INTRODUZIONE
Questo lavoro è volto a offrire un’introduzione alla traduzione audiovisiva, oggetto di studio che ha attirato
l’attenzione dei Translation Studies solamente verso la seconda metà del Novecento. La traduzione
multimediale, infatti, ha ricevuto un potente impulso solo a partire dagli anni Novanta del secolo scorso
quando i prodotti audiovisivi iniziarono a essere trasmessi attraverso i più diversi canali di fruizione.
L’obiettivo di questo lavoro è esplorare, seppur in maniera limitata, la traduzione per il doppiaggio, o
traduzione filmica, piuttosto che altre forme di trasposizione linguistica come, ad esempio, la
sottotitolazione. Tale scelta non è casuale ma si deve a due motivi principali: in primo luogo la tradizione del
doppiaggio nel nostro paese dove, nonostante l’ampia diffusione della sottotitolazione negli ultimi anni, esso
è ancora la forma di traduzione audiovisiva privilegiata per le opere di finzione; in secondo luogo, pur
essendo il doppiaggio la forma di traduzione audiovisiva dominante nel nostro paese, le fasi che portano al
prodotto finito e le figure professionali coinvolte sono per lo più sconosciute al pubblico. A questo proposito
è interessante analizzare come si arriva alla colonna del doppiato e quali elementi determinano le scelte
traduttive dell’edizione italiana. Scelte che da una parte possono risultare manipolatorie e allo stesso tempo
possono apparire particolarmente creative ed efficaci.
Nella prima parte di questo elaborato, dopo una breve panoramica sull’universo dell’audiovisivo e
sulle differenti modalità di trasposizione linguistica, si focalizza l’attenzione sulla traduzione filmica e sulle
sue principali caratteristiche. Quando si parla di traduzione per il doppiaggio si fa spesso riferimento al testo
filmico che, a differenza dei testi scritti, è costituito da una pluralità di elementi oltre a quello verbale, come
afferma Galassi:
elementi testuali, certamente (si parte pur sempre da un copione tradotto e adattato), ma anche
elementi prosodici (i tempi di recitazione specifici di ogni lingua), paratestuali (l'interpretazione
dell'attore in sala di doppiaggio), plurimediali (il mixage della colonna sonora doppiata in
rapporto alle immagini), psicoacustici (la percepibilità e la verosimiglianza del dialogo doppiato
in relazione allo sfondo sonoro).
1
La colonna sonora del film tradotto è quindi un oggetto complesso, in quanto è costituito da elementi testuali
di natura diversa che vengono fruiti simultaneamente, e in sincrono con le immagini. La traduzione per il
doppiaggio, a differenza di quella “letteraria”, non solo deve tenere conto delle difficoltà traduttive
rappresentate da elementi culturali presenti nella cultura di partenza e assenti in quella di arrivo, ma deve
prestare particolare attenzione all’oralità dei personaggi e ai vari livelli di sincronismo che contribuiscono al
1
1
Galassi, G., “Fottiti Amico”, in Taylor, C., Soria, G. (2000), Tradurre il cinema. Trieste: Università degli studi di Trieste,
Dipartimento di scienze del linguaggio, dell'interpretazione e della traduzione, p.5
realismo e verosimiglianza del prodotto. Mentre nella traduzione di testi letterari si lavora solo sul codice
verbale, nel prodotto audiovisivo
[I]l messaggio verbale segue, per così dire la sua strada, (di solito quella del doppiaggio o della
sottotitolazione), mentre le immagini, e perfino i suoni, continuano a gridare la loro appartenenza
alla cultura di origine.
2
È quindi affascinante e interessante capire in che modo i film e i programmi televisivi diventano «“fatti”
della nostra cultura».
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Il processo che porta al prodotto doppiato può essere paragonato a una sorta di catena
di montaggio in cui ogni fase di produzione, o meglio pre-produzione, è in funzione di quella successiva.
Ogni testo prodotto a partire dalla prima traduzione, o rough translation, è un pre-testo sul quale si basa
l’attività dell’adatattore, o dialoghista. Anche il copione adattato costituisce un pre-testo che prende vita nel
momento in cui viene recitato dagli attori.
