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PREFAZIONE
Studiando le acquisizioni aziendali ho capito che la difficoltà di questa materia, in
quanto multidisciplinare, era che non poteva essere inquadrata solo in ambito
economico, dato che molti aspetti riguardano la materia giuridica per quanto
concerne la normativa da seguire (soprattutto fiscale), la matematica per gli aspetti
di valutazione ed alcuni elementi di psicologia nel momento in cui si entra nella
negoziazione del prezzo. Le acquisizioni, nonostante la difficoltà di studio, sono
comunque decisamente interessanti in quanto offrono alle aziende la possibilità di
conseguire un vantaggio competitivo in tempi molto più rapidi rispetto ad uno
sviluppo interno. Infatti uno sviluppo per linee esterne consente il passaggio dal
venditore all’acquirente di tutta la tecnologia disponibile, lavoratori, Know how,
quota di mercato, brevetti ecc. Nonostante però tutti questi vantaggi vi sono delle
difficoltà che si instaurano già nella prima parte del processo nel momento in cui la
società svolge le prime analisi dell’azienda target. In tale contesto è necessario
sempre svolgere analisi costi benefici e soprattutto avere una strategia guida su ciò
che occorre fare per conseguire gli obiettivi di business. Molto spesso le aziende
trascurano tali analisi per intraprendere un opportunità irripetibile e talvolta però
anche molto difficile da dirigere vista la straordinarietà dell’operazione. Durante la
fase di negoziazione sembra invece essere la fretta nel chiudere l’accordo il “tallone
d’Achille” che porta l’acquisizione inevitabilmente al fallimento. Infatti un
acquirente troppo ansioso nel terminare la negoziazione non riesce a mantenere la
calma ed il venditore ne può approfittare per incrementare il prezzo ed appropriarsi
dell’intero valore che l’acquisizione tende a creare in termini di sinergia. Infine le
maggiori difficoltà vengono incontrate nel periodo post acquisizione e cioè nella
fase in cui entrambe le società hanno il compito di sviluppare un percorso di
integrazione per poter sfruttare le sinergie e creare un maggior valore rispetto alle
due aziende viste separatamente. In tale fase molti acquirenti compiono l’errore di
non dare molto peso alla variabile culturale quando invece risulta fondamentale già
dal momento della negoziazione capire il livello di compatibilità culturale tra le due
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imprese. Infatti il clima post acquisizione negativo (soprattutto in caso di Takeover
ostile) può determinare il successo o l’insuccesso di una determinata acquisizione.
In tale contesto ho strutturato il mio lavoro in tre capitoli dove il primo identifica le
varie tipologie di acquisizione, il trade off tra sviluppo interno ed esterno, alcuni
cenni alla normativa antitrust e fiscale delle acquisizione ed infine un breve
inquadramento dell’accordo tra Fiat e Chrysler. Il secondo invece tratta della
creazione di valore di un acquisizione, della negoziazione e della fase post
integrazione. Il terzo invece riguarderà solo l’accordo tra Fiat e Chrysler cercando di
individuare le motivazioni che le due aziende hanno avuto per intraprendere la via
dell’acquisizione, il contenuto dell’accordo vero e proprio, le scelte operate da Fiat
nella fase di integrazione, il problema della quota Veba ed il metodo utilizzato con
alcune considerazioni ed infine propongo un commento personale sulla stesura
dell’accordo e sulle sue prospettive future.
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CAPITOLO 1
TIPOLOGIE, MODALITA’, ADEMPIMENTI FISCALI E
ANTITRUST DELLE ACQUISIZIONI
1 RADICI STORICHE DEL FENOMENO
Il fenomeno delle acquisizioni aziendali ha radici decisamente antiche e risale
all’avvento delle società di capitali. Infatti, tali organizzazioni, hanno per legge la
così detta personalità giuridica che consente alla società di essere citata in giudizio
ed essere titolare di diritti ed obblighi proprio come le persone fisiche. La
separazione tra soci e società (in spagnolo per esempio sono chiamate società
anonime) ha permesso a tali entità giuridiche di avere una vita decisamente più
lunga rispetto ai proprietari. Il fenomeno ha avuto inizio nel momento in cui è stato
ideato il metodo della partita doppia con il quale è stato possibile calcolare con
precisione, senza giudizi altrui e per qualsiasi organizzazione, il reddito ed il
