INTRODUZIONE
L'acqua è un elemento essenziale per la vita sulla Terra, ce ne danno prova due
dati in particolare: il 71% della superficie terrestre è ricoperto d'acqua ed il 65% del
nostro corpo è costituito da acqua. L'acqua rappresenta quindi un bene fondamentale e,
per questo motivo, è stata riconosciuta quale diritto umano
1
. Questa risorsa naturale è
inoltre un fattore insostituibile per le attività produttive (agricoltura, industria ecc.) e per
tutte le attività umane in generale.
L'acqua presente nel nostro pianeta è limitata: solo lo 0,001% sui circa 1,4
miliardi di m³ d'acqua presenti sulla Terra è effettivamente disponibile per il consumo
umano
2
. Si tratta tuttavia di una risorsa rinnovabile in quanto soggetta al ciclo dell'acqua
e quindi ad un ciclo chiuso in cui non vi sono perdite. Sempre più spesso però ci
vengono veicolati scenari allarmanti riassumibili in alcuni slogan come “Acqua, petrolio
del 2000” o ancora “Acqua, oro blu del 21esimo secolo”. Ma allora, ci si può chiedere,
da dove deriva il problema della scarsità idrica?
Oggi stiamo assistendo ad una crescente domanda mondiale d'acqua dovuta a più
motivazioni, le quali verranno analizzate nei capitoli successivi. Di conseguenza la
velocità con cui utilizziamo le risorse idriche è maggiore della velocità di rigenerazione
delle risorse stesse. A ciò si aggiungono l'inquinamento ed i cambiamenti climatici che
provocano una riduzione della disponibilità d'acqua dolce utilizzabile per il consumo
umano. Questo panorama è destinato ad accentuarsi in maniera significativa nel
prossimo futuro.
A livello globale il 70% dei consumi d'acqua è legato al settore agricolo, con
grosse differenze tra i diversi paesi del mondo (poco meno del 40% nei paesi
1 L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 28 luglio 2010, con la risoluzione
A/64/L.63/Rev. 1, il diritto all'acqua potabile e sicura e ai servizi igienici un diritto umano essenziale
al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani.
2 I dati sopra riportati sono rintracciabili in: Segrè A. et al., Il libro blu dello spreco in Italia: l'acqua,
Milano, Edizioni Ambiente, 2012, p. 9.
7
industrializzati, poco più dell'80% nei paesi in via di sviluppo). Il restante 30% è legato
al settore industriale (22%) e agli usi domestici (8%); anche in questo caso la quota dei
consumi varia sensibilmente a seconda del paese interessato.
3
Da questi dati emerge
come il maggior responsabile del consumo d'acqua sia l'agricoltura. Ciò evidenzia il
legame intimo esistente tra consumo idrico e produzione di cibo, connessione che
spesso sfugge alla maggioranza delle persone. Di conseguenza suggerisce l'esistenza di
un legame inscindibile tra acqua e cibo e quindi tra disponibilità d'acqua, essenziale
nella produzione di qualsiasi nutrimento, e sicurezza alimentare, intesa come “capacità
della produzione agricola di soddisfare il fabbisogno nutrizionale della popolazione
mondiale”
4
. Per produrre cibo sono infatti necessari ingenti quantitativi di questa
risorsa, la quale può essere definita in questo contesto “acqua virtuale” dal momento che
è contenuta virtualmente nel cibo stesso. Un concetto ad esso affine è quello di impronta
idrica di un prodotto agroalimentare, che consiste nel volume di acqua virtuale usata per
produrlo considerando tutta la filiera produttiva. Facciamo qualche esempio: una tazzina
di caffè contiene 140 litri d'acqua virtuale, un uovo 135, un hamburger ben 2.400.
5
Date queste premesse è facile comprendere che, per ridurre la pressione sulle
risorse idriche globali in maniera significativa, è necessario che consumatori e aziende,
nonché la politica e la società più in generale, puntino l'attenzione sugli utilizzi e sugli
sprechi d'acqua legati all'alimentazione. Nello specifico sarebbe auspicabile che noi
consumatori intervenissimo su due fronti al fine di ridurre i nostri consumi di acqua
virtuale pro capite:
• sullo spreco d'acqua connesso alle nostre scelte d'acquisto: infatti quando
scegliamo di comprare un prodotto alimentare che utilizza più risorse -nel nostro caso
più acqua- rispetto ad un altro è la nostra scelta che implica lo spreco,
indipendentemente dal fatto che il risultato (in questo caso nutrirsi) sia stato raggiunto.
“Dire che ciò che compro io non conta niente è come dire che il mio voto alle elezioni
non conta. Sono solo i nostri acquisti a muovere la macchina industriale.”
