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Introduzione
Una delle prime difficoltà incontrate nella trattazione del tema in questione è quella di
definire in modo chiaro ed esaustivo la terminologia. Ancora oggi è facile incontrare
concetti legati alla Compulsione, all’Impulsività oppure alla Dipendenza.
In molti casi non è utile iniziare un’indagine analitica con un’esatta definizione del
fenomeno da investigare, perché l’esatta definizione deve, invece, essere il risultato
della ricerca, non il suo punto di partenza.
Ma una definizione inesatta, come una descrizione approssimativa, è necessaria per
chiarire di che cosa si vuole parlare. (Fenichel, 1951).
Più di cento anni fa Krafft-Ebing (1886) descriveva una condizione nella quale
l’appetito sessuale è intensificato in misura abnorme al punto da permeare tutti i
pensieri e i sentimenti dell’individuo, da non consentire altri scopi nella vita, da
richiedere gratificazione nello stesso modo dirompente dell’estro negli animali, senza
ammettere la possibilità di contro-rappresentazioni morali e virtuose e risolvendosi in
una successione impulsiva e insaziabile di godimenti sessuali.
Questa sessualità patologica è una minaccia per chi ne è vittima, giacché lo mette nel
pericolo costante di violare le leggi dello stato e della morale, di perdere il proprio
onore, la propria libertà e perfino la vita.
Molti clinici (Porcelli, Todarello, Mangelli, 2004) riconoscono l’esistenza di quella che
Krafft-Ebing ha descritto come sessualità patologica, nella forma di parafilie e sindromi
di comportamento sessuale compulsivo non parafilico.
Si discute, tuttavia, su come classificare e definire questa condizione: come disturbo
ossessivo-compulsivo (compulsività sessuale o comportamento sessuale compulsivo),
come disturbo del controllo degli impulsi (impulsività sessuale o comportamento
sessuale impulsivo) o come disturbo da dipendenza (dipendenza sessuale).
Per quanto riguarda il Disturbo Ossessivo-Compulsivo, gli argomenti a favore della
classificazione di questa sindrome di comportamento sessuale come una forma di
disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) mettono l’accento sulla funzione difensiva
dell’attività sessuale, sulla sua azione di riduzione dell’ansia e di altri affetti penosi
(Goodman, 2008).
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I sostenitori di questa tesi sottolineano anche che quando l’attività sessuale è bloccata,
gli individui che soffrono di tale condizione vivono un intenso disagio (Quad-land,
1985; Weissberg e Levay, 1986).
Hollander (1993) include le parafilie e le “compulsioni sessuali non parafiliche” tra
quelle condizioni che definisce disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo, in quanto
alcuni sintomi, la comorbilità, le possibili cause, la trasmissione familiare e la risposta a
specifici trattamenti farmacologici e comportamentali si sovrappongono parzialmente al
DOC.
Tuttavia, il DSM-IV (1994; il manuale diagnostico standard in psichiatria, psicologia,
assistenza sociale e altri campi correlati) definisce le compulsioni come “comportamenti
ripetitivi (cioè lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (per es., pregare,
contare, ripetere mentalmente delle parole) il cui obiettivo è quello di prevenire o
ridurre l’ansia o il disagio, e non quello di fornire piacere o gratificazione” (p.462).
Comportamenti compulsivi tipici come lavarsi o come controllare, sono semplici e
stereotipati. In molto casi, hanno lo scopo di prevenire un evento temuto o di ridurre il
disagio, piuttosto che di raggiungere un obiettivo o uno stato desiderato.
I comportamenti compulsivi non sono collegati in modo realistico con ciò che sono
designati a neutralizzare o a prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi; e anche
quando i pazienti non colgono la natura irrazionale di un comportamento compulsivo,
non lo percepiscono come qualcosa che produce un piacere.
In questa sindrome è raro che il comportamento sessuale abbia la finalità cosciente di
prevenire un evento temuto; e mentre la riduzione del disagio accresce la motivazione a
impegnarsi nel comportamento sessuale, anche il piacere o la gratificazione
contribuiscono in modo significativo in particolare negli stadi iniziali della sindrome.
Inoltre, i comportamenti sintomatici nella sindrome sessuale sono in gran parte più
complessi e meno stereotipati nelle loro caratteristiche osservabili rispetto ai
comportamenti compulsivi tipici.
I comportamenti sessuali possono essere ripetuti spesso, ma non sono in sé ripetitivi.
