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INTRODUZIONE
Definire le Funzioni Esecutive non è semplice poiché con questo termine non ci si
riferisce ad una singola entità, bensì a un insieme di diversi sottoprocessi necessari per
svolgere un determinato compito e per raggiungere un particolare fine in modo
articolato e flessibile.
Le FE, quindi, raggruppano e valutano abilità di livello gerarchico complesso come la
capacità di stabilire gli scopi e gli obiettivi di un’azione, e sono indicatori del modo in
cui il soggetto tenderà ad organizzarsi in situazioni conflittuali, quali soluzioni troverà,
quali strategie metterà in atto e come si comporterà nei confronti degli altri.
Per tutti questi motivi, lo studio delle Funzioni Esecutive costituisce per gli psicologi
una grande sfida che, attraverso nuovi strumenti clinici, diagnostici e riabilitativi potrà
orientare maggiormente i campi della neuropsicologia e della psicopatologia dello
sviluppo.
Il rapporto tra Funzioni Esecutive e sviluppo del linguaggio e le competenze emergenti
di FE è stato studiato per la maggior parte in campioni clinici di età scolare con
Disturbo Specifico del Linguaggio (SLI).
Nella popolazione SLI sono state segnalate limitazioni in diversi domini di Funzioni
Esecutive, anche quando le attività coinvolgevano informazioni spaziali e non
richiedevano risposte verbali, suggerendo che il Disturbo del Linguaggio potrebbe
essere il risultato di un deficit di elaborazione generale non limitata al dominio del
linguaggio.
Nei primi due capitoli di questo lavoro sono state trattate le Funzioni Esecutive e lo
Sviluppo del Linguaggio con definizioni e teorie sottostanti.
Il Terzo e il Quarto capitolo, invece, sono dedicati all’osservazione di diversi studi che
hanno indagato il rapporto tra Funzioni Esecutive e Sviluppo del Linguaggio.
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In particolare l’attenzione è caduta su due recenti studi italiani.
In un articolo gli autori si focalizzano sul rapporto tra Funzioni Esecutive emergenti e il
linguaggio in bambini con sviluppo tipico nel terzo anno di vita, in relazione alle abilità
fonologiche e morfosintattiche.
Nell’altro, invece, l’attenzione è rivolta ai bambini con Disturbo Specifico del
Linguaggio e alle loro prestazioni nei test che valutano la memoria di lavoro e
l’attenzione.
Quello che emerge è una notevole diversificazione del costrutto di Funzioni Esecutive
sia da un punto di vista concettuale che metodologico. Nel complesso, è stato scoperto
che i processi di controllo cognitivo sono particolarmente importanti durante le prime
fasi di acquisizione delle diverse competenze linguistiche, quando è necessario uno
sforzo per gestire le abilità emergenti non basate su schemi o processi automatizzati.
Nei bambini in età scolare, con sviluppo tipico e atipico, lo studio di fattori predittivi di
una determinata competenza linguistica comporta spesso un’associazione di alcune
funzioni esecutive e qualche altra capacità linguistica.
Questo fatto indica, apparentemente, una connessione quasi indissolubile tra le
competenze linguistiche e i processi cognitivi nelle fasi di sviluppo, una connessione
influenzata anche dalle richieste accademiche, come è il caso dell’alfabetizzazione.
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CAPITOLO I
LE FUNZIONI ESECUTIVE
1.1 Definizione di Funzioni Esecutive
Le Funzioni Esecutive (FE) sono generalmente definite come le abilità necessarie per
programmare, mettere in atto e portare a termine con successo un comportamento
finalizzato a uno scopo. A partire da questa descrizione delle FE, Welsh e Pennington
(1998) hanno individuato tre elementi costitutivi fondamentali:
La rappresentazione mentale del compito con le informazioni rilevanti e
l’obiettivo da raggiungere;
Lo sforzo di inibire o rimandare nel tempo una risposta impulsiva;
La pianificazione strategica delle azioni da svolgere attraverso la definizione di
una sequenza di passaggi.
Se da una parte ci troviamo di fronte a un sostanziale accordo su una generale
definizione delle FE, dall’altra c’è un dibattito fra gli studiosi sulla natura unitaria o
molteplice di questo costrutto. Tradizionalmente, infatti, le FE sono state considerate un
sistema unitario, corrispondente a un “esecutivo centrale” capace di controllare la
selezione, l’attivazione e il mantenimento dei processi cognitivi e di modificare il
comportamento in base a scopi specifici.
Norman e Shallice (1986) hanno proposto un modello gerarchico a tre livelli in cui il
funzionamento dei processi automatici (I livello) è controllato da schemi (II livello) che
possono essere attivati simultaneamente in numero limitato e che funzionano bene in
situazioni routinarie e familiari per il soggetto. In tutte le situazioni in cui bisogna
pianificare o prendere decisioni, intraprendere un’azione nuova, correggere gli errori,
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frenare risposte apprese ma inadeguate, affrontare una situazione complessa o
pericolosa, è necessario l’intervento del Sistema Attenzionale Supervisore (III livello).
La tendenza attuale da parte di numerosi studiosi è di considerare le FE un termine
comprensivo, che non definisce cioè un solo concetto, ma che racchiude diverse
capacità con le loro specifiche caratteristiche (Welsh & Pennigton, 1998; Anderson
2002).
