GIOCO IMPARANDO
Tesi di laurea Specialistica in Ingegneria del Cinema e dei Mezzi di Comunicazione
INTRODUZIONE
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Introduzione
Within technoculture […] younger generations into their late 20s
are devoting increasing amounts of recreation time
to addictive computer games..
At its most extreme, a new type of subject/player is emerging,
who takes her or his game play very seriously.
This person is often called a 'gamer'.
Anne Marie Schleiner
Giochiamo da sempre: ogni civiltà aveva i propri giochi, da giochi di ruolo per l'istruzione dei
giovani nelle società primitive ad aquiloni e trottole dei Greci, dal Senet degli Egizi (una sorta di
dama su una scacchiera rettangolare) al gioco dei dadi dei Romani.
Anche gli animali giocano. Gli adulti ricorrono al gioco come mezzo di addestramento dei
cuccioli: mamma orsa, ad esempio, insegna al figlio come dovrà combattere quando sarà
adulto. Il gioco è anche socializzazione: tra i sifaka, lemuri del Sud del Madascar, i maschi
"stranieri" giocano con i maschi appartenenti ad un gruppo per entrare a farvi parte.
Lo storico olandese Johan Huizinga sostiene che
il gioco è più antico della cultura [… in quanto] il concetto di cultura […] presuppone
convivenza umana, e gli animali non hanno aspettato che gli uomini insegnassero loro a
giocare.
Umberto Eco, in proposito, precisa che
una volta identificate le caratteristiche del gioco si arriva all'assunzione che i caratteri del
gioco sono quelli della cultura e che quindi la cultura sin dall'antichità si manifesta come
gioco.
Appare un binomio gioco-cultura che ha attraversato i secoli forte della sua alta utilità. Al
giorno d'oggi, però, si ha una considerazione del gioco negativa, che quasi lo disprezza: si è
persa da tempo l'associazione con la cultura, divenendo oggi gioco-sport, gioco-
intrattenimento, gioco-scommessa, gioco-divertimento.
Genericamente: gioco-perditaditempo.
Eppure non si gioca solo per divertirsi; certo, lo scopo primario è il divertimento, il relax, la
competizione, ma spesso ci dimentichiamo delle alte potenzialità educative del gioco.
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1. Che cos'è un videogioco
Abbiamo visto il binomio gioco-cultura. Ma quali sono i giochi dei bambini di oggi?
Tra i giovanissimi sempre più si sta perdendo la concezione di gioco di società, gioco da tavola,
gioco con le carte, gioco "manuale". I bambini si trovano molto più soli rispetto a una volta e
capita spesso che, quando si riuniscono in gruppi, non sappiano cosa fare, nemmeno con una
palla in mano (e molti resoconti da oratorio lo confermano). Bambole, pupazzetti, Lego e
quant'altro stanno subendo un lento declino in favore di videogiochi, social-network, consolle…
Non è forse un caso che la Lego, la grande casa produttrice dei mattoncini colorati, si sia
lanciata nel settore videogame riproponendo la costruzione virtuale di ciò che prima si
costruiva a mano.
Innanzitutto… di cosa stiamo parlando? Che cos'è un videogioco o videogame?
Cito dal Glossario in fondo a questa tesi:
Il videogioco è un gioco le cui regole sono gestite da un apparecchio elettronico che utilizza
un'interfaccia uomo-macchina basata sul display come sistema di output. La tecnologia
permette la creazione di un ambiente di gioco virtuale e interattivo.
In parole povere, un videogame è un gioco che può essere giocato da soli o con/contro uno o
più giocatori (reali o artificiali) che necessita della mediazione della tecnologia. Questa
innanzitutto riproduce l'ambiente con tutti (o quasi) gli elementi di gioco, siano essi
semplicemente un mazzo di carte o un mondo tridimensionale con personaggi semi-intelligenti
e una storia. L'intelligenza artificiale gestisce le regole del gioco (e qui non si può barare, a
meno che non possediate dei buoni cheats, solitamente combinazioni alfanumeriche o
combinazioni di tasti da premere nel momento giusto) e gestisce, se previsti, gli eventuali altri
giocatori non-umani.
Un videogioco ha una grafica accattivante, musiche e suoni, realismo, atmosfera. Nessun gioco
non-tecnologico è in grado di offrire tutto questo senza un massiccio sfruttamento (in perfetta
sincronia, per di più) dell'immaginazione dei giocatori.
Una semplice partita di Briscola può essere ambientata in un porto di mare frequentato da
feroci pirati: si sente il mare in sottofondo, si vede il pirata che ci sfida a carte, si gioca
buttando le carte su uno sporco tavolo di legno, si sentono i grugniti pieni di rabbia del nostro
avversario quando facciamo punto.
