INTRODUZIONE.
Questa Dissertazione nasce dall’ammirazione verso John Carpenter; questo regista americano
così sottostimato e sottovalutato in Patria. Un regista decisamente anti-conformista, e una
persona che è andata avanti per oltre venticinque anni portando avanti “testardamente” le sue
idee, fregandosene di tutto e di tutti, di critici che non lo capivano (specialmente quelli
americani), delle Major che lo snobbavano, di una fetta del pubblico americano che denigrava
ogni sua opera. Come disse lo stesso Carpenter in un’intervista: “In Francia sono un autore, in
Inghilterra un buon artigiano di film fanta-horror, in America un buono a nulla”.
Carpenter ha evitato per la maggior parte dei suoi film di affidarsi alle grandi Major per un fatto
di indipendenza. Ha sempre voluto realizzare i suoi film senza dover sottostare a qualche
“ingombrante” presenza che gli dicesse cosa fare; da vero indipendente si è affidato molto spesso
a piccole produzioni (escludendo The Thing e Starman, ovviamente), da buon artigiano come
egli si è sempre considerato.
Si è anche vantato in più di un’occasione, (e secondo me giustamente) di riuscire a realizzare
grandi film con piccoli budget (The fog e They Live lo dimostrano), e di non sfondare mai il tetto
massimo di soldi che ha a disposizione per ogni film. Se per un film gli mettono a disposizione 8
milioni di dollari, lui utilizza effettivamente 8 miloni di dollari (se non qualche dollaro in meno).
La cosa incredibile che alcuni suoi film, come Escape from New York, danno l’impressione che
si sia speso un po’ di più nel realizzarli, poiché Carpenter sfrutta al massimo ogni mezzo
espressivo e visivo per raccontare la sua storia.
Appunto dicevo prima, Carpenter è un buon artigiano che si è “specializzato” nel filone fanta-
horror, essendo un appassionato di questi generi fin da piccolo; ed è per questo forse, che è stato
così sottovalutato: a differenza dei “chiassosi” Spielberg e Lucas, egli non ha mai deciso di
“commercializzarsi” verso un pubblico più vasto e consenziente costruendosi una fama mondiale
e “bagnata” da piogge di soldi dovuti agli incassi dei vari Star Wars o Indiana Jones. Addirittura
Carpenter, dopo il flop di Big trouble in Little China, fu sul punto di abbandonare il mondo del
cinema, poiché si sentiva un po’ frustrato e incompreso verso questo pubblico americano così
indifferente e contrario alle sue opere. Ma per fortuna ci ripensò, e cambiò presto idea. In un
epoca, la fine degli anni ’80, dove iniziava il successo dei film da cassetta senza contenuto alla
Flashdance: spettacolo innocuo e niente più. L’epoca dell’inizio della circolazione massiccia dei
film in VHS, la nascente epoca dei blockbuster.
La sfiducia verso il sistema economico del cinema e delle grandi compagnie cinematografiche,
sfocia in uno dei film, a mio giudizio, più belli di John Carpenter, They live. Il film più di
“sinistra” di Carpenter, quello più sfiduciato verso le istituzioni (al secondo posto vengono
tranquillamente a pari merito Escape from New York ed Escape from L.A.), quello dove si vede
la brutalità della polizia, lo strapotere delle istituzioni, nell’America di Reagan dove era di moda
avere una pettinatura ed un’auto cool.
Una delle cose geniali di questo film è che il protagonista John Nada (infatti lui per i ricchi
burocrati è un bel niente, una nullità, come il suo cognome), proviene dai bassifondi, ma col
sacrificio della sua stessa vita salva il mondo dalla presenza degli alieni sfruttatori.
Inoltre Carpenter non è mai stato un grande fan del cinema Europeo a differenza di Lucas e
Spielberg, infatti i suoi idoli sono John Ford e Howard Hawks; inoltre come ho detto prima, da
buon artigiano, quasi tutti i suoi film sono realizzati dal regista stesso in tutte le fasi di
produzione, compreso le musiche.
