Premessa
L'interesse per il calendario cerimoniale di Caltabellotta e in particolare per la
festa della Madonna dei Miracoli nasce da una serie di eventi e situazioni che
hanno aperto nella coscienza, di una me bambina, spazi che nel corso degli
anni hanno fortemente connotato il mio mondo immaginifico e il mio credo. Il
fascino esercitato dalle narrazioni, la sera, degli anziani del luogo, i ricordi
della loro vita trascorsa in paese sullo sfondo di questa grandiosa festa, uniti
alla suggestione della processione, sotto il sole cocente dell'ultima domenica
di luglio, tra le vie strette costellate di edicole votive, in un tripudio di colori
resi sgargianti dal riverbero dell'implacabile e splendente sole, tra gli affanni
causati dall'afa e dalla pressione di fiumi di persone che partecipano al culto,
sorridenti nonostante tutto, mi hanno indotto ad approfondire l’articolato
panorama festivo caltabellottese. Nella grande epoca della globalizzazione,
dell'indifferenza dell'uomo verso l'uomo, dove tutto viene vissuto e consumato
senza riflessione, rimane il pacifico racconto di un vecchio che si ripete
costante negli anni, rimane la lentezza di una processione che conforta e
ristora l'animo. È la devozione religiosa ad attrarmi e affascinarmi, un fascino
che viene acuito dall'osservazione delle azioni e dei gesti. Baciare e toccare
con mano le immagini, le reliquie e gli oggetti sacri, intraprendere il
pellegrinaggio, compiere tratti di strada scoscesa a piedi scalzi o in ginocchio,
presentare offerte, offrire doni votivi e ceri. Prostrarsi, inginocchiarsi o
indossare particolari abiti. Pronunciare formule, preghiere di devozione o canti
ispirati ai Vangeli e alla Bibbia. Tutto questo, la venerazione e il rispetto verso
il culto dei santi devono avere necessariamente una spiegazione. La
venerazione viene da secoli vissuta sia in Chiesa, che in casa, ma anche per
strada, in ambienti di lavoro e d’istruzione, in piazze e strade, che a poco a
poco diventano spazi di manifestazione di fede. La venerazione della
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Madonna, così come per i Santi è forte oggi, come nei secoli passati. Già il
tardo ebraismo conosceva la venerazione dei martiri, testimoniata anche nel
Cristianesimo delle origini, nonché la venerazione dei profeti e dei giusti.
Intorno al IV secolo circa, cominciarono a diventare oggetto di adorazione
anche asceti e testimoni di fede che si contraddistinsero particolarmente per la
propria devozione. Il concilio di Trento sancì nel 1563 che sia la Madonna che
i Santi fossero concepiti come intercessori e attraverso il loro aiuto e le loro
preghiere l'uomo potesse accedere alla comunicazione con il sacro, rivolgersi
a Dio e alla Sua misericordia. In particolare la devozione si manifesta con la
pietà popolare e con questa si intende ciò che pur essendo espressione
religiosa non appartiene alla liturgia, come alcune pratiche o oggetti, novene,
libri, pellegrinaggi, processioni, medaglie, abiti votivi, cappellette. La pietà
popolare è piena espressione della fede, è sentimento autentico dell'uomo nei
confronti di un'entità trascendente ed è proprio a questa che si deve guardare
se si vuol comprendere, non solo per individuare i meccanismi inconsci ed
emotivi che presiedono a tali manifestazioni e comportamenti, ma anche
perché in essi agiscono dei contenuti forti che nella prassi hanno risvolti
importanti sia sul piano individuale che collettivo. A ciò dobbiamo aggiungere
che tali manifestazioni sono sempre rivestite di caratteri strettamente connessi
al territorio, all'ambiente, alla cultura di chi vi partecipa. Per esempio girando
per le vie di alcuni paesi e in particolare a Caltabellotta, si trovano incastonate
tra le case o ai margini delle strade edicolette votive, molte dedicate a Maria,
altre al Santo Patrono. In questo caso il simbolo religioso si lega al segno di
sottomissione, appartenenza e riconoscenza dei fedeli, mentre il valore pratico
riguarda il tentativo di sacralizzare il territorio per proteggere il perimetro e lo
spazio abitato. Ricordiamo come per il sociologo Émile Durkheim
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la
religione sia un fatto fondante la società, in quanto i due elementi sono
1 Cfr. Durkheim É, Le forme elementari della vita religiosa, trad. it., Edizioni di Comunità, Milano
1963
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strettamente connessi: la religione viene descritta come una cosa
eminentemente sociale. La religione e le credenze hanno un contenuto che
consente ai fedeli di leggere, categorizzare ed interpretare il mondo e allo
stesso tempo, quindi, di disporre di un principio di organizzazione della vita
dei singoli. Nei riti religiosi la società celebra se stessa, attraverso i riti si
esprimono i valori di una società che gli individui hanno fatto propri.
