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PREFAZIONE
“La filiation est le lien juridique qui unit un enfant à sa mère et à
son père”, questa è la definizione di filiazione data dal codice civile
francese; concetto che non può dirsi strettamente giuridico nel senso che
esso è derivazione di una rappresentazione mentale, atavica e preesistente,
radicata nella socialità di ciascun individuo.
Oltre all’importanza concettuale della definizione, è necessario
rilevare come la filiazione in sØ sia da porre alla base del fondamento
giuridico della famiglia. La legislazione francese, difatti, a differenza di ciò
che accade negli altri sistemi giuridici occidentali, non fornisce una
definizione giuridica di famiglia, che deve pertanto ricavarsi dall’insieme
delle relazioni interpersonali giuridicamente intese : relazioni che nella fase
originaria della stesura del codice civile, riguardavano dapprima i coniugi
e poi il legame tra genitori e figli; d’altro canto in risposta alle esigenze
sociali dell’epoca contemporanea il legislatore francese ha provveduto al
riconoscimento ed alla disciplina delle “forme alternative” quali i
cosiddetti P.A.C.S. ( pacte civile de solidarietØ) e la convivenza more
uxorio; di conseguenza il concetto di famiglia non deve piø essere
incentrato sul rapporto di coniugio bensì sulla filiazione. Ciò non vuol dire
che una coppia priva di figli non possa o non debba essere considerata una
famiglia o che il rapporto di convivenza more uxorio o di PACS
costituiscano di per sØ il fondamento di una famiglia giuridicamente intesa,
quel che è certo è che non può essere messo in dubbio il fatto che debba
essere considerato di famiglia il legame di un figlio con i propri genitori.
Al di là della valenza sociale e pedagogica del legame di filiazione
che contribuisce alla formazione della personalità del bambino quale prima
estrinsecazione della natura di “animale sociale “caratterizzante l’indole
umana, per quello che qui interessa il legame di filiazione importa
fondamentali effetti giuridici che si manifestano durante tutta l’esistenza
dell’essere umano sia sul piano strettamente personale – attribuzione del
cognome, effetti della potestà genitoriale, diritto a ricevere una educazione
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- che su quello patrimoniale – diritto al mantenimento, imputazione degli
obblighi alimentari e dei diritti successori sia attivi che passivi, inoltre – sul
piano pubblicistico- il rapporto di filiazione comporta l’appartenenza ad
uno Stato , inteso come acquisizione di cittadinanza.
Il rapporto di filiazione può derivare, innanzitutto dal legame di
sangue con i genitori biologici, ma anche elettiva ovvero a seguito di
provvedimento giudiziale conseguente alla richiesta di adozione, o infine in
conseguenza di procreazione medicalmente assistita.
Attualmente il codice civile francese dedica il capitolo I del titolo VII
ai principi generali che regolano il rapporto di filiazione. In esso sono
chiaramente delineati i due principii fondamentali che governano tale
situazione giuridica, ovvero l’uguaglianza tra figli, e la necessità di
collegare , in senso giuridico, il figlio a coloro che l’hanno concepito o,
qualora vi sia incertezza su tale situazione, la necessità di ricercare la
verità legale in riferimento alla situazione di fatto ovvero a coloro che
hanno trattato la persona come figlio
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CAPITOLO I
EVOLUZIONE STORICA DELLA DISCIPLINA
La storia del diritto , in materia di filiazione, ci insegna che è sempre
esistita una distinzione, a volte sfociata in discriminazione , tra “categorie”
di figli.
Mentre il diritto romano antico mostrava la sua indifferenza riguardo
ai figli nati al di fuori del matrimonio, nell’età imperiale è forte l’influenza
della dottrina cristiana, per cui vengono disapprovate le relazioni carnali al
difuori del “sacro vincolo matrimoniale” ammettendo una sorta di
redenzione soltanto in caso di successivo matrimonio; la caduta dell’impero
e le dominazioni barbariche conducono a tollerare questa categoria di figli,
tolleranza che viene nuovamente soppiantata dal favore per l’unione
coniugale del Regno Francese. L’influenza della dottrina cattolica impose
l’idea del matrimonio quale condizione necessaria e , nei termini che andrò
ad esaminare qui di seguito, sufficiente per formare un nucleo familiare in
cui il concepimento e l’educazione dei figli rappresenta la vocazione finale.
