2
madrepatria, seppur nel rispetto di specifiche successive modificazioni di
ordine privatistico.
Il discorso si fa pi� complesso in ordine all�epoca ellenistica, quando
accanto alle π όλεις e sopra di esse, trovano spazio le realt� delle grandi
βασιλε ĩαι . E� proprio dalla contrapposizione fra queste due diverse realt�
che emerge la formazione di strutture giuridiche tendenzialmente unitarie
per gli abitanti del regno, siano essi greci o ellenizzati. Nelle π όλεις
greche, dunque, l�esclusivit� dell�ordinamento competente per territorio
sembra particolarmente accentuata e con molta probabilit� una delle cause
dello svilupparsi del fenomeno della �doppia cittadinanza� deve proprio
ricercarsi in questa direzione: basti pensare alla possibilit� di
interrelazioni piuttosto complesse fra i trattati internazionali tendenti ad
assicurare una protezione giudiziaria agli stranieri e alla prassi delle
concessioni onorifiche della cittadinanza.
E� con la realt� test� delineata che bisogna confrontare la diversa
prospettiva che viene a stagliarsi nel mondo romano. Come per le π όλεις
greche, nella Roma delle origini � fuor di dubbio la vigenza esclusiva del
principio della territorialit� del diritto, principio che per� non trova
espressione in formulazioni esplicite ed in concettualizzazioni tecnico-
giuridiche; e l�assenza di statuizioni normative rappresenta, del resto, un
tratto omologo all�indiscusso vigore del principio della territorialit� del
diritto. Il principio della territorialit� del diritto, del resto, si doveva
accompagnare, anche nella Roma delle origini, all�altra caratteristica
tipica del mondo delle π όλεις , cio� la tendenziale restrizione ai soli cives
Romani dell�effettiva e piena appartenenza all�ordinamento cittadino e
della relativa tutela giurisdizionale.
3
Non a caso, come π όλις in greco, civitas � usato in latino per indicare sia
lo stato, o meglio la res publica, sia la citt�; pi� precisamente civitas era
l�una e l�altra cosa insieme. Si legge infatti in:
Cicero, De republica 1.32.49 :
�quid est enim civitas nisi iuris societas civium?�
[ che cosa � dunque una civitas, se non una societ� di cittadini uniti dal
diritto?]
Il termine civis indica, dunque, a sua volta, l�essere parte,
volontariamente, di quella concreta �societ� di diritto� che � la civitas.
L�idea di concretezza si evince da una testimonianza di Gellio, nella
quale sono precisati i tre diversi significati della parola civitas:
Gellius 18.7.5:
��senatum� dici et pro loco et pro hominibus, �civitatem� et pro loco et
oppido et pro iure quoque omn<ium civ>ium et pro hominum
multitudine,� �
[ che il senato si riferisce sia al luogo sia agli uomini, civitas al luogo e
alla citt� nonch� allo stato giuridico di tutti i cittadini, e al complesso
degli individui�]
4
CAPITOLO 1
LA QUESTIONE DELLA CITTADINANZA ROMANA
SEZIONE I
IL CONCETTO DI CIVITAS ROMANA
1. Il cosiddetto status civitatis
Con il termine �persona� si indica oggi il soggetto di diritti, cio� la
persona fisica o la persona giuridica cui l�ordinamento riconosce
l�attitudine ad essere titolare di diritti e di doveri. Tale attitudine �
designata con i termini di �personalit�� o �capacit� giuridica�, cui si
contrappone la capacit� d�agire, intesa come idoneit� a porre in essere
un�attivit� giuridicamente rilevante, finalizzata a creare, modificare od
estinguere un rapporto giuridico.
Se da un lato occorre precisare che si tratta di elaborazioni concettuali
assolutamente estranee al pensiero giuridico romano, dall�altro non si pu�
5
negare l�utilit� di esse per illustrare la concreta operativit� delle persone in
quell�esperienza. Per il diritto romano, si tratta, in primo luogo, di
determinare le condizioni che debbono ricorrere affinch� all�individuo
umano sia riconosciuta la capacit� giuridica.
