INTRODUZIONE
Tre viaggiatori, assetati e stanchi, giungono ad uno zampillo d’acqua fresca e, mentre si
rifocillano, scoprono queste parole scritte nella pietra: “La sorgente sia il tuo modello”. Si
domandano allora l’un l’altro che cosa significhi l’iscrizione e il primo di essi spiega che l’acqua
corre senza posa, fluisce e rifluisce, crea energia e ricchezza, e così può fare l’umano: lavorare,
produrre e diventare ricco. Per il secondo invece l’iscrizione significa che l’umano deve conservarsi
puro, perché l’acqua torbida non è potabile. Entrambi, secondo il terzo viaggiatore, hanno ragione,
ma egli aggiunge che prendere a modello l’acqua della sorgente significa anche offrirsi
gratuitamente a chiunque ha bisogno, senza calcoli, limiti, rincrescimenti, ricompense e sospiri:
“Solo donandosi così come la sorgente ci consente di dissetarci, l’umano, lietamente mormorando,
può giungere a sponde fiorite e all’azzurro immenso”.
Il racconto dei tre viaggiatori di Lev Tolstoj (1828-1910) è assai utile per introdurre questa
analisi critica della politica idrica perché nel suo piano materiale tocca le principali questioni
economiche legate all’acqua: è una risorsa che permette alle società di arricchirsi; è una risorsa che
se inquinata causa danni; è una risorsa che deve essere disponibile per chiunque perché è la comune
fonte che contraddistingue ogni forma di vita. Una comunità deve garantire dei beni necessari alla
sopravvivenza dei suoi consociati affinché si possa progredire e tra questi beni basilari (il cibo, una
casa, la sicurezza e l’istruzione sono alcuni di questi) vi è senz’altro l’acqua perché senza di essa
non c’è né vita né modo di sviluppare il settore primario, secondario e terziario.
La povertà cambia il modo di scegliere degli individui, generando dispute ed
incomprensioni. La convivenza pacifica tra le persone si deve fondare su un’equa ed efficiente
gestione delle risorse offerte dall’ambiente, affinché, come definisce nel 1983 la Commissione
Mondiale per lo Sviluppo e l’Ambiente, si sia in grado di soddisfare i bisogni delle generazione
presente senza compromettere alle generazioni future la possibilità di soddisfare i propri. Una
regolamentazione del patrimonio comune volta a creare e a distribuire ricchezza in maniera
omogenea alle generazioni presenti permettendo alle generazioni future di godere delle stesse
prosperose risorse ambientali (che per ora arricchiscono solo una minima parte dell’umanità) è una
gestione economica definita sostenibile ed è l’accezione che è sottointesa nel termine sviluppo.
L’economia dello sviluppo, di cui questo approfondimento sull’acqua è solo un aspetto, costituisce
una materia di riferimento per lo studio di metodi che pongano fine in maniera duratura alla miseria
che attualmente attanaglia la cospicua maggioranza delle persone perché tratta appunto di gestione
sostenibile delle risorse.
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Per giungere a rimuovere i principali ostacoli materiali alla pace nel mondo e offrire cibo,
case, indumenti e la possibilità di costruire civiltà serene e ricche di opportunità in ogni spazio e
tempo, è necessario adottare innanzitutto un sostenibile modello di consumo dell’acqua. Tale
preziosa risorsa è fonte di vita e di ricchezza, eppure in quest’epoca si verificano in ogni parte del
mondo casi di inquinamento e di spreco al punto tale da compromettere la qualità e la quantità
dell’acqua, causando tensioni tra persone e tra Stati sempre più gravi (nel mondo sono già in corso
conflitti di varia intensità per cause, celate o dichiarate, legate all’accesso, all’utilizzo e alla
proprietà di risorse idriche e ciò non avviene più nelle solo zone aride, ma anche in quelle che un
tempo erano ricche d’acqua).
Lo scopo di questa analisi critica della politica idrica è identificare allora, dopo aver trattato
nella prima parte del valore dell’acqua, della sua distribuzione geografica e delle connesse questioni
ambientali, sociali ed internazionali, quali sono le attività economiche che più sprecano ed
inquinano le risorse idriche disponibili. Senza pretendere di esaurire una così vasta tematica
d’ambito globale, la seconda parte della tesi non solo tratta di particolari questioni del nostro
modello di consumo idrico analizzando il settore primario, secondario e dei servizi, ma propone
anche come migliorare quelle attività giudicate insostenibili.