2
In questa Dissertazione ho voluto analizzare uno dei film più famosi del regista, che all’epoca
ebbe scarso successo, ma con gli anni è diventato un vero e proprio “cult”: appunto Escape from
New York, in Italia ribattezzato 1997: Fuga da New York.
In particolare, ho voluto esaminare il protagonista di quest’opera, Snake Plissken (nell’edizione
italiana Jena Plissken) interpretato da un giovane Kurt Russell.
Per questa Dissertazione ho effettuato una ricerca in varie biblioteche (specialmente alla Mario
Gromo) al fine di trovare quante più monografie possibili che sono state scritte sul regista e sui
suoi film. Con mia sorpresa, ho scoperto che la maggior parte dei libri dedicati a questo regista
sono stati scritti proprio qui in Italia; ma anche in Francia e in Spagna ne sono stati scritti alcuni,
mentre di monografie scritte nella Patria del regista, gli States, ne sono state realizzate
pochissime, e addirittura sono riuscito a reperirne soltanto una. Forse questo fatto, conferma che
Carpenter sia (e sia stato) decisamente ignorato nella sua terra.
Questi volumi sono stati scritti nell’arco di 30 anni: la monografia più vecchia che ho trovato è
datata addirittura 1978, quando il regista era ancora agli inizi e doveva ancora girare Halloween,
uno dei suoi film più celebri (successo anche negli Stati Uniti, incredibilmente), mentre la più
recente che ho trovato è solamente dell’anno scorso. Quasi tutte queste monografie analizzano lo
stile del regista, il suo genere, ecc. Oltre a questo, di solito accennano a una sua biografia, ed
inoltre esaminano ogni singola pellicola, in un capitolo a loro dedicato.
Oltre a queste monografie ho cercato vari articoli relativi alle pellicole Escape from New York ed
Escape from L.A. dell’epoca, specialmente su riviste come “Cineforum” e “Segnocinema”,
inoltre ho utilizzato le interviste contenute negli special del DVD di Escape a Carpenter e alla
produttrice Debra Hill, oltre che i dialoghi tratti dal primo e secondo Mad Max oltre che alla
prima “Fuga”.
Ho evitato di usare notizie provenienti da vari siti internet, poiché la rete è una vera e propria
giungla, dove in questi casi non è facile trovare materiale utile, anzi spesso si incappa in
informazioni totalmente inutili se non fasulle; infatti ritengo che la ricerca su materiale cartaceo,
sia sempre la migliore.
Gli argomenti della mia Dissertazione sono molteplici: partendo da un’analisi del personaggio di
Snake Plissken, ho parlato del contesto storico in cui il personaggio è nato, facendo dei
riferimenti alla triologia di Mad Max, a proposito del cinema post-apocalittico.
In seguito ho parlato del cinema horror, fantasy e specialmente del western con riferimenti a
Sergio Leone e Howard Hawks; oltre a questo, ho eseguito un’analisi più dettagliata del
personaggio principale e di tutti gli altri personaggi che popolano questa pellicola, con
descrizioni di alcune scene chiave del film, tenendo conto delle inquadrature, delle luci
utilizzate, del montaggio, ecc.
In conclusione ho raffrontato le due “Fughe”, descrivendo le differenze e le affinità che
possiedono i due film.
Ho cercato di fare molti riferimenti, per rendere il discorso qua affrontato il più esauriente e
completo possibile, sebbene mi rendo conto che qualcosa potrebbe essermi sfuggito; ma in sole
50 pagine ritengo sia molto arduo se non impossibile fare un discorso completamente esaustivo
su questo regista così complesso e così sottovalutato.
3
CAPITOLO 1: PRESENTAZIONE E ANALISI PRELIMINARE DEL
PERSONAGGIO
1.1 Contesto storico del personaggio.
Snake Plissken è “figlio” di quella cultura, o forse sarebbe meglio dire sotto-cultura, che fa parte
di quel generale senso di pessimismo e “catastrofismo” che pian piano, già a partire dagli anni
’70, ha iniziato a prendere piede. Forse dovuto alla crisi petrolifera o all’aumento della
criminalità, specialmente nelle grandi metropoli (non a caso Il giustiziere della notte è di quel
periodo), o ad altri fattori; sta di fatto che anche Hollywood, la cosiddetta “fabbrica dei sogni”
risentì molto di questo clima generale “sfiduciato” e anche i film prodotti che vanno dal ’78-’79
in poi (ma specialmente nella prima metà degli anni ’80) rispecchiano questo stato di cose.