L�idea moderna del soggetto di diritti � resa dal termine romano persona
che, dal significato originario di �maschera teatrale�, passa a designare il
�ruolo� o la �parte�, quindi l� �uomo�, ma non anche lo schiavo, che
giuridicamente � inteso come res, anzich� come soggetto di diritti. Ce ne
d� conto Gaio, nelle sue Institutiones:
Gaius 1.9:
�Et quidem summa divisio de iure personarum haec est, quod omnes
homines aut liberi sunt aut servi�
[ e dunque la suprema classificazione nel diritto delle persone risulta
essere la seguente, cio� che tutti gli uomini o sono liberi o sono schiavi ]
Maggior utilit� sembra comunque avere il termine status in relazione al
concetto odierno di capacit� giuridica, sia pure con esclusivo riferimento
alle persone fisiche. La dottrina moderna imposta tale problema in diritto
romano ammettendo che la persona umana possa godere dei tre status
personali, libertatis, civitatis, familiae, e possa quindi essere libera,
cittadina e sui iuris.
A partire dalla media repubblica, lo status civitatis � per� necessario
soltanto per l�acquisizione di una completa capacit� giuridica di ius
6
civile, poich� lo straniero in quanto tale usufruisce comunque dello ius
honorarium e dello ius gentium
3
.
Tuttavia, i romani impiegavano il termine status in modo assoluto per
indicare genericamente una qualsiasi condizione umana. E� in relazione
alla capitis deminutio, espressione con la quale i romani intendono
riferirsi ad un mutamento di uno degli status della persona, che si
riscontra un�impostazione che considera complessivamente i tre status. In
et� classica viene infatti a crearsi la tricotomia scolastica tra capitis
deminutio maxima, consistente nella perdita della libertas, media, riferita
alla perdita della sola civitas, minima, corrispondente ad un mutamento
dello status familiae
4
. Eccettuati taluni casi che si sostanziano in un
miglioramento (emancipazione del filius familias) o in una conservazione
della precedente posizione personale del soggetto (adozione di filius
familias, conventio in manum di filia familias), la capitis deminutio
implica un peggioramento di status e quindi si sarebbe portati ad
intenderla quale � diminuzione della capacit� giuridica�. Ma solo nel
linguaggio bizantino il termine caput, sulla traccia dell�analoga
3
Il ius honorarium nasce dall�esercizio dell�attivit� giurisdizionale da parte del pretore, il quale crea
una nuova forma di processo, quello formulare, basata esclusivamente sul proprio imperium, ed
individua, nell�editto emanato all�inizio del suo mandato, anche le norme di diritto sostanziale che a tale
processo devono essere applicate. Il ius gentium invece risulta essere, secondo la definizione data da
Gaius ( 1.1 ), il diritto che la naturalis ratio ha introdotto presso tutti i popoli, dunque quello comune a
tutti gli uomini. Si parla di ius gentium anche in riferimento a quella parte del sistema civilistico
applicabile, oltre che ai cittadini romani anche agli stranieri, in virt� del quale si riconosce loro tanto la
capacit� di essere titolari di diritti quanto la capacit� di porre in essere validi negozi giuridici. Cfr.
Talamanca M., Istituzioni di diritto romano, Milano 1990, �� 15, 17, pp.50,57.
4
Gaius 1.159-162: �Est autem capitis deminutio prioris status permutatio, eaque tribus modis accidit:
nam aut maxima est capitis deminutio, aut minor, quam quidam mediam vocant, aut minima. Maxima
est capitis deminutio, cum aliquis simul et civitatem et libertatem amittit;�Minor sive media est capitis
deminutio, cum civitas amittitur, libertas retinetur;�Minima est capitis deminutio, cum et civitas et
libertas retinetur, sed status hominis commutatur;��.[per capitis deminutio si intende infatti un
mutamento del precedente status personale, cosa che pu� essere di tre diverse specie: mutamento
massimo, medio, minimo. E� massimo quando taluno perde sia la cittadinanza sia la libert�. Medio
quando perde la sola cittadinanza, conservando la libert�; minimo quando, pur conservando sia la
cittadinanza che la libert�, si verifica un mutamento dello status personale.]