Un videogioco è in grado di sostituire con grande immersività e partecipazione qualsiasi
fantasia. Sto dicendo che cancella l'immaginazione sostituendosi ad essa? Forse…
Ma non soffermiamoci oltre su queste disquisizioni e vediamo brevemente quali cambiamenti
(di abitudini ma soprattutto di mentalità) ha portato la diffusione dei videogiochi.
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2. La diffusione dei videogiochi
Gli anni '70 vedono la diffusione pubblica dei videogiochi con la prima generazione di consolle,
disponibili soprattutto nelle sale giochi frequentate da giovani adolescenti. A partire dalla fine
degli anni '80 si ha la diffusione di massa delle consolle, e nel contempo crescono le
potenzialità dei personal computer.
Oggi il gioco ai videogiochi non è più vincolato ad uno spazio fisico ben definito (dalle sale
gioco si è passati ai personal computer e alle consolle "fisse"; da questi si è ora passati ai nuovi
hardware portatili, siano questi smartphone o consolle, come la Nintendo DS o la PSP), e le
nuove tecnologie portano sempre più valore aggiunto all'interazione e all'immersività.
Questo ha reso i videogiochi accessibili e appetibili ad una più larga cerchia di giocatori. Come
si può notare dai dati pubblicati dall'ISFE (Interactive Sofwtare Federation of Europe
1
) nella
ricerca Videogamers in Europe del 2010, la grande maggioranza dei videogiocatori è molto
giovane (il 66% della popolazione europea che gioca ai videogiochi è tra i 16 e i 29 anni), ma la
popolarità del videogioco raggiunge valori importanti anche tra i non-più-giovani (vedi Fig 1).
Si noti però che la ricerca condotta dall'ISFE non ha considerato la fascia dei giovanissimi,
avendo considerato i giocatori con più di 16 anni. Per compensare, riporto i dati che l'ISTAT
2
,
l'Istituto Nazionale di Statistica, nel rapporto annuale sull'utilizzo delle tecnologie nel tempo
libero ha rilevato sulla diffusione dei videogiochi tra i bambini (2010):
è
1
http://www.isfe-eu.org/
2
http://www.istat.it/ , in particolare la banca dati http://www.istat.it/dati/db_siti/
Fig 2 – Bambini videogiocatori in Italia
per età
Fig 1 – Videogiocatori in Europa per età
(fonte: ISFE 2010)
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Molti bambini dedicano ai videogiochi un tempo significativo, mediamente dalle 5 alle 8 ore a
settimana.
Questo rende i videogiochi un importante fenomeno di massa che sempre più attira
l'attenzione di sociologi, psicologi, pedagogisti ed esperti di altri settori.
3. Conseguenze fisiche e psicologiche
Spesso si legge dell'impatto negativo che alcuni, soprattutto i genitori più apprensivi,
sostengono abbiano i videogiochi su fisico e mente dei giovani giocatori.
In questa tesi non verrà affrontato il tema delle conseguenze negative dei videogiochi, ancora
oggetto di accesi dibattiti. Alcuni dimostrano che il contenuto violento e genericamente
indicato come "diseducativo" travii i giovani giocatori verso comportamenti aggressivi e privi di
regole; altri invece dimostrano come in realtà i videogiochi siano anzi un mezzo per sfogare
stress e impulsi violenti. Partiamo dunque dal presupposto che il progetto di questa tesi non
vuole contenere nulla che possa portare il giocatore sulla "cattiva strada": non vi saranno
scene violente, non vi sarà droga, sesso o insulti.
L'aspetto interessante, e purtroppo spesso trascurato, è invece l'opposto: le potenzialità
educative dei videogiochi. Gli studi di Pillay (2003)
3
evidenziano che
playing recreational computer games may influence children's performance on subsequent
computer-based educational tasks. However, the extent of this influence depended on the
types of games played during the learning phase. Linear cause-and-effect games tended to
encourage means-end analysis strategy, whereas adventure games encouraged inferential
and proactive thinking.
3
Pillay Hitendra, (2003), An investigation of Cognitive Processes Engaged in by Recreational Computer Game
Players: Implications for Skills of the Future, Journal of Research on Technology in Education
Fig 3 – Ore di videogioco per i bambini, per età (fonte: ISTAT 2010)
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I videogiochi, dunque, non solo avvicinano i giovani al mondo del computer e della tecnologia,
ma potenzialmente sono anche in grado di educare e sviluppare determinate capacità.
Ad esempio Mitchell e Savill-Smith (2004)
4
indicano che
in action and adventure computer games, images tend to be more important than words;
this shifts the development of representational skills from the verbal to iconic […]. In these
ways players develop the spatial awareness (which can be simply defined as the skill of
understanding where things are in relation to other things) and the cognitive skills (as when
a person thinks or uses a conscious mental process) that are so crucial to many computer
applications.
