La capacità di entrare in comunione ed in comunicazione con l’animo umano gli 
consente di stabilire con il prossimo una profonda empatia, al punto che la sua anima 
finisce col diventare una vera e propria eco che raccoglie ogni sussulto dell’animo 
altrui. Tale abilità ricopre un ruolo importante anche nella sua concezione artis tica 
della letteratura: Bourget si discosta completamente da quei letterati   che 
considerano l’arte una questione d’erudizione e che quindi la subiscono come se 
fosse una sfida, una difficoltà da superare, poiché secondo Bourget una tale teoria 
dell’arte, sebbene forgi poeti dal verso impeccabile, allo stesso tempo “a ce défaut 
d’écarter un artiste de la vie. Elle exagère en lui le culte de l’expression aux dépens 
de l’impression”3. 
Dunque l’idea fissa di Bourget è la vita e più precisamente l’anima: questo è il tema 
centrale di tutte le sue opere, a cominciare dagli ‘Essais de psychologie 
contemporaine’ (1883) e dai ‘Nouveaux essais de psychologie contemporaine’ (1885) 
con cui egli si presenta per la prima volta al pubblico in qualità di critico consacrato 
all’analisi psicologica, attraverso la quale si prefigge di tracciare un ritratto morale 
della sua generazione a partire dalla lettura delle opere che egli aveva considerato più 
interessanti.  
Molti sono gli autori illustri che sfilano tra le pagine di questi ‘essais’ e che vengono 
‘analizzati’ – o forse si dovrebbe dire ‘psicoanalizzati’: Flaubert, M. Taine, Stendhal, 
                                                                 
3
 Ibid., p. 45. 
Baudelaire ed altri, i quali suscitano in Bourget un profondo interesse non in quanto 
scrittori, ma in quanto ‘anime’: 
 
  Ce qui m’avait intéressé dans cette serie d’essais  
   ç’avait été non pas les écrivains eux-mêmes, mais  
   les états de l’âme manifestés par ces écrivains.4 
 
Quest’attitudine naturale a scandagliare le profondità esistenziali dell’uomo 
spogliandolo dell’esteriorità, dell’apparenza, deriva anche dalla constatazione che la 
scuola degli écrivains de mœurs avevano, nella seconda metà dell’Ottocento, 
trascurato quello che era il romanzo d’analisi. Ora, è proprio la tradizione del 
romanzo psicologico che Bourget ha intenzione di riprendere, considerando la 
rivalutazione dell’osservazione psicologica ( fino ad allora sacrificata 
dall’osservazione sociale ) una necessità latente dell’epoca. Tale rivalutazione, come 
si è detto, parte proprio da un’analisi delle opere letterarie che mira a mettere in luce 
gli aspetti psicologici (non solo dei protagonisti, ma anche degli autori) che si celano 
dietro di esse, in quanto “Il est probable que toute création intellectuelle comporte 
une part énorme d’inconscience. La psychologie moderne nous démontre que nous 
vivons à la surface de notre être; toute une végétation cachée de pensées obscures, de 
sentiments ignorés, d’émotions inexprimables, s’agite dans les ténèbres de notre 
                                                                 
4
 Ibid., p. 47. 
personnalité instinctive. Peut-être la même loi gouverne-t-elle à ces êtres issus de 
notre être, qui sont nos livres.”5 
Purtroppo però la critica contemporanea, malgrado Bourget all’inizio della sua 
carriera abbia raccolto diversi consensi, non accolse di buon grado queste prime 
pubblicazioni, anzi, come ricorda lo stesso autore nella lettera autobiografica, i suoi 
libri sono stati oggetto di insulti, attacchi di ogni genere – tra i quali uno dei più 
oltraggiosi che si ricordino è quello di Léon Bloy: “M. Paul Bourget, eunuque par 
vocation et l’un des adeptes les plus illustres du Lieu Commun”6 – ma quello che 
Bourget rifiutava con maggior vigore era l’etichetta di roman à thèse che alcuni 
critici avevano, a suo avviso ingiustamente, attribuito ai suoi romanzi ( si deve tenere 
conto, inoltre, che tra tutti i generi letterari egli considerava il romanzo come la forma 
d’arte più consona alla descrizione di quelle che definiva “âmes vivantes”7 ). 
A questa definizione, che riteneva un insulto, Bourget  preferiva sostituire quella di 
roman à idées intendendo con tale espressione la creazione di opere dinanzi alle quali 
il lettore non è tenuto a subire passivamente il contenuto – o la thèse – ma in cui sia 
percettibile l’appello ad un impegnativo confronto ideologico con l’autore. 
L’idea, infatti, non è altro che un modo di guardare, di interpretare la realtà, per cui la 
maggiore o minore verità di un’idea risiede nella sua capacità di trovare una chiave di 
lettura più o meno esatta per un determinato aspetto della vita; dunque essa è sempre 
la conseguenza di un’esperienza, di una presa di contatto tra un soggetto ed un 
                                                                 
