INTRODUZIONE
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INTRODUZIONE
La recente storia dell'uomo è stata protagonista di una continua riduzione degli
spazi di ingombro degli oggetti di comune utilizzo. Basti pensare a come
cellulari, computer e televisioni abbiano ridotto le proprie forme a vantaggio di
siluette più snelle, pesi modici e design accattivanti, sfruttando tecnologie
sempre più efficienti, ma che utilizzano una componentistica sempre più
ridotta.
La ricerca in tal senso sta percorrendo, con grandi risultati, la strada delle
micro e nanotecnologie cercando di individuare nuovi materiali e studiandone a
pieno le caratteristiche al fine di poterli sfruttare per dare una soluzione a
problemi ancora irrisolti.
Il futuro sembra dunque aver rivolto il proprio sguardo verso la ricerca e
l'utilizzo di nanomateriali e nanotecnologie, i quali sono in grado di
rivoluzionare la vita di ognuno di noi affermandosi sempre di più come
componenti base degli oggetti di uso quotidiano.
Proprio per tale crescente interesse è stata coniata una definizione univoca su
cosa siano i nanomateriali. L'enunciato definisce i nanomateriali come un
materiale naturale, accessorio o artificiale contenente particelle, in stato libero
o sotto forma di aggregato o di agglomerato e nel quale, almeno il 50% di tali
particelle nella classe di distribuzione numerica possiede una o più dimensioni
esterne nella classe di grandezza 1-100 nm.
Nel presente lavoro di tesi, si è voluto intraprendere lo studio di uno dei più
affascinanti nanomateriali, cercando di individuarne le possibile modalità di
impiego nei processi di abbattimento degli inquinanti.
Al giorno d’oggi il problema dell’inquinamento è di notevole importanza
poiché il progresso e l’aumento dei consumi mondiali stanno provocando il
degrado dell’ambiente, con ovvi effetti negativi anche sull’uomo stesso.
Risulta quindi necessario attuare dei processi di disinquinamento e perseguire
quanto più possibile i principi dello sviluppo sostenibile e un utilizzo più
razionale delle risorse.
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Il degrado ambientale riguarda diversi aspetti, ragion per cui si può parlare di
inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, causati tutti dall’immissione
nell’ambiente di sostanze che ne alterano le caratteristiche chimico-fisiche.
In questa tesi è quindi approfondito il discorso dell’inquinamento idrico, con
particolare interesse verso i metodi di abbattimento degli inquinanti di origine
industriale presenti nelle acque.
La contaminazione dell’acqua può avere diverse origini, gran parte delle quali
derivanti dalle attività antropiche, industriali e agricole. L’inquinamento civile
deriva dall’immissione nei mari e nei fiumi degli scarichi delle fogne, che
contengono detersivi, saponi e residui organici; quello industriale è provocato
dalle sostanze chimiche non biodegradabili come acidi, coloranti e diverse altre
sostanze che dipendono dalle tipologie di produzione di fabbriche e industrie;
l’inquinamento agricolo, invece, è causato dall’eccessivo uso di pesticidi,
fertilizzanti e concimi chimici che filtrano nel suolo contaminando le falde
acquifere.
Le naturali capacità di autodepurazione dei corsi d’acqua non sono più
sufficienti ad abbattere le sostanze tossiche che vi vengono continuamente
immesse; sono quindi indispensabili dei trattamenti depurativi specifici prima
di poter riutilizzare la fonte idrica. Tra i classici trattamenti di depurazione si
ricordano la sedimentazione, l’osmosi inversa, la filtrazione e l’assorbimento
su carboni attivi che trasferiscono gli inquinanti in una fase diversa da quella
originaria; oppure si possono utilizzare reazioni chimiche che trasformano la
natura chimica degli inquinanti, che vengono successivamente separati. Gli
inconvenienti di tali trattamenti sono numerosi, poiché nei primi si crea
solamente un passaggio delle sostanze da abbattere da un mezzo ad un altro
senza risolvere a fondo il problema mentre, usando le reazioni chimiche, si
producono specie non inerti che necessitano di successivi trattamenti.
In questa tesi si è posta l’attenzione sugli inquinanti provenienti dalle acque di
scarico delle industrie tessili, in particolare sono stati effettuati esperimenti sul
colorante Reactive Black 5 per studiare le proprietà adsorbenti dei nanotubi di
carbonio.
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A tal fine, sono stati creati vari sistemi di partenza con diversa concentrazione
di colorante, successivamente posti in agitazione con CNTs.
Sono state inoltre eseguite prove di abbattimento del colorante con altri
materiali e mezzi, al fine di capire quale fosse il più performante.
