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Riassunto
Il lavoro di tesi si colloca all’interno di un progetto più ampio del Dipartimento di Ingegneria Civile
e Ambientale del Politecnico di Milano. Il progetto BRAIN (Biotecnologie per la Riduzione
dell'Azoto dai digestati con processi INnovativi) ha come obiettivo quello di dimostrare la fattibilità
tecnica ed economica di un processo biologico avanzato che sfrutta batteri anaerobici ammonio-
ossidanti (anammox) per eliminare l'azoto dalla frazione liquida dei digestati. L’azoto, introdotto
negli scarichi da fertilizzanti azotati sintetici e, a livello antropico, sotto forma di urina, è uno dei
più significativi fattori da tenere in considerazione nel trattamento delle acque reflue in quanto
causa il fenomeno dell’eutrofizzazione, con conseguente diminuzione di ossigeno disciolto.
In particolare, questo progetto propone il trattamento della porzione liquida derivante dalla
digestione anaerobica di un refluo zootecnico tramite una configurazione bifasica di reattori: nel
primo avviene una nitrificazione parziale (PARNIT, PARtial NITrification) che converte il 50%
circa dell’ammonio in nitrito (rapporto finale circa 1:1). Il refluo in uscita viene successivamente
trattato dal secondo reattore SBR (Sequencing Batch Reactor), che contiene biomassa anammox in
grado di rilasciare azoto molecolare consumando, in modo autotrofo, ammonio e nitrito con un
rapporto stechiometrico approssimabile a 1:1.
Gli obiettivi specifici del presente studio possono essere riassunti nei seguenti punti:
-Gestione e controllo di un reattore di laboratorio SBR a diverse condizioni di alimentazione come
modello per il reattore pilota in campo, con lo scopo di semplificare il processo e renderlo
applicabile su scala più vasta.
-Monitoraggio chimico e microbiologico della stabilità del processo nell’impianto pilota.
-Allestimento di prove manometriche per verificare l’inibizione di alcune sostanze che possono
interferire con l’attività della componente microbica anammox.
Come modello in scala minore del secondo reattore dell’impianto pilota, è stato sfruttato un reattore
di laboratorio SBR da 3 L per valutare la possibilità di impiegare il refluo in uscita dal reattore
PARNIT direttamente nel secondo, senza dover ricorrere a diluizioni dello stesso.
Per questo motivo, sono state testate diverse condizioni corrispondenti a concentrazioni di alimento
variabili tra il 25% e il 100% nel corso di 9 mesi, monitorando quotidianamente i parametri di
controllo (concentrazione di ammonio, nitriti e nitrati, Chemical Oxygen Demand, rapporto solidi
volatili/solidi totali) ed effettuando settimanalmente saggi di attività, basati sulla scomparsa delle
specie azotate.
I risultati ottenuti in questa sperimentazione hanno dimostrato che l’attività potenziale della
biomassa anammox ha subito un drastico calo rispetto al valore iniziale, parallelamente all’aumento
della percentuale di refluo PARNIT, per poi riprendere e stabilizzarsi nell’ultimo periodo del
progetto. Nonostante questo, il rapporto NRR/NLR (Nitrogen Removal Rate/ Nitrogen Loading
Rate) è sempre rimasto molto elevato (sino al 99.8%) poiché la quantità di azoto caricata è stata
calibrata in funzione dell’attività potenziale misurata. Sulla base di questi risultati si può affermare
che il refluo al 100% risulta trattabile senza necessità di diluizione, dimensionando però la quantità
di azoto totale in ingresso secondo la risposta della biomassa.
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Una volta testate le condizioni di alimentazione in scala di laboratorio e verificato che l’attività
batterica fosse rimasta costante, si è proceduto alla sperimentazione anche nell’impianto in campo.
Periodicamente, sono state prelevate delle aliquote dei reattori pilota per le analisi microbiologiche.
Il monitoraggio dell’andamento di alcune popolazioni microbiche nel tempo è stato eseguito
mediante analisi FISH (Fluorescence In Situ Hybridization) valutando la presenza e l’attività, in
entrambi i reattori, dei batteri ammonio-ossidanti (AOB), che convertono l’ammonio a nitrito e dei
nitrito-ossidanti (NOB) quali convertono il nitrito a nitrato. I batteri anammox, invece, sono stati
monitorati soltanto nel secondo reattore, poiché questo è l’unico ad ospitarli.
I risultati mostrano una stabilità nel tempo delle popolazioni analizzate in termini di quantità
relativa e, inoltre, una buona attività rilevabile qualitativamente in base all’intensità di fluorescenza
emessa; in particolare, nel primo reattore si nota una maggiore distribuzione dei generi
Nitrosomonas e Nitrosospira mentre nel secondo prevale Candidatus Brocadia anammoxidans.