Infine, nel momento in cui vengono messi in atto, i comportamenti sessuali sintomatici
sono più spesso egosintonici (ossia accettati dal soggetto come coerenti con il senso di
sé) dei comportamenti compulsivi.
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Questa differenza nel modo in cui il soggetto sperimenta l’urgenza di attuare il
comportamento è stata messa in rilievo da Fenichel (1945).
Il nevrotico coatto si sente forzato a fare qualcosa che a lui non piace, vale a dire,
costretto ad usare la sua volontà contro i propri desideri; il perverso si sente forzato ad
“amare” qualcosa, anche contro la sua volontà.
Sensi di colpa possono opporsi ai suoi impulsi; nondimeno al momento
dell’eccitamento egli sente gli impulsi in sintonia con l’Io, come un qualcosa che vuol
fare nella speranza di ottenere un piacere positivo.
Si cercherà di analizzare la dipendenza sessuale partendo dalle origini del fenomeno e
descrivendone l’eziopatogenesi e gli aspetti culturali, non tralasciandone gli elementi
diagnostici e le teorie di riferimento.
La stessa analisi verrà dedicata all’estrinsecazione delle compulsioni sessuali e cioè la
pornodipendenza e la masturbazione compulsiva.
In un capitolo successivo verrà fatta chiarezza sul fenomeno ormai diffusissimo, del
cyber sex e delle tecnodipendenze di natura sessuale.
Partendo, quindi, dalla descrizione fenomenologica del tema trattato, verrà data
importanza alle teorie di riferimento seguendo una visione di tipo “bio-psico-sociale”.
Conclude l’elaborato la descrizione delle nuove dissertazioni sulla dipendenza sessuale
facendo riferimento ai concetti più recenti di parafilia e comportamenti non parafilici
associati all’Hypersexual Disorder, Disturbo da Ipersessualità presentato nella stesura
del nuovo DSM V, ma non inserito tra le disfunzioni classificate.
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1. Descrizione: storia, eziopatogenesi ed aspetti
socioculturali
Il sesso è la cosa più bella e naturale del mondo. Tuttavia, sono sempre di più le persone
che soffrono di dipendenza sessuale.
Il professor Rory Reid
1
, psicologo e ricercatore presso l’UCLA, sostiene che la
dipendenza sessuale è una patologia che non si riesce ancora a definire perché non è
facile tracciare una distinzione chiara e precisa tra l’esperienza positiva della sessualità
e il modo patologico di viverla.
Per Lambiase
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la dipendenza sessuale è una relazione malata con il sesso, che ha lo
scopo di permettere alla persona di alleviare lo stress, di fuggire dai sentimenti negativi
o dolorosi, dalle relazioni intime che non è in grado di gestire; questa relazione diventa
il bisogno fondamentale e le persone vengono considerate soltanto come oggetti da
usare.
La dipendenza sessuale è un disturbo al quale, negli ultimi vent’anni, è stata dedicata
una crescente attenzione e negli ultimi anni sono state costruite diverse cliniche per dare
la possibilità di effettuare interventi terapeutici anche in Europa, in paesi come Svizzera
e Germania mentre in Italia, anche se non esistono strutture di riferimento alle quali
rivolgersi, stanno crescendo l’interesse e l’impegno finalizzati alla comprensione e alla
cura di questo disturbo.
Dopo circa trent’anni dalla pubblicazione del primo libro sulla dipendenza sessuale
(Carnes, 1991)
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e circa dodici anni dalla pubblicazione del primo libro in Italia
(Lambiase, 2001), attualmente la dipendenza sessuale è un disturbo per il quale non è
stata ancora elaborata una definizione scientifica ufficiale e condivisa, ma comunque
essa riceve sempre più attenzione dai mass media e vi si riconoscono sempre più
persone.
1
Reid, R. (2012). Giornale di Medicina Sessuale. Los Angeles: UCLA.
2
Lambiase, E. (2001). La dipendenza sessuale. Modelli clinici e proposte di intervento terapeutico.
Roma: LAS.
3
Carnes, P. (1991). Don’t call it love. Recovery from sexual addiction. New York: Bantam Dell Pub
Group.
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Poiché, però, non c’è ancora un’adeguata informazione sulla sua definizione, sulle sue
caratteristiche e su quali siano i comportamenti che la caratterizzino, essa è spesso fonte
di confusione e di fraintendimenti.
Perciò è spesso difficile interpretare i risultati di ricerche per le quali gli autori hanno
sviluppato una propria definizione con dei relativi criteri ed è spesso difficile
confrontare i risultati di ricerche svolte da autori differenti.
