L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
I
Introduzione
Vincenzo di Beauvais vive ed opera a cavallo tra il XII e il XIII secolo, in un
periodo di grande fioritura socio-culturale, caratterizzato dalla nascita di un nuovo
interesse per la pedagogia, dopo le alterne crisi e le numerose trasformazioni che
avevano scandito la storia della scuola fin dal VI secolo.
La fine del sistema scolastico antico viene generalmente attribuita alla
conquista dell’Impero romano d’Occidente da parte delle popolazioni barbariche
provenienti dal Nord; quest’affermazione, benché esatta in linea generale, rischia,
tuttavia, di banalizzare eccessivamente un fenomeno molto più complesso e articolato
che richiede, innanzitutto, una fondamentale distinzione di natura geografica: se nelle
regioni settentrionali la cultura romana si avvia alla cancellazione più totale, nella parte
mediterranea dell’Impero, invece, Ostrogoti, Vandali e Visigoti, che rappresentano una
ristretta minoranza, tendono ad assimilarsi loro stessi alla popolazione conquistata e a
conservarne le istituzioni e le strutture politiche ed amministrative, tra cui anche il
sistema scolastico
1
. Le scuole, pertanto, continuano senza dubbio ad esistere, anche se si
pongono numerosi problemi di natura organizzativa, legati alla commistione tra la
cultura latina e quella barbarica, le quali, pur essendo profondamente differenti tra loro,
si trovavano a dover convivere insieme
2
. Intorno alla metà del VI secolo Giustiniano
ordina la chiusura di tutte le scuole di diritto, escluse quelle di Beirut, Roma e
Costantinopoli
3
: in un momento di evidente crisi della scuola e di tutto il sistema
aristocratico della società, è chiaro che lo stato bizantino cerca di riassumere il controllo
dell’istruzione superiore, ma queste sono le ultime notizie pervenuteci circa il
funzionamento di scuole pubbliche sotto il controllo statale
4
.
Verso la fine del V secolo l’insegnamento elementare aveva già iniziato ad
essere impartito all’interno dell’ambito familiare e alcuni maestri avevano tentato di
1
D. NORBERG, Manuale di latino medievale, Roma 2005, pp. 24-41.
2
P. RICHÉ -J. VERGER, Nani sulle spalle dei giganti. Maestri e allievi nel Medioevo, Foligno 2011, pp. 1-
5.
3
P. CAMMAROSANO, Italia medievale. Struttura e geografia delle fonti scritte, Roma 2011,
p. 43.
4
C. FROVA, Istruzione ed educazione nel Medioevo, Torino 1973, p. 15.
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
II
promuovere una nuovo metodo didattico
5
: la Bibbia era stata adottata come testo
scolastico e, al posto della filosofia antica, si era promosso lo studio dei Salmi, dei
Vangeli e delle Lettere
6
. L’aspetto religioso inizia, così, ad assumere un ruolo
fondamentale nell’ambito dell’educazione e dalla prima metà del VI secolo entra in
scena la scuola ecclesiastica, la quale si impone con decisione all’attenzione sociale,
affondando, in breve tempo, salde radici nel campo dell’istruzione: numerose istituzioni
scolastiche presbiteriali ed episcopali, dunque, nascono e si diffondono in Italia, Spagna
e Provenza, seguendo il modello educativo monastico
7
.
A partire dal VI secolo, dunque, i monasteri divengono i principali centri di
studio in tutta Europa e i maestri cristiani, riscoperte nelle loro letture le arti libere,
tentano di servirsene per edificare e promuovere la loro dottrina religiosa; allo stesso
tempo tuttavia, proprio a dimostrazione della varietà del panorama socio-culturale
medievale, sorge anche un’altra esperienza alternativa a quella del monachesimo:
Cassiodoro fonda, infatti, il Vivarium, una sorta di centro di attività intellettuale e
scrittoria dove, nel suo intento, dovevano conciliarsi produzione letteraria e vita
religiosa. Tale programma costituì un punto di riferimento notevole per la scuola dei
secoli successivi, tanto che durante il VII secolo i monasteri divennero i principali centri
di educazione non solo per i giovani intenzionati ad intraprendere la carriera religiosa,
ma anche per quelli destinati alla vita laica, che venivano affidati ad un uomo di chiesa,
affinché questo si occupasse della loro formazione letteraria e morale.
