5
INTRODUZIONE
Nel primo capitolo del presente lavoro verrà esposta la descrizione del modello
ISD, con particolare attenzione ai limiti dello stesso; nel secondo verrà
presentata una rassegna dei principali modelli (e relativi indicatori) per la
valutazione della competitività su base territoriale tra quelli rintracciati in
letteratura.
Nel capitolo terzo verrà proposto un modello d’analisi della competitività dei
territori regionali nazionali costruito ad hoc per i fini principali della tesi e
derivato sulla base dei suddetti; infine, nell’ultimo capitolo, applicando il modello
ISD, verrà effettuata un’analisi comparata tra le imprese sarde e quelle operanti
nella regione italiana che, a partire dalle valutazioni emerse dall’applicazione
del modello di cui al capitolo terzo, più di ogni altra presenta caratteristiche di
competitività simili a quelle della Sardegna. Quest’ultima parte del lavoro sarà
dunque finalizzata ad osservare quante e quali imprese, tra quelle che venivano
considerate “eccellenti” rispetto al solo contesto territoriale sardo, sono in grado
di mantenere tale livello di performance di fronte al benchmarking con le
imprese operanti in un contesto territoriale caratterizzato da condizioni simili.
7
CAPITOLO PRIMO
1.1 Il Modello “ISD”: Presentazione
L’Osservatorio Economico della Regione ha implementato un modello d’analisi
che mira all’individuazione delle imprese guida in Sardegna.
Questa ricerca si fonda su un sistema di analisi statistico-economica e
finanziaria per lo studio dello stato di salute delle aziende regionali.
La relativa pubblicazione propone una classificazione delle imprese sulla base
delle performance, desumibili dai dati di bilancio, che le stesse hanno fatto
registrare nell’arco di un triennio; consentendo quindi l’osservazione delle
posizioni competitive relative, ossia il confronto tra singole imprese e i
benchmark
4
regionali e, attraverso tecniche di analisi multivariata, giunge ad
esprimere una valutazione qualitativa delle stesse, col fine di permettere
l’individuazione di quelle c.d. “eccellenti”.
Tale prospettiva è stata abbracciata dall’Osservatorio Economico della
Sardegna e da altri centri di ricerca a livello nazionale e internazionale per
effetto dell’accordo di BASILEA 2.
1.2 Cenni sugli effetti dell’Accordo di Basilea 2
“Basilea 2 estende la portata del suo intervento rispetto al precedente Accordo
adottando un approccio ampio al tema del controllo del rischio nel quale più
soggetti sono coinvolti: gli intermediari, l’organo di vigilanza, il mercato.
La solidità e l’efficienza di un’istituzione bancaria sono quindi il risultato, non
solo del mero rispetto di un vincolo quantitativo ma, anche, della valutazione
positiva di tutti coloro che maggiormente sono interessati alle vicende di tale
soggetto e che potenzialmente sono in grado di valutarne le competenze e le
capacità.
4
Bench-mark: riferimento. Termine preso a prestito da altre discipline e usato per indicare una misurazione reale di dati
economici in un periodo di tempo specifico e successivamente utilizzata come base per il confronto di altri dati. Vedi
F. PICCHI, ” Il Nuovo Economics & Business, Dizionario Enciclopedico Economico E Commerciale”, Zanichelli,
Bologna, 1996.
8
Sulla base di questa impostazione che allarga i confini delle responsabilità, ma
anche delle opportunità, il Nuovo Accordo affronta tre aree (pilastri)
d’intervento:
• Primo pilastro: requisiti patrimoniali minimi complessivi a fronte dei rischi
di credito, di mercato e operativi;
• Secondo pilastro: processo di controllo prudenziale in cui si indicano i
principi chiave che devono informare un’efficace vigilanza bancaria;
• Terzo pilastro: disciplina di mercato nella quale si introducono i requisiti
di informativa al pubblico per le banche che utilizzano il Nuovo Accordo.
Si tratta di disposizioni strettamente connesse, le quali richiedono
un’applicazione congiunta delle norme in esse contenute; in particolare, gli
ultimi due pilastri svolgono un ruolo di supporto atto a rafforzare l’efficacia
dell’applicazione dei requisiti patrimoniali minimi.