6
• sullo spreco di cibo ovvero sul cibo che è stato prodotto (e distribuito, e
3 I dati riportati sono rintracciabili in: Ivi, p. 30.
4 Antonelli M. et al., L'acqua che mangiamo. Cos'è l'acqua virtuale e come la consumiamo, Milano,
Edizioni Ambiente, 2013, p. 163.
5 I dati riportati sono rintracciabili in: Ivi, p. 22.
6 Goleman D., Intelligenza ecologica, Milano, Rizzoli, 2009, p. 166.
8
acquistato) e poi buttato nell'immondizia per varie ragioni; questo si configura come un
vero e proprio “spreco nello spreco” in quanto oltre allo spreco di cibo vero e proprio
sono state sprecate anche le risorse naturali -tra cui l'acqua, oggetto della nostra analisi-
che sono servite per produrre quel bene alimentare.
In merito al fenomeno dello spreco alimentare è necessario spiegare che questo
caratterizza in maniera capillare e consistente gli attuali modelli di industrializzazione
sin dagli anni del boom economico e si è sviluppato con il sistema economico moderno.
Infatti, come ci ricorda Zygmunt Bauman, nella società consumistica è necessario
scartare e sostituire: il consumismo, oltre ad essere un’economia dell’eccesso e dello
spreco
7
, è anche un’economia dell’illusione. Illusione, eccesso e spreco tuttavia non
segnalano un malfunzionamento dell’economia dei consumi ma sono, al contrario,
sintomo della sua buona salute: questo infatti risulta essere l'unico regime che può
assicurare a una società dei consumatori la sopravvivenza. Questo sistema economico,
fondato sulla crescita della produzione di merci, porta necessariamente allo spreco di
cibo da parte delle popolazioni ricche del pianeta -uno schiaffo per l'altra parte del
mondo in cui le persone sono sottonutrite e muoiono tutti i giorni di fame- e quindi, di
conseguenza, allo spreco delle risorse ad esso connesse.
Oggi però, a causa della crescente domanda d'acqua di cui parlavamo prima,
questa risorsa si sta esaurendo e già si può assistere, in forma ancora celata, a conflitti
per accaparrarsi le scorte residue di questo bene
8
. I prossimi conflitti, secondo un
rapporto ONU-Banca Mondiale, scoppieranno per la conquista e la preservazione delle
fonti idriche; quest'ultimi saranno tuttavia molto più cruenti rispetto a quelli avvenuti
per il petrolio dal momento che senza questo si può vivere, ma senza acqua no. Risulta
pertanto evidente l' “impossibilità di perseguire una continua crescita materiale e
quantitativa dell'economia umana in un mondo dai chiari limiti biofisici”
9
.
Quest'economia, fondata sull'idea della crescita illimitata e che, di conseguenza, non
rispetta i limiti ecologici ed etici, è diventata una vera e propria guerra al pianeta e alle
7 A tal proposito Bauman si esprime così: “[...] una società dei consumatori non può che essere una
società dell'eccesso e dello sperpero- del superfluo e dello scarto abbondante.”
Bauman Z., Consumo, dunque sono, Roma-Bari, Laterza, 2008, p. 108.
8 A tal proposito rimando a: Shiva V ., Le guerre dell'acqua, Milano, Feltrinelli, 2004.
9 Jackson T., Prosperità senza crescita. Economia per il pianeta reale, Milano, Edizioni Ambiente,
2011, p. 30.
9
popolazioni
10
.
Ma la crisi economica cominciata nel 2008 e tuttora in corso ci costringe a
riflettere sul divario esistente tra un modello basato su presupposti di crescita illimitata e
una realtà caratterizzata da limiti ecologici, sociali, politici ed economici. Inoltre dal
momento che “gli esseri umani difficilmente mutano le loro abitudini se non sono
costretti a farlo, la recessione può costituire l'occasione per un ripensamento profondo
dei comportamenti irresponsabili e insensati”
11
perpetrati fino ad ora contro il pianeta;
inoltre può rappresentare un'ancora di salvezza per
fermare questa guerra al pianeta, che è anche guerra contro le popolazioni, perchè nel breve
periodo compromette le condizioni economiche, sociali, politiche e culturali di vasti settori della
comunità umana e, a lungo termine, quelle di tutto il genere umano.
Fare pace con il pianeta è un imperativo per la sopravvivenza.
12
La strada che proponiamo in questo elaborato è quella di modificare i nostri stili
di vita e di consumo, orientandoli verso un minore impatto idrico. Partendo dal
presupposto che
Non esistono produzioni e comportamenti alimentari che non abbiano bisogno di acqua, è
possibile decidere quanta acqua usa il nostro cibo e quanta ne spreca, attraverso le scelte di ognuno
degli attori della filiera che porta gli alimenti dai campi alla tavola.