5
 Ibid., p. 49. 
6
 M. Colesanti, “Crisi” e sopravvivenza del romanzo , in G. Macchia et al., La letteratura francese dal Romanticismo al 
Simbolismo , Milano, ed. Accademia, 1995, p.402.   
7
 M. Matucci, op. cit., p. 47.   
oggetto. Questo è essenzialmente quello che Bourget tenta di trasmettere al proprio 
lettore, il quale quindi non viene ritenuto esterno all’opera, ma in rapporto dialettico 
con essa e di cui il romanziere mette alla prova coscienza e sensibilità. 
Sempre a proposito del romanzo, molto importanti sono le Réflexions sur l’art du 
roman, saggio in cui Bourget definisce in modo inequivocabile il suo concetto di 
littérature d’observation: 
 
  Etudier l’âme humaine  [ … ]  seulement  pour  le  
   plaisir   de   constater  et  de  décrire  une   réalité 
   […], c’est là un point de vue nouveau et qui paraît 
   plus particulièrement propre à notre âge d’analyse 
   sans métaphysique. 
   M. Taine [maestro di Bourget] a donné la formule 
   quand il a défini la littérature  «  une  psychologie 
   vivante ».8 
 
Sicuramente Taine  non è l’unica pietra miliare a cui Bourget fa riferimento per la sua 
teoria sull’arte di scrivere romanzi: Stendhal viene considerato dallo scrittore come 
un altro maestro soprattutto per la sua inclinazione ad essere un “observateur du cœur 
humain”9 come del resto si definiva lui stesso. 
E’ proprio nelle Réflexions che Bourget delinea la netta differenza che esiste tra il 
roman de mœurs e il roman de caractère: 
 
                                                                 
8
 P. Bourget, Réflexions sur l’art du roman, Paris, Plon-Nourrit, 1896, p.265. 
  Le romancier de mœurs est donc amené à copier 
   dans un groupe social quelconque l’homme 
   ordinaire et à l’entourer d’événements ordinaires. 
   […] Le romancier de caractère cherche, lui, tout 
   au contraire, la saillie et l’exception […]. Il semble 
   que dans l’ordre du caractère, l’individu typique est 
   celui qui porte ce caractère à son plus haut degré 
   d’inténsité […].10 
 
Secondo il nostro romancier de caractère l’opera d’arte non deve mai essere 
considerata a prescindere dal suo autore, non c’è mai una separazione netta tra 
romanziere e romanzo, neanche dopo la pubblicazione; al contrario, ciò su cui egli 
vuole far riflettere il lettore è proprio lo stretto rapporto di filiazione che si viene a 
creare fra i due, come se esistesse una reale ‘paternità’, da intendersi come ‘paternità 
genetica’, nel senso che l’opera d’arte altro non è che una trasposizione dell’Io 
artistico di cui essa eredita pregi e difetti. Questo è il tema centrale sul quale Bourget 
si sofferma nei suoi Etudes et portraits dove si legge: 
 
  “L’œuvre est tout! Mais est-ce que l’œuvre possède 
   une existence en soi et différente de l’esprit de qui 
   la produit? 
   Est-ce qu’une création d’un artiste […] n’a pas  
   pour première condition la transparence d’une 
   sensibilité, la révélation directe ou symbolique 
                                                                                                                                                                                                                       
9
 Ibid. p. 267. 
10
 Ibid. pp. 270-272. 
   d’une certaine âme? 
   […] Oh malheureux et noble écrivain est-ce que 
   vous croyez que vous pouvez être le prosateur que 
   vous êtes et ne pas vous confesser tout entier […]?”11 
 