È qui che il dialogo adattato diventa dialogo agito, diventa interpretazione, diventa parola. È a
questo punto che il processo traduttivo acquisisce una nuova originalità: non possiamo più
parlare di calco tra copione originale del film e copione nella lingua d'arrivo, bensì di una vera e
propria reinterpretazione del film stesso. Certamente entro i limiti imposti da costrizioni iconiche
a vari livelli – nell'audiovisivo il ruolo dell'immagine è comunque preponderante –, ma nel
contempo con la libertà espressiva necessaria per operare un efficace trapianto degli elementi
portatori di senso nella realtà linguistica, culturale e sonora del paese al quale il film è destinato.
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Per comodità, ma soprattutto per la recente tendenza a fare coincidere la figura del traduttore con quella
dell’adattatore, nei prossimi capitoli si farà riferimento a questa figura con il nome di traduttore-adattatore, la
cui attività non si limita solo alla trasposizione linguistica, come mediatore culturale, ma anche alla cura del
parlato dei personaggi e dei dettagli tecnici, come i vari livelli di sincronismo.
La pratica della traduzione e dell’adattamento dei dialoghi è una corsa costellata di mille ostacoli
[...]. Ostacoli che il dialoghista-adattatore è chiamato a superare e non ad aggirare con, in più, la
palla al piede del sincronismo labiale ed espressivo, della costrizione iconica, dello scarto
metrico tra due lingue diverse.
5
2
2
Ranzato, I. (2010), La traduzione audiovisiva, Roma: Bulzoni, pp.13-14
3
Ibidem, p.14
4
Galassi, G., “Fottiti Amico”, in Taylor, C., Soria, G. (2000), Tradurre il cinema. Trieste: Università degli studi di Trieste,
Dipartimento di scienze del linguaggio, dell'interpretazione e della traduzione, p.7
5
Galassi, G., “Introduzione” in Di Fortunato, E., Paolinelli, M. (1996), La questione doppiaggio. Roma: AIDAC, p.13
L’adattamento, come spiega Galassi
è qualcosa di diabolico perché bisogna mantenere il ritmo della sequenza così com'è, per
esempio in un film americano. Si deve fare in modo di rispettare il labiale, e non soltanto.
Oltre a questo, bisogna fare in modo di rispettare le intenzioni del linguaggio, e quello è
veramente un campo dove i bravi non sono tanti e a volte possono anche rovinare un
film, quando l'opera non viene finita nel rispetto di come è nata.
6
Per capire meglio, a livello pratico, le difficoltà della traduzione filmica ho deciso di prendere in
esame la seconda puntata della mini-serie The Buddha of Suburbia, tratto dall’omonimo romanzo di Hanif
Kureishi, e ripercorrere le fasi di pre-produzione. Ciò che viene proposto nel capitolo finale è una proposta di
adattamento dialoghi in italiano, eseguita sulla base delle conoscenze acquisite e seguendo le indicazioni
fornite dal “Contratto nazionale di lavoro del settore di doppiaggio” per quanto riguarda il layout della
pagina e i dettagli tecnici relativi alle inquadrature. Le ragioni di questa scelta sono varie ma tutte hanno
come denominatore comune l’interesse per le tematiche di grande attualità trattate dallo scrittore e il formato
del prodotto audiovisivo. Il secondo capitolo della tesi può essere considerato una sorta di prologo al
capitolo finale ed è dedicato allo studio dei personaggi personaggi e del romanzo che, durante il lavoro di
traduzione e adattamento, ha svolto la funzione di sceneggiatura. L’opera scritta, infatti, ha avuto un ruolo
fondamentale poiché ha fornito indicazioni sul contesto dei personaggi che hanno determinato alcune scelte
traduttive e di adattamento.
Dopo avere prodotto una traduzione e un adattamento completo dell’intera puntata
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, ho dedicato il
terzo e ultimo capitolo all’analisi delle difficoltà riscontrate durante le varie fasi che costituiscono la pre-
produzione spiegando le ragioni che hanno portato a determinate scelte traduttive e di adattamento.
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6
Galassi, G., “Fottiti Amico”, in Taylor, C., Soria, G. (2000), Tradurre il cinema. Trieste: Università degli studi di Trieste,
Dipartimento di scienze del linguaggio, dell'interpretazione e della traduzione, p.24
7
Il materiale completo di trascrizione dialoghi, traduzione e adattamento si trovano in appendice, accompagnati da una legenda
che spiega i simboli e le abbreviazioni utilizzate.
