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Introduzione
Il comportamento sessuale umano, diversamente da quello di
altre specie, è un comportamento relativamente variabile nel
tempo e nello spazio perché dipende, oltre che dall’impulso,
anche dalla coscienza e dalla volontà del soggetto orientata da
parametri culturali e quindi storici, sociali, religiosi e geografici
che fra loro interagiscono.
Le uniche costanti paiono essere l’onnipresenza di norme
regolatrici, l’esistenza di norme e di amplissime licenze
concesse ai potenti e, più specifica, forse, dei comportamenti di
cui ci si occupa è la terza costante, ovvero quella dell’esistenza
di una doppia normativa, espressione di una doppia morale:
una per gli uomini e una per le donne.
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In coerenza con tale assunto, il comportamento che più
preoccupa nei giorni nostri, vale a dire lo stupro, non ha sempre
assunto il significato odierno di violenza sessuale, quanto
piuttosto il significato di “rapporto sessuale con la donna d’altri.”
Le ricerche in materia di percezione sociale in tale campo
1
Ponti G. e Merzagora Betsos I., Compendio di criminologia, Raffaello Cortina
Editore, 2008;
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hanno evidenziato qualche difformità riguardo alla reazione che
dovrebbe far fronte a comportamenti devianti diversi, quali
l’omosessualità, la pornografia e un'univocità sulla gravità della
violenza sessuale.
Il più noto dei lavori in materia è quello di Sellin e Wolfgang, i
quali hanno sottoposto alla graduazione di gravità da parte di
800 studenti una nutrita serie di comportamenti, tra cui vi era
appunto la violenza sessuale, la prostituzione, l’incesto, ecc.
Agli intervistati erano presentati episodi da valutare e non si
richiedeva un giudizio su un reato secondo la sua definizione
giuridica.
Riprendendo questa ricerca, nel 1982 Delogu e Giannini
valutarono 1600 soggetti tra studenti universitari, di liceo,
militari di leva, ufficiali e sottufficiali di Polizia, Carabinieri,
Guardia di finanza, parlamentari, detenuti e cittadini “qualsiasi”:
il comportamento giudicato più grave in assoluto è stato quello
della violenza sessuale con omicidio; la violenza sessuale è
risultata la seconda in ordine di gravità, dopo l’omicidio.
2
L’assunto secondo cui è la violenza il comportamento oggi più
censurato è accolto anche dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66
2
T. De Logu, M.C. Giannini, L’indice di criminalità di Sellin e Wolfgang nella teoria
generale della misurazione della gravità dei reati, Giuffrè, 1982.
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che ha riformato le norme in materia
3
; qui vi è il trasferimento
delle norme che puniscono la violenza sessuale dai “Delitti
contro la moralità pubblica e il buon costume” ai “Delitti contro
la persona”, per sottolineare che l’attuale percezione sociale è
quella che vede la concreta integrità della persona e non
l’astratta moralità come il bene leso da queste violenze.
Attualmente la norma che punisce la violenza sessuale così
recita: 609 bis. Violenza sessuale. “Chiunque, con violenza o
minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a
compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da
cinque a dieci anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno
a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni
di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento
del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il
colpevole sostituito ad altra persona.
4
”
Sia per gli autori di violenze sessuali in danno di adulti sia per
quelli di violenze contro i minori, raramente si riscontra la
presenza di malattia mentale tale da aver determinato la
violenza, che appare piuttosto una condotta che si caratterizza
essenzialmente per il suo connotato di patologia culturale, o
sotto culturale, di prevaricazione e prepotenza. Anche se la
3
Trattasi di Norme contro la violenza sessuale;
4
Fiandaca G., Musco E., Diritto penale. Parte generale, Sesta edizione, Zanichelli,
2010;
8
malattia mentale raramente determina la violenza sessuale, la
psicopatologia si è da sempre occupata dei comportamenti
sessuali devianti che possono comportare la commissione dei
reati sessuali.
Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali riporta
come caratteristiche essenziali delle “parafilie”, ovvero i disturbi
della sfera sessuale, “fantasie, impulsi sessuali, o
comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti
sessualmente, che in generale riguardano: 1) oggetti inanimati,
2) la sofferenza o l’umiliazione di se stessi o del partner o 3)
bambini o altre persone non consenzienti, e che si manifestano
per un periodo di almeno 6 mesi". (Criterio A)
5
"Il
comportamento, i desideri sessuali, o le fantasie causano
disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area
sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento.”
Si elencano a tal proposito: esibizionismo, feticismo,
frotteurismo, pedofilia, sadismo e masochismo,
transessualismo, voyeurismo e altre parafilie non altrimenti
specificate.
