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INTRODUZIONE
Questo lavoro nasce essenzialmente dalla mia curiosità personale intorno alla
figura di Pietro Giannone, un autore che seppur nato e cresciuto nei suoi primi anni a
Ischitella, a parte qualche sporadico convegno e l’intitolazione di strade, piazze e
scuole, non trova molto interesse da parte dei suoi conterranei. Nonostante
manifestazioni culturali, come l’ormai tradizionale Premio di poesia dialettale “Città
di Ischitella- Pietro Giannone” che porta sul Gargano numerosi poeti da tutta Italia,
lo storico ischitellano viene troppo spesso dimenticato anche tra i banchi di scuola, il
luogo maggiormente deputato alla diffusione del sapere, spesso sacrificato o ridotto a
pochi accenni per il continuo rincorrere da parte dei docenti dei programmi
ministeriali.
L’idea di approfondire dunque la figura letteraria del Giannone parte proprio
dall’edizione 2012 del Premio ischitellano, dove ho potuto confrontarmi con gli
stessi giurati del premio, docenti e letterati provenienti da tutta Italia.
Questo lavoro, insomma, è nato innanzitutto per colmare le lacune che io stesso
durante il mio percorso di studi ho accumulato, e per conoscere un autore così vicino
dal punto di vista delle origini, ma al tempo stesso così lontano dalle mie conoscenze
acquisite durante il percorso scolastico.
Il primo approccio con l’autore non è stato facile, soprattutto per la quantità
ridotta di studi e analisi critiche sul Giannone, e per il modo complesso in cui
l’autore scrive, che ha richiesto una lettura approfondita dei suoi testi.
Inoltre, per avere un approccio quanto più sereno sullo storico, ho cercato di
attingere ai suoi testi mettendo da parte pregiudizi ed etichette che per comodità
vengono affibbiate a uno scrittore. Infatti, per motivi meramente didattici, siamo
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portati a studiare la letteratura per “etichette”, ovvero ricollegando l’autore a una
certa corrente letteraria o di pensiero. Questo metodo, se da un lato ci consente di
memorizzare meglio un letterato e di collocarlo in un determinato periodo storico,
dall’altro rischia di “appiattire” l’autore stesso, impedendo spesso di coglierne le
complessità. Infatti, di Giannone di solito si ricorda il suo anticlericalismo, la sua
vicenda del carcere e le sue idee giuridiche, ma si trascura il dato che la sua
formazione è stata segnata dai Padri del convento francescano del suo paese natale e
dallo zio presbitero che lo ha guidato nei suoi studi a Napoli, allora capitale del
Regno. È solo cogliendo queste diverse “anime” dell’autore che si può comprenderne
meglio la personalità e la poetica e avere un approccio meno rigido ai suoi testi.
Il mio lavoro si è incentrato su l’Ape ingegnosa, lo “zibaldone” giannoniano
composto durante la prigionia a Ceva. In quest’opera confluiscono sia i principi
filosofici delle opere precedenti, sia l’immensa quantità di citazioni e dati provenienti
dalle letture della prigione e della formazione dello storico di Ischitella. Un’opera
variegata dal punto di vista letterario e argomentativo, che, proprio come le api
ingegnose di Lucrezio, vuole attingere ai “fiori” della letteratura per donare al lettore
un “nettare” delizioso e riflessivo sull’uomo, sull’arte e sulla natura.
Dal momento che ci troviamo dinanzi ad un’opera autobiografica, che racchiude
le riflessioni del carcere e rispecchia la vicenda umana del Giannone, non ho potuto
non iniziare questo percorso dalla vita tortuosa dell’autore e da alcuni accenni alle
sue opere principali, che diventano in questo frangente un insieme di strumenti
indispensabili alla comprensione dell’Ape ingegnosa. Inoltre ho attinto direttamente
ai testi giannoniani, lasciando la parola all’autore per una comprensione e un’analisi
ancora più tempestiva.
Il primo capitolo è dedicato alle vicende biografiche dell’autore e alle sue due
opere più importanti: l’Istoria Civile e il Triregno.
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Come si è già detto, avvalendomi dei testi della Vita scritta da sé medesimo ho
ricostruito le vicende umane del Giannone a partire dai primi anni vissuti nel centro
garganico (una terra del monte Gargano, nella Puglia de’ Dauni chiamata Ischitella,
prossima a’ lidi del mare Adriatico, dirimpetto all’isole Diomedee, ora dette
Tremiti). Alternando narrazione storica e narrazione autobiografica ho analizzato il
suo arrivo a Napoli e il rapporto di astio intercorso tra l’autore, il clero e il popolo
dopo la pubblicazione dell’Istoria Civile, la sua fuga verso Vienna e la lenta
composizione del Triregno, la successiva fuga verso Ginevra e l’arresto ordito con
l’inganno.
In questo primo capitolo ho svolto una breve analisi dell’Istoria Civile, sempre
confrontandomi con il testo giannoniano, l’opera che con la sua denuncia delle
ambizioni mondane del clero ha attirato su di sé la censura ecclesiastica. È una storia
civile nel senso che il Giannone non vuole limitarsi a ripercorrere antiche battaglie o
celebrare l’antichità o ancora luoghi da contemplare, ma si tratta di una storia
squisitamente politica. Egli ripercorre la Storia del Regno di Napoli dalla caduta di
Roma ai suoi giorni nell’accezione civile e giuridica: s’inserisce quindi nella
tradizione giurisdizionale che avrà larga diffusione nel corso del Settecento negli
ambienti illuministi.
