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Capitolo I: La festa della Madonna SS. ma del Monte
1.1 Marta: Il santuario
Il paese di Marta sorge in suggestiva posizione sulla sponda meridionale del lago di
Bolsena nel punto di uscita dell’emissario omonimo: il fiume Marta.
L’abitato si adagia sulla riva del lago e lungo il fiume, in un contesto naturale affa-
scinante. Il borgo medioevale è arroccato su un colle prospiciente il lago ed è costi-
tuito da caratteristiche case in tufo, suggestive viuzze, incantevoli scorci, dominato
sulla sommità dai resti della Rocca e della Torre dell’orologio. La parte più recente
del paese si estende parallelamente alla riva del lago e lungo il fiume.
Le notizie sull’origine risultano essere numerose e leggendarie. “C’è chi sostiene
che Marta sia stata fondata da un pronipote di Noè, circa 2000 anni a.C.; chi ricono-
sce il fondatore nel re di Chiusi il quale scelse il luogo per farne una fortezza; chi la
ritiene fabbricata sulle rovine di Cartes, già prospera prima che fiorisse Bolsena. Per
alcuni il nome proviene dal vocabolario fenicio Marath, per altri invece Larthe Op-
pidum, come fu chiamata da Porsenna; e proprio a Lars Porsenna si volle dedicare la
via Laertina lungo la quale si estende il centro abitato, quando il castello diventò
troppo angusto. Fonti storiche certe si hanno solo a partire dal 726, quando entrò a
far parte del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia. Varie Signorie interromperanno il
potere temporale dei Papi: i Prefetti di Vico, i Signori di Bisenzio, Angelo Tartaglia,
gli Orsini, i Farnese. Dal 1537 appartiene al Ducato di Castro, finché questo verrà
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distrutto nel 1649. A quel periodo risale il palazzo Sforza Ciotti a fianco della sede
comunale. Ritorna poi al dominio dei Papi sino all’unità d’Italia.”
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Marta è ricordata per le sue tradizioni , per gli abitanti estroversi e di buon cuore, da
sempre stimati per la loro laboriosità e solerzia. Il paese inoltre si distingue nel suo
essere continuamente oggetto di studi riguardanti le leggende che ne contraddistin-
guono la storia e i riti religiosi, quali “La Barabbata” , festa tuttora vivacemente fe-
steggiata e considerata la rievocazione di culti e tradizioni ineguagliabili. Un ulterio-
re elemento naturale fondamentale, che caratterizza il territorio martano e la sua po-
polazione è il lago. Quest’ultimo è considerato un’importantissima risorsa ambienta-
le, che regola la vita di tutti i giorni, il clima e il lavoro degli abitanti di Marta. Il pe-
sce, che fin dalle origini ha rappresentato una delle risorse economiche principali, ha
dato luogo ad un prospero commercio che è divenuto, attualmente, un motore pri-
mario dell’economia locale(leggendaria la pesca delle pregiate anguille).
A poca distanza dall’abitato di Marta, su un colle immerso nel verde del bosco so-
vrastante, si erge il santuario, con annesso convento, della Madonna SS. ma del
Monte.
“Eravi in Marta, fin dai tempi remoti, un santuario assai celebre, con annesso con-
vento, detto il Santuario della Madonna del Monte. E’ posto a poca distanza da
Marta su un ameno colle, che domina il paese ed il lago di Bolsena...”
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Anticamente, il Santuario era custodito dai monaci Benedettini, i quali conservava-
no con profondo ossequio l’immagine della Madonna ancora oggi venerata. Forse
nel XII secolo lasciarono il convento che cadde in rovina. Nel 1460, però, la popola-
zione martana, così devota all’icona della Madonna decise di riedificare la chiesa e
il convento dalle fondamenta.
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A.Bernardinetti, D. Corsetti, P. Maggi, La Barabbata, Viterbo, Betagamma, I ediz. 1997, cap. 7, Il
paese:Marta.
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Estratto da Tesori, storia e leggende d’Italia: Marta, il santuario della Madonna del Mont, ed.Historia,
anno VI n° 25, cap. 2, Il Santuario della madonna del Monte.
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La chiesa, di stile romanico ha una facciata semplice in pietra locale. E’ sovrastata
da un piccolo campanile a vela con due campane. A destra, adiacente alla chiesa, il
convento. Sulla facciata sono visibili tre stemmi con il giglio della famiglia Farnese
tra le lettere “P” ed “E”; al centro un rosone, al tempo forse ornato di raggiera e al di
sotto una piccola finestra contornata da una spessa cornice a tutto sesto. Sia il roso-
ne, che la finestra sono ornati da due vetrate realizzate dall’artista svizzera Verena
Stocklin - Deneve e che vennero appositamente installate per l’occasione del quinto
centenario della consacrazione della chiesa. Le immagini rappresentate esprimono in
maniera incantevole e intensa il senso vivo della festa. Sotto la finestra è situata una
lunetta, all’interno della quale si trova un dipinto di notevole fattura, ma ormai quasi
completamente scomparso della Vergine con il Bambino e alcuni gigli farnesiani.
