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INTRODUZIONE
Nel corso del XX secolo, la figura di Peter Pan ha travalicato i ponti della letteratura e del teatro e ha
assunto i caratteri di mito della società odierna. Nato dalla penna di un drammaturgo scozzese
dall’immaginazione fervida e dallo humour tagliente, il celebre “bambino che non voleva crescere”
rispecchia la difficile storia affettiva del suo autore, e come lui conduce un’esistenza ambigua,
all’insegna dell’evasione dai drammi familiari. Barrie e Peter Pan sono infatti accomunati da un
conflitto irrisolto con la figura materna, che li ha portati entrambi a desiderare di vivere un’eterna
fanciullezza.
James Matthew Barrie ha operato una trasposizione del suo modus vivendi in Peter Pan: la sua
passione per le storie d’avventura, per i giochi, per i viaggi, soprattutto per quell’età che così a
malincuore aveva dovuto abbandonare, è tutta riversata nel suo capolavoro. Ciò porta inevitabilmente
molti di coloro che si imbattono nella sua biografia a concludere che Peter Pan è Barrie, complice
soprattutto il suo attaccamento ossessivo alla figura materna, palesemente glorificata nel suo lavoro, e
l’affetto nutrito per i cinque fratellini Llewelyn-Davies con cui strinse amicizia a cavallo tra Ottocento e
Novecento, per confessione dell’autore i veri ispiratori dell’epopea di Peter Pan.
Scopo di questa prova finale è proprio quello di smontare il “paradigma” puramente biografico sulla
creazione di Peter Pan. Sebbene sia innegabile l’apporto del vissuto di Barrie al ragazzo vestito di foglie,
ascriverlo a semplice “diario personale” di Barrie è riduttivo e pericoloso: in particolare si vuole
dimostrare che vi sono molte più allegorie di quel che sembra nei lavori che riguardano Peter Pan.
Questi, a loro volta, costituiscono un insieme di opere letterarie più consistente di quel che si pensi, che
gli aspetti biografici permeano in maniera ben più sparsa e meno rilevante di quanto si possa credere.
Autore dalle mille personalità, Barrie si scinde all’interno della storia, raccontandola da prospettive
sempre diverse, dimostrando in ciò la sua onnipotenza sulla propria creazione. Come evidenziano
soprattutto le analisi compiute da Jacqueline Rose e R.D.S. Jack, come artista Barrie sfida la realtà su
più livelli: sfida i canoni linguistici i con continui cambi di prospettiva, e la Creazione naturale con la
propria paternità artistica. L’autore, inoltre, si confronta con temi che vanno ben al di là delle proprie
memorie infantili, e quando affronta il proprio vissuto attraverso la sua visione onirica dell’infanzia, lo
fa lanciando quesiti di natura universale, affrontati anche da altri scrittori e pensatori del suo tempo.
Alla luce di questa consapevolezza, la dissertazione propone di riscattare il nome di Barrie dall’ingiusto
confinamento nell’ambito della letteratura infantile, e restituirlo al corpus che gli appartiene: quello
della grande letteratura e della drammaturgia britannica.
Il bambino Peter Pan viene presentato al pubblico per la prima volta all’interno del romanzo The Little
White Bird (1902); nei due anni successivi la sua storia viene rielaborata e diviene il testo teatrale Peter
Pan (1904). È l’inizio del mito, che porterà la recita a venire riproposta Natale dopo Natale, fino ai
nostri giorni. Trasformata in romanzo per bambini, film, cartone animato, musical, racconto breve, stile
di vita, patologia, metafora, nel tempo Peter Pan ha perso, complice la popolarità della versione
cinematografica targata Disney, il fascino oscuro e simbolico; tre decenni dopo il film d’animazione, è
assurto a immaturità patologica dopo l’uscita, nel 1983, di The Peter Pan Syndrome dello psicologo
statunitense Dan Kiley.
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L’idea di fondo del presente lavoro è che un personaggio puramente biografico difficilmente scatena una
vera e propria rivoluzione culturale senza ulteriori a t t r i b u t i , c h e i n q u e s t a s e d e c i s i p r o p o n e d i
individuare, partendo proprio dai noti aspetti biografici che in ultima sede si vuole qui minimizzare.
