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CAPITOLO PRIMO
LA CLAUSOLA PENALE: PROFILI STORICI
Sommario: 1.1. Considerazioni generali. - 1.2. L’evoluzione della clausola penale
dal diritto romano al Code Napoleòn: spunti ricostruttivi. - 1.3. La clausola penale
nel Codice civile del 1865. - 1.4. La clausola penale nel Codice civile del 1942:
profili generali.
1.1. Considerazioni generali.
La presente indagine relativa alla clausola penale vuole dar conto
delle problematiche dottrinali e giurisprudenziali riguardanti il rimedio
della “reductio ad aequitatem” per manifesta eccessività previsto nel
codice civile vigente. Nel corso della trattazione verrà proposto un breve
“excursus” sullo sviluppo storico dell’istituto, al fine di comprenderne
l’attuale ruolo.
Si premette che la peculiarità della clausola penale, nella sua
evoluzione storica, può essere individuata nella necessità, sempre
presente, di dare effettività alle norme ed ai rapporti giuridici tra i
consociati, con il porre sanzioni che reagendo ad inadempimenti, tendono
non solo a ristabilire l’equilibrio violato, ma anche a porre un freno ai
comportamenti antidoverosi. Questa reazione è di regola affidata agli
organi dello Stato sulla base di sanzioni positivamente e preventivamente
individuate, in ottemperanza al principio generale per cui “nessuno può
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farsi giustizia da sé”, ma, a volte, è la legge stessa che affida alla volontà
delle parti private la possibilità di proteggere i propri interessi,
permettendo loro, in caso di comportamenti antigiuridici, di prevedere
sanzioni alternative che sono sicuramente più efficaci, quanto a risultati,
perché sono le parti stesse ad avere il diretto controllo di tutti gli interessi
che vi sono connessi. Quando, infatti, le parti danno vita ad un rapporto
obbligatorio, confidano nell’adempimento spontaneo delle prestazioni
dedotte, che rappresenta la vicenda conclusiva “fisiologica” del vincolo
esistente; tuttavia, nel caso di inadempimento totale o parziale, o nel caso
di ritardo nell’adempimento possono prevedere una clausola penale che
liquidi preventivamente il danno.
Considerata in questi termini, la clausola penale assume una
rilevanza notevole, che ne giustifica la presenza negli ordinamenti antichi
così come in quelli moderni e contemporanei. Tuttavia, è bene subito
precisare, che il potere di porre sanzioni non significa per i privati essere
completamente liberi. Il legislatore del 1942, infatti, ha voluto affidare ai
soggetti un potere sanzionatorio, nella consapevolezza che la clausola
penale è un istituto tipico nella funzione e nella struttura, restando
rimessa alla volontà delle parti soltanto la decisione di avvalersi o meno
dello schema previsto e di definire materialmente il contenuto
dell’obbligazione.
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La ricerca cercherà, poi, di focalizzare il profilo “patologico” della
clausola penale, come disciplinato dall’art. 1384 c.c., allorché,
verificandosi l’inadempimento da parte del debitore, l’ammontare della
stessa sia manifestamente eccessivo, consentendo al giudice di
intervenire, riducendola ad equità.
1.2. L’evoluzione della clausola penale dal diritto romano al Code
Napoleòn: spunti ricostruttivi.
Nel diritto romano la pena privata
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, categoria generale da cui si
origina la “stipulatio poenae”, ha rappresentato per lungo tempo una delle
modalità tipiche di reazione al danno subito dal privato e all’illecito. La
dottrina romanistica ha considerato la funzione di tali pene private di
carattere afflittivo, ma al tempo stesso, nel caso di lesioni personali, la
pena poteva svolgere anche una funzione risarcitoria rispetto a quei danni
morali la cui liquidazione non sarebbe stata possibile
2
. Il presupposto
della pena privata rimaneva esclusivamente l’offesa che la vittima aveva
ricevuto e non il pregiudizio economico che si era prodotto. La scuola
storica tedesca, successivamente, nel quadro di una sistemazione unitaria
del materiale romanistico, estese il carattere risarcitorio anche alle azioni
1
Per lo sviluppo storico della riducibilità della penale attraverso i secoli si vedano GORLA, Il
contratto. Problemi fondamentali trattati con il metodo comparativo e casistica. Lineamenti generali
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,
I, Milano, 1955, 258 ss.; ZOPPINI, La pena contrattuale, Milano, 1991, 19 ss.; MAZZARESE,
Clausola penale (artt. 1382 – 1384), in Comm. cod. civ. diretto da P. SCHLESINGER, Milano, 1999,
15 ss., secondo il quale «In modo apparentemente sorprendente, le fonti che si traggono dal diritto
romano e le elaborazioni che si sono formate sulle stesse, si allungano nel tempo e si proiettano
progressivamente sul diritto intermedio dei diversi paesi europei, fino al periodo delle codificazioni
moderne e della stessa disciplina del ’42».