In termini di innovazioni, non vi è dubbio che sia il primo pilastro ad attrarre la
maggiore attenzione, sia a causa della significatività del suo contenuto che
delle problematiche derivanti dall’applicazione. In particolare, esse determinano
una modifica dell’attivo ponderato per il rischio, definiscono nuovi metodi per la
misurazione del rischio di credito, introducono il requisito patrimoniale a fronte
dei rischi operativi”
5
.
Concludendo, la pubblicazione “Le Imprese Guida in Sardegna” e il modello ivi
inserito, sviluppato dall’Osservatorio Economico, così come tutti gli altri studi e
modelli simili implementati da altri centri di ricerca in Italia
6
e a livello
internazionale, mira ad offrire una metodologia, e i relativi strumenti, per
effettuare una valutazione sullo stato di salute delle imprese, considerando la
loro solidità patrimoniale, quindi la loro capacità di solvibilità attuale e futura,
ponderandone gli aspetti reddituali, finanziari e patrimoniali della gestione, con
lo scopo di individuarne il grado di rischio in prospettive di default e così da
valutarne l’affidabilità al credito bancario.
5
FRIZZERA B., AVI M. S., ZEN F., DE MARCH E., “Basilea 2: Effetti sul Rapporto Banca-Impresa; il Ruolo delle
Banche, i Comportamenti delle Imprese, Le Opportunità per i Professionisti” , in Gli speciali del Sistema FRIZZERA,
Collana del Sole 24 Ore 2005.
6
Per approfondimenti consultare i lavori di:
CANTONI E., “Critical Perspectives on Bankrupcy Prediction Models: an Alternative Approach”, 2005, disponibile sul
sito -http://deit.economia.unife.it-;
UNION CAMERE, “L’ affidabilità delle ditte individuali e delle società di persone della provincia di Lodi - Le imprese di
fronte a Basilea 2: applicazione di un modello di ranking”, Mediacamere, Roma, 2006 su -
www.lo.camcom.it/monitoraggio_mercato/dload/ricerca-basilea2.pdf.
9
1.3 L’ISD: Definizione
L’Indice Sintetico di Dinamicità (ISD) è un indice di posizione statistico, la cui
funzione è quella d’individuare i livelli di soglia di riferimento (benchmark)
all’interno di una distribuzione di variabili. Specificatamente, l’ISD
7
è stato
costruito come combinazione lineare di un set di sei indici di bilancio, i quali
sono stati suddivisi in due gruppi:
• Indicatori di sviluppo: mirano a classificare la capacità di crescita o di
mantenimento dei livelli di fatturato e di valore aggiunto conseguiti
tramite la gestione aziendale;
• Indicatori di redditività: consentono la rappresentazione delle imprese
sulla base della loro capacità di remunerare tutti i fattori della produzione.
L’Indicatore Sintetico di Dinamicità è stato dunque costruito a partire dal
presupposto che, al fine di avere una valutazione esaustiva sull’andamento
complessivo della gestione di un’azienda, non si debbano considerare
singolarmente taluni indici piuttosto che altri, bensì che sia necessario costruire
una combinazione mirata di indicatori che, sistematicamente considerati,
permettano di offrire una rappresentazione globale dei risultati conseguiti dalle
imprese. Questa prospettiva è stata abbracciata dallo staff dell’Osservatorio
Economico nell’ambito di recenti studi
8
sulla valutazione della gestione
aziendale; questi ultimi sostengono che: “una migliore comprensione delle
performance aziendali è garantita dall’uso di un insieme di indicatori e non di
uno soltanto; (…) in tale prospettiva (…) i cinque attributi chiave sono: Crescita,
Redditività, Posizionamento futuro, Longevità e Congruenza”.
L’ISD mira dunque a esprimere il concetto di Dinamicità, i cui attributi sono
appunto rintracciabili negli indici che sono stati scelti per la sua costruzione
9
.
Data la combinazione del set d’indicatori che lo compongono, l’ISD mostra la
capacità di un’impresa di “essere in movimento”, ossia di mostrare i valori delle
proprie poste di bilancio in crescita e l’attitudine alla redditività del capitale
investito nell’azienda.
7
DE ARCA A., “Tecniche per lo studio della performance delle imprese: dall’indicatore sintetico di dinamicità all’analisi
statistica multivariata”, 2006, reperibile su -http://www.sardegnastatistiche.it/pubblicazioni2006.