Soprattutto questa improvvisa paura che deflagrò: la paura che il mondo come lo conosciamo
possa estinguersi in un battito di ciglio per una qualsiasi calamità… Mi sembra quasi incredibile
se penso che a distanza di, diciamo, 25 anni, sia nata questa storia del 2012. Sembra proprio di
tornare a quei tempi… Anche se ovviamente questo concetto “catastrofico” oggi giorno mi pare
un po’ più blando. Anche se non so se sia un bene o un male: non credo che sia così per il fatto
che ormai siamo quasi rassegnati. Ma potrebbe anche essere; ma direi che non conviene
approfondire per ora questo argomento. Anche se tutto ciò ha l’apparenza di una cosa ciclica.
Chissà se tra una ventina di anni possa accadere di nuovo…
Comunque è all’inizio degli anni ’80 che inizia ad “andare di moda” o in ogni caso ad essere
molto utilizzato dal cinema il tema di un grande olocausto nucleare prossimo venturo. Forse
tutto ebbe inizio a causa di un vuoto culturale e ideologico che non si era mai verificato nei
decenni precedenti. Aggiungiamo un consumismo che proprio allora era già assai consolidato e
che forse ha influito molto sullo svuotamento e sulla perdita di alcuni valori morali.
Appunto, come dicevo prima, anche il cinema americano reagì; vediamo come. Secondo il
saggio di Kent Jones,
lo spreco continuo che sta alla base dello stile di vita americano è un fenomeno scoraggiante.
L’industria del cinema, adottando la prassi diffusa del ridimensionamento e della dislocazione del
lavoro in paesi a basso costo, ha lastricato il proprio cammino dei corpi degli artisti ormai non più
redditizi. Li ha messi in pensione con un orologio d’oro umanitario (come nel caso di molti dei registi
della vecchia guardia) o semplicemente depennati. […] Ormai il pervasivo affarismo americano ha
assottigliato a tal punto le fila degli artisti veramente rappresentativi da farne una specie in via di
estinzione.
1
Questo “scoraggiante” quadro complessivo, ha certamente dei precedenti che vengono appunto
da un “cambio di rotta” dei gusti di pubblico del cinema americano. E quindi di rottura col
“gusto classico”. Dice Jean-François Rauger:
Attraverso i film di Carpenter possiamo prendere coscienza di un cambiamento contemporaneo nello
statuto dei generi. O più precisamente del fatto che, dalla metà degli anni ’70, il film dell’orrore ha
1
KENT JONES, classico del cinema americano [1999] in GIULIA D’AGNOLO VALLAN e ROBERTO
TURIGLIATTO, John Carpenter, Torino, Lindau, 1999, p. 181.
4
assorbito quasi tutti i generi scomparsi del cinema Hollywoodiano […] La fine dell’età classica era
stata caratterizzata dalla scomparsa, per esempio, del western o della commedia musicale a vantaggio
di un’ipertrofia del fantastico e dell’orrore, conseguenza tra l’altro del recupero, da parte
dell’industria, di ciò che essa aveva fino ad allora trascurato. In un certo senso, il fatto che generi a
lungo confinati nei limiti della serie «B» diventino dominanti non è dovuto unicamente al tentativo di
conquistare il mercato degli adolescenti come risposta alla crisi della frequentazione delle sale.
2
Ma ciò che è scritto in seguito è ancora più importante:
Il cinema americano ha in effetti perso, in un contesto di dubbio e di scetticismo alimentato da una
realtà ormai disincantata (sommosse razziali, assassini politici, guerra del Vietnam), la fede primitiva
che sosteneva il suo sistema formale. […] I mostri diventano la prova tangibile di una rimessa in
discussione della figura umana. E il fantastico degli anni ’70 prende anche atto del fallimento di una
certa visione umanistica che è stata quella del classicismo.
