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Introduzione
I presupposti che portano alla elaborazione di questo scritto, sono legati
principalmente a criticità nella transizione del paziente adolescente date
dall’assenza di un modello organizzativo di riferimento che guidi l’operatore
nella gestione di questa delicata fase clinica e della vita dell’individuo e della
sua famiglia.
Il passaggio dall’età pediatrica all’età adolescenziale-adulta massimizza i
vissuti di diversità con i propri coetani.
L’adolescente, vive una nuova fase della vita, in cui spesso vi è instabilità
emotiva. Lascia la fanciullezza e lotta per assumersi responsabilità ed
indipendenza. Questi vissuti si manifestano a livello relazionale, psicologico,
di lavoro e di studio. Il passaggio dall’infanzia all’età adulta può essere quindi
particolarmente impegnativo anche per i complessi cambiamenti biologici,
determinati dal fatto che il momento preciso in cui si palesa questa
transizione non è chiaro (Breakey VR, 2010).
L’ansia che può scaturire dall’allontanarsi dal centro pediatrico può essere
tanto più forte quanto più precoce sia stato l’esordio della malattia spesso
perché il pediatra può essere percepito dal giovane al pari di una figura
genitoriale.
D’altra parte il team pediatrico può trovarsi in forte difficoltà a “lasciare
andare” il paziente con il quale si ha instaurato negli anni un forte legame
affettivo inoltre, l’interesse scientifico risultante dal diventare adulto per i
bambini con malattie croniche, può incoraggiare il pediatra ad estendere
l’osservazione al fine di raccogliere informazioni per l’“auto-valutazione”
clinica sul lungo termine (Viner R, 1999). Si pensi ad esempio al successo
che ha avuto la cura della emofilia infatti, fino al 1950 la speranza di vita era
di 27 anni mentre oggi è simile a quella di qualsiasi persona purchè il
soggetto esegua il trattamento farmacologico adeguatamente.
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A ciò si aggiunge una comprensibile resistenza dei familiari ad
abbandonare un ambiente sanitario noto ed un assetto organizzativo
sperimentato.
L’adolescente però crescendo, può vedere il pediatra ed i genitori come
iperprotettivi, pertanto il trasferimento nell’ambulatorio per adulti può favorire
l’indipendenza ma può anche indurre ansietà e diminuzione della
frequentazione dello stesso (Betts PR, 2002).
Lo studio condotto in Inghilterra nel 2002 che ha confrontato le diverse
modalità di transizione, ha dimostrato che il trasferimento temporaneo dei
giovani pazienti ad un ambulatorio congiunto pediatra e diabetologo
dell’adulto, prima del passaggio definitivo al centro degli adulti, era la
modalità che registrava il più alto tasso di gradimento. Da questo studio è
risultato inoltre che, i giovani persi al follow-up erano coloro che nei due anni
precedenti alla transizione avevano più alti livelli di emoglobina glicata
(HbA1c), il che conferma che il rischio di dispersione durante il passaggio di
struttura riguarda soprattutto i pazienti non ben conpensati (Kipps S, 2002).
Cadario F. et al. (2009) dicono che i giovani adulti rischiano di abbandonare il
sistema sanitario durante il trasferimento o di sottostimare la malattia con
danni molto seri per la propria salute presentando un controllo metabolico
sub-ottimale e scarsa compliance. Tutto ciò dà luogo a complicanze
importanti nell’età adulta.
Un ulteriore motivazione ad affrontare questo argomento ci è offerta da uno
studio effettuato in ambito nefrologico pediatrico (Watson AR, 2000), infatti
adolescenti e giovani adulti sembrano essere un gruppo particolarmente a
rischio nella fase di transizione tanto che vi è stato un fallimento inaspettato
del trapianto in 8 pazienti su 20 entro 36 mesi dal trasferimento, transizione
che è avvenuta intorno ai 17,9 anni (range 15,7-20.9 anni) e trapianto
effettuato ad un’età media di 14,3 anni (range 9,6-18,1 anni).
Inoltre, fattori quali la gravità della malattia e le relative complicanze,
l’autonomia e la comprensione della malattia da parte del paziente, i livelli di
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istruzione e socio-economici possono essere ostacoli della transizione di
successo (McPherson M, 2009).
Pertanto, l’obiettivo di questo elaborato è quello di effettuare una analisi dello
stato dell’arte relativamente al processo di transizione, conoscere i supporti
tecnologici che possono essere utilizzati nell’ambito di una gestione
collaborativa del giovane paziente, individuare un operatore di riferimento
che si integri con le altre figure professionali coordinando il processo ed
elaborare un modello di governo clinico-assistenziale.
Questo modello vuole essere una guida per gli operatori del settore nel
processo decisionale, promuovendo una collaborazione multidisciplinare tra
gli operatori sanitari pediatrici e gli operatori sanitari dei pazienti adulti
consentendo una soddisfazione dei bisogni del giovane e della sua famiglia,
una migliore compliance terapeutica e più in generale una migliore qualità
della vita del giovane stesso.
Il governo clinico-assistenziale sarà gestito nella sua operatività dalla figura
dell’infermiere Case Manager che opererà da mediatore tra le diverse figure
professionali ed accompagnerà il paziente e la famiglia lungo tutto il percorso
della transizione andando ad utilizzare i supporti tecnologici che consentano
una gestione ottimale del processo di cura del giovane.
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Capitolo 1
La transizione
Prima di iniziare la vera e propria trattazione di questo argomento è utile
definire cosa i diversi autori intendono per transizione.