Gli studi di Prensky (2001)
5
hanno individuato un importante salto generazionale nell'ambito
dell'apprendimento, causato soprattutto dall'avvento del computer e di internet:
prima del computer con il computer
un solo processo lineare
(es. libro di testo convenzionale)
più processi paralleli tra loro
(es. Wikipedia)
apprendimento e rappresentazione testuali
apprendimento e rappresentazione grafici
linearità, apprendimento "step-by-step"
apparente disordine
singolarità, solitudine
pluralità, bisogno di connessioni sociali
apprendimento spesso "passivo"
apprendimento più "attivo"
lavoro, doveri
gioco, divertimento
realtà
fantasia
immaginazione
tecnologia
La diffusione del computer ha dunque radicalmente modificato il concetto di apprendimento e
le aspettative, in molti ambiti, dei bambini (e non solo) di oggi.
4
Mitchell Alice, Savill-Smith Carol (2004), The use of computer and video games for learning, Learning and Skills
Development Agency
5
Prensky Marc (2001), Digital game based learning, McGraw Hill, New York
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4. Videogiochi educativi o serious games
Nel contesto di questo cambiamento e di questa nuova concezione di apprendimento ben si
inseriscono e si sviluppano i serious games, giochi o videogiochi che si prefiggono come
obiettivo il miglioramento di determinate capacità o l'approfondimento di concetti e temi.
Solo in questi ultimi anni, alla luce delle recenti ricerche in campo psicologico e pedagogico, si
è avuto un significativo incremento di interesse verso i serious game e il mercato è tuttora in
piena crescita. Prime fra tutte sono le scuole a richiedere giochi e videogiochi didattici, ma
anche istituti di formazione (tra cui, ad esempio, le scuole guida), enti privati, aziende.
Ma la strada da percorrere affinchè un videogioco educativo sia pienamente efficace è ancora
lunga e sono necessarie ancora molte ricerche (in cui bene si inserisce l'e-Learning) prima di
poter individuare, se mai sarà possibile, il migliore approccio.
Attualmente si è diffusa la concezione di gioco educativo noioso, pedante, che nel complesso
attrae ben poco i giocatori, se non coloro che, volontariamente, desiderano migliorare
determinate personal skills. Su questo fa leva la serie di videogames per la Nintendo DS Brain
Training: non hanno una grafica accattivante, non sono particolarmente divertenti, ma il
giocatore li utilizza perché convinto possa trarne beneficio.
Fig 4 – Il Brain Training del Dr. Kawashima non ha certo una grafica accattivante….
Fig 5 – Il gioco Brain Buddies, disponibile su Facebook, presenta giochi altrettanto stimolanti ma con
una grafica del tutto nuova, colorata e più accattivante (ma, se vogliamo, anche più distraente)
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Questa logica di vendita non può però essere applicata nel caso di giocatori più piccoli, che non
hanno ancora sviluppato (se mai lo svilupperanno) l'interesse verso l'auto-miglioramento, né
tantomeno hanno una così grande forza di volontà nel continuare un gioco particolarmente
noioso o comunque poco attivante. Ecco dunque che il mercato dei videogiochi didattici per
bambini non ha ancora raggiunto una fase di grande sviluppo e grande diffusione: i bambini
hanno bisogno di stimoli continui e diversi, di divertimento, di una grafica accattivante, di
simpatia. Giochi come Brain Training non potranno mai destare grande interesse tra i più
piccoli.
Attualmente la maggior parte dei videogiochi didattici soffre di tre problemi principali:
- i serious games sono poco accettati e ben voluti in quanto imposti, per i potenziali benefici,
da terze persone (genitori o insegnanti)
- sono troppo seri e dunque noiosi per poter destare interesse tra i più piccoli, e dunque non
vengono giocati con quella costanza e attenzione che renderebbero il gioco proficuo dal
punto di vista didattico
- per poter far fronte alla continua ricerca di nuovi stimoli che caratterizza i bambini, alcuni
istituti di ricerca ed enti (tra cui l'IPRASE Trentino) stanno tentando un nuovo approccio
didattico che prevede la creazione di un "pacchetto" di giochi diversi, con il rischio che il
bambino, nell'ampia scelta, focalizzi le sue preferenze su un gruppo ristretto di giochi. Questo
comporta una progettazione didattica di grande difficoltà, e le ricerche in tal merito sono
tutt'altro che concluse
Fig 6 – Imposizione nelle scuole e
non desiderio di auto-
miglioramento
Fig 7 – Poca accuratezza negli aspetti emozionali
che più interessano ai bambini
(Einstein Brain Trainer)
Fig 8 – Grafica poco curata, ed estrema difficoltà nel creare un pacchetto giochi
(nell'esempio: IPRASE Trentino)
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5. Obiettivi
Si è visto come gli approcci con cui vengono presentati i videogiochi educativi ai bambini siano
sostanzialmente due: un pacchetto di piccoli videogiochi (solitamente progettati in tecnologia
Flash), divertenti, colorati e soprattutto vari in missioni, obiettivi e strategie di gioco, oppure
letteralmente serious games, ossia videogiochi fin troppo seri che vengono percepiti come
noiosi dai più piccoli e meno motivati giocatori.