Questo sistema, tuttavia, iniziò a modificarsi con l’avvento dei Carolingi e la
salita al potere di Pipino il Breve nel 751. Alla dinastia carolingia si possono attribuire
due diverse “rinascite”: la prima fu quella promossa da Carlo Magno (che regnò tra il
768 e l’814), seguita subito dopo dalla riforma avvenuta sotto i regni di Ludovico il Pio
(814-840) e Carlo il Calvo (843-877); una terza fase di rinnovamento, inoltre, avrà
luogo dopo la caduta dei Carolingi ed un periodo di profonda crisi, superata intorno
all’anno Mille grazie alla sapiente ed abile iniziativa degli Ottoni e alla loro determinata
intraprendenza
8
. La riforma del sistema d’istruzione è dovuta in parte alla fervente vita
5
B. NARDI, Il pensiero pedagogico nel Medioevo, Firenze 1957, pp. 32-33.
6
RICHÉ-VERGER 2011, pp. 10-11.
7
La vera origine delle scuole episcopali si ha nel 572 con il Concilio di Toledo, durante cui si stabilisce
che presso la casa vescovile siano istruiti coloro che intendono intraprendere una carriera ecclesiastica,
pur non escludendo dall’insegnamento i laici, che pure possono essere edotti nelle scienze sacre.
8
FROVA 1973, p. 15.
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
III
culturale che si svolge alla corte palatina a partire dalla metà dell’VIII secolo, in parte
all’accurata revisione della legislazione scolastica messa in atto da Carlo Magno
9
. Dopo
la sua morte, tuttavia, questo programma di riforma culturale incontra non poche
difficoltà, di natura specifica (mancanza di persone adatte ad insegnare, di strumenti
materiali…) e, più in generale, connesse alla crisi dell’Impero carolingio e alle alterne
vicende dei rapporti tra il potere laico e quello ecclesiastico
10
. Tra la fine del IX secolo
e l’inizio del X si riscontra una dura opposizione contro lo studio libero dei classici
pagani che, spesso, mettevano in crisi la coscienza dei monaci: questo provoca una
feroce reazione della Chiesa contro la produzione letteraria degli antichi, la quale si
proponeva come obiettivo quello di “liberare il pensiero dell’uomo”, anche dalle
costrizioni religiose. Nei primi decenni del 1000 si riscontra, pertanto, una progressiva
quanto drastica chiusura nei confronti della società laica e, nei monasteri, le scuole
iniziano ad impartire lezioni all’interno del chiostro soltanto agli studenti destinati ad
una carriera ecclesiastica.
Solo alla fine del X secolo, dunque, si assiste con grandi sforzi ad una rinascita
promossa dalla dinastia degli Ottoni, durante la quale si riprendono la cultura, gli autori
classici ed i valori umanistici precedenti alla crisi
11
: il rinnovamento degli studi
avvenuto intorno all’anno Mille si prolunga fino agli inizi dell’XI secolo in Francia,
Germania, Italia e nel resto dell’Impero, ma tale periodo di splendore ha breve durata e,
alla fine del secolo, l’Europa piomba di nuovo in una grave crisi politica. Questa si
ripercuote naturalmente anche sulla vita intellettuale della società: termina
definitivamente l’umanismo carolingio e lo studio degli autori antichi viene
abbandonato ancora una volta, per tornare alla sola meditazione del testo biblico.
Nell’XI secolo, la Chiesa tenta di riprendere le redini dell’istruzione con la riforma
gregoriana, attuata sotto la fervente iniziativa del papato
12
: il principale problema da
affrontare è quello della diffusione dei nuovi movimenti eretici, e questo comporta una
9
Il programma di Carlo Magno è contenuto in alcuni capitolari e lettere encicliche dirette a tutti i dignitari
del regno, in cui il sovrano espone la sua grande preoccupazione per la progressiva decadenza della
cultura religiosa. Egli stabilisce, nella sua politica, una forte alleanza con la Chiesa ed è per questo che
cerca di appoggiare la sua restaurazione scolastica sulle strutture organizzative ecclesiastiche: i suoi
provvedimenti, in realtà, si devono ad Alcuino che, nel 789, nel VII capitolo della sua admonitio
generalis, si occupa proprio della scuola, dando direttive a preti e maestri, esortandoli ad accogliere tutti i
bambini, sia i figli dei servi che quelli degli uomini liberi, e ad insegnare loro a leggere e scrivere:
10
CAMMAROSANO 2011, p. 47.
11
RICHÉ-VERGER 2011, p. 41.
