15
CAPITOLO PRIMO
LA BANCAROTTA FRAUDOLENTA SOCIETARIA
Sommario: 1.1 Profili introduttivi – 1.2 Del reato di bancarotta – 1.2.1 La
varie tipologie di bancarotta – 1.2.2 Lo scopo dell’incriminazione: la tutela
degli interessi dei creditori – 1.2.3 La concezione patrimoniale del reato di
bancarotta – 1.3 Della bancarotta impropria – 1.4 Della bancarotta
societaria – 1.4.1 Precisazioni terminologiche – 1.4.2 Le fonti del reato di
bancarotta e questioni applicative
1.1 PROFILI INTRODUTTIVI
A partire dalla seconda metà del secolo scorso, l’economia moderna è
riuscita a registrare uno sviluppo incredibilmente accelerato, che ha
assistito ad enormi cambiamenti in ambito produttivo.
Da un mondo prettamente agricolo ed artigianale, si è progressivamente
passati all’universo dell’industria, che a sua volta non ha smesso mai di
crescere e modificarsi. Le sue ultime evoluzioni hanno voluto spostare
l’accento sul settore terziario, specie quello dei servizi, la cui crescita ha
fomentato grande entusiasmo nel ramo economico. Entusiasmo che
sfortunatamente il panorama giuridico non può condividere.
Un risultato tanto prodigioso infatti, non ha purtroppo riguardato gli altri
settori che hanno accompagnato tale crescita economica, e primo fra tutti,
quello del diritto penale commerciale.
16
All’interno del microcosmo aziendale, in cui ogni cosa ruota
inevitabilmente attorno all’impresa
1
, è del tutto imprescindibile, ai fini di
un efficace intervento da parte del diritto penale, raggiungere una sinergia
tra questo e le altre discipline coinvolte, quali quella del diritto civile e
dell’economia.
Solo attraverso la potenza di questo incontro è infatti possibile
comprendere ed addentrarsi nel mondo del diritto penale commerciale.
Mondo che di certo non si priva delle sue complicazioni.
Fu Minervini
2
il primo a coniare l’espressione di “alluvionalità” del diritto
penale d’impresa
3
, il quale volle proprio riflettere sulla complessità di
questo ambito giuridico e sulla difficoltà di una sua omogenea
ricostruzione.
A partire dagli anni ’70, infatti, si è assistito ad una espansione della
disciplina giuridica che, tentando di tenere il passo con l’incontrollabile
sviluppo economico, ha voluto sempre più coinvolgere fenomeni, beni e
rapporti appartenenti al mondo dell’economia che, precedentemente,
trovavano appena accenno nella disciplina generale, o non vi erano affatto
considerati. Questa pioggia di norme ha visto spesso collegamenti infelici
ed accostamenti di disposizioni risalenti, addirittura di qualche secolo, con
interventi legislativi del tutto nuovi.
Ciò che inevitabilmente consegue da tale “sensibile dilatazione”
4
del diritto
penale d’impresa, “disordinata e mal coordinata”
5
, al di là delle varie
1
Intesa come unità operativa, fulcro di attività e produzione.
2
Cfr. MINERVINI, L'evoluzione del concetto d'impresa, in Riv. soc., 1976.
3
A questa espressione fa riferimento anche Fiandaca quando afferma che “la ipertrofica,
alluvionale espansione della legislazione penale complementare ha, di fatto, fortemente
ridimensionato il ruolo protagonistico del codice nell'ambito del sistema penale
complessivo”. Cfr. FIANDACA, Relazione introduttiva, in Valore e principi della
codificazione penale: le esperienze italiana, spagnola e francese a confronto, Atti del
Convegno di Firenze, 19 - 20 Novembre 1993, Padova, CEDAM, 1995, 20.
4
Cfr. ALESSANDRI, in ALESSANDRI – PEDRAZZI- FOFFANI- SEMINARA-SPAGNOLO,
Manuale di diritto penale dell’impresa, parte generale e reati fallimentari, Bologna, 1998,
4.
17
ragioni da cui essa sia scaturita, è un disegno normativo patologicamente
discontinuo ed eccessivamente segmentato.
All’interno di questa composizione alluvionale, tuttavia, è Alessandri stesso
a dirci che “la legislazione che gravita sull’impresa […] si presenta come
frammentata in blocchi diversi”
6
, intendendo per blocchi, oltre all’esteso
campo del mercato mobiliare e degli strumenti finanziari, i due pilastri
fondamentali che compongono il diritto penale d’impresa e che rivestono
platealmente una posizione primaria: i reati societari e i reati fallimentari.