I microrganismi totali, anammox e AOB sono inoltre stati quantificati mediante PCR quantitativa
(qPCR). I risultati ottenuti confermano la stabilità nel tempo delle comunità microbiche presenti in
entrambi i reattori PARNIT e ANAMMOX, in quanto non sono state riscontrate significative
differenze numeriche durante il periodo di attività.
La struttura delle comunità microbiche totali in entrambi i reattori è stata inoltre analizzata per
mezzo della tecnica di fingerprinting DGGE, Denaturing Gradient Gel Electrophoresis. I risultati
hanno mostrato una notevole stabilità nelle comunità microbiche durante tutto il periodo di
sperimentazione. In particolare, nel caso del reattore anammox, le popolazioni presenti persistono
nel tempo, nonostante il cambiamento delle condizioni sperimentali e l’introduzione di
microrganismi esogeni provenienti, anche se in quantità basse, dal reattore PARNIT a monte del
processo.
In aggiunta al reattore di laboratorio, sono state allestite e monitorate delle prove manometriche in
bottiglie equipaggiate con una testa Oxitop® in grado di rilevare la variazione pressoria per
saggiare eventuali interazioni fra la biomassa anammox e sostanze utilizzate nel processo. Questo
sistema permette una più semplice gestione e controllo rispetto ai reattori di laboratorio proprio per
le dimensioni ridotte e la semplicità dell’apparato.
Tramite questa metodica, è stato verificato l’eventuale effetto di inibizione dovuto ad un
polielettrolita utilizzato a monte del processo come flocculante ma, dai risultati ottenuti, si evince
che l’effetto del composto non è particolarmente significativo.
Questo sistema è stato inoltre applicato per la determinazione della differente attività dei
microrganismi anammox a concentrazioni di alimento variabili, riproponendo in scala minore la
progressione già seguita con il reattore SBR da laboratorio. Questo esperimento, in particolare, ha
consentito di verificare le diverse attività della biomassa in sistemi totalmente confrontabili (stesso
quantitativo di biomassa omogeneamente prelevata, stesse temperatura, velocità di agitazione e
concentrazioni di specie azotate di partenza) che differiscono gli uni dagli altri solo per la
concentrazione di alimento differente.
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1. Introduzione
1.1 Microrganismi anammox
1.1.1. Ciclo dell’azoto e storia dei batteri anammox
L'ossidazione anaerobica dell’ammonio (AnAmmOx) è un processo importante nel ciclo
biogeochimico dell'azoto. L’esistenza di batteri che svolgessero questa reazione è stata ipotizzata
nel 1978 mediante considerazioni teoriche basate sulla termodinamica ma la loro scoperta è
avvenuta solo 20 anni dopo circa e, attualmente, viene stimato che circa il 50% di azoto
nell'atmosfera sia prodotto da questa reazione. La scoperta dei batteri anammox avvenne all’interno
degli impianti di denitrificazione dell’industria Gist Brocades dove si osservò la scomparsa
simultanea di ammonio e nitrito con conseguente produzione di azoto gassoso. Il processo venne
poi monitorato con
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N e, tramite esperimenti che prevedevano trattamenti termici e con i raggi
gamma, fu attribuito ad un metabolismo biologico (Kuenen, 2008).
Il ciclo dell’azoto è costituito da diversi processi (Barbieri et al., 2008):
1) Fissazione dell’azoto e incorporazione
dell’ammoniaca in molecole organiche;
2) Ammonificazione: degradazione della
materia organica azotata da parte dei
microrganismi decompositori;
3) Nitrificazione, conversione dell’ammoniaca a
nitrato;
4) Riduzione assimilativa del nitrato;
5) Denitrificazione: conversione del nitrato ad
azoto molecolare.
Figura 1.1 Schema del ciclo del’azoto
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La fissazione biologica dell’azoto è effettuata da microrganismi procarioti spesso associati in modo
simbiotico a piante o altri microrganismi appartenenti a vari regni di Bacteria e Archaea. L’enzima
che sta alla base della fissazione dell’azoto è la nitrogenasi, costituita da due complessi proteici: la
nitrogenasi e la nitrogenasi reduttasi. Il processo di fissazione dell’azoto molecolare richiede molta
energia ed è inoltre un sistema molto sensibile in quanto, in presenza di fonti diverse di azoto o in
presenza di ossigeno, l’attività della nitrogenasi è repressa.
L’azoto molecolare, una volta trasformato in ammoniaca, viene assimilato sotto forma di azoto
ammidico in un processo chiamato assimilazione. Gli enzimi chiave di questo meccanismo sono la
glutammina sintetasi ATP-dipendente e la glutammato sintasi. Il primo enzima incorpora l’azoto
ammoniacale come azoto ammidico della glutammina mentre il secondo trasferisce tale azoto
ammidico all’acido α-chetoglutarico formando così il glutammato.