Come è evidente si tratta di un’esplic ita presa di posizione contro il Realismo ed in 
particolare contro Flaubert. Quest’ultimo infatti propugnava come uno dei principali 
capisaldi della tecnica realista proprio l’impersonalità dell’arte affermando che “l’Art 
n’a rien à démêler avec l’artiste”12 il quale quindi “doit être dans son œuvre comme 
Dieu dans la création, invisible et tout-puissant.”13; questo è esattamente ciò che 
Bourget negava in virtù di una rivalutazione della figura dell’artista nell’ambito del 
proprio prodotto. 
Comunque il Realismo non è l’unica dottrina letteraria con cui l’autore si trova in 
contraddizione: anche il Naturalismo ed in particolare il determinismo fisiologico di 
Zola non vengono condivisi dal romanziere. Bourget rifiuta completamente l’uomo 
fisiologico studiato esclusivamente nei suoi comportamenti naturali e ridotto perciò 
ad un groviglio di pulsioni incontrollabili ed istintive. 
Non sono le pulsioni del corpo, ma le palpitazioni dell’anima che vengono  studiate 
nel romanzo bourgettiano, dove l’essere umano non viene analizzato come fosse una 
cavia da laboratorio, ma osservato nella sua essenza, nei sentimenti e considerato 
                                                                 
11
 P. Bourget, Etudes et portraits, Paris, Lemerre, 1888, pp. 135-137.   
12
 Citato da M. Colesanti, Aporie del Realismo , in La letteratura…cit., p. 139. 
13
 Idem.  
come  un microcosmo, un monde d’illusions14 in cui alberga quel qualcosa di 
indefinito ed unico che è la sua anima. 
Dunque nonostante egli abbia ereditato dal padre – professore alla Facoltà di Scienze 
di Clermont – un rigoroso senso dell’analisi, non è sugli aspetti meccanicistici che 
egli si sofferma: come sottolinea Zampogna  Bourget è  “un profondo analista 
dell’animo umano”15, sempre alle prese con le profondità delle questioni esistenziali 
il più delle volte protagoniste di situazioni limite. 
Al centro dell’universo sentimentale che di volta in volta l’autore presenta nelle sue 
opere c’è l’amore – il quale non è dissociabile da tutta un’altra serie di pulsioni a lui 
complementari quali odio, gelosia, invidia e talvolta anche morte – ma si tratta molto 
spesso di un amore distruttivo, logorante, sintomo della tragica decadenza di una 
parte della società, quella stessa a cui apparteneva Bourget e che egli vede in pieno 
disfacimento: la borghesia. 
E’ proprio quest’ultima la vera protagonista di Cruelle Enigme ( che insieme a Un 
crime d’amour (1886), André Cornélis (1887) e Mensonges (1887) fa parte dei 
cosiddetti romanzi psicologici ), che potrebbe considerarsi come lo studio di un male 
interiore, subdolo ed invisibile, che annidatosi nell’anima di ogni personaggio lo 
corrode fino a distruggerlo. Si tratta di una sottile analisi psicologica non scevra però 
da considerazioni religiose e moraleggianti: è la forza del male che si confronta con i 
precetti della fede in un uomo che si schiude per la prima volta ai piaceri dell’amore. 
                                                                 