Il ruolo svolto da questi ultimi infatti, in virtù della gravità delle sanzioni
previste a tutela di interessi fondamentali, e della indiscussa rilevanza
della loro funzione di regolamentare la gestione e la vita d’impresa, risulta
essere indubbiamente privilegiato.
È bene tuttavia sottolineare il parallelismo che caratterizza le due tipologie
di reati nel loro excursus storico - normativo.
Mentre i reati societari hanno assistito a ricche e frequenti trasformazioni,
derivate soprattutto da incisive modifiche civilistiche, provocate a loro
volta dal processo di adeguamento alle direttive comunitarie emanate in
materia, i reati fallimentari sono stati protagonisti di una sostanziale e
forse auspicabile, all’interno di predetta prospettiva, immobilità normativa.
La disciplina del fallimento e della bancarotta, infatti, dopo un iter storico
tormentato ma molto significativo
7
, acquisisce definitiva dignità ed
5
Cfr. ALESSANDRI, in ALESSANDRI – PEDRAZZI- FOFFANI- SEMINARA-SPAGNOLO,
Manuale di diritto penale dell’impresa, parte generale e reati fallimentari, cit., 4.
6
Cfr. ALESSANDRI, in ALESSANDRI – PEDRAZZI- FOFFANI- SEMINARA-SPAGNOLO,
Manuale di diritto penale dell’impresa, parte generale e reati fallimentari, cit., 5.
7
Alcuni autori, volendo indagare sulle origini di questa branca del diritto, si sono
concentrati in particolare sul reato di bancarotta, ai fini di comprendere più a fondo la sua
natura e le sue trasformazioni. Le tracce più lontane di detto reato risalgono al diritto
romano, mentre nei sistemi giuridici di altri popoli più antichi non risulta l’esistenza di
istituti neanche lontanamente assimilabili a quello della bancarotta.
Nel diritto romano il primo intervento in senso fallimentare fu rappresentato dalla Lex
Poetelia Papiria del 326 a.C., ma una delle evoluzioni più significative si ebbe grazie allo
ius preatorium, la cui innegabile modernità non eliminava tuttavia gli aspetti afflittivi del
debitore, ovvero la sua perseguibilità fino a totale solutio.
18
esistenza giuridica con il Regio Decreto 267 del 1942, noto come “Legge
fallimentare”, e non subisce sostanziali modifiche fino alla recentissima
riforma introdotta dal D. Lgs. N.61 del 2002.
Negli ultimi anni, per l’appunto, si avvertiva, in maniera sempre più
impellente, l’esigenza di una riforma del diritto penale societario,
soprattutto in ragione di alcune fattispecie di reato formulate in modo
impreciso e, pertanto, foriero di ampia ed aspramente criticata
discrezionalità in materia punitiva.
Come ci comunica la Relazione governativa per i reati societari
8
, la legge
delega n. 366 del 3 ottobre 2001
9
trovò fondamento proprio sull’esigenza
di razionalizzare il sistema penale societario, esigenza che sfociò poi nella
riduzione del numero complessivo delle fattispecie di reato previste e, allo
stesso tempo, nella creazione di nuove figure criminis.
È in questo clima che il legislatore ha voluto cogliere l’occasione per
coinvolgere, in questo processo di riscrittura, anche i reati fallimentari,
Il vero punto di svolta lo dobbiamo ad Augusto e alla sua Lex Iulia de cessione bonorum
(7 a.C.), con la quale furono previsti, per la prima volta, alcuni principi fondamentali che
ancora oggi costituiscono le basi del diritto fallimentare. Fu delineato il diritto dei creditori
di disporre di tutti i beni del debitore, fu affermata la par condicio creditorum, furono
distinti debitori che avevano agito in buona fede da quelli che invece avevano agito
fraudolentemente. Dopo la caduta dell’impero tuttavia, le invasioni barbariche
costituirono un momento di regresso anche nel campo del diritto, oltreché generale, e
nuova luce si vide soltanto dopo l’anno 1000 d. C., con la fioritura dei liberi Comuni in
Italia. La ripresa dei commerci fece nascere la necessità di una loro regolazione in campo
giuridico. Sulla scia degli insegnamenti del diritto romano, pertanto, gli statuti comunali
tornarono a disciplinare le procedure fallimentari in maniera dettagliata, mantenendo
pene molto severe. Il termine “bancarotta” tuttavia non aveva ancora maturato il
significato attuale di reato commesso dal fallito, ma si limitava ad indicare l’insolvenza in
sé.
La prima normativa moderna che si occupò della bancarotta fu il Code de Commerce
napoleonico del 1807, che , fautore della distinzione tra bancarotta fraudolenta e
semplice, e, novellato nel 1838, esercitò una determinante influenza sulla legge italiana,
a partire dal Codice Albertino del 1842, fino alla Legge Fallimentare del 1942.
