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INTRODUZIONE
Il problema metodologico dell’insegnamento della grammatica è uno dei temi più
dibattuti nella storia della pedagogia linguistica. E, come sovente accade nella
speculazione scientifica, i cambiamenti di prospettiva e i progressi raggiunti sul
piano della riflessione teorica si sono accompagnati ad innovazioni anche sul
piano formale della terminologia utilizzata.
Ne è una prova evidente il passaggio, in epoca recente, dall’uso del termine
tradizionale di ‘grammatica’ a quello di ‘riflessione linguistica’, a seguito della
maturata consapevolezza che gli schemi grammaticali del passato andavano rivisti
ed ampliati in una prospettiva nuova.
In Italia, sono stati fondamentali, in proposito, i contributi di autorevoli linguisti,
che, dagli anni ‘70 in poi, hanno dato luogo ad una vera e propria ‘rivoluzione’
ideale e terminologica nell’ambito dell’insegnamento della lingua italiana.
L’atteggiamento dominante è stato quello del rifiuto del grammaticalismo
imperante fino ad allora, in favore di una concezione più complessa del fare
‘educazione linguistica’. L’assunto di base, ancora oggi indiscusso, è che
l’acquisizione della lingua non deriva semplicisticamente dall’apprendimento
meccanico delle sue regole formali, ma prevede necessariamente lo sviluppo di
competenze comunicative più ampie, indispensabili per l’uso della lingua. Da qui
la considerazione degli aspetti funzionali, pragmatici, sociolinguistici e
comunicativi in genere, che non trovano spazio in una concezione tradizionale di
grammatica.
Una delle conseguenze di questa nuova prospettiva da cui pensare all’educazione
linguistica è stato il crescente interesse per il concetto di testo.
Superato il limite della frase, livello di analisi ultimo del grammaticalismo, la
didattica delle lingue non può più prescindere dalla considerazione della
dimensione testuale, la sola nella quale il linguaggio trova la sua piena
espressione.
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Il testo rappresenta, in effetti, l’ambito in cui si realizzano le potenzialità del
sistema, a tutti i livelli, da quello morfologico a quello sintattico, fino a
comprendere gli aspetti semantici e funzionali della comunicazione linguistica.
La considerazione della dimensione testuale, inoltre, permette di creare ipotesi sul
funzionamento della mente, coinvolta nei complessi processi cognitivi della
comprensione, dell’inferenza, del collegamento tra le informazioni presenti in
memoria.
A fronte del forte interesse suscitato da questo ambito di ricerca, si è cercato, in
questo lavoro, di affrontare il problema della riflessione linguistica in relazione
all’analisi delle proprietà del testo, anche in vista del fatto che questo tema non ha
ancora ricevuto abbastanza attenzione, soprattutto in ambito glottodidattico.
Se, infatti, disponiamo ormai di numerosi studi su tutti gli aspetti strutturali della
lingua, non sono ancora altrettanto copiosi i lavori sull’educazione linguistica (e
in particolare quelli sull’insegnamento dell’italiano come L2/LS), che abbiano
come oggetto il testo.
In questo lavoro, l’ipotesi di partenza è che la prospettiva testuale, in vista della
complessità dei fenomeni che coinvolge, possa essere un banco di prova
particolarmente interessante nel caso degli studenti adulti. Si ritiene, infatti, che
l’adulto, in virtù della raggiunta maturità cognitiva, sia in grado di cogliere, più
del bambino, determinate generalizzazioni sul testo.
L’età del discente, come è noto, è uno dei parametri più significativi in tema di
apprendimento e, in quanto tale, è uno degli aspetti più indagati in linguistica
acquisizionale.
È opinione comune che il bambino abbia una maggiore facilità nell’apprendere le
lingue e che dunque il passaggio all’età adulta aumenti notevolmente le difficoltà
nel processo di acquisizione.
In realtà, la questione posta in questi termini risulta eccessivamente semplificata,
rispetto alla complessità e alla varietà dei fattori che intervengono nel determinare
le caratteristiche del ‘migliore apprendente’. Innanzitutto, nella relazione tra età
del discente e apprendimento di una lingua non materna risulta fondamentale la
considerazione di variabili biologiche, psicologiche ed esperienziali. Nel caso del
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fattore biologico, sono note le osservazioni di Lenneberg (1967) sull’esistenza di
un periodo critico, fissato intorno alla pubertà, oltre il quale la ridotta plasticità del
cervello umano (a seguito della lateralizzazione delle funzioni cognitive)
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renderebbe più lento e meno efficace l’apprendimento linguistico, anche di una
lingua materna.