7
evoluzione di significato subita dal termine persona, pare assumere un
significato che adombra l�idea moderna di capacit� giuridica, quando si
dice dello schiavo che nullum caput habet
5
.
L�ordinamento giuridico che fa capo alla civitas romana, secondo la
concezione politica del mondo antico dello stato-citt�, � destinato, in linea
di principio, a valere solo per i cittadini che ne siano membri attivi: in
questo senso ius civile � ius proprium civium Romanorum, diritto valido
solo per i cittadini romani. Dunque lo status di civis si pone come
condizione indispensabile, oltre che per il godimento dei cosiddetti diritti
politici, quali il ius suffragii, il ius honorum, il ius provocationis, il ius
militiae, anche per il godimento dei diritti civili: anche in epoca imperiale
lo status di civis continua ad essere determinante per il riconoscimento di
capacit� giuridica all�individuo, pur quando la cittadinanza non implica
pi� appartenenza alla civitas come stato-citt� o come stato nazionale
latino, tendendo a risolversi in una posizione di mera sudditanza nei
confronti dell�autorit� imperiale.
A sua volta la condizione di uomo libero � presupposto necessario dello
status di civis: lo schiavo � unicamente soggetto di obblighi verso il
dominus e solo in epoca tardo-antica viene ad assumere una posizione
personale pi� attiva, pur se limitata, in forza della legislazione imperiale
che ne tutela l�umana dignit� avverso gli abusi del padrone.
Restano poi da considerare quelle persone libere che non godono dello
status di cittadini: tali sono i peregrini, vale a dire gli stranieri, ed i
5
I. 1. 16. 4: �Servus�nullum caput habuit�. Caput ha qui significato di �capacit� giuridica� e dal
confronto con un�analoga affermazione di Paolo, in D. 4. 5. 3. 1.: �Servile caput nullum ius habet�, si
evince che tale significato va imputato ai compilatori giustinianei.
8
Latini
6
che costituiscono una categoria intermedia, nella sfera privatistica
come in quella pubblicistica, tra cives e peregrini. Di regola i non cittadini
non potrebbero essere titolari di diritti riconosciuti dall�ordinamento
romano, e quindi neppure potrebbero dare vita ad atti finalizzati
all�acquisto di tali diritti: la capacit�, giuridica e di agire, sarebbe perci�
loro negata in base al diritto romano, risultando essi capaci solo per il
diritto dell�ordinamento cui eventualmente appartengano. Tuttavia si
avvert� l�opportunit� di regolare i rapporti intercorrenti tra cittadini e non
cittadini, e quindi anche tra non cittadini appartenenti ad ordinamenti
differenti: la soluzione venne ravvisata, da un lato, nella possibilit� di
riconoscere al non cittadino il commercium, inteso come capacit� di
concludere validi negozi inter vivos di ius civile con altra persona
cittadina, con particolare riferimento alla mancipatio
7
(atto tipico di
trasferimento della propriet� di una cosa verso il pagamento del prezzo), e
ancora il conubium, che � capacit� di contrarre matrimonio con persona
cittadina
8
; dall�altro, nel formarsi dello ius gentium
9
, in ordine al quale si
riconosce ai non cittadini tanto la capacit� di essere titolare di diritti
quanto la capacit� di porre in essere validi negozi giuridici.
6
Cfr. infra, capitolo 1, Sezione I, � 2, pp.13 ss.
7
Tit. Ulp., 19. 4-5: �Mancipatio locum habet inter cives Romanos et Latinos coloniarios Latinosque
Iunianos eosque peregrinos, quibus commercium datum est. Commercium est emendi vendendique
invicem ius�.[ la mancipatio ha luogo tra cittadini romani e Latini, sia coloniari che Iuniani, nonch� con
i peregrini ai quali sia stato dato il commercium. Il commercium � il reciproco diritto di negoziare.]