2
ZOPPINI, op. cit., 21 ss.
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penali. La “stipulatio poenae” si sviluppò nel quadro di un più generale
superamento della libera reazione del soggetto leso, cui subentrò
progressivamente un sistema di responsabilità pecuniaria determinata con
il metodo del multiplo
3
. In tale contesto, la “stipulatio poenae” costituiva
il “prezzo del riscatto” che il debitore prometteva per evitare, in caso di
inadempimento, le conseguenze dell’esecuzione personale
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, in quanto gli
effetti della sanzione erano prodotti attraverso la promessa di una penale,
fatta dal debitore al momento della stipulazione
5
. Pur differenziandosi
notevolmente dall’attuale clausola penale
6
, il carattere più evidente della
“poena”, nell’ordinamento romano, fu quello di realizzare una forma di
auto-integrazione convenzionale dell’ordinamento in punto sanzionatorio
rispetto al realizzarsi delle pretese private
7
, fermo restando che la facoltà
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Questo sistema segna il passaggio storico dal regime del taglione verso forme nuove di
composizione legate al denaro. Cfr. MOSCATI, voce Pena, in Enc. dir., vol. XXXII, Milano, 1982,
772, per l’A. la pena privata, dopo una lenta e costante evoluzione, ha progressivamente attenuato il
carattere originariamente sanzionatorio della reazione contro i fatti illeciti e nella stessa misura hanno
finito per ridursi la funzione e lo spazio della pena privata, che nel diritto romano coesisteva con le
azioni reipersecutorie dirette alla reintegrazione in natura o per equivalente. Man mano si è fatto
strada il risarcimento del danno e oggi non si può disconoscere che assediata, la pena privata si
presenta in crisi, con una funzione residuale, il ruolo, insomma, di una parente prossimo del
risarcimento del danno.
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Tale tesi è suggerita da BETTI, La struttura dell’obbligazione romana e il problema della sua
genesi
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, Milano, 1955, 153, per il quale l’obligatio si origina dalla patio nella quale il pagamento di
una somma di denaro sostituisce la consegna del reo o la rappresaglia della gens offesa. In senso
dubitativo sull’origine della pena vedi TALAMANCA, voce Pena privata, in Enc. dir., vol. XXXII,
Milano, 1982, 714 ss.
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ZOPPINI, op. cit., 24, per l’A. si può dunque affermare che la poena abbia costituito il surrogato
storico della vendetta, di cui ha peso il profilo eversivo sul piano dell’assetto sociale, ma ne ha
conservato i caratteri in termini di funzione. D’altronde l’idea stessa della pena, da cui la stipulatio
prende il nome, è un concetto sicuramente molto più risalente, in quanto molto più immediato, di
quello del risarcimento del danno che implica un ordinamento giuridico più progredito.
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ZOPPINI, op. cit, 25, dove l’A. afferma: «Perché la clausola fosse valida era sufficiente che il fatto
posto in condicione potesse essere oggetto della condizione stessa, mentre non era necessario che
fosse valido oggetto di una obbligazione. Stante la struttura condizionale, la poena, anche in caso di
esecuzione parziale, era sempre dovuta per l’intero, come anche la perdita per caso fortuito del ben
oggetto della prestazione non impediva al creditore di ottenere la penale; né era necessaria la messa in
mora del debitore».
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ZOPPINI, op. cit., 27 ss.
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di moderare la penale pattuita non era tollerata dal diritto romano e il
giudice poteva intervenire a rompere la convenzione, quando le parti
avessero voluto eludere la proibizione delle usure, mascherando sotto la
veste della penale una convenzione usuraria illecita
8
.
La caduta dell’impero romano d’occidente e il progressivo
regresso delle istituzioni diedero un rinnovato interesse all’idea della
pena privata
9
. Un ruolo determinante ebbe l’influenza della dottrina della
Chiesa e l’elaborazione dei canonisti, che “riclassificarono” l’istituto nel
quadro della generale tendenza ad evitare immorali approfittamenti di
una parte sull’altra, racchiuso nel noto brocardo “favor debitoris
10
”.
Molto spesso, infatti, la clausola nascondeva un patto usurario, volto,
cioé, ad ottenere un vantaggio “ultra sortem”, e come tale doveva essere
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L. 12, §26. D. empti (XIX, 1); L. 9 pr., L. 44, D. de usuris (XXII, 1) ; l. 5, C. eod. (IV, 32).
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ZOPPINI, op. cit., 31, dove si afferma: «La caduta dell’impero romano d’occidente e il progressivo
regresso delle istituzioni diede un rinnovato impulso all’idea della pena privata. In questo conteso la
pratica della clausola penale, con il suo carattere comminatorio, si generalizzerà a tal punto da potersi
dire che nessun contratto, nessun atto della vita civile, affrancamento, adozione, ecc.non si formasse
senza che una clausola penale non ne garantisse l’esecuzione ». La diffusione delle penali è attestata
anche da GORLA, op. cit., 241.