La ricerca è partita obbligatoriamente da un’attenta lettura di Peter Pan in Kensington Gardens, Peter
Pan e Peter and Wendy in lingua originale, mettendoli a confronto con la dettagliata biografia Hyde
and Seek With Angels (2005), di Lisa Chaney, che ha confermato gli aspetti drammatici dell’infanzia
dell’autore che ne hanno condizionato vita e opere. Gli ulteriori approfondimenti, fatti con l’ausilio di
materiale prevalentemente britannico e italiano, hanno evidenziato gli aspetti allegorici che ne
denotano la natura universale, in particolar modo i richiami forti alla mitologia classica, che Barrie
mescola abilmente al folklore celtico della sua Scozia. Paolo Gulisano, tra le massime autorità italiane
sul genere fantastico, assieme a Chiara Nejrotti individua non solo in Pan, ma anche in Ermes ed Eros le
divinità da associare al personaggio, e ciò porta inevitabilmente al confronto con gli archetipi universali
junghiani, in special modo il puer aeternus e il senex, figure poste in un’ambigua dicotomia in Peter
Pan.
Nel primo capitolo, verrà introdotta una breve biografia dell’autore, evidenziando gli aspetti che hanno
influito maggiormente sulla creazione di Peter Pan: la perdita del fratello David in tenera età; la
sofferenza della madre e i suoi tentativi di consolarla prendendo il posto del fratello morto;
l’affermazione artistica, il matrimonio e l’amicizia con la famiglia Llewelyn-Davies. Si passerà poi ad
analizzare il corpus letterario che rimanda a Peter Pan, che non comprende solo la commedia e i già
citati due romanzi (oggetti privilegiati di quest’analisi), ma anche una menzione in un romanzo
precedente, un album fotografico, un balletto e molto altro ancora, inclusa una sceneggiatura
cinematografica mai utilizzata. Ciò denota non solo la natura già allora multimediale di Peter Pan, ma
anche il suo continuo trasformismo, che ne ha permesso numerose trasposizioni cinematografiche e
reinterpretazioni sia a teatro, come recita o musical, sia nella musica leggera.
A partire dal secondo capitolo, la discussione si sposta sull’analisi vera e propria, operata in modo
minuzioso a partire dalla trama del testo d’origine, Peter Pan in Kensington Gardens (1906), estratto di
The Little white Bird comprendente i sei capitoli nei quali si narra l’origine di Peter Pan e le sue
avventure tra fate e uccelli nei Giardini di Kensington. L’analisi di quest’opera ci restituisce un Peter
Pan con molte differenze rispetto al più noto bambino dell’Isola Che Non C’è: nostalgico e proiettato
all’interno del tempo, umanamente propenso alla transazione commerciale e al profitto; tutto questo,
fino a quando non si verifica il dramma del definitivo esilio, rappresentato dalla finestra sbarrata.
Successivamente, Peter si trasforma in una figura mitologica, complice l’incontro con la bambina
Maimie a fargli da contraltare e a glorificarlo al suo ritorno al mondo terreno.
Nel terzo capitolo, spostando la lente verso la recita e il romanzo infantile da essa derivato, l’analisi si
concentra, ancor prima che sulle trame di Peter Pan (1904) e Peter and Wendy (1911), tra loro molto
simili, sui personaggi principali, i loro ruoli archetipici e allegorici all’interno della visione di Barrie.
Ancor più che nel racconto di Kensington, in questi due lavori si rende evidente la potenza archetipica
attraverso Wendy, Uncino, Mr e Mrs Darling, e il conflitto che tra di essi si stabilisce per la supremazia e
il dominio sulla realtà e sulla fantasia. Alla luce dell’analisi, Peter Pan viene destituito dal ruolo di
protagonista, spodestato da Wendy e sua madre, mentre Uncino e Mr Darling, gli antagonisti,
presentano inquietanti analogie tra di loro e nei confronti di Peter stesso. La lotta di puer contro senex,
in atto tra Peter e Uncino, è anche il confronto tra ragione e istinto, tra cultura e sentimento, tra fantasia
e realtà. Tale conflitto si risolve nell’accettazione del tempo da parte del pirata, ma ciò è tutt’altro che la
vittoria del Bene sul Male, essendo il confine tra le due polarità tanto indistinto, per l’Autore, quanto
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quello tra verità e finzione: sebbene ciò non sia evidente, il vero vincitore nella sconfitta di Uncino è
proprio Mr Darling, il genitore razionale e scettico, che può smettere di auto-punirsi e redimersi
dall’eccessivo cinismo. Nel suo autopunirsi dormendo nella cuccia del cane, troviamo anche il trionfo,
peraltro costante in Barrie, della donna sull’uomo, nonché la superiorità morale dell’istinto sulla
ragione.
