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INTRODUZIONE
Lo scopo della ricerca è stato quello di mettere in rilievo la tradizione culturale astrologica fortemente
sentita nell’ambiente mantovano della seconda metà del XVI secolo. Ed è proprio questo aspetto che ho
cercato di focalizzare all’interno della mia ricerca, aspetto che relativamente ad un personaggio del
Rinascimento italiano, Guglielmo Gonzaga, trova riscontro in una rappresentazione pittorico celebrativa
quale quella della Volta della camera dello Zodiaco nel Palazzo ducale di Mantova. La raffigurazione che
mostra elementi a carattere astrologico quali costellazioni zodiacali ed extrazodiacali e la presenza al centro
di una figura femminile simboleggiante Diana – Luna, le interpretazioni che il soffitto ha stimolato, mi
hanno portato a ricercare il significato dell’opera e la sua collocazione all’interno di una cultura artistico
umanistica quale quella mantovana sul finire del secolo XVI. Ho iniziato la ricerca con l’analisi del periodo
storico all’interno del quale visse il committente dell’opera, per poi studiare quell’artista che ne ricoprì la
paternità. Quest’ultimo, erede di una formazione culturale proveniente dall’ambiente mantovano,
influenzato nel suo viaggio a Roma dal contatto che ebbe con gli Zuccari nel VI decennio del XVI secolo e
quindi dal Tardo Manierismo romano, portò a compimento la Volta della camera dello Zodiaco sulle fila
delle pratiche astrologiche che si esplicavano all’interno della Corte mantovana.
Ma se l’interesse crescente verso il cielo ed i messaggi ed i simboli che contiene erano da questa
fortemente sentiti, non di meno lo era lo studio su basi scientifiche che gli astronomi praticavano. Dopo
quindi un excursus storico artistico sulla vita e le opere che il pittore visse e realizzò, dopo un’analisi del
palazzo e degli ambienti in esso contenuti, ho cercato di risalire alla storia della camera dello Zodiaco
mettendo in evidenza i mutamenti che subì nel tempo. Da qui è partita un’analisi di carattere iconografico
riferita agli elementi che erano rappresentati sulla Volta della camera summenzionata per tentare di
giungere ad un’interpretazione iconologica. A questo punto, se le costellazioni con la loro posizione, i miti
ad esse relativi ed i significati a loro intrinseci, potevano lasciar presupporre una celebrazione del
committente o di personaggi a lui intimamente legati, mi sono chiesta se tutto ciò poteva avere un
riscontro effettivo con un substrato di carattere astronomico. Per questo motivo mi sono rivolta
all’osservatorio astronomico di Monte Mario, dove il Dottor Giorgio Buonvino ha potuto effettuare controlli
tramite computer sulla porzione del cielo presa in esame. Ne è risultata l’aderenza che essa riveste in
relazione a delle date ben precise. Sono stati controllati gli avvenimenti più importanti che il Duca ha
vissuto durante il suo regno dalla nascita ad un periodo appena precedente l’inizio dei lavori della Volta. Da
qui il passaggio ad una conclusione, avvalorata dall’estrapolazione di significati simbolici contenuti
all’interno della figurazione centrale e di quelle che la coronano, è stato conseguente. La celebrazione della
famiglia di Guglielmo Gonzaga, con la figura al centro mediante la quale è rappresentata simbolicamente la
moglie del Duca, Eleonora d’Austria, viene qui messa in evidenza attraverso quel cielo stellato che spesso
nei secoli ha esaltato grandi personaggi della storia.
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CAPITOLO I
INQUADRAMENTO STORICO DEL PERIODO DI GUGLIELMO GONZAGA
§ 1.1 I GONZAGA
Le tesi sull’origine della famiglia Gonzaga sono due: l’una che vede i capostipiti della famiglia come
“Milites” della Contessa Matilde di Canossa e l’altra che li individua come nati in un “humilissimo loco”: in
un atto di vendita del 1117, un certo Wilberto Gonzaga, appare come autorevole testimone accanto ad altri
della dinastia dei Gonzaga; egli afferma che: “Longobardi sunt illi di legge et anche di stirpe”.