Si è scelto infatti di intitolare la tesi “Analisi critica della politica idrica” perché la critica
qui non è certo considerata come una semplice attività distruttiva o peggio di censura, ma questo
particolare esercizio d’analisi viene considerato secondo la sua antica accezione. Il termine critica
deriva etimologicamente dal verbo greco κρίνω, che significa “distinguere, decidere, scegliere e
giudicare”, e tale attività nasce nell’ambito medico affinché si superi un momento decisivo, cioè
critico, dello stato del malato da cui o ci si avvia verso la guarigione o verso un tragico
peggioramento irreversibile. Da questa radice verbale greca deriva anche la parola crisi per indicare
il momento in sé in cui si deve distinguere, decidere, scegliere e giudicare un modo d’essere da un
altro: per esempio l’attuale crisi finanziaria è un momento in cui le precedenti regolamentazioni dei
mercati vengono criticate e questo momento separa un certo modo d’essere della finanza da un altro
ancora da stabilire perché è tuttora in fase di elaborazione.
Per questo la tradizione asiatica associa il termine crisi alla parola opportunità, ma l’analisi
critica ha generalmente smarrito alcuni dei significati del verbo κρίνω e si ritrova spesso slegata da
un contesto di crisi, intendendo semplicemente una consueta operazione di giudizio, positiva o
negativa, non operata in un momento cruciale e di solito affidata a degli esperti, come accade nelle
critiche letterarie, teatrali o filosofiche. In questa tesi invece la critica non intende solo giudicare
alcuni usi sociali dell’acqua in modo più possibile scientifico e avvalendosi di esempi concreti ma,
recuperando le connesse attività contenute nel verbo greco κρίνω, intende anche aiutare a
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distinguere, a decidere e a scegliere un modo d’essere da un altro così da favorire la risoluzione
dell’attuale crisi idrica.
Siccome si vorrebbe guarire l’acqua come da una malattia, ossia dall’inquinamento e dallo
spreco, perché questi sono giunti ad un limite critico, nella tesi la critica non si limita solo a
giudicare la politica idrica, ma intende anche proporre possibili attività economiche al fine di
risolvere al meglio la crisi considerata e favorire così una gestione sostenibile dell’acqua che si
distingua da quella odierna.
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PARTE PRIMA
CAPITOLO I
Il valore dell’acqua
Circa 14 miliardi di anni fa accadde un grande scoppio da cui è nato tutto ciò che c’è
intorno. Il nostro pianeta, quaggiù in una galassia a forma di stella rotante, è una goccia della goccia
di questo immenso oceano di spazio e tempo, un incanto dilagato come un fuoco d’artificio. Di quel
momento rimane ancora il calore che attraversa come un vento ogni punto del creato: è la
radiazione cosmica di fondo, residuo termico del grande scoppio. Insieme al calore, dallo
sprigionarsi di quella forza misteriosa, sono evolute scintille di stelle simile alla prima, materia
oscura, energia oscura, vorticosi pozzi senza fondo, pianeti, polveri ed elementi chimici. Il cosmo,
come hanno dimostrato gli studi sugli asteroidi o le analisi condotte dai satelliti, è costituito
secondo la medesima “ricetta”, ossia gli stessi solidi, liquidi e gas trovati qui nel nostro mondo si
scoprono pure al di fuori della Via Lattea.
“L’analisi spettroscopica ha provato che la materia di cui si compongono i corpi celesti è della stessa natura; gli
elementi, che in essi si riscontrano, sia pure in differenti condizioni di esistenza, sono sempre quelli da noi conosciuti
sul nostro Globo. Ciò risulta ancora dall’analisi chimica delle meteoriti e delle polvere meteoriche che possono
provenire dai lontani spazi interstellari, i cui frammenti di minerale non hanno nulla di straordinario e sono simili a
quanto si trova sulla Terra: qui sentiamo veramente l’unità di tutto l’universo”
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.