In questo senso già a partire dal XIV° secolo trova radicamento , nel
linguaggio giuridico, la definizione di figlio legittimo per designare colui
che nasce in costanza di matrimonio, riservando la qualificazione di figli
illegittimi a coloro che , essendo nati al di fuori del vincolo matrimoniale
non ricalcano le ideologie societarie del tempo.
Gli ideali di uguaglianza e libertà ispiratori della Rivoluzione
Francese , che trovarono la piø alta espressione nella “Dichiarazione dei
diritti dell’Uomo e del cittadino” del 26 agosto 1789, vengono trasposti
anche nella disciplina di quanto qui esaminato, introducendo la
parificazione in termini di diritti successori, sia in linea diretta che
collaterale, tra figli naturali e figli legittimi, nondimeno è interessante
sottolineare la frase attribuita in proposito a tale scelta egalitaria al
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Cambaceres
1
(importante giurista cui si devono le stesure dei progetti di
Code Civil del periodo rivoluzionario che seppure mai approvati , posero le
basi per il Code Civile napoleonico del 1804 di cui lo stesso Cambaceres fu
redattore) “La Republique y gagnera plus d’enfants et de
partisans”,illuminante per comprendere il vero scopo di questa politica
apparentemente altruista, ed invero volta da un lato al frazionamento dei
grandi patrimoni e quindi alla realizzazione dell’altro grande ideale
rivoluzionario di redistribuzione della ricchezza, e dall’altro ad accattivarsi
le simpatie di coloro che , altrimenti, sarebbero stati estromessi dall’asse
ereditario. Unico, anche se importante, limite all’acquisizione dei diritti
successori era la necessità di un atto di volontario riconoscimento dello
status di figlio naturale.
La situazione viene radicalmente modificata in sede di redazione del
Code Civil napoleonico, nel quale la filiazione avvenuta al di fuori del
vincolo matrimoniale torna ad essere nominata “illegittima” e considerata
fattore di disordine e contrario alla pace familiare
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; la nascita di figli
adulterini veniva addirittura descritta come una “mostruosità per la società”;
in tal senso il matrimonio quale atto giuridico, legittimava il rapporto di
filiazione , a nulla valendo un’eventuale diversa realtà biologica. Secondo
l’originaria stesura del Code il legame giuridico di filiazione, non trova
fondamento nell’atto di nascita , bensì nell’atto di matrimonio o,
eventualmente , nell’atto di riconoscimento del figlio naturale, atti che
presentano struttura e finalità giuridica diverse; infatti, mentre l’atto di
matrimonio ha valenza futura con il quale i coniugi, insieme, riconoscono i
figli che nasceranno, l’atto di riconoscimento del figlio naturale ha non solo,
come ovvio, una valenza temporale inversa riconoscendo un figlio già nato,
1
A. NIZARD “Droit et statistiques de filiation en France. Le droit de la filiation depuis
1804” in Population, 32e annèe n° 1 1977 pp. 91-122
2
A. TISSERAND “De l’apparition aux dernières sØquelles du statut d’inferioritØ de
l’enfant illØgitime” Pubblicato da “Maison des sciences de l’homme de Strasbourg” n°7
anno 1992
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ma anche natura individuale valendo unicamente nei confronti del suo
autore.
Con la fine del XIX° secolo , alcuni interventi legislativi tentano di
migliorare la condizione dei figli illegittimi, ma la novellazione del diritto in
tale ambito appare del tutto frammentaria ed ancorata alla zavorra di una
giurisprudenza costante –d’altronde in linea con la morale dell’epoca - tesa
al mantenimento della concezione sacrale del matrimonio, nonchØ alla
salvaguardia dei diritti successori all’interno della famiglia da questo
risultante.