Sono stati condotti anche esperimenti di fotolisi diretta e altri con la presenza
del biossido di titanio, un semiconduttore largamente impiegato come
fotocatalizzatore nei processi di fotocalisi eterogenea.
Inoltre le soluzioni trattate sono state messe a contatto con il catalizzatore
utilizzato per la sintesi dei nanotubi di carbonio, al fine di verificare in che
modo potesse partecipare al processo di rimozione del colorante.
L’obiettivo è stato quello di individuare i processi che ottimizzano
l’adsorbimento del colorante da parte dei nanotubi di carbonio del Reactive
Black 5, studiando gli effetti che sono stati riscontrati al variare di alcuni
parametri come concentrazione iniziale della soluzione, tempo e velocità di
agitazione.
Quindi per poter eseguire gli esperimenti di cui sopra si è provveduto alla
realizzazione del catalizzatore utilizzato successivamente per la sintesi dei
nanotubi di carbonio.
I nanotubi sintetizzati sono quindi stati posti in contatto con soluzioni di
colorante misurando, per differenti tempi, le quantità di colorante rimosso,
ottenendo informazioni sulle reali capacità adsorbenti del materiale e su quali
siano le cinetiche con cui il processo si manifesta.
Con il proseguire del mio lavoro di tesi mi sono prefisso l’obiettivo di cercare
di far luce, ovviamente entro i miei limiti, su quella che è la cinetica di
rimozione del colorante ad opera dei nanotubi di carbonio, con la speranza di
poter essermi reso utile alla costruzione di un futuro migliore.
PRIMO CAPITOLO - I NANOTUBI DI CARBONIO
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PRIMO CAPITOLO
I Nanotubi di Carbonio
Nel seguente capitolo è stato fatto un breve sunto di quelle che sono le
caratteristiche dei nanotubi carbonio, come sono stati scoperti e quali sono le
tecniche che permettono la sintesi di questi materiali.
Si è provveduto a descrivere inoltre le diverse tipologie di nanotubi che
possono essere sintetizzate, quali sono i difetti che possono presentare e le
tecniche che permettono la rimozione di queste imperfezione.
Si sono infine esposti i possibili utilizzi dei nanotubi in diversi campi
applicativi.
1.1. Il carbonio e le sue forme allotropiche
Il carbonio è un elemento della tavola periodica degli elementi, avente simbolo
C, numero atomico 6 e peso atomico pari a 12,0111 u.m.a. (unità di massa
atomica). Appartiene al IV gruppo, è un elemento non metallico ed è
tetravalente, ovvero ha valenza quattro (può accettare o cedere quattro
elettroni).
Le principali fonti di carbonio inorganico sono i calcari, le dolomie e l’anidride
carbonica (CO
2
), ma quantità significative si trovano in depositi organici di
carbone, torba, petrolio e metano idrato. Il carbonio forma più composti di
qualsiasi altro elemento, con quasi 10 milioni di composti organici (finora
descritti), ma si stima che siano a loro volta solo una piccola frazione dei
composti che siano teoricamente realizzabili in condizioni standard
[1]
.
L’atomo di carbonio ha una configurazione elettronica di base del tipo 1s
2
2s
2
2p
2
. Gli elettroni di valenza dell’elemento, come precedentemente detto, sono
quattro e possono dar luogo a diversi tipi di legame chimico dal momento che
uno degli elettroni nello stato s ha la possibilità, nella formazione del legame,
di passare allo stato p e che gli orbitali s e p hanno la possibilità di ibridizzarsi
PRIMO CAPITOLO - I NANOTUBI DI CARBONIO
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tra loro in modi differenti. Si possono quindi formare, secondo la teoria lineare
degli orbitali atomici (LCAO) legami tipo sp
1
, sp
2
ed sp
3
, nel caso in cui un
orbitale s si ibridizzi rispettivamente con 1, 2 o 3 orbitali p. Gli orbitali sp
2
risultano dall’ibridazione di un orbitale s con due orbitali p
(convenzionalmente p
x
e p
y
), formando tre legami di tipo , cioè diretti lungo
il segmento congiungente i nuclei dei due atomi legati, disposti
complanarmente ad angoli di 120°. Il quarto orbitale è il restante p
z
, che si
sviluppa perpendicolarmente al piano succitato, formando un legame tipo ,
non diretto lungo la congiungente i due atomi e meno saldo energeticamente.
Gli orbitali sp
3
risultano dall’ibridazione di un orbitale s con tre orbitali p (p
x
,
p
y
e p
z
) e formano quattro legami tipo s disposti ad angoli di 109.5°. La
struttura di questi stati è illustrata in figura 1.1.