Il processo opposto, invece, è noto come ammonificazione ed è dovuto alla decomposizione
proteica, alla decarbossilazione e alla deamminazione degli amminoacidi o alla degradazione di
acidi nucleici, urea e acido urico. L’ammonificazione viene effettuata da piante, animali e
microrganismi e gli enzimi coinvolti differiscono a seconda della fonte di ammoniaca (l’ureasi e
l’uricasi attaccano rispettivamente l’urea e l’acido urico, mentre le proteasi e le peptidasi dei
microrganismi del suolo idrolizzano le proteine degli organismi morti).
L’ammoniaca può subire un processo di ossidazione a nitrato, detto nitrificazione, portato a termine
da due gruppi di batteri aerobi chemioautotrofi, gli ammonio-ossidanti (AOB) che ossidano
l’ammoniaca a nitrito, e i nitrito-ossidanti (NOB) in grado di ossidare i nitriti a nitrati. Il nitrato, a
questo livello, può essere ancora incorporato da svariati microrganismi per mezzo della reazione
definita come riduzione assimilativa del nitrato. Il meccanismo assimilativo sfrutta una permeasi
specifica la quale è in grado di trasportare nelle cellule il nitrato, convertito a nitrito dall’enzima
nitrato reduttasi e successivamente ridotto ad ammoniaca da una nitrito reduttasi assimilativa.
Il nitrato, in assenza di ossigeno, può subire un destino differente e fungere da accettore finale di
elettroni, delineando dunque il processo di denitrificazione. A seconda dei microrganismi che
svolgono le reazioni, il nitrato può essere ridotto a nitrito (il quale viene poi escreto o ulteriormente
ridotto ad ammonio nel caso di batteri fermentanti anaerobi obbligati) o ad azoto molecolare.
La reazione anammox, infine, si inserisce all’interno del processo di ossidazione dell’ammonio ma
è svolta in condizioni anaerobiche.
La prima descrizione dei batteri anammox venne fornita nel 1999, basandosi su biomassa purificata
da una coltura di arricchimento allestita in laboratorio. Benché il tasso di crescita cellulare sia
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estremamente ridotto, dall’analisi dei bilanci di massa si osserva che tali organismi utilizzano
l’anidride carbonica come fonte di carbonio per produrre biomassa (CH
2
O
0.5
N
0.15
) e che il nitrito
non funge solo da accettore di elettroni per l’ossidazione dell’ammonio, ma anche da donatore di
elettroni per la riduzione della CO2. La reazione biochimica complessiva è la seguente:
NH
4
+
+ 1.32NO
2
-
+ 0.066HCO
3
-
+ 0.13H
+
1.02N
2
+ 0.26NO
3
-
+ 2.03H
2
O + 0.066CH
2
O
0.5
N
0.15
Il primo batterio anammox identificato venne chiamato Brocadia anammoxidans e gli fu attribuito
lo stato di Candidatus, non rientrando negli standard microbiologici di purezza.
Fino ad oggi sono stati descritti 5 generi di batteri anammox, all’interno dei quali le specie
presentano identità di sequenza del gene 16S rRNA comprese tra l’87 e il 99% (Jetten et al., 2009).
Figura 1.2 Albero filogenetico dei batteri anammox basato sul gene del 16S rRNA. La barra rappresenta il
10% di divergenza di sequenza. (Kuenen, 2008)
Di questi generi, 4 sono stati arricchiti a partire da fanghi attivi: Candidatus “Kuenenia” (Schmid et
al., 2000; Strous et al., 2006),“Brocadia” (Strous et al., 1999; Kuenen e Jetten, 2001; Kartal et al.,
2008), “Anammoxoglobus” (Kartal et al., 2007b) e “Jettenia” (Quan et al., 2008); il quinto genere,
“Candidatus Scalindua”(Kuypers et al., 2003; Schmid et al., 2003; van de Vossenberg et al., 2008),
è stato spesso ritrovato negli habitat naturali, in particolar modo all’interno di sedimenti marini e
nelle zone di minimo ossigeno (OMZ) (Dalsgaard et al., 2005; Penton et al., 2006; Schmid et al.,
2007; Woebken et al., 2008). Analizzando le colture di arricchimento al microscopio elettronico, si
evidenziarono caratteristiche strutturali insolite e simili a quelle dei Planctomycetes, ai quali gli
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anammox sono filogeneticamente correlati, come dimostrato da successive analisi sulle sequenze
del gene 16S rRNA.
1.1.2 Caratteristiche strutturali e biochimiche dei microrganismi anammox
Metabolismo e crescita dei batteri anammox
Il tasso di crescita dei batteri anammox è molto lento e il tempo di duplicazione di tali
microrganismi si aggira intorno a 11-20 giorni (Kuenen, 2008), a seconda delle condizioni di
coltura. In natura, la duplicazione cellulare degli anammox può avvenire ancora più lentamente,
date le basse concentrazioni di substrato a cui essi prosperano.