3
Ma bisogna dire che tutto ciò non colpì solo il cinema, né soltanto quello americano, per giunta,
ma anche il cinema europeo, e pure il nostro fu interessato a questa nuova venuta del «B» movie
catastrofico. In realtà anche altre forme d’arte furono interessate, le più disparate, come romanzi
e fumetti. Alcuni di questi romanzi poi diverranno sceneggiature di film. E si assiste a ciò in ogni
parte del mondo. A proposito dei “fumetti”: il Giappone è patria, per l’appunto, degli anime
(cartoons) e dei manga (fumetti).
Vorrei citare proprio uno di questi manga giapponesi dei primi anni ’80. Si tratta del noto Ken il
guerriero (in Giappone conosciuto come Hokuto No Ken), che è appunto ambientato in un
ipotetico futuro prossimo venturo (199X dice l’introduzione del cartoon), dilaniato da una
recente guerra nucleare che ha spazzato via la civiltà da noi conosciuta e dove il più forte
sopravvive. Il protagonista del manga, Kenshiro, è l’unico erede della prodigiosa arte marziale di
Hokuto (che significa Orsa Maggiore) derivante dall’antica Cina, che mediante la manipolazione
degli “tsubo” (anche detti “punti di pressione”) del corpo umano, è capace di provocare
l’esplosione degli avversari. L’introduzione del cartoon recita precisamente così:
Siamo alla fine del Ventesimo Secolo. Il mondo intero è sconvolto dalle esplosioni atomiche. Sulla
faccia della Terra gli oceani erano scomparsi e le pianure avevano l’aspetto di desolati deserti.
Tuttavia la razza umana era sopravvissuta.
4
Ma anche il manga, la cui storia è assai simile ha una sua introduzione, assai somigliante, che io
preferisco poiché la trovo un po’ più incisiva:
Nell’ultimo decennio del Ventesimo Secolo il nostro Pianeta venne avvolto dalle fiamme di una guerra
nucleare: tutti gli Oceani evaporarono, la terra, inaridita, si squarciò. Sembrava che tutte le specie
esistenti si fossero estinte. Tutte eccetto una… Gli esseri umani!
5
Ora, i personaggi di Snake Plissken e Kenshiro Kasumi hanno alcune cose in comune, tra cui il
riuscire a sopravvivere e a contare sui propri mezzi (pur avendo qualche personaggio di
supporto) per continuare ad andare avanti ognuno per la sua strada e compiendo ognuno la sua
missione. Queste sono, diciamo, le più evidenti. Oltre a questo vedo altre cose che li
2
JEAN-FRANCOISE RAUGER Il racconto immaginario in GIULIA D’AGNOLO VALLAN e ROBERTO
TURIGLIATTO, John Carpenter , cit., p. 201.
3
Ibidem.
4
Introduzione tratta dall’anime Hokuto No Ken, Regia di Tokyoo Ashida produzione Toei Animation, Tokyo
[1984]. Edizione italiana Ken il guerriero produzione C.R.C. (Compagnia Realizzazioni Cinetelevisive), Roma,
1989.
5
Questa volta l’introduzione è tratta dal manga omonimo all’anime di Buronson & Tetsuo Hara, edizioni
Shueisha.Inc., Tokyo, [1983]. Edizione italiana, Star Comics, S.r.l., Bologna, 1997.
5
accomunano. Ad esempio un codice morale che li spinge entrambi a compiere il proprio dovere
fino in fondo. In realtà sono due tipologie di personaggio affini, anche se con qualche sostanziale
differenza che però non è così rilevante. Appunto lo spunto per la citazione appena qui fatta si
basa sull’ambientazione post-apocalittica che entrambi hanno (anche se Escape from New York
le possiede in “tono minore”).
