacente per la popolazione.
La componente ecologica consiste nella necessità di mantenere integro
l’ecosistema, la sua capacità di fornire risorse utilizzabili e fruibili e di
esercitare la propria funzione di sostegno alla vita, anche per le generazioni
future.
La sostenibilità culturale e sociale, infine, riguarda aspetti diversi: le
pari opportunità tra generazioni differenti, ma anche all’interno della stessa
generazione; la garanzia per ogni cittadino delle stesse condizioni di
sicurezza, salute ed istruzione; il rispetto e la pari dignità di ogni cultura
18
.
La promozione dello sviluppo sostenibile da parte di un parco deve
quindi comportare l’attenzione verso i temi rappresentativi delle tre
dimensioni della sostenibilità:
1. Dimensione ambientale, per cui ci si pone l’obiettivo di ridurre o
quantomeno non aumentare la pressione delle attività antropiche
sull’ambiente naturale;
della Dichiarazione di Stoccolma del giugno 1972, è un codice di comportamento etico ambientale
per gli Stati. La Conferenza di Rio è stata la più grande della storia per numero di partecipanti: 183
paesi rappresentati da oltre 10.000 delegati ufficiali, un centinaio fra capi di stato e di governo,
15.000 fra ambientalisti e rappresentanti di organizzazioni non governative; in tutto 30.000
persone arrivate dai 5 Continenti.
18
V. BARONE, “Buone pratiche di sviluppo sostenibile nelle aree naturali” in Rivista
“Parchi” - rassegna di cultura delle aree protette - , n. 44/febbraio 2005 - pag. 98
35
2. Dimensione sociale, per cui si pone l’attenzione all’equità dello
sviluppo e alla tutela dei valori culturali manifestati dalle comunità
locali;
3. Dimensione economica, sottolineando l’esigenza di migliorare le
condizioni di benessere materiale delle comunità locali.
Un’azione dei parchi coerente con queste tre dimensioni della
sostenibilità, comporta un impegno da parte degli enti di gestione che non
può limitarsi al solo tema dello sviluppo rurale, ma deve affrontare il
complesso degli aspetti del governo del territorio.
In quest’ottica, il parco appare come un ente di gestione del territorio in
grado di:
- Incidere sui settori produttivi;
- Favorire la fruizione delle risorse naturali e culturali;
- Migliorare i modelli di consumo dei residenti;
- Stimolare la partecipazione locale ad iniziative di conservazione
delle risorse naturali.
La ricerca sulla sostenibilità sta inducendo sensibili innovazioni negli
strumenti di programmazione e comunicazione per il governo delle aree
protette.
Parchi, Aree Marine Protette e Riserve Naturali tendono sempre più ad
associare alle strategie di conservazione della natura, del paesaggio e della
diversità biologica, politiche di trasformazione territoriale e valorizzazione
del patrimonio culturale in un’ottica di sviluppo socio-economico.
Il coinvolgimento di diversi attori sociali nella gestione delle risorse
risulta essere ancora la chiave fondamentale in questi processi.
36
Di responsabilità ambientale e sociale oggi si parla molto. Fino a poco
tempo fa, questa espressione veniva associata esclusivamente al mondo
delle imprese. Si sosteneva che le aziende dovessero assumere
responsabilità non soltanto nel creare valore dal punto di vista economico-
finanziario, ma intraprendere una politica attiva per lo sviluppo sociale e
per la protezione ambientale.
Il concetto di responsabilità sociale si è poi progressivamente diffuso:
altre organizzazioni hanno cominciato a porsi il problema della propria
assunzione di responsabilità, sia nei confronti dell’ambiente che degli
stakeholders.
La creazione di valore ambientale e sociale, infatti, è il fulcro stesso
dell’attività di queste organizzazioni. La responsabilità, in questo senso, è il
prerequisito dell’amministrazione.
La rivoluzione della Legge 150/2000 ha aperto scenari innovativi nella
comunicazione fra cittadino e pubblica amministrazione. Alla base di
questo processo sta l’assunto che una maggiore comunicazione accresca la
fiducia fra i soggetti interessati, fornendo la base per uno sviluppo che sia
insieme economico, sociale e ambientale.
Dal punto di vista di un’area protetta, il bilancio di sostenibilità
costituisce in primis uno strumento di comunicazione e sembra
rappresentare lo strumento migliore per inaugurare processi di governo
partecipato, manifestando la sua utilità sia rispetto all’organizzazione che
decide di dotarsene, sia per i portatori di interesse. Affinchè un bilancio di
sostenibilità svolga pienamente le sue funzioni, però, occorre che esso sia
costruito ad hoc sulla realtà che lo esprime.
