CAPITOLO I
Italia e Stati Uniti a confronto
« Quando iniziò la conquista dell’ovest
ero giovane e pieno di vita
e volevo un posto da chiamare mio
quindi feci la gara
e mi conquistai un lotto
e mi stabilii lungo il Cimarron
Soffiata via, spazzata via
La mia casa in Oklahoma, spazzata via
Appariva così verde e grazioso
quando costruii la mia baracca lì
Ma la mia casa in Oklahoma è stata
spazzata via »
[Agnes ‘Sis’ Cunningham, My Oklahoma home, 1961]
Nicola Cargnoni - «Da W. a W. - Canzone e cambiamenti sociali da Woody Guthrie a Woodstock»
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1.a La canzone che nasce dalla storia
Uno degli esempi più duraturi e continui di collaborazione tra poesia e
canzone italiana ci viene da Roberto Roversi. Il poeta bolognese, che nella sua
carriera vanta una duratura collaborazione con il concittadino Lucio Dalla, con
cui ha prodotto tre dischi («Il giorno aveva cinque teste» 1973, «Anidride
solforosa» 1975 e «Automobili» 1976), ha scritto testi per cantanti e gruppi
musicali. Nei versi di questo autore c’è un continuo richiamo alla storia e al
passato. Vale la pena ricordare che Roversi stesso, a fine anni Settanta,
ammetteva che «la canzone è uno dei mezzi di comunicazione diretta più
utilizzabile oggi in atto» e che quindi può essere «una comunicazione ‘politica’ e
‘ideologica’»
5
. Del resto la canzone conserva in sé una naturale capacità di
essere espressione di gusti, tendenze e persino di ideologie, cosa che ha
suscitato l’interesse di parte degli storici che si sono occupati della cultura di
massa, ritenendola degna di una certa considerazione. Ciò riguarda anche lo
studio della letteratura e non a caso, infatti, nelle antologie per scuole
superiori oggi la poesia passa da Petrarca a Foscolo, fino ad arrivare a
Francesco Guccini, Paolo Conte e Fabrizio De André; senza tacere dei festival
della letteratura internazionale, punto di riferimento per il mercato editoriale,
che hanno inserito nei loro programmi esibizioni dal vivo di cantautori e gruppi
musicali.
Nonostante questo, la ‘musica giovane’ come propulsore del senso
comune storico è rimasta piuttosto ai margini della storiografia, almeno se
messa a confronto con televisione, cinema e carta stampata. È il caso di citare
una indagine ISTAT, che nel 1999 asseriva che «la potente funzione che la
musica ha per i giovani per ciò che riguarda la formazione dell’identità
culturale a livello individuale e collettivo» è dovuta anche «da altre spinte che
hanno a che fare con processi di socializzazione e formazione delle identità»
6
.
5
PIVATO S., La storia leggera. L'uso pubblico della storia nella canzone italiana, Bologna, Il Mulino, 2003.
6
Ibidem.
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Da queste considerazioni emerge con maggior forza, dunque, la necessità
di capire perché la funzione della canzone di protesta come produttrice di senso
comune storico sia rimasta ai margini del dibattito. Come dimostrerò, è a
cominciare dagli anni Sessanta del XX secolo che il linguaggio musicale
interpreta il distacco generazionale tra mondo adulto e giovanile; è in quel
periodo che la musica diviene strumento di aggregazione, socializzazione e
comunicazione del mondo giovanile, e sarà proprio il linguaggio musicale a
decretare la marginalità della cultura libresca, soprattutto se si mette a
confronto la generazione giovanile degli anni Sessanta con quella di soltanto
dieci anni prima, cresciuta con i testi di Don Milani, Mao, Che Guevara.
Cantautori e canzoni trasmettono memoria, producono senso comune,
riguardano ambiti quali l’emigrazione, il disagio giovanile, lo scontro
generazionale, il Fascismo, la Resistenza, il boom economico, il terrorismo, il
‘sogno’ americano e la vita di partito.
