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Introduzione.
La Corporate Social Responsibility e la Corporate Reputation hanno assunto nel tempo
una rilevanza peculiare, influenzando la fenomenologia del contesto istituzionale e
sociale, affiancandosi alla sfera del mondo economico.
L’elaborato presente intende analizzare criticamente questi temi, considerando la
trasversalità e la crescente importanza degli stessi nell’attuale momento storico.
Presupposto di quest’analisi sarà lo studio del ruolo strategico che questi due aspetti
assumono nelle dinamiche competitive delle imprese, per poi dipartirsi da queste ultime
ed estendersi in altri contesti, come quello dell’ambiente, della società civile e dei
meccanismi di policy.
Il mondo dell’energia, data la sua funzione strategica per qualsiasi percorso di sviluppo,
rappresenta uno dei settori, se non il settore, su cui applicare questi temi.
È proprio nell’ambito energetico che le politiche volte all’implementazione delle azioni
di responsabilità sociale delle imprese ed al rafforzamento della reputazione d’impresa,
sono divenute una chiave imprescindibile per aprire nuove opportunità di business e per
rafforzare le azioni preesistenti.
Le risorse, specie quelle naturali e, di conseguenza, quelle energetiche, potrebbero
considerarsi come il punto di partenza di questo studio; esse rappresentano il primo
punto di analisi da affrontare nel momento in cui un’impresa intende sviluppare una
strategia, e in un mondo sempre più globale - dove la loro disponibilità diviene sempre
più preziosa per poter soddisfare le esigenze di una popolazione che nel 2030 supererà
la cifra degli otto miliardi - un nuovo approccio per il loro sfruttamento ed una
differente modalità sia di gestione che di distribuzione, sono da considerarsi alla base di
tanti altri meccanismi.
Questo obiettivo deve caratterizzare la vita di ogni individuo ma, soprattutto, deve
essere inseguito in maniera molto più incisiva e radicale dalle istituzioni, che ne
dovrebbero stabilire i meccanismi e fissarne i parametri di misura e di controllo; inoltre,
soprattutto le grandi organizzazioni economiche che basano le loro attività di
7
soddisfacimento dei bisogni umani sullo sfruttamento delle risorse energetiche,
dovrebbero partecipare alla ridefinizione delle modalità di utilizzazione delle stesse.
Per dare una rilevanza empirica e concreta a quanto sopra accennato, si prenderà come
modello di riferimento il caso del gruppo eni nel continente africano.
Come si dimostrerà nel corso della trattazione, la multinazionale italiana, prima azienda
del nostro paese a livello internazionale, sin dalla sua nascita ha dimostrato una
notevole sensibilità a questi temi ed una particolare capacità di sfruttarli in maniera del
tutto proattiva sia per aumentare il suo trust nei confronti dei suoi principali
stakeholder, sia per rafforzare la sua capacità-posizione competitiva.
Questi ultimi due tratti risaltano nel momento in cui si va ad analizzare l’impegno
dell’azienda, in un continente come quello africano, che negli scenari geopolitici
internazionali va sempre di più ad assumere, sotto una visione prospettica, un’attrazione
tale da essere considerato come il continente del futuro.
La presenza di eni in Africa e le modalità attraverso le quali questa si esplica,
rappresentano un esempio scuola di crescita sostenibile, pienamente in linea con le
direttive che le principali istituzioni internazionali, come l’organizzazione delle nazioni
unite, individuano come prioritarie da seguire per attuare un modello di sviluppo
sostenibile.
Oggetto peculiare di questa trattazione sarà l’analisi delle principali politiche di crescita
sostenibile che l’azienda ha sviluppato in paesi dell’africa sub-sahariana nei quali è
presente, tra cui, ad esempio, il caso che eni sta attuando nella Repubblica del Congo
denominato “Access to Energy”.
La trattazione teorica sarà sostenuta da un’interazione diretta con coloro che nell’eni
sono deputati a sviluppare, attuare e gestire il complesso sistema delle attività di
Corporate Social Responsibility di un gruppo internazionale, facendo particolare
attenzione a mantenere alto il valore della Corporate Reputation, intesa come principale
moneta di scambio per operare in un contesto competitivo sempre più acceso e difficile.
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1.1 La sostenibilità.
1.1.1 Definizione e profili evolutivi.
Parlare di sostenibilità oggi, significa toccare un tema molto discusso che subisce da
anni un’evoluzione continua.
Ne consegue la difficoltà di attribuire una definizione specifica al termine sostenibilità,
un concetto dotato di molteplici ed eterogenee accezioni.