Quanto alle ricostruzioni dinamiche e ai modelli concettuali e
genetici delle alterazioni dell’istinto sessuale, da taluni le
5
American Psychiatric Association, DSM-IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico
dei Disturbi Mentali- Testo revisionato), Milano, Masson, 2001;
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parafilie sono viste come il risultato di un processo evolutivo
psicoaffettivo imperfetto: si tratterebbe di modalità impoverite di
una sessualità incapace di raggiungere la completezza dell’
“essere insieme nell’amore” e dell’andare al di là di una
“possessione dell’Altro” ridotto a mero oggetto, privo di identità
esistenziale.
6
Un enorme problema è sicuramente quello del numero oscuro:
un’indagine condotta nel 2006, intervistando telefonicamente
25.000 donne fra i sedici e i settant’anni, avrebbe appurato che
in Italia non è stato denunciato il 91,6% delle violenze sessuali
e il 94,2 % delle tentate violenze subite dalle donne nel corso
della loro vita.
7
Lo scopo della mia tesi sarà di descrivere la
personalità dei sex offenders, ovvero gli aggressori sessuali, il
loro modo di agire e di relazionarsi alla vittima di abuso ed un
eventuale possibile recupero terapeutico, se può accadere o
meno, avvalendomi dell’aiuto di alcune ricerche effettuate su di
loro in America e Australia.
6
Jaria, Capri, in Trattato di medicina legale, Giusto Giusti, Cedam editore, 2009;
7
Dati ISTAT, Istituto Nazionale di Statistica, La violenza contro le donne, 2006;
10
Capitolo 1. Sex offenders: tra perversione e
violenza
1.1Che cos’è la perversione?
Il termine “perversione” ha una molteplicità di significati ed è
usato per riferirsi a fenomeni diversi e a differenti meccanismi
sottostanti ai fenomeni stessi.
Nella letteratura psicoanalitica il termine ha significato di:
perversione sessuale, prima di tutto, ma anche di tratto di
carattere, di modo di relazione oggettuale, di modalità
difensiva.
8
Il termine perversione fu utilizzato da Freud, all’inizio, per
indicare le perversioni sessuali; successivamente, il suo
significato si è esteso fino ad arrivare alla considerazione di
Meltzer nel 1973 con la quale afferma che “non c’è attività
umana che non possa venire pervertita, dato che l’essenza
8
Filippini S., Relazioni perverse. La violenza psicologica nella coppia, Franco
Angeli, 2005;
11
dell’impulso perverso consiste nel trasformare la parte buona in
cattiva, conservando l’apparenza della bontà.”
La perversione come difesa consiste nel tentativo di evitare la
realtà della mancanza del pene nella donna e quindi l’angoscia
di castrazione nell’uomo e nel tentativo di evitare la frustrazione
prodotta dalla constatazione dell’impotenza infantile e della
perdita della grandiosità narcisistica.
Nella perversione, il diniego della realtà della castrazione evita
la perdita totale del rapporto con la realtà, che avviene invece
nella psicosi; si può dire con Freud che la perversione
rappresenta anche una difesa dalla psicosi. Infatti, chi ha
esperienza di soggetti perversi sa come la perversione
sessuale rappresenti spesso uno stratagemma, l’ultimo argine
prima del crollo psicotico.
9
Dopo Freud, le perversioni hanno ricevuto un’attenzione
diversa; secondo Meltzer, per esempio, la sessualità perversa
si sviluppa su una struttura narcisistica. Per il perverso è come
se l’oggetto non esistesse perché esso è affettivamente
indifferente per il soggetto, che lo usa per i propri scopi e lo
svaluta; a tal proposito Meltzer aggiunge: “ L’impulso perverso
9
Ibidem, pag. 25;
12
si lega a quello criminale attraverso il desiderio di svalutare e
disprezzare gli oggetti buoni.”
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Va osservato come, presso gli autori di derivazione kleiniana, vi
sia un nuovo modo di intendere le perversioni: sarebbero dei
meccanismi e fenomeni che non rimangono solo nell’area della
sessualità, ma sono bensì causati da un disturbo
dell’aggressività, non più della libido.
Se si dovesse parlare delle basi della perversione, si dovrebbe
citare il cosiddetto trauma cumulativo di Masud Khan,
11
ovvero
eventi traumatici ripetuti che hanno luogo nelle relazioni tra il
bambino e chi si prende cura di lui. Egli, inoltre, sostiene che la
perversione è una difesa dal rapporto attraverso un'apparenza
di intimità; il soggetto perverso ha bisogno di detenere il
controllo della relazione e non è capace di reciprocità.
Il perverso ha bisogno di negare la separatezza con l’oggetto
(la vittima) e la stessa esistenza autonoma; nel suo fantasma
inconscio è ridotto a oggetto, egli si fa oggetto.
E’ questo ciò che il perverso mostra nella sua scena, nel suo
“teatrino”: è una finta, una truffa. Egli elegge un monumento alla
10
Meltzer D., Stati sessuali della mente, Roma, Armando, 1983;
11
Khan M. Masud R., Lo spazio privato del sé, Bollati Boringhieri, 1963;