La concezione legittimistica del matrimonio comporta, ai sensi degli
articoli 312-314 del code civil vigente fino alla legge di riforma n° 72-3 del
3.01.1972 la presunzione che i figli nati da donna sposata siano legittimi;
tale condizione, peraltro, può essere contestata dal marito sebbene
all’interno di rigidi confini, ovvero:
Temporali: l’azione giudiziale per il disconoscimento di paternità
può essere proposta entro un mese dalla nascita, ovvero entro due mesi dalla
sua scoperta qualora il marito l’avesse ignorata.
Formali, essendo strettamente delineata la casistica entro cui l’azione
è esperibile.
Figlio nato entro 180 giorni dalla celebrazione del matrimonio : solo
se il marito non era a conoscenza dello stato di gravidanza prima del
matrimonio e non abbia sottoscritto l’atto di nascita. Una tipologia simile di
azione di disconoscimento venne attribuita dalla Legge 18 aprile 1886
(disciplinante l’istituto del divorzio), che in caso di separazione del
domicilio degli sposi dovuta alla presentazione di istanza di divorzio,
consentiva al marito di disconoscere il nato 300 giorni dopo l’avvenuta
separazione.
Il disconoscimento di paternità produce effetti soltanto con la
sentenza giudiziaria con la quale viene accolta.
Agli inizi del XX° secolo si registra un affievolimento del concetto
di presunzione di paternità del marito, poichØ si ammette che il figlio
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concepito durante il periodo di separazione legale dei coniugi in attesa di
divorzio, sia legittimo ma, nel caso in cui la madre si risposi con colui che si
presume essere il padre biologico, il legame di filiazione originario può
essere dichiarato estinto, anche se non era stata presentata azione di
disconoscimento.
Di fatto, esiste un’altra via con la quale la presunzione di paternità
può essere aggirata; la madre che sebbene sposata viva separata dal marito,
non dichiarerà all’ufficiale di stato civile chiamato a registrare la nascita, nØ
il suo stato coniugale nØ il nome del marito, dichiarando cioè il proprio
cognome da nubile. In tal caso, a partire dal 1913, la giurisprudenza
ammette che una successiva richiesta di rettificazione dell’atto di nascita sia
sufficiente a legittimare il figlio, aggiungendo all’atto di nascita il nome del
marito. Nel caso il figlio sia stato registrato come di madre sconosciuta o la
madre stessa abbia fornito un falso nome, la giurisprudenza ammette
l’esperimento di azione di rivendicazione della paternità.
Avuto riguardo alla filiazione naturale è importante notare come il
riconoscimento debba avvenire con la formalità rigorosa della dichiarazione
avanti un pubblico ufficiale, sia esso ufficiale di stato civile o un notaio,
ovvero giudizialmente mediante dichiarazioni fatte durante la comparizione
ed inserite nel verbale d’udienza; a riprova della peculiarità dell’atto
giuridico con il quale viene effettuato il riconoscimento di figlio naturale si
rimarca come, a partire dal 1916 con la disciplina dell’ordinamento dello
stato civile , il riconoscimento non possa essere registrato quale allegato
dell’atto di matrimonio dei genitori ma debba constare in atto apposito.
L’importanza giuridica cui sottende il riconoscimento del figlio naturale,
emerge altresì nella rigidità con la quale viene interpretata la necessità
dell’adozione di un atto formale in tal senso, non soccorrendo, nel caso di
figlio naturale nel cui atto di nascita figuri il nome della madre, nemmeno il
c.d. possesso di stato goduto dal figlio e da costei allevato ma che, per
ignoranza di legge non abbia provveduto alla dichiarazione avanti l’ufficiale
di stato civile, interpretazione che agli occhi del giurista moderno appare