1. Il consumo di suolo: concetti, pressioni e conseguenze.
Per analizzare le variazioni quantitative di un determinato fenomeno occorre sempre
avere a disposizione delle banche dati che siano accurate e consistenti. Nel nostro paese,
ma non solo nel nostro, la misura del consumo di suolo è desumibile invece solamente
attraverso il ricorso a banche dati di “mediocre qualità, eterogenee per definizione
dell'oggetto di indagine (non esiste una definizione condivisa circa cosa debba
intendersi per consumo di suolo, si tratta dunque di un dato che deve essere inferito),
non adeguatamente aggiornate” (Zanchini 2011, p. 59).
1.1. Il suolo come bene comune
Il suolo rientra nel concetto di risorsa comune vista la sua scarsa escludibilità e alta
rivalità nel consumo (Ostrom 1994); inoltre si configura come una risorsa esauribile e
spazialmente limitata e lo è ancor di più se si vogliono escludere dal computo le
superfici non fruibili dall'essere umano per ragioni di tipo climatico, morfologico o
ambientale.
Altro aspetto da considerare, non meno importante è il ruolo di “contenitore” che il
suolo svolge nei confronti di ad altri beni comuni, come l'acqua, i quali non possono
prescindere dal suolo per completare i propri cicli.
Si vedranno nel dettaglio le funzioni del suolo nel paragrafo inerente alle
conseguenze del consumo di suolo, in questa sede preme precisare il suo concorrere alla
creazione dei cosiddetti beni sociali ovvero quelli forniti dalla società (Rawles 1971),
quali la casa, la fruizione ambientale, l'aggregazione sociale etc. (Osservatorio sul
consumo di suolo 2009).
Al di là della definizione di bene comune quale bene a scarsa escludibilità e a elevata
rivalità nel consumo, si può considerare il suolo quale bene comune anche in quanto
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atto a produrre beni per la collettività, divenendo quindi strategico per il benessere e il
futuro della stessa società (Osservatorio sul consumo di suolo 2009).
Come tutti i beni comuni, affinché resista al rischio di un eccessivo sfruttamento
umano, e quindi vi sia un uso sostenibile della risorsa, è necessario che lo sfruttamento
avvenga ad un tasso almeno pari a quello di rigenerazione, non essendo al momento
sostituibile con alcun capitale artificiale. Appare in questo senso particolarmente
calzante la frase di David R. Brower “Non ereditiamo la terra dai nostri padri: la
prendiamo in prestito dai nostri figli”.
Affinché lo sfruttamento del suolo avvenga secondo un principio di sostenibilità è
fondamentale l'instaurazione di un'istituzione che controlli le modalità di sfruttamento,
come si vedrà nei prossimi paragrafi sono in atto alcuni tentativi da parte dei soggetti
pubblici volti a regolamentare e controllare lo sfruttamento del suolo, anche se nel
particolare italiano la strada da percorrere è ancora lunga.
Un ulteriore aspetto da considerare nell'analisi del suolo come bene comune è la
componente paesaggistica: al centro dei processi di cementificazione in atto vi è tutta
una filiera che dalla cava arriva sino alla costruzione delle palazzine (o delle fabbriche);
tutta questa filiera compromette l'essenza e l'estetica delle “nostre” montagne e colline,
che vengono, soprattutto nel caso italiano, alterate e sfruttate in modo spesso irrazionale
e per nulla sostenibile; va detto però che il tema del paesaggio è un argomento di
secondaria importanza rispetto a quella rivestita dai servizi ambientali che vengono
compromessi dalle attività di cementificazione; vedremo nel secondo capitolo gli
impatti dell'intera filiera del cemento ha sull'ambiente.
Il suolo, anche oggi che le attività di cementificazione sono leggermente diminuite a
causa della crisi finanziaria, finisce col subire numerosi attacchi alla sua integrità:
copertura con pannelli solari di interi ettari di suolo un tempo dedicati all'agricoltura,
cementificazione delle coste, ormai sature di strutture ricettive e commerciali, e infine la
contaminazione delle falde acquifere a causa della attività inquinanti che vengono svolte
nel soprassuolo. Si delinea così un problema in realtà più complesso di quello che possa
sembrare (Sansa et al. 2010).
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1.2. La definizione di consumo di suolo
Sebbene non esista una definizione univoca di “consumo di suolo” ed il termine
consumo venga spesso evitato dagli studiosi in quanto contiene al suo interno una
connotazione negativa
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, in questo lavoro si è voluto inserire sotto questo termine sia la
definizione di “utilizzo del suolo”, cui dovrebbe invece associarsi un'accezione positiva,
sia il consumo di suolo in senso stretto.