12
FROVA 1973, pp. 34-35.
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
IV
chiusura ad ogni forma di cultura e di espressione intellettuale che non sia strettamente
religiosa. Per lungo tempo, dunque, nulla lascia presagire la futura rinascita del XII
secolo
13
. Questa improvvisa fioritura è un fenomeno del tutto inaspettato e
completamente diverso dai precedenti rinnovamenti visti finora: esso implica una
trasformazione socio-economica che riguarda l’intero Occidente e coinvolge tutta la
popolazione, artigiani e mercanti, chierici e laici, maestri e allievi. In ambito culturale,
in particolare, questo periodo di riforma è caratterizzato da una netta separazione tra
chiostro e scuola: i bambini non vengono più accettati all’interno dei monasteri che, ora,
si occupano solo di formare i ragazzi destinati ad una carriera ecclesiastica. Tale
situazione cambierà solo tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, proprio l’epoca in
cui visse uno dei più celebri pedagoghi di tutto il Medioevo, Vincenzo di Beauvais.
Molto si è scritto su di lui, un uomo dalla personalità davvero curiosa e
affascinante, il cui nome è legato soprattutto ad una delle opere enciclopediche più
straordinarie di tutto il Medioevo, il celebre Speculum maius. Eppure, nonostante i
numerosi studi a lui dedicati, molte domande su questo maestro così dotto ed eclettico
rimangono ancora senza soluzione: chi fu davvero Vincenzo di Beauvais? Un semplice
frate domenicano dai molteplici interessi, un intellettuale di corte, un consigliere di
stato… in lui il re di Francia Luigi IX trovò un uomo con cui condividere gli stessi
valori morali e, in parte, le stesse idee politiche, ed è proprio da questa intesa
intellettuale che nasce l’opera di cui andremo ad occuparci nel presente lavoro, il De
eruditione filiorum nobilium. Questo interessante trattato sull’educazione è, certamente,
un testo minore rispetto al già prima citato gioiello del Bellovacense, lo Speculum
maius, ma le sue dimensioni così ridotte, se paragonate all’immensa opera
enciclopedica, non devono trarci in inganno, poiché si tratta, in realtà, di uno dei
capisaldi della letteratura pedagogica medievale, soprattutto per la grande innovazione
in esso contenuta: gli ultimi dieci capitoli di tale manuale sono dedicati, per la prima
volta nella storia, esclusivamente alla formazione delle ragazze, sia di quelle destinate al
matrimonio, sia di quelle consacrate a Dio. Prima di Vincenzo di Beauvais,
naturalmente, già altri autori avevano affrontato l’argomento dell’istruzione dei giovani,
fin dai primordi del mondo classico; mai nessuno, però, aveva pensato di trattare nel
dettaglio anche la questione dell’educazione del genere femminile, rimasto sempre in
13
RICHÉ-VERGER 2011, pp. 54-57.
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
V
ombra e ritenuto di scarsa importanza dai pedagoghi e i maestri dell’antichità e
dell’Alto Medioevo.
Ma quali furono le motivazioni che spinsero il frate domenicano ad occuparsi,
finalmente, anche delle donne? Perché fu proprio lui il primo ad accorgersi della loro
silenziosa ma importante presenza, che non poteva più essere ignorata? Per rispondere a
tutte queste domande sarà opportuno, prima di analizzare nel dettaglio la sezione della
sua opera dedicata all’educazione femminile, fare un quadro generale sull’istruzione nei
secoli XII e XIII, perché, per comprendere bene la raffinata operazione pedagogica
messa in atto da Vincenzo di Beauvais, non si può assolutamente prescindere dal
contesto socio-culturale in cui egli visse e scrisse il suo manuale: il domenicano, infatti,
fu un uomo profondamente immerso nella realtà del suo tempo, ed è proprio questo che
lo rende da sempre una figura così interessante agli occhi degli studiosi. Nel cap. I del
presente lavoro, dunque, cercheremo di delineare i contorni del panorama scolastico e
culturale all’interno del quale si muove il nostro autore, la cui figura sarà, poi, messa a
fuoco più dettaglio nel cap. II: ci soffermeremo sulla sua vita, la sua produzione
letteraria e il suo pensiero, che porta in superficie luci ed ombre dell’epoca in cui visse,
mostrando tutte le contraddizioni insite in un momento di intenso cambiamento e in una
società che sta abbandonando l’oscurantismo altomedievale per proiettarsi in quello che