Ma il conflitto maggiore, la “grande battaglia” che va in scena in Peter Pan, non è quella contro i pirati,
bensì il confronto di Peter con Mrs Darling e Wendy, metafore di Madre e Artista, i due creatori di vita
nei loro mondi in antitesi divisi dalla finestra. Inscenato tra Peter e Wendy e in scala maggiore tra Peter
e Mrs Darling, questo confronto si risolve fondamentalmente nella sconfitta di Peter Pan, con i bambini
nuovamente all’interno del tempo lineare del mondo terreno, di nuovo creature del mondo della Madre
(rappresentato dalla nursery); e Peter volontariamente confinato, solo con le sue creature magiche,
all’esterno, sull’Isola Che Non C'è, remota e magica di cui è non solo sovrano assoluto, ma anche
Demiurgo.
La scelta di analizzare Peter Pan nel capitolo 4, oltre a esigenze di uniformità, si rende necessaria per
l’ampiezza dell’argomento, nonché l’intrinseca relazione del personaggio con il nostro tempo. Ci si
spinge oltre Gulisano e Nejrotti evidenziando che, oltre alle tre divinità da essi menzionate, il rapporto
di Peter, Wendy e Mrs Darling si risolve con grande aderenza al mito di Persefone, in questo caso con il
bambino nel ruolo del rapitore Ade, ma anche del salvatore Ermes; di Wendy in quello di Persefone; di
Mr Darling “collaborativo” quanto Zeus e Uncino a sua volta ingannevole come Ade; infine, di Mrs
Darling come Demetra, ma maggiormente vincitrice del confronto con il “re degli Inferi” Peter Pan.
Prendendo quindi spunto dalla visione moderna di Francesco Cataluccio secondo cui l’immaturità è la
“malattia del nostro tempo”, i restanti paragrafi del capitolo mettono a confronto il mito consolidato di
Peter Pan con i tempi odierni descrivendo quattro trasposizioni contemporanee dei suoi concetti: in
primis, il più eclatante tentativo di incarnare il “bambino che non voleva crescere”, quello di Michael
Jackson; si prenderà in considerazione anche la visione del puer aeternus che incarna l’ultratrentenne
inglese degli anni Novanta nella lettura ironica di Nick Hornby; dopo aver affrontato brevemente il
labile confine tra realtà e sogno nella visione onirica di Christopher Nolan in Inception (2010), infine si
prenderà atto del simbolico passaggio di consegne, a cavallo tra XX e XXI secolo, tra Peter Pan e Harry
Potter, il primo a rappresentare il puer aeternus junghiano, il secondo a mandarlo in pensione,
consegnandoci una generazione – nelle parole di James Hillman – di puer senilis, ragazzi avidamente
protesi verso la maturità.
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INDICAZIONI SU BIBLIOGRAFIA E TERMINI IN CORSIVO
• Per questa ricerca è stato fatto largo uso di materiale elettronico reperito su amazon. Non essendo
garantita la numerazione delle pagine in tale formato, si è ricorso a citare come riferimento la riga,
segnalata dall’abbreviazione “pos.” (al plurale “poss.”);
• Le opere di Barrie consultate, quando citate come tratte dall’edizione originale di Hodder and
Stoughton, sono state reperite in formato e-book public domain su amazon uk, trascritte fedelmente
dagli originali da volontari;
• La scarsità di materiale su Barrie in Italia ha reso una scelta obbligata quella di indirizzarsi su
materiale in lingua originale. In nome di una maggiore uniformità, si è perciò deciso di provvedere a
consultare anche gli oggetti d’analisi nella loro lingua originale. Si fa eccezione per Jas. Hook in
Eton, consultata a partire dal Peter Pan edito da Einaudi e tradotto da Milli Dandolo.
• Laddove si è resa necessaria la traduzione all’italiano, si è fatto riferimento all'edizione Feltrinelli
tradotta da Patrizia Farese, mentre per Peter Pan in Kensington Gardens e Peter and Wendy è stata
consultata la suddetta edizione Einaudi.
• I riferimenti bibliografici di una citazione eventualmente ripetuta più di una volta non vengono
ripetuti. Le citazioni in lingua italiana sono esclusivamente esplicative di citazioni rintracciabili in
precedenza o successivamente in lingua originale.
• I termini Neverland e Never Never Land, dove si è resa necessaria la traduzione, per questioni di
potenziale esplicativo e aderenza all’uso comune sono sempre stati tradotti come Isola Che Non C’è,
anche laddove Farnese e Dandolo traducono entrambe con Paese Che Non C’è. Per le stesse ragioni si
è ritenuto opportuno tradurre sempre Lost Boys con Bimbi Sperduti, eccetto in presenza di testi
citati diversamente tradotti.
• Alcuni nomi comuni recano iniziale maiuscola. Laddove ciò si verifica, la parola si riferisce a una sua
connotazione simbolica (è il caso della parola “Madre”), talvolta a creature animate da magia (“Fate”,
“Alberi”).