L'utilizzo di suolo, secondo alcuni, si differenzierebbe dal consumo di suolo in
quanto sarebbe l'“operazione necessaria per dare correttamente attuazione alle esigenze
reali stimate e ai modelli insediativi definiti”, mentre il consumo di suolo dovrebbe
consistere nell'”erosione di un patrimonio importante e non riproducibile, determinato
da interventi le cui modalità non sono valutate alla luce della necessità prioritaria di
conservare il più possibile questa essenziale risorsa” (Provincia di Bergamo 2005).
Volendo analizzare entrambi gli aspetti sopra descritti, in questo lavoro ho preferito
concentrarmi su un altra definizione di consumo di suolo che può racchiudere in sé le
due definizioni su citate: il consumo di suolo è la misura dell'espansione delle aree
urbanizzate a scapito dei terreni agricoli e naturali (Provincia di Torino 2009); in tale
definizione si presuppone che il ripristino dello stato ambientale preesistente sia sempre
molto difficile.
A sostegno di tale definizione è possibile leggere i rapporti redatti da European
Environment Agency (EEA) (Urban Sprawl – The ignored challenge e Land accounts
for Europe 1990- 2000) in cui viene utilizzata un'immagine per fornire in modo
immediato al lettore l'idea di ciò che si sta trattando (vedi fig. 1): il cosiddetto triangolo
delle transizioni concettualizza le possibili trasformazioni delle coperture di suolo
rappresenta le tre coperture chiave del suolo, urbana, agricola e naturale. Ai lati di questi
tre centri vi sono le possibili trasformazioni che possono intercorrere tra di loro e che
differiscono per tipologia (omologa/non omologa), durata (transitoria/permanente) ed
esito (artificiale/naturale/ agricolo).
5 Secondo alcuni quasi ideologica (O.N.C.S. 2009).
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Fig. 1: Le trasformazioni del suolo; (Fonte: Slide Stefano Salata 2011).
La figura 1 configura, ad esempio, la trasformazione del suolo che avviene quando si
passa da una copertura agricola ad una copertura urbana come: permanente, non
omologa ed artificiale, mentre la transizione da una copertura naturale ad una agricola è
considerata transitoria ed agricola pur restando non omologa. Una trasformazione per
essere omologa deve riguardare un mutamento della superficie di suolo, pur restando
nella stessa tipologia; ad esempio un ghiacciaio che col tempo perde la propria
copertura di ghiacci, resta naturale, pur cambiando il proprio.
Nel pensiero di chi ha redatto il rapporto quindi le transizioni verso una copertura del
suolo di tipo urbano si configurano come “alteranti tutte le funzioni dello spazio iniziale
in modo permanente” (Osservatorio sul Consumo di Suolo 2009) e sono quelle che
possono essere definite “consumo di suolo”.
1.3. Cause generali
Il consumo di suolo è un fenomeno complesso e la comprensione delle sue ragioni
d'essere richiede diversi aspetti da considerare. Ad esempio nella sua accezione
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“ecologica” il consumo di suolo può essere determinato da fattori fisici
6
, chimici
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e
biologici
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(WWF 2009).
In primo luogo bisogna dunque comprendere l'ampiezza della problematica, che
riguarda tanto fenomeni di sprawl e metropolizzazione (diffusione insediativa,
conurbazioni lineari, gli arcipelaghi), quanto fenomeni turistici come il business sulle
seconde case, che occupano terreno, ma restano sfitte 11 mesi l'anno; il fenomeno
riguarda inoltre tanto i territori già urbanizzati, che fino ad oggi non attiravano nuove
costruzioni
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, quanto quelli ancora vergini o relativamente vergini.
In questo contesto si inserisce il fenomeno dello sprawl (che P. Cervellati ha tradotto
come “Villettopoli”) ovvero quel processo che si sta verificando da una ventina d'anni in
Italia, ma da molto prima negli Stati Uniti, che fa leva sul desiderio di parti sempre
maggiori della popolazione di emigrare dalle grandi città verso zone più isolate in cerca
di prezzi più bassi e un tenore di vita migliore.