8
BREENE T., NUNES P.F., “Andare lontano: come le migliori imprese del mondo raggiungono alte performance” 2008
su - http://www.accenture.com/Countries/Italy/hpbOutlook.html.
9
Gruppo Rischio Impresa, Progetto “Tecniche softcomputing per l’analisi dei sistemi complessi applicati alla finanza
moderna” su http://www.sardegnastatistiche.it/ Pubblicazioni 2006, documento “Imprese italiane e stato di salute:
sviluppo, applicazione e confronto di metodologie di analisi del rischio e della performance.pdf”.
10
Le imprese, dunque, sono qualificate attraverso un indice complessivo che,
contemplando i seguenti indicatori selezionati, mira a rappresentarne lo stato di
salute considerando in maniera sistemica le performance aziendali ad essi
riferite.
1.4 Paradigma degli indicatori selezionati:
Gli indicatori di sviluppo considerati dal modello sono i seguenti:
• La variazione % del fatturato: individua l’incremento (o il decremento) dei
ricavi conseguiti tramite le vendite da un esercizio a quello successivo;
• La variazione % del valore aggiunto: individua l’incremento (o il
decremento) del valore della produzione al netto dei costi esterni
(materie, merci e servizi) da un esercizio a quello successivo.
Gli indicatori di redditività considerati sono:
• Il ROI % (Return On Investment): è il tasso di remunerazione del capitale
mediamente investito nell’impresa. E’ stato calcolato come rapporto tra
l’Ebit (Utile lordo) e la semisomma del valore iniziale e quello finale del
capitale complessivamente investito nell’impresa;
• Il MOL (Margine Operativo Lordo) su OF (Oneri Finanziari): individua il
rapporto tra l’utile caratteristico prima delle partite straordinarie, di quelle
atipiche, degli interessi e delle imposte rispetto al valore degli interessi
passivi;
• Il Valore Aggiunto su Attivo %: esprime il tasso di remunerazione dei
fattori primari rispetto al capitale complessivamente investito
nell’impresa;
• Il Cash Flow Operating (Flusso di Cassa Operativo) sull’Attivo: individua
il rapporto tra le risorse liquide generate dalla gestione (al lordo del
pagamento degli interessi passivi) rispetto al valore del capitale
complessivamente investito nell’impresa.
11
1.5 Gli obiettivi dichiarati e gli studi economici sottostanti
all’implementazione del modello ISD
L’Osservatorio Economico, già dal 2002, sta dunque conducendo un lavoro di
ricerca
10
sulle performance delle imprese regionali che ha come obiettivo la
costruzione di una <<mappatura economico-finanziaria>> del tessuto produttivo
regionale. Il modello si basa sull’utilizzo delle informazioni economiche e
contabili (bilanci e relativi indicatori) per l’interpretazione e la valutazione delle
performance e dei relativi trend.
L’analisi condotta dall’Osservatorio, che ha classificato le imprese secondo
raggruppamenti basati sull’omogeneità nel comportamento o nel settore
economico di appartenenza e nella dimensione, è dichiaratamente strumentale
all’individuazione di quelle realtà produttive capaci di rappresentare
efficacemente esempi virtuosi di condotta aziendale e che, inoltre, nell’essere
target ottimali, ovvero “imprese eccellenti”, possano essere considerati
raggiungibili anche da quelle imprese regionali che non abbiano raggiunto
risultati aziendali soddisfacenti. Questa finalità pone, necessariamente,
numerosi e importanti interrogativi sul concetto stesso di impresa guida,
appunto c.d. “eccellente”.
Recenti studi
11
economico-finanziari (tra i numerosi cui si riferisce
l’osservatorio) sull’andamento dei settori produttivi nel mercato globale portano
a individuare particolari tipi di imprese definite “ad alta performance”, in quelle
aziende che: “fanno rilevare risultati di gestione superiori alla media della
concorrenza, con una performance superiore, duratura e sostenuta in tutte le
attività e in tutti i cicli economici, spesso distribuita su diverse generazioni di
dirigenti e misurata con parametri finanziari consolidati”. Secondo altri studi tra
quelli cui si ispira il lavoro dell’Osservatorio “l’attitudine di un’impresa verso
l’eccellenza e verso l’interpretazione del ruolo di guida dipende da una pluralità
10
Si vedano i lavori di: DE ARCA A., “Synthetic indicator model of dynamism” e CERTO V., “A database for the
analysis of experiments on enterprise insolvency risk: the case of DB Complex” entrambi in International Journal of
Business Performance Management 2008 - Vol. 10, No.2/3 e reperibili nel sito:
http://www.inderscience.com/browse/index.php?journalID=3&year=2008&vol=10&issue=2/3
11
Secondo la ricerca di Accenture “per essere una vera impresa ad alte performance, un’azienda deve sopravvivere e
prosperare superando qualunque situazione negativa a livello economico e di mercato”. Si veda:
BREENE T., NUNES P.F., “Andare lontano: come le migliori imprese del mondo raggiungono alte performance”, 2008
in - http://www.accenture.com/Countries/Italy/hpbOutlook.html.