sarà l’Umanesimo quattrocentesco. E in questa corrente innovativa trovano finalmente
spazio anche le donne, abbondantemente presenti sulla scena civile e religiosa, con tutti
i loro aspetti positivi e negativi, visti attraverso gli occhi degli uomini che, per la prima
volta, si trovano a dover affrontare e osservare davvero “l’altra faccia della luna”:
l’ambiguità che la figura femminile rappresenta, le novità che la sua emancipazione
porta con sé, la possibilità di essere considerata una via di salvezza, la vivacità così
esplosiva e coinvolgente della sua presenza e, senza dubbio, la necessità maschile di
contenere questa sua estrema intraprendenza e fortissima carica vitale, si evincono
proprio dal posto che Vincenzo di Beauvais ritaglia per le donne all’interno del De
eruditione filiorum nobilium. Nel III capitolo, infatti, ci soffermeremo proprio
sull’analisi degli ultimi dieci paragrafi di questo manuale pedagogico, dedicati dal
maestro esclusivamente all’educazione femminile, cercando di comprendere anche la
sua personale visione delle donne. È loro, infatti, che cerchiamo tra le righe di questo
particolare manuale, tra istruzione, morale, virtù, disciplina, obbedienza filiale,
devozione matrimoniale e amore per Dio; ma, soprattutto, attraverso queste pagine
tentiamo di leggere la prima, vera testimonianza del cambiamento.
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
VI
Fine ultimo della nostra indagine è, dunque, quello di risolvere una querelle
che da sempre fa discutere gli studiosi interessatisi alla figura di questo affascinante ed
eclettico maestro: Vincenzo di Beauvais fu davvero un innovatore o semplicemente un
intelligente tradizionalista, abile nell’assecondare l’onda del mutamento sociale del suo
tempo? Alle pagine seguenti è affidato l’ambizioso obiettivo di trovare una risposta.
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
1
1. Scuola e istruzione tra XII e XIII secolo
1.1 Il curriculum degli studi nella scuola dei secoli XII-XIII
Tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo si assiste ad una grande
rinascita del sistema scolastico, sia ecclesiastico che laico: in questo periodo numerose
scuole monastiche riaprono le porte non solo ai giovani che volevano abbracciare la vita
religiosa, ma anche a coloro che avrebbero intrapreso una carriera secolare. A poco a
poco, inoltre, accanto ai monasteri iniziano a sorgere delle scuole municipali, dove
insegnanti privati impartiscono lezioni ai figli di artigiani e commercianti in cambio del
pagamento di una retta, mentre i giovani rampolli aristocratici vengono educati
privatamente nelle case padronali da tutori che li accompagnano lungo tutto il loro
percorso formativo, dall’infanzia all’età adulta. Ma, a prescindere dalle diverse strutture
in cui vengono istruiti, tutti gli alunni devono seguire uno stesso iter di studi, con la
possibilità, naturalmente, di fermarsi a vari livelli, in base al loro interesse personale e,
soprattutto, alle disponibilità economiche delle famiglie (non tutti, infatti, potevano
permettersi di mantenere i figli agli studi fino all’università)
1
. Il primo gradino del
percorso formativo consisteva nell’imparare a leggere e scrivere: la scuola iniziava a 6/7
anni ed era divisa in varie classi, in base alla distinzione fondamentale dei bambini in
due categorie, i latinantes e i non latinantes. I non latinantes erano chiamati anche
pueri de tabula, de charta o de quaterno o, talvolta, pueri de tabula usque ad donatum.
Il primo libro su cui gli allievi imparavano a leggere era il Salterio, cioè il libro dei
salmi: a seconda delle scuole e degli alunni variava il numero dei salmi che si dovevano
leggere e imparare a memoria, ma generalmente questo era il contenuto dell’istruzione
a livello elementare, insieme al computo e al canto. Nella scuola del grammaticus,
subito dopo avere imparato a leggere e scrivere, gli alunni iniziavano a copiare i versi
dei poeti classici e, soprattutto, a studiare la morfologia delle parole sul Donatus (coloro
che venivano iniziati a queste letture erano detti donatisti e stavano quasi per passare tra
i latinantes). La grammatica del Donatus, risalente al VI secolo, era divisa in due
sezioni: la prima era detta Ars o Donatus minor, una grammatica molto semplice e
1
FROVA 1973, pp. 56-61.