L'obiettivo che si pone il progetto di questa tesi è lo sviluppo di un terzo approccio educativo,
forse quello, ancora, meno sviluppato: la creazione di un videogioco, apparentemente di
carattere esclusivamente ludico e non didattico, che trasmetta informazioni e nuove nozioni in
modo implicito. Innanzitutto deve divertire ed essere accattivante in modo tale da attirare
l'attenzione del giocatore bambino. Non deve essere l'insegnante o il genitore ad imporre il
gioco, ma dovrebbe essere il bambino stesso a chiedere di giocarci. In questo modo la prima
barriera, quella dell'imposizione e della mancanza di interesse, viene abbattuta.
In secondo luogo, dovrebbe essere il bambino stesso a ricercare, di propria spontanea volontà,
l'aspetto educativo del gioco. Come verrà più dettagliatamente illustrato nel secondo capitolo,
vi sono diversi stimoli che possono indurre il giocatore a cercare l'aspetto didattico. Anticipo
che in questo progetto verranno sfruttate le motivazioni della sfida e della gratificazione
(capitolo 5), ma vi sono molte altre strade da sperimentare.
Il target a cui si rivolge questo progetto sono i bambini indicativamente delle elementari,
dunque tra i 6 e i 10 anni. Ho scelto un pubblico di giocatori così giovani perché è soprattutto
questa la fascia in cui devono concentrarsi maggiormente le ricerche in campo educativo, in
quanto è da questa età che i bambini iniziano ad approcciarsi con il mondo dei videogiochi e
con l'apprendimento scolastico privo di quella ludicità che aveva caratterizzato i primi anni di
vita, sicuramente i più intensi dal punto di vista dell'apprendimento ma anche i più spensierati
e i più giocosi.
L'argomento didattico scelto è la raccolta differenziata, tema che a me sempre è stato a cuore
e che sta iniziando a destare notevole interesse nella società (meglio tardi che mai, si potrebbe
dire). Non essendo possibile sviluppare un intero gioco ma solamente una piccola demo di
pochi livelli, il campo è stato ancora ristretto attorno all'alluminio, fra gli elementi meno
conosciuti e dunque meno riciclati dai bambini (in merito, si vedano i risultati del test condotto
su 70 bambini, terzo capitolo di questa tesi).
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6. Introduzione a questo scritto
Questo scritto accompagna la demo del videogioco interamente sviluppato nell'ambito del
progetto. Sarà suddiviso in due parti:
- la prima presenta le principali teorie legate all'apprendimento, con particolare attenzione
all'e-Learning; lo sviluppo dell'apprendimento nei primi anni di vita; il processo di
memorizzazione e alcune delle principali mnemo-tecniche; il gioco e il videogioco come
serious games; la raccolta dati con il primo test group
- la seconda è una panoramica sulla creazione pratica del videogioco, con particolare
attenzione all'aspetto visivo e grafico, alla programmazione e realizzazione nell'ambiente
Unity e al materiale didattico fornito (dalle schede d'aiuto nel gioco, al booklet che
accompagna il dvd, ai cubetti da costruire)
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Fonti
Riferimenti sitografici
http://www.brainmetrix.com/
Una raccolta di giochi di tipo Brain-trainer (giochi matematici, di logica, test di IQ eccetera).
http://www.culturaesvago.com/psicologia-animale/
Psicologia animale
Nell'interessante trattazione di etologia, una parte è dedicata al gioco tra gli animali
http://www.europeanvirtualmuseum.net/virtual_museum/prototipo_route_it.asp?Type=5&N
umber=16&lingua=ita
L'origine del gioco nella società preistorica
Un interessante e dettagliato percorso nella storia del gioco, sia esso fisico o intellettuale,
curato dal Museo Regionale di Storia "Academician Jordan Ivanov" di Kyustendil, Bulgaria
http://www.iprase.tn.it/
Il sito dell'Istituto Provinciale per la Ricerca e la Sperimentazione Educativa IPRASE Trentino, in
particolare
http://www.iprase.tn.it/iprase/details?type=documentazione&lan=IT&noderef=workspace://S
pacesStore/1ee6062f-a816-4c08-9834-004c40bcf73b
il link alla sperimentazione sui giochi didattici da diffondere nelle scuole.