Nascono così agglomerati o frazioni di paese, come Passo Corese, analizzata nel
Capitolo 3, che si espandono a ritmi vertiginosi producendo nuova cementificazione in
modo non regolamentato. Nulla vi è di strano nel voler abbandonare la caotica, sporca e
rumorosa città per un angolo di pace e natura, purtroppo però la convivenza in uno
stesso luogo di una cultura “cittadina” e una “contadina” produce nuovi tipi di conflitti
sociali: il rumore dei trattori o la puzza degli allevamenti di maiali generano tensioni
sociali tra le antiche realtà rurali sopravvissute a decenni di urbanizzazione e “immigrati
cittadini” abituati ad altri standard di vita. Ulteriori impatti, maggiori da un punto di
vista ambientale, sono dovuti alla dipendenza dell'automobile presente in molte aree
suburbane; la causa è la lontananza dei centri di lavoro, di studio o di svago dalla
propria abitazione.
Prescindendo dalle dinamiche sociali, più difficilmente analizzabili, lo sprawl merita
particolare attenzione per una caratteristica critica: essendo un fenomeno di sviluppo
urbano incrementale poco controllato, esso si caratterizza per una bassa densità di
6 Deforestazione, cementificazione, impermeabilizzazione dei suoli, bonifica di aree umide, ecc
7 Uso di pesticidi, emissioni inquinanti, sversamenti, ecc.
8 Monocolture intensive.
9 Tali cittadine oggi a causa della buona qualità insediativa e del minor costo di mercato del suolo si
trovano a dover subire delle pressioni insediative sui loro territori.
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popolazione a fronte di elevati consumi (vedi tabella 1) aumentando quindi il livello di
insostenibilità delle nuove abitazioni (Provincia di Torino 2009).
Tab. 1: Densità di popolazione, consumo di energia e costi d trasporto; (Fonte:EEA
Report 2006).
Popolazione
(densità+lavoratori per ettaro)
Consumi di energia annuali per
spostamenti (MJ x ab.)
Costi di trasporto
< 25 55.000 12,4
Da 25 a 50 201.200 11,1
Tra 50 e 100 13.700 8,6
> 100 12.200 5,7
Un caso emblematico di questo fenomeno è la Regione Lombardia dove vi sono una
moltitudine di paesini di piccole o piccolissime dimensioni che stanno registrando i
maggiori aumenti demografici; nella regione vi sono 1.547 Comuni, il 94 per cento dei
quali ha meno di 5 mila abitanti, questa categoria ha registrato il maggiore aumento
della popolazione dal 2001 a oggi (Portanova 2009). “La fuga dalla metropoli è iniziata
più di vent’anni fa. In una prima fase ha provocato l’espansione delle cittadine di
qualche decina di migliaia di abitanti, oggi va a riempire i buchi rimasti nei centri più
piccoli” (M.Treu 2008
10
) (vedi fig. 2).
10 All'interno dell'articolo Portanova 2009.
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Fig. 2: Evoluzione storica della popolazione per tipologia di comune; (Fonte: Istat).
Sotto l'aspetto economico il consumo di suolo è parte dell'acquisizione di quote
sempre maggiori di rendita immobiliare. In gran parte dei paesi il valore della rendita
immobiliare è tra i fondamenti dei sistemi economici che ne sono alla base.
Sotto l'aspetto politico invece il consumo di suolo genera un consenso abbastanza
generalizzato dovuto alla distribuzione delle risorse derivanti dal suo utilizzo: costruire
una fabbrica crea posti di lavoro; creare nuove linee ferroviarie e/o nuove strade
decongestiona il traffico merci e/o persone e così via.
Infine sotto il piano culturale, il costante investimento degli individui in consumo del
suolo fa trapelare il senso di bene rifugio che questo riveste per la maggior parte degli
individui, poiché stabilizza e lega i capitali ad uno specifico territorio; tale aspetto in un
epoca ormai globalizzata riveste un particolare ruolo come marcatore di appartenenza a
una dato territorio (Salata 2011).
Altro aspetto da considerare, che può essere visto come un misto, tra causa ed effetto,
è la costante crescita del fenomeno di utilizzo del suolo, anche in momenti di
stagnazione o recessione economica, soprattutto in Italia, dove senza gru edili sembra
non esserci crescita economica (Sansa et al. 2010, p. 8); tale considerazione può essere
affiancata da quella sugli andamenti demografici che in gran parte del mondo
occidentale e soprattutto in Italia manifestano una fase di stabilizzazione demografica
(vedi tab. 5, cap. 2).
In passato la crescita delle città era sempre sinonimo di aumento demografico,
oggigiorno, come mostrato nella tabella 6 inserita al capitolo 2, si assiste a un fenomeno
del tutto indipendente dall'aumento demografico: dal 1950 al 2009 le città sono
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