I numerosi studi che sono seguiti a quello fondamentale di Lenneberg hanno
tuttavia ridimensionato il ruolo dell’età biologica, almeno nel caso
dell’apprendimento di lingue non materne. Dal punto di vista glottodidattico, è
interessante che si siano identificate differenziazioni nell’apprendimento in
dipendenza dal livello linguistico considerato. Se, da un lato, la fonologia risulta
l’aspetto più sensibile all’età, essendo meglio e più velocemente appresa da
bambini, la morfosintassi è appresa prima dagli adulti, in contesti formali di
insegnamento (e non di apprendimento spontaneo), anche se poi, dal punto di
vista qualitativo, sembrano avere sempre la meglio i bambini.
Ad ogni modo, il dato relativo alla qualità dell’apprendimento della grammatica
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(cfr. Bettoni 2002) è estremamente interessante dal punto di vista glottodidattico
e costituisce un presupposto fondamentale per la progettazioni di percorsi didattici
specifici.
In questo lavoro si è scelto di operare nell’ambito di un approccio induttivo, pur in
presenza di studenti adulti. La ragione risiede nella convinzione che la riflessione
autonoma sulla lingua, la creazione di ipotesi sulle regole sottostanti al suo
funzionamento possano risultare motivanti ed efficaci anche per l’adulto. E che,
infine, l’induzione rappresenti una prospettiva di analisi particolarmente rilevante
proprio nella scoperta della dimensione testuale della lingua.
La tesi è organizzata come segue: dopo un breve excursus attraverso le tappe
principali della storia recente in tema di educazione linguistica (cap. 1), si analizza
più da vicino il concetto di ‘riflessione sulla lingua’ (cap. 2), mentre, al cap. (3)
sono trattate le problematiche connesse con l’educazione linguistica in età adulta e
1
Oggi è noto che tutti e due gli emisferi cerebrali contribuiscono, seppure con modalità e funzioni
diverse, all’elaborazione del linguaggio (bimodalità).
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Da intendere come il sistema formale della lingua.
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la loro collocazione nell’ambito della scienza definita ‘andragogia. Il cap. (4) è
dedicato alla descrizione della dimensione testuale, di cui si introducono le
principali aree tematiche, per arrivare poi alla vera e propria riflessione linguistica
sul testo, anche attraverso la proposta di alcune possibili attività da svolgere nella
classe di italiano come L2.
In conclusione, vale la pena si specificare che l’ottica da cui è stato concepito
questo lavoro prevede un’integrazione degli assunti della linguistica
acquisizionale e di quelli della glottodidattica.
La convinzione di fondo, in effetti, è che dall’incontro proficuo delle due
discipline si possano ottenere i risultati più promettenti nell’ambito dello studio
dell’apprendimento/insegnamento linguistico.
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1 GRAMMATICA E GRAMMATICHE
1.1 Introduzione
Il problema della definizione del termine ‘grammatica’ e quello del suo
insegnamento vanno di pari passo con la lunga storia della pedagogia linguistica.
Dalla riflessione logica e filosofica del mondo classico all’attuale concezione di
grammatica della linguistica moderna, la considerazione di questo oggetto di
studio è cambiata notevolmente.
D’altra parte, è anche vero che l’impostazione scolastica italiana mostra di
risentire ancora oggi dell’eredità lasciataci dal mondo classico, a proposito di
un’idea di grammatica come strumento per il ‘bello scrivere’ (dunque una specie
di stilistica) o comunque come una sorta di guida, di carattere normativo, per
esprimersi in maniera ‘corretta’.
Qualunque parlante, minimamente istruito, conosce il termine ‘grammatica’ e gli
attribuisce il significato, grosso modo, di insieme di regole da rispettare (come, ad
es., ‘non si dice se sarei’) per parlare e scrivere correttamente
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.
Tra i fattori che hanno contribuito in misura maggiore al persistere di questa idea
di grammatica, va annoverato il fatto che la gran parte della terminologia e delle
categorie utilizzate dalla grammatica appartiene alla riflessione greco-latina sul
tema.
La sistemazione in classi di parole, l’impianto dell’analisi morfologica, i
paradigmi ritenuti pertinenti, in sostanza, lo schema di analisi linguistica
tramandato dai classici, tutto ciò è stato fin qui accettato come un impianto
grammaticale da non mettere in discussione.
Dall’altra parte, e forse in maniera ancora troppo isolata rispetto al mondo
scolastico, c’è invece la riflessione dei linguisti moderni che da anni esprimono a
gran voce l’esigenza di un rinnovamento nel modo di concepire la grammatica,
avanzando proposte per una sua inevitabile rivisitazione.
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Va aggiunto che il termine ‘grammatica’ indica anche, metonimicamente, il testo di studio in cui
è descritta la grammatica di una lingua.