Il portale d’ingresso della chiesa è in pietra calcarea e mostra sugli stipiti laterali, in
bassorilievo, simboli mariani ed eucaristici. Nell’architrave, probabilmente di epoca
anteriore dei pilastri su cui poggia, possiamo ammirare due angeli che innalzano il
disco solare con al centro l’emblema di San Bernardino da Siena con le lettere
“IHS”, che stanno per “Jesus Hominum Salvator cioè “Gesù Salvatore degli uomi-
ni”. Sopra l’architrave risalta la scritta in latino che ricorda Pietro Farnese e la sua
opera in favore del santuario nell’anno 1485: “Anno 1485- Ave Maria Petrus (Far-
nesius) fecit hoc opus”. L’interno della chiesa è costituito da un’unica navata, che
solo in parte mantiene i caratteri dell’epoca a cui risale. Del tavolato originale, un
tempo in mattoni di argilla è visibile solo una piccola parte attraverso una grata pre-
sente nel pavimento della chiesa, il quale risulta attualmente ricoperto da lastre di
marmo bianco e nero, che danno origine a riquadrature con all’interno pianelle di
cotto. Nella chiesa vi sono tre altari in stile Barocco: uno centrale e due laterali.
Quello centrale, profondamente modificato nell’assetto originale per l’ adeguamento
liturgico post-conciliare, aveva la mensa addossata al muro, mentre attualmente è
collocata verso i fedeli. L’unico elemento strutturale dell’antica liturgia sono le ba-
laustre che separano il presbiterio dai fedeli, le quali hanno mantenuto un profondo
significato legato alle “Passate”.
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Sul muro absidale si può ancora intravedere traccia dell’arco trionfale, presumibil-
mente affrescato e segnale di un’ipotetica esistenza di un’altra chiesa, di dimensioni
ridotte, prima della riconsacrazione del 1485. La chiesa originale era probabilmente
tutta affrescata, secondo le consuetudini del ‘300 e del ‘400 e confermato anche
dall’affresco raffigurante i santi Simeone, che tiene tra le mani un libro e Rocco ve-
stito da pellegrino che mostra con la mano la piaga della coscia.
Al centro della parte elevata dell’altare si trova il pregevole affresco di scuola fio-
rentina, del quale non si conosce né l’epoca alla quale risalga, né l’autore che l’ha
realizzato. Dopo il restauro del 1985 sono state rinvenute altre due immagini di san-
ti, posti ai lati della Vergine: a sinistra san Giovanni Battista e a destra un Santo dot-
tore , del quale tuttora non si conosce l’identità. Gli altari laterali sono realizzati in
gesso e stucco e sono collocati a metà della navata. Quello di destra è intitolato a S.
Francesco di Paola, fondatore dell’ordine dei Minimi; quello di sinistra è dedicato ai
beati Gaspare e Nicolao, anch’essi appartenenti all’ordine dei Minimi. Infine
dall’ex-refettorio è possibile arrivare al chiostro del convento, che attualmente cu-
stodisce la lapide e la bocca da fuoco di un cannone americano, offerte come ex-
voto dai martani per la protezione accordata della Madonna del Monte nel 1944 du-
rante il passaggio del fronte di guerra.
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1.2 Origini e trasformazioni
La festa della Madonna SS. ma del Monte è una delle più antiche festività del Lazio,
detta anche Barabbata, termine con il quale la manifestazione è conosciuta, ma che
non incontra il favore della popolazione di Marta, la quale preferisce chiamarla con
il nome della Vergine Maria o “Festa delle Passate”.
Questa festa ha origini antichissime, è senza dubbio quella più sentita dai martani e
conserva ancora la struttura arcaica dei riti di offerta delle primizie primaverili inne-
stati in un clima di religiosità popolare. Di origine pagana, poi cristianizzata, può es-
sere tranquillamente collocata tra i culti che venivano celebrati in onore della dea
Maia, divinità della fertilità prettamente laziale, poi sostituita da Cerere, Cibele e
Flora le cui cerimonie, assai più raffinate, concedevano molto di più allo spettacolo
ed erano pertanto destinate ad attrarre le masse.
La loro pratica è testimoniata fino all’VIII secolo d.C. quando le cerimonie romane
della dea “Regina della Primavera”, che vegliava sul mese dei fiori, vennero sop-
piantate da quelle in onore della Madonna “Regina del cielo”. Da molti decenni or-
mai la festa è oggetto di studi da parte di vari esperti del folklore, che hanno cercato
di chiarirne le origini, gli aspetti antropologici e culturali, i suoi significati storici,
gestuali, rituali, espressivi, linguistici, sociali, ma molto resta ancora da verificare.
Facendo riferimento invece ai documenti riguardanti la festa e custoditi negli archivi
comunali di Marta, la manifestazione sembra avere forti analogie con quelle proces-
sioni che, ad imitazione di quella dell’Assunta, istituita in Roma da Papa Leone IV
nel IX sec., si diffusero in varie città.
Dai Verbali Consiliari conservati nell’Archivio Storico Comunale , nella seduta del
9/5/1557:
“Adj 9 Magio 1557: Si propone in consiglio per me Pietro de ser Arcolano cance-
liere della Comunità per commissione de Matheo de ser Gio sindico et soj compagni