Cfr. LONGHI, Bancarotta ed altri reati in materia commerciale, Milano, 1930; MARRONE,
Istituzioni di diritto romano, Palermo, 2006; PUNZO, Il delitto di bancarotta, Torino, 1953,
5 e 6; CONTI, I reati fallimentari, Torino, 1991.
8
Cfr. punti 1 e 1.1, in Guida al dir., n.1 del 27 aprile 2002, 28.
9
L’art. 11 di suddetta legge ha trovato attuazione nel d. lgs. 11 aprile 2002 n. 61.
19
con lo scopo ultimo di attualizzare i dettami del 1942 alla nuova e diversa
realtà d’impresa e al nuovo diritto penale societario.
Fu infatti molto pressante l’esigenza di stabilire una connessione, un
rapporto di continuità, tra i reati fallimentari e quelli societari. Si avvertiva
il bisogno di un loro punto d’incontro, che desse vita ad una vera
organicità normativa
10
, divenuta oramai, soprattutto a fronte del netto
aumento di casistica relativa alle crisi di grandi imprese, imprescindibile.
1.2 DEL REATO DI BANCAROTTA: LE VARIE TIPOLOGIE DI BANCAROTTA
Il diritto penale fallimentare, visto nel suo insieme, prevede un sistema
repressivo piuttosto denso, omogeneo e di carattere prettamente
emergenziale, essendo esso legato alla fase terminale dell’impresa che
vede nel fallimento il suo più naturale epilogo. All’interno di esso il reato
per antonomasia è certamente il reato di bancarotta.
Il legislatore, infatti, per poter reagire all’insolvenza dell’imprenditore
commerciale, ha affiancato alle norme privatistiche, organizzate nelle
procedure concorsuali, specifiche previsioni della legge fallimentare
contenute nel titolo IV, in particolare negli artt. 216 -241.
All’interno di questo corpus normativo, il reato di bancarotta può essere
classificato in varie tipologie, sulla base di specifici fattori caratterizzanti.
Innanzitutto, il reo può macchiarsi di tale crimine dolosamente o
colposamente. Una fondamentale categorizzazione del reato di bancarotta
infatti, scaturisce dall’elemento soggettivo. In merito, differenziamo la
bancarotta fraudolenta
11
, di cui si parla in presenza di un dolus da parte
10
Emblema indiscusso di questa esigenza di organicità risulta essere l’art. 223 L. F., dove
si realizza il più evidente connubio normativo tra alcune fattispecie di reati societari e la
bancarotta.
11
Rif. Normativo: casi ex art. 216, l. fall.
20
del soggetto attivo, dalla bancarotta semplice
12
, che si verifica invece
laddove le condotte penalmente rilevanti siano ascrivibili a colpa.
In virtù del tipo di condotta e del suo oggetto materiale, inoltre, possiamo
distinguere tra la bancarotta patrimoniale
13
,in cui l’azione od omissione
criminosa colpisce il patrimonio d’impresa, e quella documentale
14
, dove
invece la condotta penalmente rilevante ha ad oggetto libri e scritture
contabili. Ancora in virtù di suddetto criterium è possibile individuare la
bancarotta preferenziale
15
, la cui condotta criminosa viola l’interesse dei
creditori alla par condicio creditorum, ovverosia il loro uguale diritto di
essere soddisfatti sui beni del debitore.
Seguendo con la classificazione, dobbiamo precisare che il reato può
essere commesso dopo la dichiarazione di fallimento (bancarotta post-
fallimentare), oppure anche in via antecedente (bancarotta pre-
fallimentare).
Ultimo criterio discriminativo, che si rivelerà essere molto utile alla
presente trattazione, è quello del soggetto attivo del reato. In virtù di
questo, infatti, si può distinguere la figura della bancarotta propria,
fattispecie che vede come soggetto attivo del reato l’imprenditore
commerciale, da quella della bancarotta impropria. Considerando che tale
aggettivo caratterizzante vuole sottolineare un mutamento del soggetto
attivo criminis, è facile comprendere che l’espressione “bancarotta
impropria” sta lì ad indicare “i reati commessi da persone diverse dal
fallito”
16
.
12
Rif. Normativo: casi ex art. 217, l. fall.
13
Rif. Normativo: art. 216 pp. n. 1, l. fall.
14
Rif. Normativo: art. 216 pp. n. 2, l. fall.
15
Rif. Normativo: art. 216, comma 4, l. fall.
16
Così sono definiti i reati descritti nel capo II del titolo VI della legge fallimentare, in
contrapposizione ai reati di bancarotta propria del capo I.