• Quando scritto in corsivo, il nome Peter Pan si riferisce alla recita del 1904, qui esaminata a partire
dalla versione pubblicata nel 1928. In caso contrario, con esso si fa riferimento al personaggio o al
complesso delle opere qui perse in esame che lo riguardano.
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1 - LA GENESI DI PETER PAN
1.1 L’AUTORE
Nato il 9 maggio 1860 a Kirriemuir, Scozia, James Matthew Barrie, detto “Jamie”, era il nono dei dieci
figli del tessitore David Barrie e di Margaret Ogilvy. La sua vita venne segnata presto dalla morte del
fratello David, deceduto a tredici anni dopo una caduta sul ghiaccio,
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quando il futuro autore di Peter
Pan non aveva ancora sette anni. La madre, il cui prediletto era senza dubbio David, disperata si chiuse
in sé stessa per più di un anno, mentre Jamie, trascurato e arrabbiato, si sforzava attirarne l’attenzione,
arrivando anche a impersonare il fratello morto, vestendosi come lui e mimandone le movenze e il
caratteristico modo di fischiettare.
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Passato il lutto, il legame tra i due diviene forte: Margaret racconta a Jamie la sua infanzia da little
mother, costretta dalla morte della madre a badare al padre e al fratello dalla tenera età di otto anni;
un’immagine che Barrie stamperà nella propria mente e spesso riproporrà a teatro. La passione per le
vecchie storie, per i libri d’avventura e le leggende di fate e folletti del folklore celtico li accomuna e li
avvicina, nella stanza di Margaret, dove Jamie si scopre prima storyteller poi scrittore grazie proprio
alla spinta materna.
Jamie studia a Glasgow e a Dumfries, prima di ottenere un Master of Arts a Edimburgo nel 1882. Negli
anni successivi scrive per il Nottingham Journal, poi si trasferisce a Londra nel 1885 per cercare
fortuna come giornalista free-lance e scrittore, ottenendo un discreto successo con i suoi articoli, firmati
talvolta con gli pseudonimi più disparati.
A Londra, Barrie si innamora dell’effervescente scena teatrale, e presto aspira a cimentarsi tra le sale del
West End cittadino. Ai primi romanzi Auld Licht Idylls, When a Man’s Single (1888), A Window in
Thrums (1889) e The Little Minister (1891), pietre miliari della kailyard literature
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seguono i primi
tentativi amatoriali miseramente falliti (tra cui una pièce scritta a quattro mani con l’amico Arthur
Conan Doyle). Ciononostante Barrie arriva a teatro con Ibsen’s Ghost (1891), Walker, London e The
Professor’s Love Story (1892).
Lo scrittore e drammaturgo sposa l’attrice Mary Ansell nel 1894, un anno prima che sua madre e sua
sorella muoiano a pochi giorni l’una dall’altra. Dopo la pubblicazione di uno dei suoi romanzi più
acclamati, Sentimental Tommy (1896), dedica alla madre anche una biografia romanzata, Margaret
Ogilvy (1897).
Sempre nel ’97 i coniugi si trasferiscono nei pressi dei Giardini di Kensington, dove James trascorre
parecchio tempo con il San Bernardo della moglie, Porthos: i loro giochi diventano un’attrazione per
molti bambini, tra cui i piccoli George, Jack e Peter, figli di Arthur e Sylvia Llewelyn-Davies. I bambini
diventano ben presto un punto di riferimento per lo scrittore, che li intrattiene con giochi e storie;
Sylvia, una sorta di amore platonico del drammaturgo, assumerà per lui la valenza di madre ideale.
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L’amore materno negato per mesi traumatizzò Barrie per tutta la vita, e la critica è concorde nel
reputarlo un uomo dall’anima puerile, amante dei giochi e a proprio agio quasi più con i bambini che
1 Paolo Gulisano e Chiara Nejrotti, Alla ricerca di Peter Pan, Siena: Cantagalli, 2010, p. 21.
2 Cfr. James Matthew Barrie, Margaret Ogilvy, London: Hodder & Stoughton, 1897, cap. 1.
3 Cfr. Alan Bold, Modern Scottish Literature, Essex: Longman, 1983, pp. 106-107.
4 Cfr. Lisa Chaney, Hide-and-Seek with Angels: A Life of J.M. Barrie, London: Hutchinson, 2005, pos. 3693.
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con i suoi coetanei. L’amicizia con i tre ragazzi, ai quali andranno ad aggiungersi i nuovi nati Michael e
Nicholas, è all’insegna di un intenso sforzo di make-believe e di storie inventate di sana pianta: queste
attività avranno un ruolo fondamentale nella genesi di Peter Pan e dell’Isola che non C’è.