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Tra gli istituti di diritto civile che hanno subito un’influenza sicura da parte della canonistica, nel
quadro di interventi ispirati al favor debitoris su cui vedi BIONDI, Il diritto romano cristiano, vol. III,
Milano, 1954, 253 ss esemplare la vicenda del divieto di stipulare interessi, su cui in particolare vedi
SANTARELLI, Mercanti e società tra mercanti, Torino, 1989, 151 ss., che ricostruisce e storicizza il
divieto nel contesto dell’evoluzione economica della società medievale. Altro esempio può essere il
divieto del patto leonino (art. 2265 c.c.) esteso anche alle perdite. Di questa influenza alcuni istituti
conservano evidenti tracce, altre invece l’ hanno del tutto persa, si pensi ad es. alla naturale fruttuosità
del denaro (art.1224 c.c.), in generale vedi BELLINI, Respublica sub Deo, Il primato sacro nella
esperienza giuridica dell’Europa preumanistica³, Firenze, 1984. Lo stesso principio del favor
debitoris deriva dalla identificazione tra il povero e il debitore, operata dalla dottrina della Chiesa
sulla base dell’esegesi della Bibbia e in particolare del passo contenuto nella parte dell’Antico
Testamento chiamato Codice dell’Alleanza, che prende specificatamente in considerazione il mutuo
per bisogno e identifica il mutuatario con l’indigente, vedi SANTARELLI, op. cit., 153. Per quanto
riguarda la vigenza di questo principio nell’attuale ordinamento consulta in senso affermativo
GIORGIANNI, voce Obbligazione, in Noviss. Dig. it., vol. XI, Torino, 1965, 613 ss.; in senso
contrario RESCIGNO, voce Obbligazioni, in Enc. dir., vol. XXIX, Milano, 1979, 176, che adduce
decisive considerazioni nel senso di negare valenza ad esso: «Il “ favore” per il debitore quando si
cerca di costruirlo in termini generali, sembra suggerito invero da un’immagine dickenseniana della
società, trascurandosi che i “ debitori” della normativa del codice sono di regola gli operatori
economici, mentre sono poche le norme e scarsi i rimedi previsti per le situazioni proprie di soggetti di
modesta o precaria condizione economica».
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dichiarata nulla
11
. Fu grazie all’opera del canonista Ostiense che si
incominciò a parlare della riduzione della penale manifestamente
eccessiva in termini nuovi. Egli introdusse, in disaccordo con altri
canonisti, la teoria della riducibilità della pena, argomentando sulla
natura della penale quale sostituta dei danni derivanti
dall’inadempimento. Il canonista affermava che la clausola poteva essere
ridotta dal giudice qualora superasse il doppio del valore della cosa
oggetto dell’obbligazione, secondo il limite posto all’interesse dalla lex
unica di Giustiniano
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. Da ciò la riducibilità della penale trovava la sua
giustificazione teorica nell’evitare lo sfruttamento dello stato di bisogno
del debitore e, in senso lato, in un vizio del consenso determinato dalla
mancanza della libertà del volere
13
. La vicenda ebbe una grande
influenza, dapprima, sul canonista-civilista Doumulin
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e,
successivamente, sul Pothier, che affrontò la quaestio delle obbligazioni
nell’opera Traité des obligations, a cui il legislatore francese si ispirò
nella redazione del Code Napòleon
15
.
11
ZOPPINI, op. cit., 33 ss.
12
Sulla lex unica, si veda DUMAS, Les origines romaines de l’artcicle 1150 du code civil, in Etudes
d’Histoire offertes à P.F: GIRARD, vol. II, Paris, 1913, 95
e cfr. BARCELLONA, In attuazione dello scambio e sviluppo capitalistico. Formazione storica e
funzione della disciplina del danno contrattuale, Milano, 1980, 23 ss. per un quadro della complessiva
evoluzione della normativa del risarcimento del danno contrattuale.
13
ZOPPINI, op. cit., 244 ss.
14
FLINIAUX, L’évolution du concepì de la clause pénale chez les canonistes du Moyen-age, (origine
des art. 1152, 1226 e ss. du Code Civil français), in Mélanges P. Fournier, Paris, 1929, 246, n. 34, fa
riferimento alle opere Tractatus contractuum usurarum et reddituum, l’opera canonista del
DOUMULIN, e al Tractatus de eo quod interest, opera di impronta civilista.
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È soprattutto la teoria di POTHIER ad aver influenzato i redattori del Code Civil con l’opera Traité
des obbligations, vedi POTHIER, Trattato delle obbligazioni, in DUPIN (a cura di), Opere di G.R.
Pothier contenenti i trattati del diritto francese², Livorno, 1841, p. 175-190, infatti, la stessa nozione
di clausola penale all’art. 1229 del Code Civil è tratta quasi letteralmente da una frase di Pothier: La
clause pénale est la compensation des dommages et intérets que le créancier souffre de l’inexécution