Al di là dell’assoluta attualità, ancora oggi, di alcuni brani d’autore, è
inevitabile evidenziare l’attinenza di talune canzoni al periodo storico in cui
nascono, ad esempio «Nuntereggae più» (1978) di Rino Gaetano, dove il
cantante crotonese sciorina una serie di personaggi, fatti, situazioni e stati
d’animo che hanno caratterizzato parte della recente storia italiana (e, per
alcuni aspetti, di quella attuale):
«i ministri puliti, i buffoni di corte
ladri di polli, super pensioni
ladri di stato e stupratori
il grasso ventre dei commendatori
diete politicizzate, evasori legalizzati
auto blu, sangue blu, cieli blu, amore blu
rock and blues
NUNTEREGGAEPIÙ
Eya alalà, pci psi, dc dc, pci psi pli pri
dc dc dc dc
Cazzaniga
avvocato Agnelli Umberto Agnelli
Susanna Agnelli Monti Pirelli
dribbla Causio che passa a Tardelli».
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Oppure vale la pena menzionare «Primavera di Praga» (1970) di
Francesco Guccini: lanciata all’indomani dell’invasione sovietica della
Cecoslovacchia, esprimeva il disagio di certi ambienti della sinistra militante
nei confronti del fallimento della primavera praghese. Oggi può valere come
documento storico al pari di una cronaca o di una poesia del tempo. Nel testo il
cantautore modenese riserva a Jan Palach un accorato ricordo, giocando con
l’omonimia tra l’attivista studente praghese e Jan Hus, il teologo riformatore
condannato al rogo dal Concilio di Costanza nel 1415:
«Ma poi la piazza fermò la sua vita
e breve ebbe un grido la folla smarrita
quando la fiamma violenta ed atroce
spezzò gridando ogni suono di voce
Son come falchi quei carri appostati
corron parole sui visi arrossati
corre il dolore bruciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga
Quando la piazza fermò la sua vita
sudava sangue la folla ferita
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo
quando ciascuno ebbe tinta la mano
quando quel fumo si sparse lontano
Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava
all'orizzonte del cielo di Praga».
Più vicina alla realtà italiana è la canzone che Marino Piazza ha scritto
nel luglio 1948, sull’onda emotiva dell’attentato a Palmiro Togliatti. La
canzone (riproposta poi da più artisti col titolo «L’attentato a Togliatti») fu
pubblicata su foglio volante da una tipografia bolognese
7
. Il testo segue la
cronaca dei fatti, quasi con piglio giornalistico:
«Alle ore undici del quattordici luglio
dalla Camera usciva Togliatti
quattro colpi gli furono sparati
da uno studente vile e senza cuor
L'onorevole, a terra colpito
soccorso venne immediatamente
grida e lutto ovunque si sente
corron subito deputati e dottor
L'assassino è stato arrestato
7
BERTONCELLI R., Storia leggendaria della musica rock, Milano, Giunti, 2010.
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dai carabinieri di Montecitorio
e davanti all'interrogatorio
ha confessato dicendo così»
8
.
1.b Protesta e denuncia: il folk negli Stati Uniti all’ inizio del XX secolo
«Il quotidiano AP del 24 giugno parlava
di un poliziotto di nome Earl J. Vaugh
che salì su un tram di Main Street
per arrestare lì Sacco e Vanzetti»
[Woody Guthrie, Red Wine, 1947]
Gli IWW («Industrial Workers of the World»), noti anche come
«Wobblies», hanno certamente costituito una leggenda che supera di gran
lunga il peso reale che la loro organizzazione ha avuto sulla storia. A loro va
comunque dato il merito di aver elaborato un modo nuovo di fare politica.
L’IWW era un movimento ricco di estro, creatività, fantasia e umorismo, che
seppe legare alle più dure battaglie una visione entusiastica di una nuova
società.