8
Tit. Ulp., 5. 3-4: �Conubium est uxoris iure ducendae facultas. Conubium habent cives Romani cum
civibus Romanis: cum Latinis autem et peregrinis ita, si concessum sit�.[ il conubium � la capacit� di
contrarre matrimonio secondo diritto. Di tale capacit� sono dotati i cittadini romani quando contraggono
matrimonio con altra cittadina romana. Nell�ipotesi di nozze con una Latina o con una peregrina,
invece, si ha tale facolt� solo se espressamente concessa.]
9
Cfr. supra, capitolo 1, Sezione I, � 1, p.6, nt.3.
9
Come gi� si � avuto modo di precisare, distinzione fondamentale tra le
persone, nel mondo romano, � quella tra liberi e schiavi
10
. L�istituto della
schiavit�, noto in Roma come presso tutti i popoli dell�antichit�, viene
definito nelle fonti come di ius gentium, sebbene considerato contrario
allo ius naturale, inteso come ordine trascendente i sistemi di diritto
positivo.
Si � schiavi anzitutto per nascita. Nasce schiavo, per regola di ius gentium,
il figlio procreato da madre schiava
11
, cos� come, sempre per ius gentium,
si diventa schiavi per prigionia di guerra o anche semplicemente per
apprensione da parte di stranieri verso i quali non si goda di protezione
fondata su una relazione riconosciuta dal diritto internazionale
( hospitium, amicitia, foedus ). Ci� vale tanto a favore quanto a carico del
cittadino romano. Dunque anche il cittadino romano caduto in prigionia
diventa schiavo, perdendo lo status libertatis: questi per�, sempre che non
sia stato trovato volontariamente apud hostes, al suo ritorno in patria
godr� dello ius postliminii, in forza del quale sar� reintegrato nella
titolarit� dei suoi diritti come se non ne fosse mai stato privato.
Lo schiavo acquisisce la libertas ex iure Quiritium, cio�
contemporaneamente libert� e cittadinanza, mediante un apposito atto del
proprietario. Ci si riferisce all�istituto della manumissio, di cui
conosciamo tre forme solenni ( vindicta, testamento, censu ), risalenti al
periodo tardo-repubblicano, nonch� forme non solenni o pretorie ( inter
amicos, per epistulam, ad mensam ) che cominciarono a diffondersi verso
10
Cfr. supra, capitolo 1, Sezione I, � 1, p.5.
11
Gaius 1. 82: �Illud quoque his consequens est, quod ex ancilla et libero iure gentium servus nascitur,
et contra ex libera et servo liber nascitur�. [ da ci� discende che � schiavo il figlio di una schiava e di
un uomo libero, mentre � libero il figlio di una donna libera e di uno schiavo.]
10
la met� del I secolo a.C. attraverso l�intervento del pretore con la sua
tuitio.
La piena capacit� giuridica di un soggetto dipende poi, in ultima analisi,
anche dallo status familiae, ossia dal fatto che egli sia persona sui iuris e
non alieno iuri subiecta.
Unico vero e proprio soggetto di diritti nell�ambito della familia � il
paterfamilias, rispetto al quale gli altri membri della stessa sono soltanto
oggetto di un diritto assoluto di natura personale, che si spingeva fino allo
ius vitae ac necis: a ci� corrisponde il fatto che le persone soggette alla
patria potestas sono sprovviste, in linea di massima, di capacit� giuridica
per quanto attiene ai rapporti privatistici e segnatamente di natura
patrimoniale, mentre sul piano del diritto pubblico il figlio ( maschio )
gode di piena capacit�, in quanto civis, e si colloca su un piano di parit�
con le persone sui iuris.
Della familia si � membri a seguito di matrimonio legittimo ( iustae
nuptiae ), ma anche in funzione di atti che, come l�adrogatio, l�adoptio e
la conventio in manum, sottopongono persone sui iuris o appartenenti ad
una diversa familia, alla potestas o manus del pater o del marito. La
soggezione alla patria potestas dura, tendenzialmente, sino alla morte del
pater stesso, allorquando i discendenti immediati divengono tutti sui iuris
ed i maschi, potenzialmente, capi di altrettante familiae. Lo scioglimento
anticipato del vincolo familiare � causa di una capitis deminutio
12
, con la
conseguente cessazione di qualsiasi parentela civile con la famiglia
d�origine.