In ogni caso Snake, ad esempio, agisce in maniera più distaccata e meccanica, Kenshiro ci mette
tutto se stesso in ciò che fa, Snake ha sempre (o quasi) il viso impassibile, Kenshiro sa sorridere
spesso se rivolto a dei bambini, ecc…
Ecco alcune delle differenze fra Kenshiro e Snake, che per l’appunto, come ho detto prima, non
mettono in discussione il fatto che siano molto affini sotto molti punti di vista. Plissken,
sicuramente, è un personaggio che ha acquisito molti tratti caratteristici da questo tipo di
sottocultura del pessimismo e del catastrofismo. Ma di questo avremo ancora da parlarne in
abbondanza nelle prossime pagine.
Concludendo questo paragrafo, mi sento in dovere di citare qua sotto un articolo apparso su
“Filmcritica” dei primi anni ’80 che appunto definisce meglio il panorama di quel periodo e
l’affacciarsi di un nuovo genere, o meglio un nuovo sotto-genere:
C’è una tensione comune che si affaccia nella nuova produzione fantastica, risalente ad una intuizione
di fondo sulla degradazione dell’ambiente, la distruzione delle risorse e la incapacità di definire un
modello di vita appena credibile. Le ipotesi sul futuribile partono da considerazioni sulle strutture
sociali, per arrivare ad esplicitare un senso di malessere diventato ontogenetico: il riflettere sui
meccanismi della de-voluzione è ormai un dato consistente che i romanzi di S-F, la musica, il fumetto
e/o il cinema (i media più popolari e divulgativi) portano sotterraneamente avanti da alcuni anni.
6
Ciò che dice Contenti è molto utile per fare una piccola anticipazione sull’argomento del
prossimo paragrafo.
Ma prima di concludere, vorrei citare le parole di Enrico Ghezzi, sul cinema horror e sul ruolo
delle pellicole di Carpenter che svolgono in questo genere:
L’horror affronta dunque problematiche che attengono anzitutto alla forma ambigua e transeunte
dell’immagine cinematografica. Il corpo mutante e l’auto-identificazione del soggetto che guarda, ne
sono i due poli d’attrazione principali. Ciò che sta in mezzo, è la massa ribollente delle immagini che
cercano una forma: l’ignoto, l’estraneo, il mostruoso, l’incongruo, il misterioso. Il cinema di
Carpenter, è lo sguardo di e sul genere che più a fondo negli ultimi venticinque anni si è fatto carico di
esplorare questo decentramento, questo processo quasi di indeterminazione dell’immagine, verso cui
sembrano tendere le forme dell’horror e dell’immaginario del fantastico tout court.
7
Queste parole delineano perfettamente il quadro sociale dei primi anni ’80, quando il cinema
horror e fantastico iniziano a spopolare tra il pubblico, specialmente di giovani e giovanissimi. Il
corpo che muta e di cui non si ha una forma precisa, l’immagine vista e non vista, come afferma
Ghezzi, troveranno la loro massima espressione in The Thing dello stesso Carpenter.
1.2 Rimandi a Mad Max ed al filone post-apocalittico.
Adoro il ruolo di Plissken. Mi sono divertito molto a interpretarlo. Incarna un concetto di eroe che mi
attrae. Quando Ho visto Mad Max sono andato fuori di testa. Avevo assistito a una parte delle riprese
di Mad Max, anni fa, e ne ho parlato entusiasticamente a John. Mi piacerebbe moltissimo che Snake
6
FULVIO CONTENTI, I nuovi percorsi del fantastico, in “Filmcritica”, n. 323, aprile 1982, p. 155.
7
ENRICO GHEZZI, LORENZO ESPOSITO, Carpenter, Romero, Cronemberg: discorso sulla cosa, Roma, Editori
Riuniti, 2004, p. 27.
6
Plissken e Max fossero in un film assieme. Sarebbe una coppia magnifica, perché a Snake non gliene
importerebbe un cazzo [sic!] del Road Warrior. Max sarebbe alle prese con tutti i suoi problemi e
Snake sarebbe semplicemente “cattivo”. Gradualmente, formerebbero una sorta di alleanza per
sopravvivere.