Il cosmo è dunque un insieme nato, cresciuto e non ancora definitivo perché è attualmente in
espansione: il tempo e lo spazio fuggono rapidamente come se si trovassero in discesa e si
allontanassero rendendo meno denso il creato. Gli astronomi si preoccupano di quanto ancora
questo insieme possa gonfiarsi senza scoppiare, temendo che possa disperdersi in tanti pezzi freddi
o sgonfiarsi ricadendo nel punto originario da cui è nato. Le ipotesi che si formulano riguardo il
movimento dell’universo si basano su fatti da poco scoperti per merito di innovazioni tecnologiche
sconosciute ai tempi passati, tramite cui gli astronomi han dimostrato che c’è un’energia oscura a
far muovere ed espandere il cosmo e che questa è superiore alla forza collante dell’insieme, la
materia oscura, in una proporzione di circa quattro a uno, talmente superiore da far formulare le
ipotesi catastrofiche sopra citate. Le nostre conoscenze non ci permettono ancora di capire quale
motivo generi tale spinta sempre più frenetica, d’altronde il cosmo è immenso e ricco di misteri:
nella sola frazione di universo osservabile da questo pianeta sono state scoperte galleggiare cento
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Pietro Cuscani Politi, “Geografia Generale”, Garzanti, Milano 1964, cit. pag. 26
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miliardi di galassie, grandi insiemi di stelle, pianeti, gas e polveri, più o meno vicine nella loro
orbita, legati assieme dalla forza gravitazionale di un buco nero, vortice che fa ruotare queste
diverse realtà. La Via Lattea è un esempio di galassia e il movimento che compie intorno al buco
nero è scritto sui gusci delle chiocciole; all’interno di questa, un sottoinsieme di corpi celesti si
specifica per l’orbitare attorno al sole, una stella calda: è il sistema solare, di cui fa parte il nostro
pianeta.
Seguendo il calendario cosmico ideato dall’astrologo Carl Sagan (1934-1996) in cui,
calcolando 500 anni in un secondo, si cerca di racchiudere in un anno terrestre i circa 14 miliardi di
anni di vita dell’universo a partire dal grande scoppio, la Via Lattea nascerebbe l’11 di aprile e il
sistema solare il 25 di agosto, mentre nella nebulosa accanto al sole, in un pianeta blu simile ad un
goccia tra le stelle, i primi organismi mono cellulari incomincerebbero a nascere, crescere, a
riprodursi e a morire sul finire di settembre
Su questo pianeta infatti 4-5 miliardi di anni fa, nulla era calmo: vento solare, tempeste
magnetiche, fulmini, onde giganti ed eruzioni vulcaniche tormentavano le acque che rivestivano la
superficie; pare anche che un pianeta di nome Theia si sia scontrato con il nostro globo e che dai
suoi frammenti si sia creata la luna, ma non si possono raccontare con precisione quei tempi in cui
nessuno ha vissuto. Però diversi scienziati hanno dimostrato come ogni essere venga dal mare per
merito di una rigida combinazione di fattori difficile da riscontrare altrove nell’universo:
l’irraggiamento da parte del sole insieme al caldo interno di lava del pianeta e ai fulmini hanno
creato il calore che ha bollito l’acqua e le molecole al suo interno, spingendole ad unirsi e a
mescolarsi con quelle dell’atmosfera. Da quei momenti è conseguita l’evoluzione degli esseri
viventi che abitano questo pianeta perché le associazioni molecolari sono divenute sempre più
complesse e dotate di vita propria, fino ad oggi, periodo di massima ricchezza biologica
dell’ecosistema planetario, un insieme di differenti habitat uniti in equilibrio tra di loro, come James
Lovelock
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illustra. Questa teoria sull’origine della vita, ormai universalmente ritenuta valida dagli
scienziati e che richiama il caos acquatico comune a varie religioni, è chiamata “brodo primordiale”
per le sue assonanze culinarie e fu teorizzata per primo, completando scoperte precedenti, da
Aleksandr Ivanovič Oparin (1894-1980).
Quando i primi organismi monocellulari germogliavano in acqua dall’unione con molecole
di carbonio e la lava emersa dal mare andava solidificandosi formando la terra, questa era ancora un
unico blocco e ospitava i primi microrganismi che compivano la fotosintesi clorofilliana. Gli
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James Lovelock, “Gaia: a new look at life on Earth”, Oxford University Press, 1979. Secondo la sua ipotesi il globo
mare-terra è come un unico organismo vivente che ricerca un equilibrio tra i differenti organismi viventi che lo
compongono: le azioni animali e vegetali, che si evolvono nei loro habitat particolari, fanno evolvere l’intero
ecosistema stesso, l’habitat principale, cioè il nostro pianeta, chiamato “Gaya” dall’autore, considerato così come un
macro organismo i cui processi viventi ricordano quelli all’interno del corpo umano, ma in forme e proporzioni diverse.
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