La definizione tradizionalmente utilizzata per descrivere il fenomeno in oggetto è quella
elaborata dalla commissione mondiale sull’ambiente e sullo sviluppo
1
alla fine degli
anni ’80.
Nel 1987 questa commissione utilizzò per la prima volta nel suo rapporto, meglio
conosciuto come report Brundtland
2
, il concetto di sviluppo sostenibile
3
.
Nel rapporto, non si parlava in maniera diretta di sostenibilità, ma più propriamente, si
cercava di concettualizzare un processo di crescita, utilizzando un aggettivo -sostenibile
– che risultava più vicino ad argomenti strettamente collegati al mondo della natura, e
della società.
Un’altra definizione interessante, precedente a quella del 1987 della commissione delle
nazioni unite, ma più immediata e diretta, è quella utilizzata da Herman Daly, uno
studioso statuinitense, considerato uno dei massimi esperti delle politiche di sviluppo
sostenibile, famoso per essere uno dei più noti economisti ecologici.
Daly paragona il concetto di sostenibilità a quello della giustizia, definendo il primo
come un valore non perseguibile esclusivamente attraverso i meccanismi economici
propri di un sistema di libero mercato
4
.
In altri termini, si potrebbe accostare la sostenibilità ad un concetto visionario (una vera
e propria visione), ossia ad un modo di intendere il mondo e di vedere le cose, che non
1
World Commission on Enviroment and Development (WCED).
2
Il titolo del documento conosciuto anche come Our Common Future, prende il nome dal
presidente della commissione Gro Harlem Brundtland, che aveva commissionato il rapporto ed
in quell’anno era, al tempo stesso, il presidente della Norvegia.
3
“Lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza
compromettere le possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. WCED,
1987.
4
“Sustainability, like justice, is a value not achievable by purely individualistic market
processes”. DALY H. (1986).
10
lascia spazio ad obiettivi raggiungibili nel breve termine, ma che invece trova la sua
dimensione più ovvia nel lungo periodo.
Occorre a questo punto specificare il concetto in esame e distinguere tra sostenibilità
forte e sostenibilità debole.
La sostenibilità forte, concetto fortemente ambientalista, ha come presupposto quello di
lasciare il capitale di risorse terrestri (capitale naturale), intatto a favore delle
generazioni future, ossia inalterato, non diminuito.
Con l’espressione sostenibilità debole, invce, si parla di capitale antropico, e cioè di un
ambiente naturale modificato (e non lasciato intatto), per il soddisfacimento dei propri
fini.
Da ciò, come accennato in precedenza, possiamo facilmente desumere che il termine in
esame ritrova le sue origini nell’ambito dell’ecologia, riferendosi in maniera specifica
alle risorse naturali e alla loro modalità di sfruttamento.
Infatti è negli anni ’60 che, con l’emergere di vari movimenti ambientalisti
5
, l’opinione
pubblica venne fortemente sensibilizzata circa lo sfruttamento da parte dell’uomo di
tutti i beni naturali, intrapreso con una scarsa consapevolezza nei confronti del futuro.
L’azione dei suddetti movimenti fu efficace e riscosse un certo successo: a metà degli
anni ’70, le tematiche ambientali entrarono ufficialmente nelle agende di varie
istituzioni
6
.
5
È in questi anni che nascono le due organizzazioni non governative più famose a livello
internazionali, aventi come mission principale la tutela e la salvaguardia del pianeta. È proprio
nel 1961 che nasce il World Wild-Life Fund, meglio noto come WWF, che si pone come
obiettivo quello di tutelare le specie di animali selvatiche ed i loro habitat naturali.
www.wwf.org. Dieci anni più tardi, sulla stessa lunghezza d’onda, viene fondata in Canada
Greenpeace, un’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista, la cui attività si
rivolge a varie questioni ambientali, come la difesa del clima, la lotta alla pesca delle balene,
l’interruzione dei test nucleari, etc. www.greenpeace.org.
6
La conferenza sull’ambiente umano, organizzata nel 1972 dall’ONU a Stoccolma diede inizio
ad una serie di incontri e di meccanismi di cooperazione internazionale sulla formulazione di
strategie per lo sviluppo e la salvaguardia dell’ambiente. Nel preambolo la Dichiarazione
afferma che siamo ormai giunti ad un punto della storia in cui “noi dobbiamo condurre le nostre
azioni in tutto il mondo con più prudente attenzione per le loro conseguenze sull'ambiente”. La
difesa e il miglioramento dell'ambiente sono divenuti “uno scopo imperativo per tutta
l'umanità”, da perseguire insieme a quelli fondamentali della pace e dello sviluppo economico e
sociale mondiale.www.un.org/en/globalissues/environment .