1. LA TRADUZIONE AUDIOVISIV A
1.1 Definizione e metodi
Gli studi sulla traduzione hanno iniziato a occuparsi della traduzione audiovisiva solo in anni piuttosto
recenti e probabilmente ciò è dovuto al fatto che fanno parte dell’ambito della traduzione audiovisiva (o
multimediale) diversi fenomeni di natura eterogenea ma che hanno in comune il carattere multisemiotico.
La traduzione multimediale va intesa infatti come:
[La] traduzione di componenti linguistiche appartenenti ad un pacchetto di informazioni
percepite contemporaneamente in maniera complessa. [...] Si tratta di un prodotto
comunicativo che implica che il destinatario attivi simultaneamente almeno due canali di
percezione (generalmente quello visivo e uditivo), ottenendo informazioni strettamente
interconnesse. Questa interdipendenza è una caratteristica fondamentale di prodotti come il
film e le rappresentazioni sceniche, che spesso sono state definite dai semiotici come testo
filmico e testo teatrale
8
.
Chiaro riassume in una tabella le caratteristiche multisemiotiche dei prodotti audiovisivi, mostrando in
maniera chiara e immediata che questo topo è inevitabilmente molto diversa da altre traduzioni in quanto
l’audiovisivo è caratterizzato dalla compresenza di più codici:
ISSUESINAUDIOVISUALTRANSLATION
VISUAL ACOUSTIC
SCENERY, LIGHTING,
COSTUMES, PROPS, etc.
Also:
GESTURE, FACIAL
EXPRESSIONS; BODY
MOVEMENT, etc.
MUSIC, BACKGROUND
NOISE, SOUND EFFECTS, etc.
Also:
LAUGHTER; CRYING;
HUMMING; BODY SOUNDS
(breathing; coughing, etc.)
NON-VERBAL
VERBAL
STREET SIGNS, SHOP SIGNS;
WRITTEN REALIA
(newspapers; letters;
headlines; notes, etc.)
DIALOGUES; SONG-
LYRICS; POEMS, etc.
FIGURE 9.1 Thepolysemioticnatureofaudiovisualproducts
To my knowledge, there is no complete overview of screen translation in
termsofitsexactspreadandimpactonagloballevel.However,traditionally
western Europe has been roughly divided into two major screen translation
blocks:theUK,Benelux,Scandinaviancountries,GreeceandPortugal,which
aremainly‘subtitlingnations’,andcentralandsouthernEuropeancountries
stretching from Germany down to Spain (so-called ‘FIGS’, France, Italy,
Germany and Spain, but also Austria), which are mainly ‘dubbing nations’.
Bothtranslationalmethodspresentadvantagesanddisadvantages,notonlyof
apracticalnaturebutespeciallyofasociolinguisticandpoliticalkind.Inother
words,countrieswhichoriginallyfavoureddubbingtendedtodosoforprotec-
tionistreasonsanditisnotsurprisingthatthe1930ssawthebirthofdubbing
inItalyandGermanybothtoinhibitEnglishandtoexaltnationallanguages,
as well as to censor content. Conversely, a preference towards subtitling
in Scandinavia, for example, does not simply reflect a more open attitude
towards other languages but an inexpensive form of screen translation for a
relativelyrestrictednumberofspectators.However,althoughtraditionaldub-
bing strongholds stand firm, there too subtitling markets are in rapid expan-
sion:DVDtechnology,satelliteandcableTVchannelsanddigitaltelevision
haveproducedtheneedforvastnumbersofscreentranslations.Furthermore,
worldmarketsdemandthatproductsarescreenedsoonafterbeingpremièred
in the USA (products that are mainly of US origin and thus translated from
Englishintootherlanguages;seeDries1996;Eurobarometer
2
).Infact,sub-
titling is commonplace across the whole of Europe, chiefly because of its
cost-effectiveness (Chiaro 2005). Although, outside Europe, dubbing enjoys
astrongstandinginmainlandChina,Japan,LatinAmericaandQuébec,just
as subtitling does in Israel, Hong Kong and Thailand, the screen translation
map is less clear-cut than it seems. For example, subtitling is indeed usually
143
www.routledgetranslationstudiesportal.com
Copyright Taylor & Francis
Tabella 1
9
Data la diversità delle tipologie testuali che si trovano all’interno dell’universo audiovisivo l’espressione
A VT si può considerare come un grande contenitore in cui trovano spazio le traduzioni di prodotti, sia