Nel grande mondo globalizzato, privo di confini, estremamente mobile e privo
di centri, destrutturato, postmoderno, affetto dalla desuetudine dei tradizionali
dispositivi metanarrativi che permettevano il riconoscimento e l'identità è
ancora possibile parlare di Religione? È ancora possibile credere che il culto
per la Madonna e i Santi diano risposte al singolo e contemporaneamente
essere momento di coesione sociale e collante per una società? E se così fosse
perchè?
Preliminarmente, per procedere all'analisi dei temi oggetto del presente lavoro
è opportuno ricordare che «un rito festivo non è un elemento isolato, né
isolabile di un sistema rituale di cui esso costituisce solo un elemento tra gli
altri- infatti, la loro essenza esige che le feste continuino, si susseguano e
portino l'una all'altra».
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Nelle pagine che seguiranno viene tracciato un quadro della storia del paese di
Caltabellotta sotto il profilo propriamente storico, si procede dalle radici del
mitico popolo Sicano, passando per le popolazioni che si sono alternate:
Fenici, Greci, Romani, Arabi, Normanni e Angioini. Proprio nel periodo tra le
contese tra Aragonesi e Angioini, la piccola cittadina di Caltabellotta si
ritaglierà un posto nella storia d'Italia, donando il proprio nome ad un accordo
famoso: la Pace di Caltabellotta. Le varie dominazioni hanno lasciato
un'impronta profonda nel territorio, rilevabile questa negli stilemi
architettonici delle chiese, le quali costituiscono un patrimonio di inestimabile
2 Buttitta I. E. Verità e menzogna dei simboli, Meltemi, Roma 2008, 232
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valore. Per quanto concerne il profilo socio-economico, attraverso le parole
degli informatori da me intervistati, si individuano le maggiori attività
produttive presenti. Queste sembrano legate alla produzione di prodotti tipici,
la cui qualità è conosciuta e riconosciuta a livello europeo. Tra queste figurano
la produzione di olio e la coltivazione di una particolare varietà d'arance.
Caltabellotta mantiene un rapporto particolare con il proprio territorio, i
cittadini manifestano e non celano un'attaccamento particolare con la propria
terra, dato che emerge incontrastabilmente dalla fierezza con cui esaltano i
prodotti locali e la storia del proprio paese. Dall'analisi del ciclo produttivo si
passa all'analisi del ciclo calendariale, essendo questi strettamente irrelati e
fungendo quest'ultimo da elemento indispensabile per le società contadine.