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Col passare degli anni, il tema della sostenibilità ha travalicato i confini del mondo
ambientale, estendendo i suoi valori ed i suoi significati ad altre sfere, ed in particolare a
quelle dell’economia e della società civile.
Il rapporto della commissione Bruntland, segna quindi, contemporaneamente, sia un
punto d’arrivo che un punto d’inizio all’interno del variegato mondo della sostenibilità,
poiché rappresenta una presa di coscienza ufficiale, riconosciuta a livello internazionale.
1.1.2 Ambiente, economia, società: la sostenibilità come antidoto strategico alla crisi.
L’idea della necessità di intraprendere un percorso di crescita sostenibile, fortemente
incentrato sulla variabile ambientale, ha preso sempre di più corpo, andando ad
influenzare anche altri ambiti, come quello economico e sociale.
Pertanto la sostenibilità può essere vista come un grande paniere, frutto
dell’intersecazione di tre grandi macroaree
7
: la crescita economica, ambientale e
sociale, ognuna delle quali, a sua volta, prende corpo in maniera distinta ed unica ma
sempre fortemente correlata al particolare modello di sviluppo sostenibile intrapreso.
L’immagine seguente rappresenta l’interazione tra queste tre aree:
La gestione in chiave strategica delle risorse di un territorio, deve mirare al
perseguimento di una serie di condizioni che, attraverso modalità olistiche ed integrate
hanno come fine ultimo quello di innescare un processo di cambiamento che, pur
7
Questo concetto è stato teorizzato per la prima volta da John Elkington, fondatore di
SustainAbility. Egli in un suo paper utilizzo l’espressione “Triple Bottom Line: 3P”, dove le tre
P stavano per profitti, persone, pianeta. ELKINGTON J. (1994), “Enter the triple bottom line”.
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tenendo conto delle esigenze attuali, sia fortemente proiettato verso le generazioni
future.
Tali condizioni, alla base di un percorso di crescita sostenibile, rappresentano il
presupposto principale per quella che si potrebbe etichettare come un’evoluzione
fisiologica del territorio, ovvero la più ovvia
8
.
Esse si esplicano nello sviluppo di una forte attività di relazioni e di stimolo al
coinvolgimento dei principali stakeholder del territorio; nella diminuzione delle
diseguaglianze economico-sociali tra la popolazione; nel raggiungimento di un elevato
livello di concertazione e consenso da parte di tutti gli attori interessati e direttamente
toccati da tale processo ed infine in un’equa distribuzione dei benefici risultanti da tale
processo.
Detto ciò, si potrebbe aggiungere che la sostenibilità sia fortemente focalizzata sulle
risorse e sulle loro modalità di utilizzazione, poiché è da una loro allocazione ottimale
che deriva la capacità competitiva ed attrattiva di un territorio
9
.
Paul Krugman, sostiene a riguardo che alla base della competitività di un sistema paese
ci sia proprio un alto livello di produttività interna, ossia una efficiente ed efficace
gestione dei principali fattori produttivi ovverosia di capitale e lavoro.
L’ottenimento di alti livelli di produttività, afferma Krugman, deve essere l’obiettivo
principale di ogni nazione, in quanto è da questi che dipende il benessere della
popolazione
10
.
Per poter fare questo, è fondamentale costruire nell’ambiente di riferimento, quelle
condizioni che consentano di raggiungere e di aumentare il livello di produttività.
Queste condizioni, devono connettersi e connaturarsi al modello di sviluppo sostenibile,
che deve rappresentare l’unica finalità, a livello meta, alla quale devono aspirare tutti i
vari attori all’interno di un ambito territoriale.
Alla creazione ed alla acquisizione dei fattori che sono alla base della capacità
competitiva e che rappresentano la premessa della c.d. evoluzione fisiologica, deve
8
A tal proposito, si veda CAROLI M. G. (2006), Il Marketing territoriale. Strategie per la
competitività sostenibile del territorio, pp. 32-37, Franco Angeli.
9
LALL S. (2001), “ Competitiveness indices and developing countries: an economic evaluation
of the global competitiveness report”, in World Development, 29 (9) pp. 1501-1525.
10
KRUGMAN P. (1994), “Competitiveness: a dangerous obsession”, in Foreign Affairs, March
–April.