14
 P. Bourget, Etudes…,  cit., p. 144. 
15
 D. Zampogna, La tecnica del romanzo in Paul Bourget, in Parcours et rencontres. Mélanges de langue, d’histoire et 
de littérature française offerts à Enea Balmas, Paris, Klinckieck, 1993, II°vol., p. 1356.   
L’adesione alla morale cattolica esalta  non solo i conflitti interiori, ma anche i 
conflitti familiari trasformando la crisi di una passione per una donna in un dramma 
esistenziale. 
La narrazione inizia in media res, cioè quando la crisi sta sul punto di manifestarsi: la 
profonda tristezza con cui Mme Castel e Mme Liauran si presentano sulla scena 
all’inizio del romanzo lascia intuire al lettore che qualcosa di grave è già accaduto, 
qualcosa che Bourget rivelerà solo nei capitoli centrali in modo tale che il lettore 
abbia la possibilità di concentrarsi sui difficili – e per certi versi anche patologici – 
rapporti familiari messi a fuoco nella prima parte dell’opera. 
Il figlio di Marie-Alice Liauran, Hubert, vive il rapporto con la madre in maniera del 
tutto particolare: è un legame morboso che costringe il protagonista ad una vita 
estremamente riservata, claustrale – tale è la preoccupazione di Mme Liauran  che 
qualcosa possa corrompere e portarle via il figlio che lo isola fisicamente ed 
intellettualmente da ogni stimolo esterno – fino al giorno in cui nella vita di Hubert si 
affaccia la donna che diventerà la sua amante e al tempo stesso il suo carnefice: 
Thérèse de Sauve. 
I sentimenti che fino ad allora erano rimasti come assopiti nel suo animo si 
risvegliano, nasce la passione e con lei riaffiorano desideri a lungo repressi. Sensibile, 
raffinato, intellettuale, cattolico, ma debole nella volontà, Hubert Liauran accetta di 
vivere in disaccordo con quelli che erano stati sino ad allora i suoi principi: 
nonostante infatti egli sia consapevole  dei numerosi tradimenti di cui è stata 
protagonista la sua amante, si lascia travolgere dalla corruzione morale portando 
avanti la relazione con Mme de Sauve. 
Si verifica allora una sorta di distacco tra l’homme de foi e l’homme de passion, 
distacco da cui nasce un dramma umano, quello di un uomo ormai costretto a vivere 
tra due ordini di pensieri divergenti e non comunicanti, tra due visioni non 
conciliabili della vita. La consapevolezza di una situazione morale irrecuperabile che 
distruggerà progressivamente Mme Liauran, la quale, impotente, vede il figlio 
allontanarsi senza possibilità di ritorno. Privo di qualsiasi fermezza, Hubert sembra 
avere una volontà malata, al limite delle forze: egli esita, vacilla per accettare alla 
fine le vie del compromesso distruggendo così anche l’ultimo barlume della sua 
dignità. 
Il germe da cui si propaga il male capace di scindere in due un’esistenza risiede nella 
menzogna, non tanto quella verso gli altri, quanto quella verso se stessi, menzogna 
che rappresenta la porta verso l’errore. E’ infatti proprio da Thérèse, portatrice del 
male, che si diffonde quest’ultimo: ella rispecchia quel prototipo di donna che 
Bourget descrive in Physiologie de l’amour moderne e che viene definita come la 
‘cercatrice’: 
 
  C’est l’affolée qui va poursuivant, à travers les 
   expériences successives, et d’aventures légères 
   en aventures monstrueuses, une sensation dont 
   elle rêve et qui la fuit toujours. Et c’est aussi la 
   romanesque à faux qui multiple autour d’elle les 
   complications sentimentales, afin d’éveiller dans 
   son être intime un frémissement d’âme qu’elle ne 
   connaîtra jamais, malgré toutes les raisons de 
   palpiter que son imagination donne à son cœur…16 
 
Si tratta di una duplicità ( quella tra immaginazione/realtà ) che diminuisce in parte la 
responsabilità che la protagonista ha nel deformare o nascondere  i reali motivi del 
suo modo d’agire e che, se per un verso le fa acquisire consensi ed attenuanti, per 
l’altro  asseconda la realizzazione di quel grave fenomeno che va sotto il nome di 
‘anestesia morale’. 
In Le Démon de midi Bourget afferma che “entre la foi et sa perte complète il y a un 
domaine vague, comme une pénombre de croyance, quelque chose d’analogue au 
crépuscule qui n’est lui non plus, ni la clarté ni les ténèbres.”17 
In realtà il vero tema del romanzo non è l’amore, ma il male: all’interno di un 
microcosmo ordinato, univoco ( rappresentato dalla dimora dei Liauran ), 
improvvisamente si insinua un elemento destabilizzante ( Thérèse ) che in un primo 
momento appare ad Hubert come una via di fuga e di liberazione da quell’atmosfera 
stantía, ma che invece si rivelerà come un fatale errore. Paradossalmente è nel 
momento in cui la passione filtra nel grigiore della sua vita, introducendo un 
desiderio nuovo, quello di voler vivere, che ha inizio la sua fine, poiché l’ordine ben 
presto si muta in disordine, caos, contraddizione, distruzione; ecco perché tutta 
                                                                 
16
 P. Bourget, Physiologie de l’amour moderne, Paris, Plon-Nourrit, 1889, p. 116. 
17
 P. Bourget, Le Démon de midi, Paris, Plon-Nourrit, 1914, pp. 185-186.   
l’opera sembra dominata da una sorda tristezza, come se incombesse la visione di un 
castigo imminente. 
L’amara conclusione con cui Bourget chiude la sua opera non rimane circoscritta alla 
tragica vicenda della famiglia Liauran, ma sembra estendersi anche a tutta la società 
contemporanea, la quale, insieme alle tradizioni, ha perso ogni tipo di valore: 
 
  Ce monde moderne ressemble à l’époque dont 
   il forme l’aristocratie luxueuse. Il  est,  comme 
   cette   époque,   mouvant   et   improvisé,  tout  
   contradictoire et dépourvu de tradition18. 
 