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
2
basilare, cui, nel tardo medioevo, si aggiunse il Donatus vero e proprio, con vari
rimaneggiamenti ed ampliamenti; la seconda, invece, prendeva il nome di Ianua, ed era
anch’essa una grammatica, ma più completa della prima e che, per questo, incontrò più
fortuna e più ampia diffusione in tutto il Medioevo. Terminato lo studio della
grammatica, si passava alla lettura dei Disticha Catonis, che, non a caso, ritroveremo
anche tra le fonti di Vincenzo di Beauvais, il quale tende a citare testi che erano ben noti
sia agli alunni che dovevano essere educati sia ai loro maestri. I Disticha si
componevano di tre sezioni: un prologo in prosa, 57 brevi sentientiae, anch’esse in
prosa, ed, infine, quattro libri di 154 distici esametrici caratterizzati, tra l’altro, da
numerosi aforismi. Affrontata e superata anche la lettura di tale testo, si era considerati
a tutti gli effetti dei latinantes, ma anche questa categoria era suddivisa in due livelli, i
minores e i maiores, in base al grado di difficoltà delle opere letterarie cui si era in
grado di accedere. I primi leggevano innanzitutto il Doctrinale di Alessandro di
Villedieu
2
, una grammatica in esametri del 1199, che ebbe grande fortuna nel Medioevo
anche per il suo contenuto: essa, infatti, riportava testi in versi, ripetendo e combinando
le regole della convivenza civile, insieme a precetti morali e pratici molto utili, e anzi,
fondamentali per la corretta formazione del cittadino, in tutti gli aspetti della vita
comunitaria (era, infatti, compresa anche l’educazione sessuale dei giovani, affrontata
attraverso la lettura e l’analisi del Pamphilus
3
, della commedia elegiaca in generale e
delle opere di Ovidio, che non a caso viene spesso citato da Vincenzo di Beauvais).
Numerose erano, comunque, anche le opere minori che, spesso, circolavano raccolte in
antologie, tra cui, in particolare, il Liber Catonianus, comprendente al suo interno
diversi testi: i Disthica Catonis, il De raptu Proserpinae di Claudiano, il romanzo
Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio, le elegie di Massimiano, i Remedia Amoris di
Ovidio e l’Ecloga Teoduli
4
. Altra celebre raccolta di libri minores era quella nota come
2
Alessandro di Villedieu (Villedieu-les-Poêles, 1175 – 1240) fu un celebre letterato francese,
appartenente all’ordine francescano. Tra le sue numerose opere di contenuto matematico e letterario è di
fondamentale importanza per l’aspetto educativo il Doctrinale Puerorum, un trattato sulla grammatica
scritto in latino e che costituì un testo di riferimento nel mondo scolastico medievale per almeno due
secoli.
3
Pamphilus seu de amore , si tratta di una commedia in versi, adespota, di cui non si conosce con certezza
neppure il luogo di provenienza: probabilmente di mano inglese, l’opera si compone esclusivamente di
parti dialogate, caratteristica che lo distingue dal resto della produzione elegiaca nota.
4
Si tratta di un testo anonimo di IX/X sec. La sua attribuzione è incerta: secondo alcuni sarebbe stata
composta da un certo Teodulo, che si autodefinisce servus Dei, secondo altri, invece, da Gotescalco (che
significa, appunto “servo di Dio”). Si tratta, comunque, di un testo pastorale in esametri, e narra in forma
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
3
Auctores octo, che circolò in tutta Europa non solo durante il Medioevo, ma fino al
1500 e vantò più di 50 edizioni, tra cui alcune commentate in francese. Questa
importante antologia includeva al suo interno otto celebri opere: 1) i Disthica Catonis;
2) l’Ecloga Teoduli; 3) il Facetus, un galateo in esametri, con delle regole sparse di
convivenza cittadina; 4) la Chartula (così chiamata dalla prima parola) sul De
contemptu mundi, un testo anonimo, attribuito a Bernardo di Cluny e poi addirittura a
san Bernardo
5
; 5) il Tobias, una commedia in distici elegiaci di Matteo di Vendôme
6
; 6)
il Doctrinale o Liber parabolarum, che riporta fatti edificanti scritti da Alano di Lille
7
;
7) l’Esopus, una raccolta di racconti favolistici noto anche con il titolo di Anonymus
Neveleti; 8) il Floretus, un catechismo in esametri per la formazione cristiana.