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Nel 1538 la famiglia si insedia sulle rive del Po in un paese che è già incluso nelle già sconfinate
proprietà dei Canossa e che sarà continuamente conteso tra la Chiesa e l’Impero. La famiglia Gonzaga
accrebbe in maniera smisurata le proprie ricchezze dal XII al XIV secolo e la loro storia politica fu senza
dubbio fortemente travagliata, essi furono in un primo tempo Guelfi per poi entrare a far parte delle
schiere dei Ghibellini.
Il governo dei Gonzaga durò fino al 1707 con l’assunzione di titoli nobiliari quali Capitani, Marchesi
nel 1433, Duchi nel 1540. Le loro tendenze si realizzarono o nella politica o nella carriera militare:
ricordiamo le vittorie su Carlo VIII Re di Francia (1495) a Formosa e su Francesco I a Pavia (1525) oppure
meglio ed in maniera più prorompente come mecenati degli artisti, dei letterati e delle arti. Portarono
quindi a superbe migliorie il proprio stato e nel 1309 fecero costruire il Castello di San Giorgio che all’inizio
ebbe una funzione difensiva per venire in seguito adibito ad abitazione e così ingrandito ed affrescato da
valenti artisti. Nell’ambito della dinastia è necessario segnalare un episodio a parte e cioè l’esistenza di
numerosi rami cadetti che furono i fondatori di signorie gonzaghesche autonome. Essi nel periodo della
prefettura del Bertani attestano l’elemento più creativo dovuto appunto ai cadetti della potente casata: la
nascita e lo sviluppo della cittadina di Sabbioneta. Questo evento realizzatosi nel 1554 rispecchiando un
concetto di città ideale subì solo parzialmente le influenze della corte mantovana. Vespasiano Gonzaga,
fondatore e principe di Sabbioneta, rimase una figura isolata rispetto al nucleo familiare.
§ 1.2 IL DUCA GUGLIELMO E LA CORTE VECCHIA
L’analisi del ruolo di questo personaggio alla corte mantovana è fondamentale per arrivare ad una
completa messa a fuoco del periodo storico che interessa questa ricerca.
In seguito al ducato di Federico II, dopo la morte dei suoi discendenti legittimi, rimasero Guglielmo,
Ludovico e Federico, l’ultimo dei quali diverrà vescovo di Mantova e successivamente Cardinale. Ludovico
ad 11 anni sarà inviato in Francia con la guida di Leonardo Arrivabene per entrare in possesso dei beni a lui
destinati dalla nonna materna Anna d’Alecon e per dare così l’avvio, divenendone il capostipite al ramo
cadetto dei Nevers che saranno solo comparse del decadimento della Signoria.
Guglielmo nasce il 24 Aprile del 1538. Al momento della morte del fratello aveva 12 anni e la sua
figura terribilmente deforme era testimonianza di quella tara ereditaria, la gibbosità, che vedrà in lui
l’ultimo esponente. Lo zio, il Cardinale Ercole, gli aveva offerto una gloriosa vita ecclesiastica pensando che
fosse più indicata al suo aspetto, ottenendo però dal bambino un netto rifiuto. Il Cardinale Ercole ne ebbe
la tutela per nove anni e per questo periodo Mantova godette di una saggia amministrazione interna e di
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E. Marani - G. Amadei, I Gonzaga a Mantova, Milano 1975
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un ponderato equilibrio sorretto da leggi che il Cardinale ordinò di redigere in bronzo e di tenere esposte
affinchè tutti le vedessero in una sala del Palazzo Municipale. Guglielmo governò bene, di lui si potè dire
che fu l’ultimo grande statista di casa Gonzaga. La sua personalità è caratterizzata da un ingegno fervido, da
un irriducibile carattere, da una sottile sensibilità ed astuzia ed infine da una buona preparazione culturale
e politica.
La formazione degli ultimi Gonzaga e l’handicap fisico senza dubbio influirono su tutto ciò che di
complesso e sconcertante era nella sua personalità. Maria Bellonci nel romanzo storico sui Gonzaga, dà una
descrizione del gobbo Duca fortemente caratterizzata affermando che, in un periodo d’inquisizione, in un
periodo di torture morali e fisiche: “… Il Duca dal canto suo rincalzava la severità dell’inquisitore, guai agli
scomunicati, guai a coloro che non si confessano, ma guai, soprattutto guai ai concubinari”.