Figura 1.1 – Stati del carbonio; ibridazione sp
2
(a sinistra), ibridazione sp
3
(a destra).
Il carbonio quindi si può presentare sotto diverse forme allotropiche (proprietà
presentata da alcune sostanze di esistere in diverse forme
[2]
); in particolare, le
più note sono la grafite, il diamante ed il carbonio amorfo. Le proprietà fisiche
del carbonio variano anche di molto a seconda della forma allotropica, ad
esempio: il diamante è altamente trasparente mentre la grafite è opaca e nera; il
diamante è tra i materiali più duri conosciuti, a differenza della grafite che è
talmente morbida da lasciare una striscia su carta; il diamante ha una
bassissima conducibilità elettrica mentre la grafite è un ottimo conduttore.
In condizioni normali tutte le forme allotropiche del carbonio si presentano allo
stato solido, con la grafite che è la forma termodinamicamente più stabile.
PRIMO CAPITOLO - I NANOTUBI DI CARBONIO
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Sono tutte chimicamente resistenti e richiedono altissime temperature anche
per le reazioni ossidative.
Figura 1.2 – Diagramma di stato del carbonio.
1.1.1. Le forme allotropiche del carbonio
Il carbonio atomico ha una emivita molto breve, ragion per cui viene
stabilizzato in diverse strutture multi-atomiche che presentano diverse
configurazioni molecolari, chiamate allotropi. Come già accennato in
precedenza, i principali allotropi del carbonio sono il carbonio amorfo, la
grafite ed il diamante. Inoltre vanno citati i fullereni, che oggi sono
comunemente sintetizzati ed utilizzati nella ricerca e che includono i fullereni, i
nanotubi di carbonio, i nanobuds di carbonio e le nanofibre. Il progredire delle
tecniche di sintesi ha fatto si che venissero scoperti altri allotropi del carbonio,
dei quali però si conosce ancora poco: essi sono la lonsdaleite, il carbonio
vetroso, la nanoschiuma di carbonio ed il carbonio acetilenico lineare.
1.1.2. Il carbonio amorfo
Il carbonio amorfo è un assortimento di atomi di carbonio in un non cristallino,
irregolare, stato vetroso, che è essenzialmente grafite ma che non è contenuta
in una macrostruttura cristallina. Si presenta come una polvere, ed è il
PRIMO CAPITOLO - I NANOTUBI DI CARBONIO
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principale costituente di sostanze quali carbone, nerofumo (fuliggine) e carboni
attivi. È la versione strutturalmente disordinata in cui può solidificare il
materiale; in questa struttura coesistono in diverse percentuali i tre diversi tipi
di legame chimico cui può dar luogo il carbonio: sp
1
, sp
2
ed sp
3
. Il materiale si
presenta quindi come una sorta di ibrido tra le due configurazioni succitate, che
hanno proprietà sia elettroniche che meccaniche addirittura antitetiche. Appare
dunque evidente come questo materiale possa presentarsi in numerose varianti
strutturali, che coprono una vasta gamma di proprietà fisiche.
1.1.3. La grafite
A pressione normale il carbonio prende la forma di grafite, nella quale ogni
atomo è legato ad altri tre in un piano composto di anelli esagonali fusi
assieme, come quelli degli idrocarburi aromatici; ha una struttura planare
stratificata e, in ogni strato, gli atomi di carbonio sono disposti in un reticolo
esagonale, formando dei fogli di carbonio. La distanza di separazione degli
atomi di carbonio in ogni strato è di circa 0,142 nm, mentre la distanza tra i
piani è di circa 0,335 nm (1 nm=10
-10
m)
[3]
. Le due forme conosciute di grafite,
(esagonale) e (romboidale), hanno identiche proprietà fisiche, ad eccezione
della struttura cristallina. La grafite che si trova in natura contiene fino al 30%
della forma , mentre la grafite prodotta sinteticamente contiene solo la forma
. La forma può essere convertita in forma attraverso un trattamento
meccanico e la forma b si ritrasforma in forma a quando è sottoposta a
temperature superiori ai 1000 °C (la trasformazione completa avviene intorno
ai 1300 °C).
A causa della delocalizzazione della nuvola di elettroni , la grafite conduce
l'elettricità. Il materiale è soffice e i fogli, frequentemente separati da altri
atomi, sono tenuti insieme dalle sole Forze di Van der Waals, scivolando
facilmente l'uno sull'altro e forniscono alla grafite un’elevata conducibilità
elettrica.