Nel 1902, esce a teatro The Admirable Crichton e Quality Street, commedie che varranno a Barrie il
riconoscimento critico come autore ormai maturo; nello stesso anno, viene dato alle stampe The Little
White Bird, sei capitoli del quale sono dedicati al personaggio di Peter Pan, originariamente un neonato
che fugge dalla madre per vivere nei fatati Giardini di Kensington. È solo l’abbozzo del suo più grande
successo, che tarda ancora due anni: dopo il fiasco di Little Mary (1903), il 27 dicembre 1904,
supportato dall’eccentrico produttore Charles Frohman, Barrie porta in scena Peter Pan, or the Boy
who Woulnd’t Grow Up, una produzione ambiziosa e all’avanguardia, che vede Dion Boucicault alla
regia e la figlia Nina nel ruolo principale. Linda Trevelyan interpreta Wendy e la memorabile
interpretazione di Uncino/Mr Darling spetta al fratello di Sylvia, Gerald du Maurier. È un enorme
successo, che verrà riproposto e reinterpretato nel corso degli anni fino ai giorni nostri, svincolandosi
dal mondo teatrale per assumere altre forme, divenire mito e simbolo delle generazioni contemporanee.
I sei capitoli di The Little White Bird su Peter Pan vengono pubblicati come romanzo a parte, con il
nome Peter Pan in Kensington Gardens (1906) illustrato da Arthur Rackam; a teatro Peter Pan viene
riproposto annualmente, e anno dopo anno registra il sold-out ovunque vada in scena.
Barrie riscrive la storia di continuo, e il finale stesso della recita assume nel tempo diverse forme e
diversi significati: il 22 febbraio 1908, forse il caso più sintomatico, va in scena l’unica performance di
un ulteriore atto, An Afterthought, in cui Peter si confronta con una Wendy ormai cresciuta e madre.
Solo dopo molta insistenza degli editori, la pièce viene riscritta sotto forma di romanzo per ragazzi:
Peter and Wendy esce nel 1911, la trama leggermente adattata rispetto a quella teatrale.
Dopo aver creato Peter Pan, Barrie pone in scena altre recite che mai eguaglieranno il suo grande
capolavoro, nonostante il riconosciuto spessore di opere come Dear Brutus (1908) e Mary Rose (1920),
entrambe riguardanti temi già analizzati in Peter Pan, come l’impossibilità di una seconda chance e i
pericoli di indugiare nel mondo fatato.
A partire dal conflitto interiore cagionato dalla morte di David, la vita di Barrie non fu mai del tutto
serena: nel 1909 divorzia dalla moglie (è opinione condivisa che il matrimonio non sia mai stato
consumato); nel 1910 Sylvia Llewelyn-Davies muore di tumore, come il marito tre anni prima. Barrie si
auto-nomina custode dei loro cinque figli, e fino alla morte ha con loro un rapporto premuroso ma
spesso possessivo. Il più vecchio, George, viene ucciso sul fronte francese nel 1915, stesso anno in cui
Charles Frohman, l’uomo che più di tutti aveva creduto in Barrie, muore a bordo del Lusitania,
transatlantico statunitense silurato dai tedeschi; Michael muore annegato nel 1921, forse suicida.
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Il
discorso Courage, tenuto nel 1922 al St. Andrews di cui è rettore, è una traccia della sua malinconia
senile e della delusione dopo gli orrori della Guerra che gli ha portato via George.
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Nel 1928, ormai baronetto e con due Lauree Honoris Causa (Edimburgo 1909, Oxford 1930), Barrie
vede pubblicate The Plays of J.M. Barrie e Peter Pan (An Afterthought vedrà le stampe solo nel 1957).
Vittima perenne delle emicranie e di problemi polmonari (era un incallito fumatore), passa gli ultimi
5 Paolo Gulisano e Chiara Nejrotti, op. cit., p. 128. Voci non documentate dell’epoca parlano di un’omosessualità repressa che lo
portò a togliersi la vita, fatto dato per certo da Cataluccio. Cfr Francesco Cataluccio, Immaturità. La malattia del nostro tempo, Torino:
2004, Einaudi, p. 38.
6 Cfr. James Matthew Barrie, “Courage!”, discorso d'apertura dell'anno accademico 1922 alla scuola St Andrews, trad. it. di
Luca Scarlini, in Coraggio, Ragazzi!, Torino: Bollati Boringhieri, 2006, pp. 7-41.