Sempre nella prima sezione di questo lavoro s’inserisce la lettura del Triregno, un
saggio in tre libri in cui l’autore si oppone apertamente alle tendenze di potere
temporale della Chiesa, che invece dovrebbe perseguire i principi evangelici, oramai
abbandonati. Dall’opera traspare, quindi, un ideale di vita semplice, primitiva, come
quella degli antichi, che verrà ripreso più volte nell’Ape ingegnosa.
Il secondo capitolo, invece si concentra sulle opere del carcere. Partendo dal
momento dell’arresto, la cui narrazione è affidata alle stesse parole del Giannone, ho
cercato di ricostruire il rapporto tra la scrittura giannoniana e le vicende umane, un
rapporto che senz’altro trova il più grande compimento nella Vita scritta da sé
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medesimo. L’intento del Giannone è ben preciso: l’autore vuole dare la sua versione
dei fatti per evitare che dopo la sua morte si vengano a creare versioni distorte o
calunniose della sua esperienza umana.
Si passa poi all’introduzione dell’Ape ingegnosa, il manoscritto di circa 189
pagine autografe più cinque aggiunte nell’edizione settecentesca. In questa prima
introduzione, in particolare, mi sono concentrato sulle opere che hanno ispirato la
composizione. Si parte da una serie di appunti che riportano il testo originale con
delle note personali dell’autore. Man mano che si va avanti il lavoro diventa sempre
più ordinato, tanto che i passi vengono riportati per aree tematiche e quindi in
osservazioni, a cui Giannone, a partire dalla terza, darà un titolo.
Dopo le vicende editoriali del manoscritto (che ci indicano anche le cause della
sua scarsa diffusione), il mio lavoro si è incentrato sulla struttura e sui temi dell’Ape
ingegnosa. Svariati sono i temi che lo storico di Ischitella affronta nel corso dei
volumi, temi che trascendono dalla dimensione storico-giuridica delle altre opere e
attraverso l’uso di spunti e di citazioni del mondo classico e moderno toccano i lati
più intangibili dell’esistenza umana, come il rapporto con Dio, lo stato degli uomini,
la natura, il tempo.
È proprio da Dio che parte l’opera. Infatti, la prima osservazione è Sopra il
grande magistero di questo mondo aspettabile; suo costante ordine, disposizione ed
armonia; onde si convince esservi una Mente infinita, eterna, sapiente ed
onnipotente, la quale non informa il mondo, sicome la nostra anima il nostro corpo,
ma siccome lo creò, cos’ lo regga e governi. Non mancano le confutazioni degli
stoici o dei pitagorici, come pure di Leucippo, di Democrito, di Epicuro e dei loro
seguaci. Sulla stessa scia la seconda osservazione, che Giannone dedica alla
“sapienza dell’Artefice nella fabbrica del mondo” e all’armonia dell’universo e la
sapienza, la virtù e la morale che da Egli scaturisce, sottolineando come l’uomo si è
fabbricato mali da sé, non quindi provenienti dalla natura.
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Da questa concezione dell’uomo e dei suoi mali è partita la mia analisi testuale.
Nell’impossibilità, infatti, di poter analizzare tutti i testi, mi sono soffermato su
quelle parti che tracciano per l’uomo l’origine dei suoi mali e soprattutto la via da
seguire per quello “stato di grazia” che altro non è che la felicità dell’individuo.
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CAPITOLO PRIMO
LA VITA, LE OPERE, L’ESPERIENZA UMANA
1.1 Da Ischitella a Napoli: la formazione e l’Istoria Civile
Pietro Giannone nasce a Ischitella il 7 maggio 1676 da Scipione, noto farmacista
dell’epoca, e Lucrezia Micaglia di Ischitella. Nel centro garganico, affacciato sul
Lago di Varano e sul Mare Adriatico, Pietro trascorre i primi diciotto anni della sua
vita, come lui stesso ricorda nella sua autobiografia Vita scritta da lui medesimo (a
cura di S. Bertelli, Feltrinelli, Milano, 1960):
“Io nacqui da onesti parenti a’ sette di maggio dell’anno 1676, in una terra del monte
Gargano, nella Puglia de’ Dauni chiamata Ischitella, prossima a’ lidi del mare Adriatico,
dirimpetto all’isole Diomedee, ora dette Tremiti” (cap. 1)
Una salute precaria lo accompagna nei primi anni di vita, tanto che nell’età
adolescenziale rischiò di morire. Il medico, data la febbre altissima, somministrò una
dose eccessiva di antimonio che provocò al giovane Pietro gravi effetti collaterali.
Egli stesso scrive: “Mancò poco che non esalassi l’anima fra le braccia della mia cara
madre. Ma, sicome il pericolo fu grave, così, quelli cessati, in breve tempo tornai al
pristino stato di perfetta salute”(ib).