Inoltre, è stata rilevata la necessità di individuare all’interno del costrutto diverse
sottocomponenti parzialmente indipendenti le une dalle altre; tuttavia non c’è accordo
sul numero di fattori individuati, così come variano i nomi ad essi attribuiti (memoria di
lavoro, flessibilità, inibizione, pianificazione, autocontrollo, formazione di concetti, uso
di strategie, analisi del compito.)
Recentemente Stuss e Alexander (2000) hanno tentato una riconciliazione delle visioni,
ipotizzando l’esistenza di un sistema supervisore composto da diverse parti, in cui
processi distinti ma interrelati fra loro contribuiscono al controllo esecutivo globale.
In sintesi possiamo dire che le FE possono essere descritte come un particolare set di
operazioni cognitive attivate nel perseguimento di obiettivi, responsabili della
programmazione, della capacità di stabilire mete, di classificare, di saper eseguire un
ordine, del controllo e monitoraggio del proprio comportamento, di saper ordinare una
serie di attività al fine di raggiungere un obiettivo e di gestire, più in generale, tutte le
attività mentali. Tutti questi fenomeni, come vedremo più avanti, sono da attribuire a un
sistema centrale sito nella Corteccia Prefrontale.
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1.2 I modelli teorici delle Funzioni Esecutive
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Uno dei dibattiti più accesi riguarda proprio la natura del costrutto di Funzioni
Esecutive: si tratta di un processo unitario, oppure di un insieme di componenti
indipendenti e distinte tra loro? E in questo caso quale sarebbe la relazione esistente fra
queste diverse componenti? (Best et al. 2009).
In merito alla prima questione, alcuni autori suggeriscono l’esistenza di una serie di
componenti separate fra loro, ma allo stesso tempo interconnesse in un sistema
gerarchicamente organizzato basato sulla stretta collaborazione fra le varie
sottocomponenti, come proposto da Shallice (1990) nella definizione di Sistema
Attenzionale Supervisore (SAS): un sistema a capacità limitata coinvolto in una serie di
processi esecutivi, tra cui pianificazione, presa di decisione e ricerca di soluzioni in
situazioni nuove e non abituali. Allo stesso modo anche Dempster (1992) mira alla
definizione di una teoria unificata delle Funzioni Esecutive, individuando come
costrutto essenziale un processo inibitorio generale.
In contrasto, altri autori considerano le Funzioni Esecutive come un costrutto unitario
formato da diversi domini che agiscono indipendentemente gli uni dagli altri e in aree
cerebrali differenti; a questo proposito viene richiamata l’altra annosa questione che
riguarda la domanda su quali siano effettivamente queste componenti. In accordo con
Welsh e Pennington (1998) anche Anderson (2002) considera la pianificazione una
componente essenziale delle cosiddette azioni goal-oriented.
In uno studio del 2000 Miyake e collaboratori hanno valutato, invece, il rapporto
esistente tra flessibilità, monitoraggio e inibizione comportamentale, considerati come i
meccanismi base delle Funzioni Esecutive. I risultati della ricerca hanno dimostrato che
questi tre meccanismi cognitivi sono costrutti separati, ma non completamente
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Fonte del paragrafo: Tesi di Laurea di Valeria Lucia "Il ruolo delle Funzioni Esecutive nei bambini
con ADHD e DSA" - http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=29771
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autonomi, a supporto sia dell’ipotesi delle Funzioni Esecutive intese come costrutto
unitario, composto da diverse componenti interconnesse, sia della teoria opposta,
secondo cui l’esecutivo centrale delle FE sarebbe frazionato in sottosistemi fra loro
indipendenti. Ancora, altri autori (Davidson et al. 2006; Bell et al. 2007) identificano
l’inibizione e la memoria di lavoro come due costrutti inseparabili e che costituiscono la
componente essenziale delle Funzioni Esecutive.
Una delle ipotesi più accreditate sulle FE, quindi, riguarda la loro natura di tipo
multicomponenziale. Nel 1991 Shallice e Burgess hanno condotto un esperimento su tre
soggetti che, in seguito ad un incidente stradale, hanno riportato un danno al lobo
frontale: nonostante fossero comunque persone molto intelligenti e in grado di
completare con successo alcuni test classici relativi alla valutazione delle Funzioni
Esecutive, non furono più in grado di mettere in pratica un piano d’azione cosiddetto
“multitasking” associato ad una situazione di vita quotidiana piuttosto abituale (per es.
lo shopping).
A questo proposito Burgess (2000) suggerisce un modello in cui vengono riassunte
quelle che secondo lui costituiscono le tappe fondamentali che una persona deve
applicare per compiere una qualsiasi attività quotidiana, caratterizzata da un
comportamento di tipo sequenziale. Prima di tutto una persona deve essere in grado di
comprendere a fondo le regole che vincolano lo svolgimento dell’attività, regole che
sono di fondamentale importanza poiché permettono di formulare un adeguato piano
d’azione mediante i vari passi che si susseguono durante l’esecuzione dell’attività,
cercando di mantenere un livello di coerenza il più adeguato possibile fra i passi
pianificati e l’effettiva esecuzione. Inoltre il soggetto deve essere in grado di rievocare
con attenzione i vari passaggi per poter eventualmente apportare delle correzioni o dei
miglioramenti in relazione a ciò che si è appena svolto.