patrimonio. Con tale metodologia le società di capitali diventarono un concetto
astratto, impersonale e indipendente da un proprietario specifico. Tale
spersonalizzazione ha consentito una separazione netta tra patrimonio sociale ed i
singoli capitali personali dei singoli soci in modo tale da garantire un autonomia
patrimoniale perfetta. I soci infatti sono responsabili limitatamente per la quota
conferita e nel caso in cui la società dovesse fallire il loro patrimonio personale non
può essere aggredito da nessuno. Questo è il principale vantaggio delle società di
capitali ed è proprio per questo motivo che nell’antichità tale beneficio è stato
limitato proprio per paura che qualcuno avrebbe potuto avvantaggiarsene. Nella
seconda metà del XVI secolo in Inghilterra vennero costituite moltissime società di
capitali non molto dissimili da quelle odierne e chiamate dallo stesso Adam Smith
“società regolamentate” proprio perché dovevano essere assoggettate a qualche
forma di controllo a causa del vantaggio della responsabilità limitata. Infatti ogni
società per azioni proprio per poter godere di questo esclusivo vantaggio aveva
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bisogno dell’approvazione del parlamento. La East India Company già nel 1642
aveva organizzato una capitalizzazione permanente per finanziare quella che oggi
verrebbe chiamata una multinazionale in quanto operava in più nazioni. Ma ai
nostri fini ciò che ci interessa veramente della società per azioni sono le quote o per
meglio dire le azioni liberamente trasferibili in quanto ogni socio ha la possibilità di
vendere la propria quota senza il permesso degli altri soci senza che la società ne
risenta in quanto perfettamente distinta, almeno giuridicamente, dai suoi
proprietari. Molto presto la compra-vendita di titoli societari azionari o di debito
prese il sopravvento e molti governi come quello inglese costituì una borsa valori e
cioè un mercato in cui tutti questi strumenti finanziari potavano essere scambiati ad
un certo prezzo secondo il gioco della domanda e dell’offerta. In tal modo le società
hanno potuto raccogliere notevoli risorse per potersi ingrandire emettendo titoli di
debito come le obbligazioni ed aumentando il capitale sociale. Inoltre gli indici di
borsa risentono del buon andamento della società emittente consentendo così di
misurare la performance approssimativa delle società partecipanti al mercato. Con
la borsa valori sono nate le prime acquisizioni aziendali sia le prime minacce ai
consumatori finali. Nel 1879 la Standard Oil Company si organizzò nel primo trust
industriale degli Stati Uniti realizzando così una concentrazione di potere così forte
da creare una seria minaccia alla libera concorrenza con la creazione di un regime
simile al monopolio. In un Trust gli azionisti consegnavano i certificati azionari di
specifiche società ad un gruppo di fiduciari e ricevevano in cambio dei certificati
che davano il diritto a ogni azionista ad una quota dei guadagni del trust
proporzionale alla quota con cui l’azionista aveva contribuito al valore totale del
trust. Tali concentrazioni facevano paura ed è per questo motivo che sono nate in
America alcune leggi come lo “Sherman act” ed il “Clayton act” proprio per arginare
questo fenomeno molto pericoloso per il consumatore finale. Il secondo di questi
atti proibiva ad una società per azioni di acquistare il capitale di un'altra società nel
caso in cui l’operazione avesse provocato una limitazione della concorrenza. Lo
scopo era quello di limitare il fenomeno delle acquisizioni societarie orizzontali e
cioè di organizzazioni che operano nello stesso business e che quindi hanno una
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maggior probabilità di creare un monopolio nel caso di un operazione M e A
(Mergers and Acquisition). Per questo motivo ci sono così tante società negli Stati
Uniti di tipo Conglomerale e cioè operanti in business diversi proprio per non
incorrere nel divieto di legge. Invece, con il “Webb-Pomerene Act” ed il “Edge Act”
veniva permesso qualsiasi tipo di operazione di acquisizione e fusione all’estero.
Infatti le più forti multinazionali sono negli USA dove le operazioni cross-border e
cioè tra società appartenenti a più paesi non sono proibite anche nel caso in cui
abbiano effetti distorsivi sulla concorrenza.