Dopo la lettura degli acutores minores si passava ai maiores, tra i quali
Virgilio, Terenzio, Lucano, Stazio, Ovidio e Cicerone (di cui, in particolare, si studiava
la Rethorica ad Herennium e il De inventione); tali opere, tuttavia, venivano prese in
esame solo ad un livello molto avanzato di istruzione ed il maestro che insegnava
l’analisi di questi testi, detto auctorista, si occupava in genere della formazione
universitaria dei giuristi
8
.
Tornando, perciò, alle classi inferiori e ai primi anni di scuola, bisogna
specificare che nell’uso didattico la grammatica era utilizzata per l’interpretazione sia
della letteratura classica che di quella sacra, e questo esercizio era di grandissima
importanza negli ambienti monastici, soprattutto quando ancora non si poteva parlare di
vere e proprie strutture ecclesiastiche istituzionalizzate. Qui, infatti, la lettura della
pagina sacra aveva fini ascetici e si configurava come una sorta di preghiera meditativa,
dialogica il confronto tra il pastore Pseusi e la sua amata, Alitia (rispettivamente personificazioni di
“menzogna” e “verità”): il primo difende l’importanza dei classici, mentre la seconda sostiene i testi
religiosi e, in particolare, quelli cristiani del Vecchio Testamento. Giudice è Fronesis (ragione), che, alla
fine, dà ragione ad Alitia.
5
Il testo appartiene al genere del “disprezzo del mondo”, che ha molta fortuna nel Medioevo, come forma
di risposta monastica alla vita frivola e dissoluta delle corti del XII secolo.
6
Si tratta di una riduzione in versi del libro biblico di Tobia.
7
Alano di Lilla (Lilla, 1125 circa – Cîteaux, 1202), fu un teologo e filosofo francese, autore, tra le altre
opere, del celebre De planctu naturae, in prosa e versi, e delle Regulae de sacra theologia, in cui
egli costruisce una teologia come una scienza matematica, partendo da principi, regulae, necessari
come postulati da cui trarre delle deduzioni logiche.
8
A. VISCARDI, La scuola medievale e la tradizione scolastica classica, Roma 1938, p. 164.
L’educazione delle ragazze nel De eruditione filiorum nobilium di Vincenzo di Beauvais
4
tanto che c’era una netta distinzione tra la lectio scolastica, articolata in quaestio e
disputatio, e quella “monastica”, basata su meditatio ed oratio
9
.
Il ciclo degli studi, sia laici che ecclesiastici, comprendeva l’apprendimento
delle sette arti liberali del trivio e del quadrivio
10
: nel primo gruppo avevano particolare
rilevanza la retorica e la dialettica, sul cui insegnamento ci sono teorie ed opinioni
contrastanti fra gli intellettuali e i maestri. La storia degli studi sulla retorica è
caratterizzata nel corso del tempo da varie discussioni sui metodi, l’oggetto e lo scopo
di questa disciplina, che portano a due conclusioni totalmente opposte tra loro: alcuni,
seguendo l’interpretazione tipicamente greco-ellenistica, la considerano come un
insieme di norme tecniche necessarie alla formazione del buon oratore e dunque
inscindibile dalla sfera etica. Tale visione, secondo cui la retorica aveva portato alla
produzione di manuali specialistici per l’apprendimento di quest’arte, viene ripresa
all’inizio del Medioevo da Boezio e seguita anche da Cassiodoro, il quale sosteneva che
l’unico scopo della retorica fosse quello di esporre in maniera chiara e ordinata il
proprio pensiero, affinché risultasse piacevole al pubblico e, soprattutto, molto
persuasivo, indipendentemente dalla validità etica del suo contenuto. Più ampia e
complessa, invece, è la teorizzazione che ne fa sant’Agostino, il quale analizza e
riprende il modello ciceroniano, le dottrine platoniche e l’identificazione dell’oratore
con il vir bonus tipica dell’antica tradizione romana, sulla cui base traccia le linee della
nuova retorica cristiana
11
.
Circa le arti del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia), invece,
bisogna dire che esse furono decisamente trascurate per tutto l’Alto Medioevo e anche
in seguito rimasero sempre un po’ in ombra rispetto alle materie letterarie: il loro
insegnamento, comunque, era sempre basato sullo studio degli auctores, come avveniva
per il trivio.
9
FROVA 1973, pp. 58-59.
10
P. RAJNA, Le denominazioni di Trivium e Quadrivium, Roma 1928, pp. 15-16.
11
VISCARDI 1938, pp. 159-170.