Schumacher K et al. (1994) ritengono che per transizione si debba intendere
un passaggio o movimento da uno stato, condizione, o da un luogo ad un
altro per Kennedy et al. (2008), il termine transizione si riferisce al processo
prima e dopo il trasferimento cioè, il passaggio effettivo dall’assistenza
pediatrica all’assistenza per adulti.
The Society of Adolescent Medicine la definisce come un poliedrico
processo attivo che si occupa delle necessità mediche, psicosociali,
educative, professionali degli adolescenti citando come fascia interessata
quella che va dai 10 ai 25 anni, inoltre, suggerisce come obiettivo della
transizione, quello di massimizzare il funzionamento e potenziare la qualità
dei servizi sanitari appropriati all’età evolutiva e che continuino senza
interruzione accompagnando la persona dall’adolescenza all’età adulta
(American Academy Of Padiatrics, 2002) (English A, 2009).
Altri, preferiscono una definizione che non si basa su un’età cronologica ma
sulla disponibilità bio-psico-sociale dei giovani di entrare nell’età adulta
(Canadian Paediatric Society, 2003).
Secondo Blum et al. (1995) la transizione è un processo facilitante il
passaggio dalla fanciullezza ad i diversi settori della vita quali lavoro,
comunità, scuola; essa implica un aumento dei comportamenti indipendenti
e dell’autonomia personale pertanto questo processo viene visto come
qualcosa di più di un semplice passaggio da clinico a clinico.
1.1 La transizione verso l’età adulta: l’adolescenza
La transizione delle cure può essere un processo complesso, articolato e
difficile pertanto approfondire l’argomento relativo al passaggio del ragazzo
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dalla fase infantile all’adultità è molto utile per comprendere gli aspetti legati
maggiormente alla sfera psicologica che possono influire nella gestione del
processo di transizione del paziente pediatrico cronico verso l’ambulatorio
dell’adulto. Il focus è rivolto principalmente a quella che viene definita
transition to parenthood rappresentata dall’adolescenza. Come vedremo in
seguito questi aspetti saranno da tenere presenti nella pianificazione e nella
gestione del processo di transizione.
La graduale acquisizione di autonomia da parte del giovane comprende fasi
in cui si alterna una presa di distanza, a volte polemica, e una richiesta di
vicinanza dei genitori che devono soddisfare i bisogni del figlio di
esplorazione e la necessità di essere rassicurati sull’affidabilità dei legami
familiari.
L’esperienza dell’autonomia e del distacco diviene realizzabile serenamente
se si è cresciuti in ambienti caratterizzati da basi solide, ricchi di ritualità e di
valori di riferimento in quanto ciò favorisce negli adolescenti il senso di
identità.
Anche i genitori dell’adolescente affrontano il processo di svincolo con il
dolore che ogni distacco implica, questo processo avrà come esito
l’abbandono della relazione privilegiata con i propri figli. La famiglia diviene
quindi un’impresa evolutiva congiunta.
Lo stile educativo indicato da Baumrind individua due dimensioni distinte ed
indipendenti che sono l’accettazione del figlio finalizzata alla valorizzazione
delle sue qualità personali senza esigere di “plasmarlo” a proprio piacere ed
una dimensione di controllo, ovvero il genitore come guida e stimolo del figlio
sul piano psicologico e comportamentale. Baumrind ritiene che un elevato
livello di accettazione e controllo caratterizza lo stile autorevole che favorisce
maggiormente un adeguato superamento della transizione adolescenziale,
stile che è caratterizzato da una protezione flessibile. Uno sbilanciamento
delle dimensioni può portare ad avere uno stile genitoriale autoritario o
permissivo.
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La transizione dalla fase adolescenziale a quella del giovane adulto e
successivamente alla fase dell’età adulta, comporta una serie di transizioni
che assumono il nome di doppia transizione. La prima è più una fase
preparatoria alla fase successiva, è un processo graduale che porta il
giovane da una fase di marginalità sociale (adolescenza) a una fase di
marginalità parziale (giovinezza) a una posizione sociale riconosciuta nella
fase adulta. La famiglia dovrebbe avere il ruolo di facilitare l’uscita psichica
dalla casa parentale che si concretizza professionalmente ed affettivamente.
La transizione “riesce” se la famiglia si sente in cammino, in “transito” verso
una meta che è l’adultità del giovane.
1.1.1 L’adolescenza come momento di crescita
È utile differenziare il termine pubertà dal termine adolescenza per
comprendere perfettamente la fase della vita di un giovane che trattiamo
nello specifico. Il termine pubertà (o adolescenza biologica) indica le
manifestazioni fisiche della maturazione sessuale e coincide con il menarca
nelle ragazze (11-12 anni) o con il cambiamento della voce e la comparsa
della barba nei ragazzi (14 anni). Con il termine adolescenza si indicano i
processi psicologici di adattamento alla condizione di pubertà e normalmente
comprende fino al diciottesimo anno di età.
L’adolescenza è caratterizzata principalmente da cambiamenti fisici che si
riflettono in ogni aspetto del comportamento. Sul giovane influiscono
profondamente i cambiamenti fisici ma a livello più sottile ed inconscio il
processo della pubertà influisce sullo sviluppo dei loro interessi, sul loro
comportamento sociale e sulla qualità della vita affettiva. Nell’adolescente i
meccanismi di difesa e di adattamento si intrecciano tra loro nel passaggio
attraverso l’adolescenza.
1.1.2 Il giovane tra i 10 e 13 anni d’età
In questo periodo della vita il giovane spesso prova senso di imbarazzo,
pudore e vergogna derivato dal cambiamento del corpo e le richieste