A rendere particolarmente complessa la definizione e la classificazione del disturbo in
esame, interviene l’indecisione riguardo alla categoria diagnostica nella quale inserirlo.
C’è chi lo definisce come dipendenza sessuale (Carnes, 1983; Goodman, 1988) e chi lo
classifica come impulsività sessuale (Schwartz & Abramovitz, 2003, 2005) o
compulsività sessuale (Coleman, 2004).
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Nel primo caso andrebbe collocato nella categoria diagnostica, non ancora esattamente
definita, dei disturbi da dipendenza, nel secondo caso troverebbe posto tra i disturbi del
controllo degli impulsi e nel terzo tra i disturbi ossessivo-compulsivi.
Poi ci sono altri autori che lo inserirebbero in una categoria denominata paraphilia-
Related Disorders (Kafka, 2001) e altri che ristrutturerebbero la categoria diagnostica
dei Disturbi del Comportamento Sessuale, inserendoci anche il disturbo sessuale in
esame (Manley & Koheler, 2001).
Nella dipendenza sessuale, la persona usa il comportamento sessuale per procurarsi
volontariamente un mutamento dello stato emotivo, illudendosi in questo modo di
riuscire a trovare la felicità e la serenità che non si riesce ad ottenere in altro modo
(Lambiase, 2009).
La ricerca del sesso, incluse le fantasie e i rituali sessuali sono, quindi, anche un
tentativo di fuga dai propri problemi e dalle proprie sofferenze attraverso l’alterazione
dello stato mentale che avviene mentre si fantastica, si ricerca o si vive un rapporto
sessuale.
L’euforia di questi momenti permette infatti di raggiungere uno stato di benessere e di
distacco dalla realtà all’interno del quale la persona dimentica, seppur
momentaneamente, tutti i suoi problemi.
4
Coleman, E. (2004). Le perversioni sessuali. Aspetti clinici e giuridici del comportamento sessuale
deviante. Milano: Franco Angeli.
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L’alterazione emotiva dovuta all’appagamento sessuale è quindi uno stato molto
emozionante ed avvincente perchè rimuove la sensazione di dolore e di angoscia e
permette di sperimentare un forte stato di appagamento, di soddisfazione e di piacere.
Il dipendente, in questo stato mentale alterato riesce anche a sperimentare uno stato di
benessere, piacere, tranquillità, oppure sentimenti di controllo, di competenza o di
potere che ritiene di non poter raggiungere o di non poter ottenere in altro modo oppure
con la stessa intensità (Lambiase, 2009).
Il distacco dalla realtà creato dal comportamento sessuale e dai rituali ad esso associati
permettono ai dipendenti, almeno nelle prime fasi del processo di dipendenza, di sentirsi
vivi e realizzati perché l’attività sessuale può apportare un temporaneo sollievo, ma in
realtà non può procurare una vera e propria gratificazione.
Ogni individuo vive situazioni, sofferenze, frustrazioni e ricordi che preferirebbe non
affrontare e cerca di evitarli; ma la dipendenza sessuale consiste nel trincerarsi in uno
stato di evasione dalla realtà per vivere in un mondo caratterizzato dal sesso (Lambiase,
2009).
Le persone affette da dipendenza sessuale continuano a rimandare l’esame dei problemi
reali e ciò li gratifica, anche se solo superficialmente e momentaneamente. Quando
svanisce lo stato di distacco dalla realtà che si produce durante i rituali ed il
comportamento sessuale, cessa anche la sensazione di benessere e l’individuo torna
nuovamente a sperimentare il suo dolore originale, a cui si aggiunge la perdita delle
sensazioni di benessere illusorio dovuto ai comportamenti compulsivi. Finito l’orgasmo,
spesso, i dipendenti provano, dunque, sentimenti negativi come rabbia, odio nei propri
confronti, tristezza, vuoto interiore e vergogna. Questi sentimenti e pensieri negativi,
invece di essere una molla per smettere, molto spesso creano una pressione interiore per
la quale il dipendente cerca di nuovo sollievo tramite i comportamenti sessuali stessi,
tanto che viene stabilito un circolo patologico di emozioni, pensieri e comportamenti
che rende sempre più ingestibile la vita (Lambiase, 2009).
Il contatto emotivo con gli altri è un’esperienza fondamentale per il raggiungimento
della felicità e del benessere; dunque, essere dipendenti significa aver sostituito la
ricerca di contatto emotivo con la ricerca di contatto sessuale. In questo senso il