Ci siamo abituati, grazie all'influenza culturale che su tutti noi ha avuto il sistema capitalistico
e del libero mercato, a considerare e valutare ogni nostro comportamento, ogni nostra scelta, persino
ogni nostra relazione
13
in termini economici. Non sempre ce ne rendiamo conto in modo conclamato,
spesso ci riferiamo alla necessità di non “perdere tempo”, ma la valutazione che stiamo facendo è di
tipo economico. […]
La nuova competenza che richiede questo momento storico e questa situazione ambientale è
considerare le nostre azioni, le nostre scelte, i nostri comportamenti quotidiani in termini idrici.
Quanta acqua costa andare in treno anziché in auto? Quanta acqua costa, a parità di spesa in denaro,
10 Per ulteriori approfondimenti rimando a: Shiva V ., Fare pace con la terra, Milano, Feltrinelli, 2012.
11 Pallante M., La felicità sostenibile. Filosofia e consigli pratici per consumare meno, vivere meglio e
uscire dalla crisi, Milano, Rizzoli, 2009, p. 143.
12 Shiva V ., Fare pace con la terra, cit., p. 16.
13 A tal proposito vedi: Bauman Z., Consumo, dunque sono, cit.
10
un pranzo a base di carne rispetto a uno a base di verdure?
14
Lo sviluppo di questa competenza richiede ovviamente una consapevolezza del
problema da parte di tutti i cittadini, che dev'essere necessariamente frutto di un
processo complesso di formazione e informazione a tutti i livelli, da quelli politici a
quelli della ricerca, da quelli produttivi a quelli dell'acquisto. È inoltre necessario che a
tale consapevolezza si affianchino azioni efficaci a tutti livelli sopra citati. In sintesi si
tratta di sviluppare l'intelligenza ecologica, la quale ci consente appunto di
apprendere gli effetti delle attività umane sugli ecosistemi, di applicare ciò che abbiamo
imparato nello sforzo di causare meno danni possibili e, ancora una volta, condurre una vita
sostenibile all'interno della nostra nicchia, che oggi corrisponde all'intero pianeta.
15
L'obiettivo a cui dobbiamo tendere può essere riassunto con questa formula:
– SPR + ECO = SUFFICIENZA
16
Meno spreco più ecologia uguale sufficienza. Questa formula sottolinea che è
necessario sprecare di meno e arrivare ad una nuova razionalità ecologica cercando
l'abbastanza quando ancora il troppo sarebbe (o è ancora) possibile. Solo questo potrà
consentire di raggiungere la sufficienza, la quale diventa un principio di gestione delle
risorse.
Tale principio risulta fondamentale dal momento che lo spreco di risorse, va
ricordato, non comporta solo il ledere i diritti di chi ci vive accanto ma anche e
soprattutto quelli delle generazioni future. Per questo motivo diventa necessario
sostituire la nostra attuale società consumistica con la società sufficiente. Questo
cambiamento di paradigma sarà possibile solo attraverso, come detto, l'informazione e
la formazione a tutti i livelli, ma anche e soprattutto attraverso l'educazione. In questo
contesto il ruolo della scuola risulta decisivo nella formazione di cittadini critici e
14 Antonelli M. et al., L'acqua che mangiamo. Cos'è l'acqua virtuale e come la consumiamo, cit., pp. 99,
100.
15 Goleman D., Intelligenza ecologica, cit., p. 54.
16 Per ulteriori approfondimenti rimando a: Segrè A., Basta il giusto (quanto e quando). Lettera a uno
studente sulla società della sufficienza. Manifesto per un nuovo civismo ecologico, etico, economico,
Milano, Altra Economia, 2011; Segrè A., Elogio dello spreco. Formule per una società sufficiente,
Bologna, Editrice Missionaria Italiana, 2008; Segrè A., Vivere a spreco zero. Una rivoluzione alla
portata di tutti, Venezia, Marsilio Editori, 2013.
11
responsabili verso il pianeta e le popolazioni che lo abitano. A riguardo le Indicazioni
Nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione si
esprimono così:
Le relazioni fra il microcosmo personale e il microcosmo dell'umanità e del pianeta oggi
devono essere intese in un duplice senso. Da un lato tutto ciò che accade nel mondo influenza la vita
di ogni persona; dall'altro ogni persona tiene nelle sue stesse mani una responsabilità unica e
singolare nei confronti del futuro dell'umanità.
La scuola può e deve educare a questa consapevolezza e a questa responsabilità i bambini e
gli adolescenti, in tutte le fasi della loro formazione.
17
17 Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione, 2012, p.
11.
12