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1. INTRODUZIONE
Il Lupus Eritematoso Sistemico (LES; OMIM #152700) è una malattia cronica, di natura
autoimmune, recidivante, remittente, infiammatoria, spesso febbrile, accompagnata da disordine
multisistemico del tessuto connettivo, acuto o ad esordio insidioso, e caratterizzata principalmente
dal coinvolgimento della pelle, delle articolazioni, dei reni, del sistema nervoso centrale e
periferico, dei polmoni, del cuore e dei vasi sanguigni. È una patologia ad eziologia in parte
sconosciuta, probabilmente dovuta ad un’alterazione dei meccanismi di regolazione del sistema
immunitario, come suggerisce l'alto livello di autoanticorpi contro numerosi propri componenti
cellulari nucleari e citoplasmatici. È, inoltre, costituita da un'ampia varietà di anomalie, tra cui
artrite ed artralgia, nefrite, rash malare, fotosensibilità, pleurite, pericardite, leucopenia o
trombocitopenia, anemia emolitica e VES elevata. È una patologia rara; difficilmente fa il suo
esordio prima dei cinque anni di età. Colpisce maggiormente i soggetti di sesso femminile; la fascia
di età più colpita è quella che va dai 13 ai 55 anni e, in questo sottoinsieme, le donne risultano
essere colpite 9 volte più degli uomini.
La diffusione del lupus eritematoso sistemico è globale, ma vi sono popolazioni in cui tale patologia
sembra presentarsi con più frequenza, in particolar modo nelle popolazioni di origine afro-
americana, asiatica e ispanica. La malattia del lupus rientra nelle patologie multifattoriali, che
dipendono dal contributo di più loci (o geni) di suscettibilità interagenti fra loro, ognuno con un suo
maggiore o minore impatto sul fenotipo, e dal contributo simultaneo di fattori ambientali e/o
ormonali che interagiscono a loro volta con i fattori genetici che, combinandosi, scatenano la
malattia (Costenbader, et al., 2011).
1.1. Cenni storici
La parola deriva dal latino lupus che significa lupo, e si riferisce alla caratteristica eruzione cutanea
a forma di farfalla riscontrata sul viso di molti pazienti affetti da LES, che ricordava ai medici i
contrassegni bianchi presenti sul muso dei lupi. Secondo altri invece le lesioni cicatriziali
successive al rash assomigliavano a quelle lasciate dai morsi o graffi dei lupi. Eritematoso si
riferisce al rossore della pelle. Sistemico significa che interessa diversi organi del corpo.
L’introduzione del termine “Lupus” è tradizionalmente attribuita a Roger Frugardi nel 1230, ma in
realtà la malattia era già documentata da Ippocrate (460-375 a.C.) che descrisse un’ulcera cutanea
sotto il nome di herpes esthiomenos. Successivamente, Herbernus di Tours fu il primo ad applicare
il termine lupus ad una malattia della pelle nel 916 d.C. Una chiara descrizione del lupus
eritematoso fu data da Biett e fu riportata dal suo studente Cazenave sotto il termine di erythema
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centrifugum nel 1833. Nel 1846 Hebra, sotto il nome di Seborrhea Congestiva descrisse delle
macchie a forma di disco e introdusse il termine “a farfalla” per il rash malare. Nel 1872 Moriz
Kohn Kaposi e William Osler furono i primi a descrivere una forma sistemica con coinvolgimento
viscerale (Smith, 1988). La svolta decisiva nella storia del LES ha una data precisa: 1948. Fu in
questo anno, infatti, che Hargraves e coll., un gruppo di medici della Mayo Clinic, descrissero un
esame del sangue che è stato per lungo tempo il test diagnostico di riferimento per il LES: il test
delle “cellule LE”. Questa scoperta ha dato contributi significativi alla diagnosi sierologica e in
particolare all’identificazione di specifici markers della malattia, quali anticorpi anti-DNA nativo e
anti-Sm, permettendo così una diagnosi precoce e lo stabilirsi di un’adeguata terapia (Rampudda et
al., 2009). Successivamente, l’applicazione clinica di un test per l’interazione del fattore globulina-
nucleoistone da parte di Friou ha fornito le prime basi sulla patogenesi del LES (Friou, 1958),
mentre il riconoscimento della natura flogistica ed immunitaria della malattia ne ha indirizzato il
trattamento.
1.2. Epidemiologia
La malattia del lupus è diffusa in tutto il globo, con una variazione in manifestazioni e severità da
individuo a individuo e con una prevalenza che appare influenzata da età, genere, fattori climatici e
razziali. Dal punto di vista geografico e della distribuzione razziale, benché cifre precise siano
difficili da ottenere, il LES sembra essere più frequente nei paesi mediterranei e nelle zone del Sud-
Est asiatico che non ad esempio in Scozia e nei paesi del Nord-Europa; sebbene la malattia sia rara
in Africa, è comune in quegli individui di origine africana che sono emigrati dall’Africa al Nord
America e in Europa (la teoria del “prevalence gradient hypothesis”) (Bae et al., 1998); colpisce di
più i neri afro-caraibici e gli orientali che non i bianchi (Danchenko et al., 2006); per i Caucasici
europei e i nord-americani si ha una prevalenza di 20-150 casi/100.000 abitanti, (Lawrence et al.,
1998) (Chakravarty et al., 2007) ed un’incidenza (cioè nuovi casi ogni anno) da 2 a 8 casi/100.000
abitanti; per i neri del Nord-America queste cifre vanno triplicate (Pons-Estel, 2010).