12
Cfr. supra, capitolo 1, Sezione I, � 1, pp.6 ss.
11
2. La cittadinanza romana : acquisto, perdita e contenuto
Il carattere esclusivo della citt�-stato comporta, almeno alle origini, che la
capacit� giuridica dipenda dalla qualit� di cittadino e a partire dalla media
repubblica, tale qualit� risulta essere requisito essenziale per avvalersi di
quelle norme del sistema civilistico che si applicano esclusivamente ai
cives Romani.
Al periodo in cui la partecipazione all�ordinamento civilistico romano era
collegata al possesso della civitas Romana risalgono infatti gli istituti del
conubium e del commercium, i quali concedono allo straniero una qualche
capacit� giuridica nell�ambito dell�ordinamento della citt�-stato
13
.
La cittadinanza si acquista anzitutto in base alla discendenza: in costanza
di matrimonio, di regola, � cittadino il figlio di padre romano; al di fuori
del matrimonio, invece, chi nasca da madre romana. Bastino, a riguardo,
due passi estratti dalle Institutiones gaiane, in cui si legge:
Gaius 1.76:
��Nam alioquin si civis Romanus peregrinam cum qua ei conubium est
uxorem duxerit�iustum matrimonium contrahitur; et tunc ex his qui
nascitur, civis Romanus est et in potestate patris erit �
[ qualora infatti, un cittadino romano abbia sposato una peregrina, dotata
di conubium, si parla di matrimonio legittimo; e da quel momento i figli
che nasceranno saranno cittadini romani, soggetti alla patria potestas ]
13
Cfr. supra, capitolo 1, Sezione I, � 1, p.8.
12
Gaius 1.89:
�Quod autem placuit, si ancilla ex cive Romano conceperit, deinde
manumissa pepererit, qui nascitur liberum nasci, naturali ratione fit;��
[ qualora una schiava, dopo aver concepito un figlio con un cittadino
romano, sia stata affrancata prima di partorire, il nascituro, sulla base di
un criterio naturale, godr� dello stato di libero ]
Per la filiazione fuori del matrimonio un�innovazione fu introdotta da una
lex Minicia degli inizi del I secolo a.C., la quale stabil� che il figlio nato
dall�unione fra una romana ed uno straniero seguisse comunque la
cittadinanza del padre, anche se nato fuori da giuste nozze. Come si
desume, infatti, dai
Tituli ex corpore Ulpiani 5.8:
� Conubio interveniente liberi semper patrem sequuntur: non
interveniente conubio matris condicioni accedunt; excepto eo qui ex
peregrino et cive Romana peregrinus nascitur; quoniam lex Minicia ex
alterutro peregrino natum deterioris parentis condicionem sequi iubet �
[ in costanza di matrimonio i figli seguono sempre la cittadinanza del
padre: non essendo stato contratto matrimonio, invece, si uniformano allo
status della madre, tranne il caso di colui il quale sia nato dall�unione di
una cittadina romano con uno straniero, poich� la legge Minicia stabil�
che il nascituro seguisse la sorte del genitore che viveva nella condizione
pi� sfavorevole ]
13
Diventa infine cittadino romano anche lo schiavo liberato a mezzo di iusta
manumissio, mediante cio� un apposito atto del proprietario
14
.