 
 
 
 
 
Obiettivi e modalità di indagine 
Obiettivo principale di questa tesi è quello di individuare le strategie comunicative 
che intervengono non solo nelle interazioni fra i personaggi, ma anche in quella fra 
autore e lettore. 
Visto che nell’interazione comunicativa non sono solo gli aspetti pragmatici a 
detenere un ruolo significativo, ma anche e soprattutto quelli di natura psicologico-
affettiva, si è cercato di mostrare come questi ultimi, presenti in modo latente, 
affiorino inequivocabilmente sia a livello della comunicazione verbale che a livello 
della comunicazione non verbale. 
La premessa che apre questo lavoro approfondisce gli aspetti ‘psicoanalitici’ , gli 
stessi sui quali lo stesso Bourget ha posto l’accento e che rappresentano la condizione 
fondamentale senza la quale non si verrebbero a determinare le dinamiche 
interpersonali ( e quindi anche comunicative ) di tutto il romanzo. 
Precisando che nell’ambito della comunicazione verbale l’analisi è stata diretta su 
due livelli differenti ( rispettivamente quello della comunicazione autore � lettore e 
quella personaggio � personaggio) si è cercato di mostrare innanzitutto quali 
strategie comunicative Bourget impieghi per trasmettere la propria ideologia, a volte 
dichiarando esplicitamente le sue prese di posizione, o nascondendosi  più spesso 
dietro la voce degli altri personaggi. In questo ambito si è dato particolare rilievo alle 
scelte semantiche più salienti, quelle che maggiormente risultano persuasive nei 
confronti del lettore. 
Per quanto riguarda invece il secondo livello della comunicazione, l’analisi ha 
approfondito sia gli aspetti psicologici che quelli pragmatici, dimostrando come i 
primi svolgano un ruolo assolutamente determinante nella selezione (più o meno 
consapevole) delle strategie comunicative messe in atto dai protagonisti.  
Rimanendo sempre nell’ambito formale della comunicazione sono stati approfonditi 
anche gli aspetti prosodici ( attraverso l’analisi fonosimbolica ) e grafici ( 
soffermandosi sui riferimenti grafologici ) tentando di interpretare il contenuto 
‘sostanziale’, attribuendo loro cioè motivazioni di carattere psicologico-affettivo 
derivanti dalla personalità e dagli stati d’animo dei protagonisti.  
                                                                                                                                                                                                                       
18
 P. Bourget, L’irréparable, Paris, Lemerre, 1883, p. 7. 
Nella seconda parte della tesi, quella dedicata alla comunicazione non verbale, sono 
stati studiati tutti gli spetti cinesici, prossemici e visivi che hanno colmato le lacune 
della comunicazione verbale. E’ stato considerato lo sguardo, ritenuto uno fra gli 
aspetti più significativi nella comunicazione visiva per poi passare al linguaggio del 
corpo, cioè all’analisi delle posture, della gestualità e della mimica facciale. 
Ultimo fattore analizzato – ma  non meno importante – è stato il contesto: si è visto 
come i personaggi modifichino i loro comportamenti comunicativi a seconda dei 
luoghi in cui si svolgono le interazioni comunicative. Il contesto però nono riguarda 
solo le ‘dimore’ in cui hanno luogo le azioni, ma anche la natura, la quale come si 
vedrà,  riesce a stabilire una sorta di comunicazione virtuale con due dei protagonisti, 
tanto da poter parlare di una corrispondenza naturale. 
Infine anche l’aspetto cromatico, sebbene a livello più simbolico, comunica a suo 
modo le pulsioni dell’anima affiorando non solo nell’abbigliamento dei personaggi, 
ma anche nell’arredamento dei loro focolari.  
Quello che è stato accertato dimostra che, sebbene esistano varie modalità  di 
comunicazione in realtà questi personaggi non comunicano realmente  poiché, 
incapaci di andare oltre il proprio egocentrismo, non riescono a cogliere il punto di 
vista  altrui fallendo quindi sia nel trasmettere che nel ricevere, ciò che riguarda 
l’aspetto sostanziale della comunicazione, cioè l’aspetto esistenziale. Quest’ultimo 
infatti implicando i contenuti psicologico-affetivi dello scambio comunicativo è 
l’unico in grado di toccare le profondità dell’anima rendendo più incisivo e 
significativo l’aspetto puramente referenziale delle parole.