12
di fattori che, combinati con i risultati dell’intero complesso delle attività di
gestione, danno luogo a un modello di eccellenza sostenibile”
12
.
In particolare, sia il modello elaborato dall’European Foundation for Quality
Management (EFQM)
13
in Europa, che quello creato dall’Associazione Premio
Qualità Italia (APQI)
14
in Italia, inquadrano le aziende come protagoniste della
creazione di valore per l’intera collettività e come artefici del miglioramento
continuo nella gestione. Specificatamente, nell’Excellence Model Criteria
15
,
elaborato dall’EFQM, il percorso verso l’eccellenza aziendale è basato su nove
criteri; cinque sono riconducibili al concetto di Leve operative/gestionali e
quattro ai vari momenti della valutazione dei risultati. L’attenzione sui valori
chiave (le key performance) come “misure degli obiettivi quantitativi economici-
finanziari fondamentali per la pianificazione” si affianca, appunto, sia alla
valutazione complessiva dei risultati negli altri ambiti della gestione, relativi alla
soddisfazione dei clienti, del personale che alla buona gestione dei rapporti con
l’ambiente circostante e la collettività.
Concludendo, nella pubblicazione relativa alle “Imprese Guida in Sardegna”, al
fine del raggiungimento dei detti obiettivi, si è cercato di implementare un
modello che fosse in grado di “fotografare” nella maniera più esaustiva possibile
l’intero tessuto economico-produttivo del contesto regionale.
È stato dunque sviluppato un lavoro rivolto a rilevare e registrare le posizioni
competitive
16
conseguite delle imprese sarde, così da poter soddisfare la teoria
per la quale “l’attitudine di un’impresa guida s’individua nel raggiungimento di
una posizione competitiva, o di una serie di posizioni competitive, in grado di
condurre a performance economiche e finanziarie superiori o sostenibili rispetto
alla condotta delle imprese concorrenti”.
Data la metodologia utilizzata, il tentativo di coniugare l’obiettivo di individuare
le “imprese guida” con le palesi differenze che il tessuto economico-produttivo
sardo esprime (sia con riferimento alla varietà dei settori d’attività considerati
12
CARUSO E., “L’eccellenza nelle imprese. Una condizione per la sopravvivenza tra nuove tecnologie, globalizzazione
e ipercompetizione”, Franco Angeli, Milano, 2000.
13
“EFQM, European Foundation for Quality Management, is the primary source for organisations throughout Europe
which are looking for more than quality, but are also striving to excel in their market and in their business. Based in
Brussels, EFQM brings together over 700 member organisations and valued partners situated in every geographical
region across the globe. EFQM is the creator of the prestigious EFQM Excellence Award which recognises the very top
companies each year. EFQM is also the guardian of the EFQM Excellence Model which provides organisations with a
guideline to achieve and measure their success. EFQM is a not-for-profit membership foundation focused on serving its
members’ information and networking needs”. Cfr. -http://www.efqm.org.
14
http://www.apqi.it/index.php?page=/main/home
15
key performance. -http://www.efqm.org-; nel modello EFQM si riconoscono le leve organizzative-gestionali:
1.leadership; 2.politiche e strategie; 3.gestione delle risorse umane; 4.gestione delle risorse economiche; 5.gestione dei
processi aziendali. Si riconoscono inoltre i momenti di valutazione dei risultati: 1.soddisfazione dei clienti e risultati;
2.soddisfazione del personale e risultati; 3.impatto sulla comunità-società e risultati; 4. risultati gestionali.
16
PORTER M. E., “La Strategia competitiva - Analisi per le decisioni”, Ed. Compositori, Bologna, 1997.