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Figura 1. Popolazione di individui affetti da LES (in milioni). [James Wentworth & Clare Davies Nature Reviews Drug
Discovery 8; February 2009]
Le cifre salgono in maniera drammatica se, invece di considerare l’intera popolazione, si prendono
in esame solo i soggetti più a rischio, cioè le donne tra i 13 e i 55 anni di età, che in quanto a
probabilità di sviluppo della malattia, si trovano in un rapporto 6-10:1 nettamente superiore
all’uomo (Saha et al., 2011). Gli studi più recenti mostrano infatti che ogni anno, all’interno di
questa fascia di età, 1 donna bianca su 1000 svilupperà il LES mentre il numero è 4 volte più alto
nella popolazione Afro-Americana (Chakravarty et al., 2007). L’aumentata frequenza di LES nelle
donne è stata attribuita, in parte, all’effetto ormonale da parte degli estrogeni. L’effetto degli
estrogeni viene suggerito da un numero di osservazioni che includono il rapporto donna-uomo
affetti da LES in differenti gruppi di età:
L'esordio può avvenire a qualsiasi età, con un picco massimo di incidenza variabile a
seconda delle ricerche;
nei bambini, in cui gli effetti degli ormoni sessuali sono presumibilmente minimi, il rapporto
femmina-maschio è 3:1 (Lahita RG, 1999)
negli adulti, specialmente nelle donne in età fertile, il rapporto F:M varia da 7:1 a 15:1
(Lahita RG, 1999; Chakravarty, 2007), con un picco massimo di incidenza a 37 anni
(Wallace, 1997), mentre alcuni autori descrivono una età tipica di insorgenza, per il sesso
maschile, oltre i 50 anni (Hopkinson, et al, 1993).
negli individui più anziani, il rapporto F:M è approssimativamente 8:1. (Lahita, 1999)
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i livelli di estradiolo, estriolo, progesterone e prolattina sono significativamente più alti nelle
donne affette da LES che in quelle sane (Jiang, 2005).
Dal punto di vista delle manifestazioni cliniche, la fotosensibilità e le lesioni cutanee discoidali
sono più frequenti in pazienti del Nord Europa che in quelli del Sud Europa: il primo gruppo,
inoltre, è probabilmente meno predisposto ad avere anticorpi anti-cardiolipina e anti-dsDNA
(Chung, et al., 2009).
Studi più recenti suggeriscono che il numero di nuovi casi tende via via ad aumentare e che solo in
parte tale aumento è legato a una migliore conoscenza della malattia e quindi ad una migliore e più
precoce diagnosi anche dei casi lievi (Pons-Estel, et al., 2009).
1.3. Eziologia e Patogenesi delle manifestazioni cliniche
Il Lupus Eritematoso Sistemico è una malattia ad eziologia multifattoriale e patogenesi
autoimmune. L’interazione tra fattori genetici (non sono rari i casi di soggetti affetti da LES nello
stesso nucleo familiare che confermano la tesi della predisposizione genetica), fattori ormonali (la
cui influenza è sottolineata dalla prevalenza della malattia nelle donne e soprattutto nei periodi in
cui sono in atto modifiche ormonali, quali pubertà, gravidanza, menopausa, ecc.), anormalità del
sistema immunitario e fattori ambientali (molto probabilmente: raggi ultravioletti artificiali
derivanti da lampade abbronzanti, esposizione al sole, infezioni da virus o batteri, stress, alcuni
medicinali come procainammide, idralazina e isoniazide) (Shapiro, et al., 2004) sono tutti elementi
che mediano la patogenesi di questa malattia (Fabbri, et al., 2004). Studi immunogenetici hanno
mostrato che gli aplotipi HLA-A1, -B8, -DR3, -DR2, -A3, -B7, -DR2, -C1q, -C2 e -C4A sono
significativamente associati con il rischio di sviluppare il LES (Graham, et al., 2002) (Wallace, et
al., 2007).
È accettata l’idea che ci sia una predisposizione di fondo che porta ad una disfunzione del sistema
immunitario, che a sua volta porta alla stimolazione delle cellule immuni, al rilascio di citochine
proinfiammatorie e in ultimo all’espressione clinica della malattia. Parecchi tipi di cellule
immunitarie giocano un ruolo nelle manifestazioni cliniche del lupus; tuttavia, le cellule B
potrebbero giocare il ruolo centrale a causa degli autoanticorpi che sono i mediatori
dell’infiammazione tissutale nel lupus (Dennis, 2011), con formazione di immunocomplessi che,
depositandosi, con la partecipazione del sistema del complemento, si comportano da agenti
flogogeni, inducendo gravi lesioni: reazioni immunopatologiche di tipo III (vasculiti,
glomerulonefriti, sierositi, retinopatie, lesioni cutanee e mucose) e di tipo II (citotossiche: contro
linfociti, granulociti, eritrociti, piastrine).