Prima di analizzare ogni singola festa è opportuno dare le coordinate
essenziali e definire in modo preciso gli strumenti euristici e propedeutici
all'analisi del ciclo cerimoniale. Si analizzano quindi i concetti di spazio e
tempo, festa e rito. Chiariti tali concetti, ogni festa presente sul territorio di
Caltabellotta viene descritta, attraverso un analisi sia di tipo sincronico che
diacronico, essendo alcune feste e alcune pratiche non direttamente attestabile
in quanto scomparse dalla memoria collettiva o cadute in disuso. I significati
vengono supportati dalle relative letturature specialistiche sull'argomento,
effettuando, a volte, anche comparazioni su usi e comportamenti attestati sui
territori limitrofi. Particolare attenzione è rivolta alla festa della Madonna dei
Miracoli, in quanto i Caltabellottesi sembrano intrattenere un rapporto
privilegiato con il culto Mariano e soprattutto perchè il miracolo, avvenuto in
occasione di un grave stato di calamità, sembra aver lasciato un solco
profondo nei ricordi degli anziani, che continuano a raccontare con rispetto e
devozione l'evento alle generazioni più giovani perpetuandone così il miracolo
evento per dimostrare la grandezza e la misericordia divina.
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I Capitolo
Considerazioni storiche e socio-economiche di Caltabellotta
Caltabellotta, dall'arabo “Qal' at-al-Ballut” o Rocca delle Querce, per la ricca
presenza di possenti alberi sul territorio, è una cittadina della Sicilia
meridionale in provincia di Agrigento, da cui dista circa 20 chilometri, a 950
mt sopra il livello del mare, estesa tra picchi rocciosi.
Il panorama che si offre percorrendo la strada che da Sciacca porta a
Caltabellotta è incantevole; la vista del mare azzurro sotto il riverbero del sole,
i monti e le rocche scoscese, le coltivazioni di mandorli e ulivi concorrono alla
caratterizzazione del territorio creando uno spettacolo unico e irripetibile. Il
fascino di questa piccola cittadina, di circa 4000 abitanti, è altresì
incrementato e reso suggestivo dalla sua storia millenaria, le cui tracce sono
visibili nelle due grotte situate sul monte San Pellegrino e nelle quattro
necropoli preistoriche risalenti al periodo Sicano.
Le origini di Caltabellotta vanno ricercate nei lontani albori della civiltà
indigena Sicana, riconducibile all'età del bronzo antico (2002 a.C), un tempo
ed uno spazio in cui dominava il regno del leggendario re Cocalo. I Sicani
erano un popolo stanziato anticamente su gran parte dell'Isola. Le poche e
frammentarie notizie pervenuteci provengono principalmente dagli storiografi
greci. La loro origine è, ad oggi, avvolta nel mistero.
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I Sicani fondarono
Inycon, Caltabellotta, eleggendola a capitale-roccaforte, e nella rupe più
inaccessibile, Camico, il mitico re-pastore Kokalo aveva la sua dimora,
testimoniata da un complesso abitativo di grandi grotte in cima ad una delle
vette più alte. La leggenda sul re dei Sicani si intreccia con i miti greci ed in
particolare con le figure di Dedalo e Minosse. Camico infatti, secondo alcune
fonti tra cui anche Diodoro, è la città che Dedalo avrebbe edificato nel
3 Per ulteriori analisi sulla storia della popolazione Sicana si rinvia a Rizzuti L. Il medioevo
Ellenico, Salvatore Estero Editore, Sciacca, 2009
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territorio agrigentino. Secondo i vari miti Dedalo nacque ad Atene,
discendente di Eretteo e fondatore della dinastia dei dedali, fu architetto e
inventore celebre, in grado di creare statue con occhi e arti mobili, ricordato
anche per l'invenzione di alcuni sofisticati strumenti come il trapano. Geloso
del nipote Tolos, inventore ed architetto a sua volta, lo uccise e per sfuggire
alla sentenza dell'Areopago fu costretto a rifugiarsi a Creta presso il re
Minosse. A Creta realizzò il famoso Labirinto, e sua sarebbe stata l'idea
dell'espediente della vacca di legno, mediante il quale Pasifae si unì col toro di
cui ella era innamorata generando il Minotauro. Per questa ragione Minosse
avrebbe impedito a Dedalo e al figlio Icaro la partenza da Creta,
rinchiudendoli nel labirinto. Ma Dedalo evase da Creta fabbricando per sé e
per Icaro delle ali fatte con piume di uccelli tenute insieme da cera. Il mito
racconta che Icaro non ascoltò gli ammonimenti del padre, il quale gli
intimava di non avvicinarsi troppo al sole, ma questo disobbedendo si avvicinò
troppo, e scioltesi le ali, cadde nell'Egeo trovandovi la morte. Dopo aver dato
degna sepoltura al figlio ed approdato a Cuma eresse un tempio ad Apollo. In
Sicilia venne ospitato dal re Cocalo, il quale lo difese contro Minosse che nel
frattempo lo aveva inseguito per vendicarsi. Secondo alcune varianti del mito
fu qui che Minosse incontrò la morte. Ospite di Cocalo venne ucciso mentre
era immerso in una vasca da bagno dalle figlie del re dei sicani per ottenere
l'eterna giovinezza.