L’obiettivo principale dell’istituzione di un’area protetta oggi è la
protezione e la conservazione della diversità ecologica, alla quale, però,
sono associate le risorse naturali e culturali dell’area soggetta a protezione.
La conservazione di valori territoriali, oltre alla tutela e la
valorizzazione di un patrimonio, sia esso naturale o culturale, può essere di
37
vitale importanza per l’economia e la qualità della vita delle popolazioni
locali. L’area protetta può costituire quindi un laboratorio di ricerca in cui
perseguire le istanze dello sviluppo sostenibile dei territori, oltre che uno
strumento di educazione e formazione della comunità.
Questa trasformazione incrementa la necessità di comunicazione e
partecipazione tra i soggetti coinvolti e la ricerca di strumenti innovativi,
come ad esempio l’inserimento di strumenti di gestione a vantaggio
dell’organizzazione interna (Sistema di Gestione Ambientale, Agenda 21);
la costruzione di network nazionali ed internazionali per interconnettere le
aree protette e sensibili; la ricerca di mezzi di comunicazione accessibili al
pubblico, una necessità espressa anche nelle Raccomandazioni prodotte al
Congresso di Durban.
2. Biodiversità e Reti Ecologiche
Il concetto di rete ecologica, lanciato in Europa all’inizio degli anni ‘90,
rappresenta la risposta più condivisa e praticata alle preoccupazioni
suscitate dal cambiamento in atto e consiste nella realizzazione di una rete
complessa, in grado di connettere tra loro gli spazi naturali agevolando le
loro interazioni (movimenti di migrazione e dispersione, scambi di materia
ed energia), tendenzialmente sull’intero territorio; si tratta di una rete
articolata a diversi livelli (europeo, nazionale, regionale e locale) e
costituita, oltre che dalle aree “centrali” (core areas) coincidenti con aree
già sottoposte o da sottoporre a tutela specifica e dalle relative zone
“cuscinetto” (bufferzones), dai corridoi di connessione (greenways,
blueways) colleganti biotopi ed ecosistemi in modo tale da garantirne le
relazioni dinamiche
19
.
19
R. GAMBINO, “Conservare Innovare”, Utet Libreria, Torino, 1997.
38
L’idea di rete ecologica è collegata a una delle ipotesi fondanti
l’Ecologia del paesaggio, ossia che la configurazione degli ecosistemi, o
delle loro strutture, influenzi i processi ed i flussi, cioè le funzioni, che nel
paesaggio hanno luogo; in sostanza che influenzi la biodiversità, termine
con cui si intende la variabilità fra gli organismi viventi di tutte le specie
comprese in un ecosistema ed anche la variabilità degli ecosistemi presenti
in un’area, sia quelli terrestri che quelli acquatici, ed ovviamente la
complessità di cui fanno parte.
La Convenzione internazionale sulla Diversità Biologica siglata a Rio
de Janeiro nel 1992 nel corso del Vertice della Terra (Earth Summit),
costituisce il quadro principale di riferimento per quanto concerne la
salvaguardia e l’uso durevole della biodiversità.
La Convenzione è stata sottoscritta dall’Italia nel 1993 e poi ratificata
con Legge 124/94. Successivamente, con la Deliberazione del C.I.P.E. del
1994, l’Italia ha approvato le “Linee strategiche per l’attuazione della
Convenzione di Rio e la redazione del Piano Nazionale sulla Biodiversità”.
Tali linee strategiche prevedono sostanzialmente azioni di conoscenza,
informazione, gestione, con particolare riferimento alle azioni “in-situ”
nelle aree protette.
Da questo impegno è nata anche la campagna “Countdown 2010”
20
, che
vede al centro degli strumenti di conservazione la rete Natura 2000 che è
nata per garantire e promuovere la conservazione della biodiversità, come
stabilito dalla Convenzione di Rio, attraverso la creazione di una rete
ecologica di Zone di Protezione Speciale (Zps) e Siti di Importanza
Comunitaria (Sic).
20
L’iniziativa Countdown 2010 ha lo scopo di far sì che tutti i governi europei, ad ogni livello,
abbiano assunto le misure necessarie per fermare la perdita di biodiversità entro il 2010;
rappresenta quindi una larga alleanza di persone provenienti da tutti i settori, sia pubblici che
privati, che lavorano per realizzare gli impegni presi dai governi.