8
Non penso ci sia modo migliore per iniziare questo paragrafo se non dalle parole stesse di un
Kurt Russel entusiasta dopo la visione del film, sia nel momento della sua realizzazione che
all’uscita nelle sale.
In effetti anch’io non li vedrei male in una pellicola assieme, Snake e Max, ma se non lo hanno
fatto finora credo che non lo facciano mai più, visto che entrambi gli attori incominciano ad
essere un po’ “attempati”.
Comunque tutto ciò serve per far notare i punti in comune fra i due personaggi. Entrambi si
muovono in uno scenario cadente e degradato. Ma in Mad Max questo lo è in maniera assai più
negativa e pessimistica. Per cui ricollegandoci ancora al precedente paragrafo e specialmente a
Ken il guerriero, sentiamo l’introduzione di Mad Max – The Road Warrior (il secondo della
saga), raccontata dalla voce fuori campo di un narratore, che solo dopo si scoprirà essere uno dei
personaggi del film:
La mia vita si spegne e la vista si oscura, mi restano soltanto dei vaghi ricordi di un caos immane. I
sogni infranti delle Terre Perdute, e l’ossessione di un uomo sempre in lotta, Max. Era figlio dei tempi
in cui il mondo viveva sotto il dominio dell’oro nero ed i deserti brillavano per le fiamme delle
gigantesche torri, che estraevano il petrolio. Ora tutto è distrutto, scomparso. Come e perché non lo
ricorda più nessuno, ma è certo che un immane conflitto annientò due grandi potenze. Senza il petrolio
l’uomo tornò alle sue origini primitive e tutte le sue favolose macchine andarono in rovina. Tutti i
popoli tentarono di raggiungere un accordo, ma nessuno riuscì a fermare la valanga del caos. Nel
terrore dei saccheggi e nelle fiamme della violenza, il mondo scoppiò e tutte le sue città crollarono una
dopo l’altra. L’uomo si nutrì di carni umane per sopravvivere.
9
Questo, diciamo, è l’antefatto: ciò che successe prima dell’inizio delle vicende narrate nel film.
Ma la citazione che segue si riferisce alla vicenda del film più nello specifico:
Su tutte le strade vincevano coloro che avevano la forza ed i mezzi per piombare sulle vittime e
depredarle, anche dell’ultimo respiro; niente aveva più valore di una piccola tanica di benzina. I deboli
scomparivano senza lasciare neanche il segno di una croce su delle misere pietre. Nel ruggito di un
motore, quelli come Max si difendevano dai demoni del passato e dalle inutili speranze di un futuro;
svuotati da ogni sentimento umano, condannati ad inseguire ogni piccola traccia di vita nelle Terre
Perdute. E alla luce di questi giorni desolati, Max, imparò a dominare il suo destino.
10
Credo si possa tranquillamente dire che questa introduzione abbia fatto la storia. Non penso di
esagerare anche perché The Road Warrior è un film che incarna perfettamente le fobie di
un’epoca, e specialmente di quell’epoca… Appunto i primi anni ’80, che ormai sembrano così
lontani. Qua ho voluto tralasciare, e volutamente, l’elenco infinito di film con ambientazione
post-atomica che uscirono in quel periodo anche perché lo spazio è tiranno.
Bisogna dire che anche Escape from New York ebbe diversi film che si ispirarono al suo stile, o
addirittura erano “spacciati” come loro sequel; ma ovviamente non erano dei seguiti né ufficiali,
né tanto meno approvati da Carpenter. Un esempio è 2019 - Dopo la caduta di New York, di
Sergio Martino, che in realtà, è una sorta di remake italiano.
8
KURT RUSSELL, Kurt Russell’s Escape from Nowhere in “Village Voice”, 8 luglio 1981, da GIULIA
D’AGNOLO VALLAN e ROBERTO TURIGLIATTO, John Carpenter, cit., p. 162.
9
Testo della voce fuoricampo subito dopo i titoli di testa di Mad Max – The Road Warrior di George Miller, Warner
Bros, Australia, 1981.
10
Ibidem.
7