Una delle principali lotte di fabbrica dirette dai «Wobblies» è lo sciopero
di Lawrence, città industriale del Massachusetts. Lo sciopero avvenne nel 1912
e un giornalista del tempo ha scritto di come quel movimento era «pieno di
musica; […] uno sciopero in cui la gente canta», aggiungendo che sarebbe stato
difficile, in seguito, dimenticarsi l’euforia e il fuoco che animavano le
nazionalità mescolate nelle assemblee, soprattutto «quando esplodevano nella
lingua universale del canto»
9
.
Il più grande dei cantori «Wobblies» si può individuare in Joe Hill, che
per lo sciopero di Lawrence formulò quello che sarebbe diventato l’inno della
lotta:
8
Marino Piazza, Il criminale attentato al tenace difensore del popolo lavoratore (1948), su foglio volante
stampato dalla Tipografia Moderna di Bologna.
9
PORTELLI A., La canzone popolare in America: la rivoluzione musicale di Woody Guthrie, Bari, De
Donato, 1975.
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«The preachers, cops, and money-kings
were working hand in hand
The boys in blue with stars and stripes
were sent by Uncle Sam
Still, things were looking blue
'cause every striker knew
that weaving cloth with bayonets is hard to do»
10
.
Immigrato di origine svedese, Joe Hill è stato autore di alcune tra le più
grandi canzoni rivoluzionarie e uno dei maggiori poeti del movimento operaio
americano. Insieme a lui hanno operato Mac McClintock e Ralph Chaplin,
quest’ultimo autore di una delle canzoni più conosciute tra quelle prodotte
dalla classe operaia americana: sulle note di «John Brown’s body» elabora un
inno che sarà utilizzato più volte durante il XX secolo:
«When the union's inspiration
through the workers' blood shall run
There can be no power greater
anywhere beneath the sun
Yet what force on earth is weaker
than the feeble strength of one
But the union makes us strong
Solidarity forever, Solidarity forever
Solidarity forever
For the union makes us strong»
11
.
Fino a quel momento la canzone operaia ‘ufficiale’ era stata solenne,
rigida, caratterizzata da un linguaggio gonfio di retorica, e la musica di
accompagnamento non era da meno, priva di umorismo e di vivacità. In questo
modo i «Wobblies» sono entrati a far parte del patrimonio culturale del
movimento operaio; il bagaglio essenziale di ogni militante era il «Little red
songs book»
12
, strumento di propaganda cui era affidato il messaggio dell’IWW,
ancora più delle enunciazioni politiche. Arricchito di edizione in edizione con i
contributi di cantori e poeti, era costituito da «canzoni per attizzare le fiamme
10
«Preti, sbirri e milionari / lavoravano fianco a fianco / i ragazzi in divisa con le stelle e strisce / furono
inviati dallo zio Sam / ma le cose andavano male lo stesso / perché ogni scioperante sapeva / che è difficile
tessere la stoffa con le baionette» (A little talk with Golden, 1912).
11
«Quando l’ispirazione del sindacato / scorrerà nel sangue dei lavoratori / non ci sarà forza più grande /
in nessun luogo sotto il sole / ma quale forza è più debole / della fiacca forza di uno solo? // Solidarietà per
sempre (x3) / perché l’unione ci ha fatti forti» (Ralph Chaplin, Solidarity forever, 1915).
12
Libretto rosso delle canzoni.
Nicola Cargnoni - «Da W. a W. - Canzone e cambiamenti sociali da Woody Guthrie a Woodstock»
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dello scontento», proprio come riportava il sottotitolo del libretto. Il ‘canzoniere’
degli IWW acchiappa di tutto: canzonette vecchie e nuove, inni religiosi,
canzoni popolari, inni patriottici. Lo schema è semplice: utilizzare arie
familiari e facili da imparare su cui adattare versi di forte matrice sindacale.