Fin dagli inizi della repubblica una posizione particolare, in ordine allo
status civitatis, era assunta dai Latini, i quali beneficiavano del
commercium ma non del conubium, salvo apposito riconoscimento. In tal
novero erano anzitutto i Latini priscii, appartenenti alle comunit�
dell�antica federazione latina, in gran parte trasformate in municipia di
cittadini romani nel 338 a.C. dopo la guerra latina e totalmente scomparse
con la concessione della cittadinanza a tutti gli italici all�inizio del I
secolo a.C. In secondo luogo vi erano i Latini coloniarii, appartenenti alle
colonie latine fondate da Roma, definitivamente scomparse con la
concessione della cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell�impero in
seguito alla costituzione di Caracalla del 212 d.C. Infine vi erano i Latini
Iuniani, schiavi manomessi in forma non solenne che non potevano perci�
acquistare la cittadinanza romana e diventavano latini sulla base della lex
Iunia Norbana del 19 d.C., mediante la quale lo status civitatis veniva
attribuito senza che ci� comportasse l�appartenenza ad una determinata
organizzazione cittadina corrispondente; mentre Latini Aeliani erano detti
taluni schiavi manomessi in deroga alla lex Aelia Sentia del 4 d.C., la
quale prevedeva che gli schiavi inferiori ai trent�anni potessero essere
manomessi solo con particolari formalit�, per cui essi, dopo il 19 a.C.,
acquistarono, forse in virt� di un�estensione analogica, uno status identico
a quello previsto dalla lex Iunia Norbana. Le principali caratteristiche che
connotano queste ultime categorie di Latini, tutte sfavorevoli, si
riscontrano soprattutto dal punto di vista patrimoniale, in quanto essi non
14
Cfr. supra, capitolo 1, Sezione I, � 1, p.9.
14
avevano la capacit� di avere eredi, ragione per cui, alla morte, il loro
patrimonio tornava al proprietario che li aveva manomessi, n� quella di
essere beneficiati nel testamento di cittadini romani poich�, essendo privi
di capacitas, non potevano acquistare l�eredit�. Infine, sul piano
personale, mancava loro il conubium con i cittadini romani.
Tornando alla disamina dei modi di acquisto della cittadinanza romana,
essa poteva anche essere concessa da organi dello stato a singoli o ad
intere comunit�. In epoca repubblicana ci� avveniva mediante una lex
oppure con un atto del magistrato autorizzato ex lege. Nel periodo
imperiale ci� poteva avvenire mediante senatoconsulto e con una
costituzione imperiale: � infatti proprio con la costituzione imperiale del
212 d.C. che la civitas Romana venne estesa dall�imperatore Antonino
Caracalla a tutti gli abitanti dell�impero.
In ultima analisi, la cittadinanza si perde in maniera volontaria o
involontaria.
Il primo caso � quello del civis che sulla base del ius migrandi trasferisca
la propria residenza in una citt� latina o comunque non romana, in quanto
� duarum civitatum nemo esse potest �
15
.
La pi� antica ipotesi di perdita involontaria della cittadinanza, unitamente
alla libert�, � probabilmente la vendita trans Tiberim del debitore
insolvente e di altre figure assimilate, quali il fur manifestus. Ancora,
fanno perdere la cittadinanza le pene dell� aqua et igni interdictio ( con la
quale si impediva il ritorno dell�esule in patria ) e della deportatio in
15
Cicero, Pro Balbo 11.28. Cfr. infra, capitolo 1, Sezione I, � 3, p.19.
15
insulam. Per�, se nel primo caso il cittadino poteva acquistare la
cittadinanza in una qualsiasi altra citt�-stato dell�impero, nel caso di
deportatio, il condannato restava nella condizione di apolide.
Rimane da considerare l�ipotesi dell�ademptio civitatis. Nel corso della
sua politica espansionistica Roma, come concedeva la cittadinanza a citt�
latine o italiche, cos� si arrogava il diritto di toglierla. Notorio � il
provvedimento con cui Silla, nell�81 a.C., all�indomani della Guerra
Sociale, priv� della cittadinanza le citt� di Volterra e di Arezzo sulla base
della lex Cornelia de civitate Volaterranis Aretinis adimenda.
A partire dalla fine del IV secolo a.C. si inizia ad avvertire il problema
della tutela giuridica dello straniero. Il pretore appronta per gli stranieri
una tutela giudiziaria basata sul proprio imperium. In tal modo lo straniero
viene a godere in Roma di una tutela giuridica e giudiziaria senza
precedenti nel mondo classico della citt�-stato.
Il sistema cos� delineato vigeva per� solamente nella prassi metropolitana.
Ma ben presto Roma dovette confrontarsi con la realt� delle province, che
sino alla constitutio Antoniniana avrebbero costituito la parte
preponderante dell�impero.