Essi, inoltre, sono classificabili fra i microrganismi anaerobi stretti in quanto il loro metabolismo
viene inibito al di sopra di concentrazioni di ossigeno pari a 2 μM (Strous et al., 1997). All’interno
di reattori SBR (Sequencing Batch Reactors), è possibile ottenere arricchimenti stabili dopo circa
90-200 giorni, utilizzando gas privo di ossigeno sia come garanzia di anaerobiosi, sia come mezzo
di omogeneizzazione dei substrati, dei prodotti e degli aggregati cellulari (Strous et al., 1999; Kartal
et al., 2007b; 2008; van de Vossenberg et al., 2008). L’alimentazione del reattore deve avvenire con
ammonio, nitrito, bicarbonato e nitrato; in particolare, quest’ultimo previene bassi potenziali redox
mentre il bicarbonato viene impiegato dai batteri anammox come unica fonte di carbonio, la cui
fissazione avviene attraverso il pathway dell’acetil-CoA. Gli anammox, tuttavia, non sono
necessariamente chemiolitotrofi stretti: infatti, recenti studi hanno mostrato che essi sono in grado
di utilizzare lo ione ferroso (Fe
2+
) e acidi carbossilici come donatori di elettroni (formiato, acetato,
propionato, metilammine) (Strous et al., 2006; Kartal et al., 2007b; 2008).
L’accettore di elettroni è, solitamente, lo ione nitrito, ma i batteri anammox, utilizzano anche Fe
3+
,
ossidi di manganese e nitrato (Strous et al., 2006). In particolare, quest’ultimo è ridotto ad ammonio
e nitrito, i quali si combinano a formare N
2
grazie alla reazione anammox (Kartal et al., 2007a).
Biologia cellulare dei batteri anammox
Come precedentemente accennato, i batteri anammox presentano, al microscopio elettronico,
caratteristiche strutturali insolite riscontrabili anche nel phylum Planctomycetes ai quali sono
filogeneticamente correlati. Nella fattispecie, sebbene gli organelli intracellulari legati alla
membrana rappresentino una delle caratteristiche che definiscono gli organismi eucarioti, anche in
questi organismi procarioti riscontriamo la stessa caratteristica. Inoltre è degna di particolare nota la
totale assenza di peptidoglicano (König et al., 1984; Liesack et al., 1986; Stackebrandt et al., 1986;
Fuerst, 1995), polimero che costituisce la parete di tutte le altre cellule batteriche. A differenza dei
batteri Gram-negativi, inoltre, la parete cellulare non è circondata da una membrana interna e da
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una membrana esterna, ma vi sono due membrane sul lato interno ed è assente la membrana esterna
alla parete, la quale è costituita prevalentemente da proteine.
Il compartimento citoplasmatico della cellula compreso tra tali membrane viene chiamato
“parifoplasma” e, in Planctomycetes, Pirellula e Isosphaera, la membrana intracitoplasmatica
circonda un unico compartimento cellulare interno, che contiene il DNA e i ribosomi (Lindsay et
al., 2001): il “riboplasma”. Nel Planctomycetes Gemmata e nei batteri anammox, il riboplasma
contiene a sua volta un compartimento circondato da membrana (Strous et al., 1999; Lindsay et al.,
2001), definito, per quanto riguarda questi ultimi, “anammoxosoma”.
Il citoplasma nei batteri anammox è quindi suddiviso in 3 compartimenti: la regione esterna o
parifoplasma, il riboplasma e il compartimento più interno privo di ribosomi ovvero
l’anammoxosoma, il quale costituisce il 50-70% dell’intero volume cellulare (van Niftrik et al.,
2008a; 2008b)
Figura 1.3 I planctomiceti anammox. A sinistra, fotografia al microscopio elettronico a trasmissione di una
sezione di Candidatus Kuenenia stuttgartiensis; a destra, uno schema della cellula anammox (Fuerst e
Sagulenko, 2011).
Struttura delle membrane cellulari
Come in tutti gli altri organismi viventi, anche le membrane dei batteri anammox sono costituite da
un doppio strato di glicerolipidi. Il legame estere o etereo della porzione rappresentata dal glicerolo
legata ai residui di acidi grassi discrimina tra batteri e eucarioti o Archaea, rispettivamente. Gli
anammox, invece, possiedono strutture lipidiche uniche, che comprendono catene idrocarburiche a
3 o 5 anelli ciclobutanici concatenati linearmente. Questi ultimi vengono chiamati rispettivamente
[3]- e [5]-ladderani e sono stati identificati per mezzo di tecniche di spettrometria di massa e di
risonanza magnetica nucleare (Sinninghe Damsté et al., 2002; 2004).