È soprattutto dall’ambito religioso che i «Wobblies» attingono a piene
mani, e per più motivi: anzitutto per un’ovvia ragione legata alla satira
anticlericale, poi perché i canti religiosi sono adatti a un uso collettivo e perché
vi si trova un fervore e una passione espressiva di cui il sindacato
rivoluzionario si appropria. Joe Hill e i suoi compagni hanno avuto il merito di
immettere nella canzone sindacale quella vitalità tipica e caratteristica della
cultura operaia vera. Non è un caso che nel 1914 Joe Hill sia stato arrestato e
condannato a morte per aver commesso un omicidio durante una rapina; la
colpevolezza non è mai stata provata, ma (proprio come per Sacco e Vanzetti)
c’era l’urgenza di togliere di mezzo un personaggio scomodo, che sarebbe stato
ricordato a lungo da chi ha portato avanti la tradizione del canto di protesta.
Paul Robeson, negli anni Trenta, e Joan Baez, qualche anno dopo, canteranno
La copertina dell’edizione del 1923
del Little red songs book, con il
caratteristico sottotitolo.
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«dovunque gli operai si organizzano, dovunque gli uomini lottano per i loro
diritti, è lì che troverai Joe Hill»
13
, e questa canzone ispira anche Steinbeck che
mette parole simili in bocca a Tom Joad, protagonista di «Furore»
14
.
La sfortuna del destino del movimento operaio, che negli Stati Uniti
subisce la sconfitta a scapito dell’integrazione nel sistema, non va di pari passo
con quello della musica ad esso legata. Cacciate dai libri di storia, le lotte, le
sconfitte e le speranze degli operai americani, dei neri, degli immigrati, dei
poveri, trovano voce nella canzone popolare che diventa così controstoria e
controcultura insieme.
A segnare il solco tra l’America virtuale (quella del ‘sogno’, della corsa
all’oro, degli sterminati campi coltivati e frutteti che sembravano poter
sfamare e dare lavoro a chiunque) e quella reale sta Woodrow Wilson Guthrie,
detto Woody, nato nell’Oklahoma del 1912. Un uomo che, come tutti i suoi
conterranei, ha dovuto soccombere alla letale combinazione di tempeste di
sabbia e Grande Depressione, aderendo in pieno all’immagine che
successivamente sarebbe stata tracciata da Steinbeck nel già citato «Furore».
Guthrie nasce il 14 luglio a Okemah, uno dei tanti piccoli centri
contadini degli Stati Uniti del Sud-Ovest, abitato da gente dura e combattiva,
un miscuglio di razze come tutto l’Oklahoma, che era diventato stato da pochi
anni. Territorio di Toro Seduto fino al 1899, nel primo ventennio del XX secolo
l’Oklahoma viene ‘conquistato’ dagli homesteaders, i contadini che avevano
potuto beneficiare di una legge del 1862
15
, stabilendosi nelle terre incolte delle
praterie occidentali e diventandone proprietari.
13
Earl Robinson, I dreamed I saw Joe Hill last night.
14
Nel film del 1940, diretto da John Ford, Tom Joad è interpretato da Henry Fonda che, parlando con la
madre, alla fine dice: «Uno non ha un’anima per sé solo, ma un pezzetto d’una grande anima, che è la
grande anima di tutta l’umanità. Quindi non importa, perché io non potrò mai morire. Io sarò dovunque,
dovunque ci sia un uomo. Dovunque ci sia un uomo che soffre e combatte per la vita, io sarò là. Dovunque
ci sia un uomo che lavora per i suoi figli, io sarò là. Dovunque il genere umano si sforzi di elevarsi, coi
ricchi e coi poveri, in questa comune aspirazione di continuo miglioramento, e dove una famiglia mangerà
le frutta d’un nuovo frutteto, o andrà a occupare la casa nuova, là mi troverai.».
15
La Homestead Act, che dava diritto a ogni cittadino al di sopra dei 21 anni a una concessione di 160
acri a basso prezzo, purché si impegnasse a costruirvi sopra un’abitazione e non avesse fatto parte
dell’esercito sudista.