Ma il territorio caltabellottiano, come del resto l'intero territorio siculo, è stato
luogo di svariate dominazioni che hanno lasciato, ognuna a suo modo, una
profonda traccia del loro passaggio. Dopo la civiltà autoctona Sicana fu la
volta dei Fenici che nell' VIII sec a.C. occuparono e dominarono il territorio
di Caltabellotta. Merito dei Fenici fu quello di sviluppare e valorizzare
l'aspetto strategico commerciale del luogo. Estesero il loro dominio radicando
i culti del Dio Baal e di Astarte, divinità antiche il cui culto prevedeva sacrifici
cruenti e la cui fama venne ingigantita da una letteratura specialistica, ma
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anche locale, che sommariamente liquidava l'analisi dei fatti attribuendo loro
la nefasta pratica di sacrifici di infanti.
I Greci modificarono il nome del paese in Triokala, continuarono a praticare i
culti Punici, inserendo ed avviando, secondo alcuni, un processo sincretico tra
il proprio dio Kronos ed il punico Baal-Hammom.
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Un sincretismo che
malauguratamente perpetua e accredita la falsa lettura della pratica dei
sacrifici umani che, a detta degli storici, furono presenti nel territorio di
Caltabellotta.
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I Romani, nel 258 a.C, distrussero la città ma i suoi abitanti la rifondarono in
quella che oggi viene chiamata contrada Troccoli, vicino alla frazione S. Anna,
situata più a valle.
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Anche la città vecchia venne riportata in vita, nel corso della seconda guerra
servile ( 104-99 a.C), da Salvio Trifone capo degli schiavi, che per cinque anni
riuscì a resistere sulla rupe Gogàla e sul terrazzo di S. Benedetto dove si era
insediato con quarantamila uomini. Eresse un regale palazzo e regnò
inespugnato fino al 99 a.C., quando il Console romano Aquilio, durante una
delle guerre servili, la rase al suolo. Disfatti, portati al Colosseo per
combattere contro le belve feroci, questi preferirono togliersi la vita
uccidendosi l'un l'altro, piuttosto che perire per mano romana.
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I romani
tuttavia portarono il cambiamento. I culti fenici e greci vennero soppiantati e
le predicazioni di San Pellegrino, nei primi decenni dell'avvento di Cristo,
contribuirono a divulgare il Cristianesimo debellando i turpi culti pagani. La
nuova religione, carica di amore, speranza e portatrice di lieta novella, con il
suo forte spirito egualitario, ben presto si propagò e conquistò, come avvenne
in altre parti del mondo, tutti gli strati della popolazione. Lo spirito del
4 Cfr. Giustolisi Il vescovo e il drago, STASS / Stampatori Tipolitografi Associati, Palermo, 1983
5 Per ulteriori approfondimenti v. Buttitta I.E. (2008), Verità e menzogne dei simboli, Meltemi Editore,
Roma, pp. 83-97
6 Rizzuti L., La storia: dal regno Sicano di Cocalo alla contea della famiglia Peralta (XIII sec. a.C. -
XIV sec. d.C), ipertesto disponibile al seguente indirizzo: http://www.caltabellotta.com/storia.asp
7 Ibidem
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