1.1 L’EVOLUZIONE STORICA DELLE ACQUISIZIONI
Le ferrovie furono le prime compagnie industriali ad adottare su vasta scala la forma
delle società per azioni per un impresa commerciale negli USA. Delle undici società
per azioni quotate nel primo indice Dow Jones del 1884, nove erano compagnie
ferroviarie. Il trasporto ferroviario eliminò la regionalizzazione dei mercati creando
al contempo le premesse per un vero mercato allargato a livello domestico. Inoltre
la caduta dei prezzi (dovuta alla disponibilità di capitali per le imprese e alla crescita
della produzione industriale) e la spinta ricorrente all’investimento determinarono
proprio negli Stati Uniti la prima grande ondata di acquisizioni caratterizzata da
operazioni di fusione per incorporazione di società appartenenti allo stesso
business. Tutto ciò creò le premesse per la scomparsa delle piccole e medie imprese
a favore di grandi società per azioni come la Du Pont e la General Motors. La
seconda ondata di acquisizioni avvenne a cavallo tra il 1926 e il 1930 per l’esigenza
di razionalizzare la struttura delle grandi imprese che si erano costituite
precedentemente, la ricerca di economie di scala e la ricerca di un miglioramento
nella rete distributiva. A differenza della prima ondata questo nuovo processo di M
e A fu caratterizzato da acquisizioni verticali anziché orizzontali a causa dei
provvedimenti antitrust come lo “Sherman Act”. Successivamente tra il 1950 ed il
1970 il fenomeno delle acquisizioni interessò anche il mercato europeo assumendo
una dimensione prettamente internazionale. Rispetto alle altre due ondate
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quest’ultima fu caratterizzata dalla presenza sempre più marcata di operazioni
cross-border con la creazione di imprese multinazionali (prevalentemente di origine
statunitense) oltre alle premesse per una successiva globalizzazione dei mercati. In
tale periodo prese campo uno sviluppo diversificato secondo cui le grandi imprese si
ponevano l’obiettivo di entrare in nuovi business confortati dagli elevati tassi di
crescita dell’economia generale. Il boom economico permise ad aziende come Fiat
di diversificare ed entrare in nuovi mercati prima sconosciuti in modo tale da ridurre
il rischio ed utilizzare le eccedenze di liquidità per buoni investimenti. Comunque sia
le imprese europee si differenziavano da quelle americane per le minori dimensioni
e dal fatto di ricorrere alle acquisizioni per ottenere in tempi rapidi una certa massa
critica (quella massa necessaria per competere in un certo settore) privilegiando
operazioni di tipo orizzontale. L’ultima ondata di acquisizioni ebbe inizio nel 1980 e
terminò nel 2007 a seguito della crisi economica mondiale. Le caratteristiche
comuni di questa nuova fase sono riconducibili essenzialmente alla progressiva
diminuzione delle barriere commerciali internazionali ed al rapido cambiamento
tecnologico che si registrò soprattutto in alcuni settori quali le telecomunicazioni,
l’information technology, ed i servizi finanziari. Tali cambiamenti spostarono la
competizione al di fuori dei confini domestici dimostrando l’irreversibilità del
fenomeno della concorrenza globale. In tale periodo furono le grandi imprese
europee le vere protagoniste del fenomeno delle acquisizioni internazionali
specialmente dopo l’avvio del processo di integrazione del mercato unico europeo
ed il suo progressivo estendersi verso i paesi dell’est. In questo modo molte imprese
hanno potuto ingrandirsi e diventare multinazionali in modo tale da riallocare in
modo efficiente i fattori produttivi all’interno del mercato unico e competere in
modo più concreto con i grandi gruppi statunitensi che già molto prima avevano
cominciato il loro sviluppo sovranazionale per linee esterne (le imprese USA furono
anticipatrici del fenomeno rispetto a quelle europee). La globalizzazione sempre più
forte dei mercati ha contribuito a creare una forte concentrazione soprattutto in
alcuni settori come quello automobilistico elevando le barriere all’entrata ed
elevando il livello di competitività internazionale. Basti pensare che imprese come la
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Fiat hanno goduto per anni del contingentamento (blocco) delle auto giapponesi sul
mercato domestico italiano. Nel momento in cui tali protezioni sono venute meno è
chiaro che molte imprese anche di modesta dimensione per poter sopravvivere
hanno dovuto delineare un certo sviluppo e la crescita esterna è senz’altro più
rapida (ma anche più difficoltosa nella sua gestione) rispetto allo sviluppo interno.
Marchionne, per esempio, aveva previsto che per competere efficientemente nel
settore è necessario una massa critica di circa 6 milioni di veicoli l’anno ed il gruppo
torinese preso da solo non era neppure lontanamente capace di raggiungere tale
traguardo. Con il “matrimonio” tra Fiat e Chrysler l’amministratore delegato ha
fatto in modo di raggiungere o quantomeno avvicinarsi al risultato finale anche se
con alcune rilevanti difficoltà. Ritornando alle acquisizioni dal 2000 ad oggi, grazie
all’internazionalizzazione dei mercati e della globalizzazione, si sono registrate
sempre più operazioni cross border anche se talvolta non sempre la motivazione è
stata quella di realizzare sinergie mediante una certa strategia. Infatti molte
operazioni di M e A sono caratterizzate per un’intensa logica speculativa come per
esempio i leveraged buy out, i takeover ostili e l’acquisizione di gruppi per successivi
smembramenti e dismissioni. Dopo il 2007 l’attuale crisi finanziaria mondiale ha
attenuato i processi acquisitivi soprattutto a causa della restrizione del credito verso
le imprese e dalla paura di investire la poca liquidità rimasta in operazioni così
rischiose.
2 COSA SI INTENDE PER ACQUISIZIONE ED M e A
Per semplificare la tematica delle acquisizioni ho voluto riportare la definizione che,
a mio avviso, è la più completa: per acquisizioni si intendono quelle operazioni
attraverso cui un’impresa acquirente, acquista dietro corrispettivo di un prezzo la
proprietà di una partecipazione di controllo in un'altra impresa, l’acquisita.
Assimilabili alle operazioni di partecipazioni di controllo, ai fini che qui rilevano, sono
le acquisizioni di complessi aziendali e di rami d’azienda che avvengono mediante
cessione di elementi patrimoniali attivi (e, di solito, passivi) e passaggio di personale,