Poter fare una legge che vietava in qualche modo l’amore era stata un premio per la nevrastenica
continenza del Duca: lui e sua moglie, dal quel 1567 con tre figli n casa, avevano fatto voto di amore
spirituale, come santo esempio diranno i panegiristi: magari un esempio e non un sacrificio perché l’amore,
e proprio il più legittimo, coniugale, era stato per il Duca Guglielmo una prova tra le peggiori della sua
vita…”.
Ma Guglielmo fu un ottimo statista, quello che possedette di buono lo dedicò al ducato, mentre
tutto ciò che ebbe di negativo lo riversò nella politica del Monferrato; politica difficile che rivestiva un
problema superiore alle sue forze, non per mancata capacità ma per giochi d’interesse provenienti da
diverse direzioni. Personaggio di grande rilievo spese ingenti somme per pagare quella che fu una delle più
elette virtù della sua famiglia ovvero l’arte. Il suo atteggiamento nei confronti della religione fu invece
moderato, aborrì i fantasmi e si oppose energicamente nella sua prerogativa di principe agli eccessi
dell’inquisizione. Ma i poli divergenti di cui era costituito il carattere del Gonzaga lo vedono terrifico nel
Monferrato e fortemente umano per quanto riguarda iniziative di carattere sociale. Nonostante il suo
aspetto scostante e le sue terribili reazioni nei momenti d’ira, normalmente denuncia un carattere gentile
che si esprime nella predilezione della musica e del favore che indirizza ai musicisti. Furono questi anni
d’intenso lavoro artistico che per dimensione e risultati non fu certo inferiore ad altri. Vediamo ad esempio
l’opera dell’architetto Bertani (1516 – 1576) che successe a Giulio Romano; la costruzione della chiesa
palatina di Santa Barbara, la grandiosa trasformazione di Palazzo Ducale, il rinnovamento di quello di Goito,
oggi scomparso. Questo palazzo, a detta del Fochesati, venne fatto costruire intorno al 1460
2
. Esso
consisteva in un vasto parco; conseguentemente venne abbellito nel 1500 da Francesco che lo popolò di
animali selvaggi. Guglielmo preferì questo luogo a qualsiasi altro e lo rese superbo, spendendovi 2.000
ducati.
Sotto il nome di Castello si comprendeva la Rocca, il Palazzo, il Parco. Nell’archivio di stato
Lombardo di Milano troviamo una descrizione particolareggiata con i nomi degli architetti e dei pittori che
vi lavorarono, il numero delle stanze, l’uso, la denominazione degli appartamenti, le decorazioni ed inoltre
le decorazioni del Palazzo secondario detto “Monastero”
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.
L’insieme degli ambienti voleva probabilmente rappresentare l’apoteosi di Mantova e dei Gonzaga.
Al presente possiamo vedere solo dei ruderi. Nelle guerre del 1701 – 1707 – 1735 il Castello subì
devastazioni, ruberie, cadendo definitivamente in rovina.
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G. Fochessati, I Gonzaga a Mantova e l’ultimo Duca – Mantova 1912, p. 42
3
Archivio di Stato di Milano, Serie II, Fasc. I, Anno XV
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Guglielmo Gonzaga fu quindi tipico personaggio del Rinascimento che alla sua morte si ha ragione
di credere lasciò un vivo e vero vuoto tra i concittadini. Con altrettanta sicurezza si ha ragione di pensare
che lo stesso sentimento non fu avvertito dalla gente di Casale che di fronte agli innegabili torti subiti, non
si rendeva conto che essi costituivano solo una della numerose cause che avevano provocato la decadenza
del Monferrato. Che dopo tanti anni di ristrutturazione in Corte nuova il Duca Guglielmo volesse trasferirsi
in Corte Vecchia può senz’altro apparire strano, specialmente in un momento in cui in ogni angolo della
prima sembrava essere prossimo all’ultimazione per quanto riguarda la costruzione bertiana, oltre che per
la decorazione, anche per l’arredamento. La decisione, presa già nel 1565, era stata motivata dal desiderio
di predisporre la Corte Nuova a favore del figlio di Guglielmo, Vincenzo, che a quella data aveva tre anni.