televisivi che cinematografici, la cui caratteristica principale è, appunto, l’interazione di diversi codici
semiotici. In altre parole, si tratta di un’espressione che accoglie al suo interno terminologie diverse che
mostrano, di fatto gli stadi di sviluppo di questa disciplina. I primi studi prediligono le etichette Film
translation e Screen Translation. La prima, usata nel periodo in cui la televisione non aveva ancora la
4
8
Heiss, C., Bollettieri Bosinelli, M. R. (a cura di), Traduzione multimediale per il cinema, la televisione e la scena, Bologna,
Clueb, 1996, p.14
9
Chiaro, D., Issues on Audiovisual Translation, in Munday, J. (2001), Introducing translation studies. London: Routledge, p.143
popolarità attuale, mette in evidenza che il prodotto che maggiormente veniva veicolato attraverso la
traduzione era il dialogo dei film proiettati al cinema. In seguito è stata introdotta l’espressione Screen
Translation che indica la traduzione eseguita non solo per i film ma per tutto ciò che appare sullo schermo
inteso come mezzo di distribuzione dei prodotti mandati in onda (computer, televisione, schermo
cinematografico, etc...). L’etichetta Language transfer subentra in un secondo momento e sottolinea la
componente verbale del prodotto audiovisivo integrata con suoni e immagini
10
.
Se l’espressione traduzione audiovisiva fa riferimento a diverse tipologie testuali, altrettanto numerosi
sono i metodi di trasferimento e di adattamento linguistico in cui si realizza la traduzione audiovisiva. A
seconda del trattamento che subiscono i dialoghi originali e di come la loro versione tradotta e adattata è
presentata al pubblico, si distinguono diverse forme di traduzione audiovisiva. Il pubblico normalmente fa
riferimento a doppiaggio e sottotitolazione in quanto sono le forme di traduzione audiovisive più comuni. In
particolare, con il termine doppiaggio si intende il procedimento con il quale si sostituisce per post-
sincronizzazione la colonna sonora originale con una nuova colonna sonora provvista di dialoghi nella lingua
di arrivo. Lo scopo del doppiaggio è quello di fare percepire il dialogo tradotto come se fosse quello
originale. La sottotitolazione invece, a differenza del doppiaggio, lascia intatta la colonna sonora originale e
fornisce una traduzione scritta nella lingua di arrivo. Si tratta di una traduzione spesso condensata poichè è
necessario dare il tempo al pubblico di leggere senza però perdere di vista l’azione. Il processo di
sottotitolazione è composto da 3 fasi: eliminazione, resa e condensazione.
L’Europa audiovisiva può essere divisa in blocchi: paesi doppiatori e paesi che preferiscono i
sottotitoli. Tradizionalmente si facevano coincidere i paesi dell’Europa nord-orientale con le zone in cui
prevale il sottotitolo mentre i paesi dell’Europa sud-occidentale con le zone che prediligono il doppiaggio. Si
tratta di una distinzione ormai obsoleta e non più netta dato che le moderne tecnologie offrono notevole
flessibilità riguardo alle soluzioni adottabili. Perego preferisce associare le due modalità alle dimensioni di
un paese e al numero totale dei parlanti in quanto:
Un pubblico ridotto, un livello di produzione modesto, contenute possibilità di investimento,
lingue a diffusione limitata e un retroterra culturale bilingue o plurilingue, tipici tratti di piccoli
paesi (per esempio Belgio, Galles, Svizzera, paesi scandinavi e Paesi Bassi) sono premesse
sufficienti anche se non necessarie per favorire la scelta della sottotitolazione o di metodi
traduttivi ancora più veloci (come il voice-over) per la traduzione di film importati dal mercato
estero. Per contro, paesi più grandi, ufficialmente monolingui, con popolazione numerosa e aree
linguistiche estese si sono rivelati prevalentemente utilizzatori del doppiaggio.
11
5
10
Perego, E. (2005), La traduzione Audiovisiva, Roma, Carrocci, p.8
11
Ibidem p.16