Sempre a favore del principino si proclamarono i cicli pittorici dei “fasti gonzagheschi” e dell’”origine di
Mantova” che vedranno la realizzazione tra il 1574 ed il 1580.
Gregorio Comanini, recitando l’elogio funebre per Guglielmo dirà che il duca aveva scelto per il suo
erede una vita tra le immagini che richiamavano vecchie reminiscenze mantovane e gonzaghesche, di modo
che si sentisse attratto nell’orbita delle medesime e stimolato a fare costante riferimento ai gloriosi eventi.
Intanto per sé il Duca aveva ordinato la ristrutturazione della Corte Vecchia i cui lavori erano stati avviati
nel 1567 sotto la direzione del Bertani. Nel 1573 l’opera era già ad uno stato avanzato quando il Duca
chiamò da Ferrara Pirro Lagorio. La sua venuta fu motivata dal desiderio di Guglielmo di aver suggerimenti
sul modo e sulla tematica da proporre per tre stanze della corte vecchia. Dunque Ligorio, artista
napoletano, propose che nella prima venissero rappresentati il corso della vita umana ed i sette pianeti,
nella seconda le virtù morali e la musica e nella terza, che era uno studio, gli inventori delle scienze e la
nascita di Minerva dal cervello di Giove.
Nel 1574 quindi avvenne il trasferimento in Corte Vecchia, essa acquistò di nuovo il ruolo di Corte
Gonzaghesca che sembrava di aver perduto da oltre un secolo. Il trasloco comunque non interruppe i lavori
che anzi procedettero in maniera serrata e senza risentire della morte dell’architetto Bertani cui
succedette, tra il 1574 ed il 1587 anno della morte di Guglielmo, l’architetto Gian Battista Zelotti di natali
vicentini. Questo divenne la guida dei lavori della Reggia gonzaghesca. Lo Zelotti fu seguito durante il corso
degli anni sopra menzionati dagli architetti ed artisti Pompeo Pedemonte mantovano, Bernardino Brugnoli
veronese, Bernardino Facciotto il Monferrino, Oreste Biringucci il senense, ancora Pompeo Pedemonte ed
infine Francesco Traballesi il fiorentino, che tra il 1574 ed il 1587 si occupava di una nuova impresa sempre
commissionata dal Duca Guglielmo e cioè quella di un prestigioso palazzo ubicato nella tenuta di Goito già
menzionato.
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La varietà delle fabbriche, i diversi modi di costruire sotto la reggenza di Guglielmo possono
senz’altro testimoniare dell’atteggiamento d’indifferenza del Duca nei confronti di un programma
architettonico unitario. Questa disposizione di apertura verso l’afflusso di espressioni diverse è
rappresentata dalla presenza di artisti di formazione differenti quali il Brugnoli, raccomandato dal Palladio,
il Biringucci, il Traballesi e Giacomo della Porta. Il lato della Corte Vecchia destinato al Duca si estendeva
verso la chiesa di Santa Croce e di conseguenza verso quella via che precedentemente aveva delimitato
l’area di castello. Tale espansione si verificò ulteriormente all’interno, cosicchè scomparve ogni scissione tra
Corte e Castello che rappresentavano i due vecchi e fondamentali settori della corte dei Gonzaga. Dal lato
che dava sulla chiesa di Santa Croce, Guglielmo allungò un’ala verso la chiesa nuova di Santa Barbara che si
conserva ancora oggi e dove sono ubicate le camere dello zodiaco e dei Mori. La fabbrica fu articolata in
maniera tale che accanto alle stanze ducali vi fossero degli spazi aperti. Tra i molti ricordiamo il giardino
pensile che ebbe inizio nel 1579 ad opera del Pedemonte, continuato dal Brugnoli ed ultimato dal Facciotto
e nel 1580 il Cortile delle otto facce realizzato anch’esso dal Facciotto.
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E. Marani – G. Amadei. I Gonzaga a Mantova, Milano 1975, p. 58