5
INTRODUZIONE
“Chi sia stato colui che per primo, senza essere uscito per la dura caccia, raccontò agli esterrefatti
cavernicoli, nell'ora del tramonto, come aveva trascinato il megaterio fuori dalla purpurea tenebra
della sua caverna di diaspro, o ucciso il mammut in singolar tenzone per riportarne le zampe
dorate, non possiamo dirlo. Quale fosse il suo nome e la sua razza egli certamente fu il fondatore
delle relazioni sociali. Egli è la base stessa della società civile.”
1
L'atto del mentire è un fenomeno complesso e presuppone una serie di competenze : in primo luogo
cognitive come la memoria, il pensiero e l’immaginazione; emozionali, il controllo delle emozioni;
sociali, il come rivolgersi agli altri; testuali. A livello testuale, la felicità
2
, ovvero la riuscita
dell’atto-menzogna è data dal suo continuo ristrutturarsi durante l’interazione per rispondere agli
eventuali contraccolpi. Si viola però la coerenza del discorso che lascia il posto alla “contraddizione
costante, relativa alla mancata corrispondenza con lo stato di cose descritto, i sentimenti espressi, la
condotta d’azione seguita.”
3
Inoltre la menzogna ha successo in quanto è inserita in un contesto
situazionale, infatti le parole senza il contesto non possono mentire, è il contesto che le determina. Il
contesto crea quindi il concetto:
Le parole che mentono sono quasi sempre concetti che mentono. Fanno parte di un sistema concettuale e sono
collocabili in un’ideologia. Diventano falsi quando l’ideologia e le sue dottrine mentono.
4
È l’uso non corretto delle parole a rendere possibile il gioco linguistico
5
della menzogna, un gioco
che diventa “una attività sociale deviante che falsifica la rappresentazione di eventi, persone,
moventi e intenzioni.” Da ciò risulta che:
1
WILDE, Oscar, La decadenza della menzogna, a cura di D’AMICO, Masolino, Mondadori, Milano 1995
2
Cfr. le condizioni di felicità di Austin.
3
BAZZANELLA, Carla, Approssimazioni pragmatiche e testuali alla menzogna, in VENIER, Federica ed. Tra pragmatica
e linguistica testuale. Ricordando Maria – Elisabeth Conte, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2009, p. 84
4
WEINRICH, Harald, La lingua bugiarda, Possono le parole nascondere i pensieri ?, il Mulino, Bologna 2007, p. 50
6
l'inganno, non dipende da un errore nella comunicazione o da ambiguità di linguaggio che vengono abilmente
sfruttate, ma dalla palese e intenzionale violazione da parte del mentitore degli accordi fiduciosi che stanno alla
base del linguaggio che può venire usato per non informare e controllare l'interazione.
6
Continuando l'uomo si serve del linguaggio per aprirsi al mondo, ma il linguaggio è imperfetto
7
, di
conseguenza mentire è un atto dalla doppia natura; infatti “da un lato il mentitore ha davvero lo
scopo che l’ascoltatore creda a ciò che lui dice, e questo è uno scopo comunicativo in senso pieno.
Ma al tempo stesso, poiché ciò che dice è falso, ha lo scopo che l’altro creda il falso: e questo è uno
scopo anticomunicativo.”
8
Per Castelfranchi- Poggi “la menzogna è un atto linguistico d’informazione, cioè un atto il cui
scopo è dare credenza all’ascoltatore.” E ancora : “ all’interno dell’atto d’informazione la menzogna
può essere solo la parte asserita, non la parte presupposta della frase”. Ovviamente ci sono degli
inganni che si servono della presupposizione, se diciamo: “oggi Mario non è ubriaco”, questo
enunciato presuppone che tutti gli altri giorni lo è. In questo caso Castelfranchi-Poggi parlano di
“presupposizione mendace” e si tratta di un “inganno comunicativo indiretto”.
9
Lo scopo di questo lavoro è mettere in luce come con il linguaggio si possano creare mondi fittizi,
farli passare per veri veicolando una visione distorta della realtà che influisce sulle scelte che ogni
individuo è chiamato a fare. In particolare vedremo come servendosi della retorica e delle sue
tecniche Berlusconi ha diffuso il falso, il finto, le mezze verità. Tra le tecniche retoriche usate dalla
menzogna per ingannare ricordiamo : 1. Il linguaggio dell’affabulazione che abusa della fiducia
accordatagli a proprio vantaggio, insinuando effetti spettacolari alle informazioni per apparire
quello che non è; 2. Il linguaggio della simulazione che opera una vera e propria mistificazione
della realtà in quanto l'oratore con il discorso mira a far credere al pubblico ciò che egli sa essere
un errore; 3. Il linguaggio della dissimulazione che è usato dall'oratore per falsificare,
5
WITTENGESTEIN, Ludwig, Tractatus Logico-Philosophicus, Einaudi, Torino 1998
6
DE CATALDO NEUBURGER, Luisella, GULOTTA, Guglielmo, Trattato della menzogna e dell’inganno, Giufrrè, Milano
1996, p. 61
7
Secondo Wittegenstein “il linguaggio traveste i pensieri”.
8
CASTELFRANCHI, Cristiano, POGGI, Isabella, Bugie, finzioni, sotterfugi: per una scienza dell’inganno, Carocci, Roma
1998, p.195
9
CASTELFRANCHI, Cristiano, POGGI, Isabella, op. cit., p. 193
7
condizionare, alterare i fatti, attraverso procedimenti quali la soppressione, la negazione,
l'amplificazione, la ripetizione; 4. Il linguaggio equivoco che ottiene l'inganno mediante la duplicità
delle parole; 5. Il linguaggio della diffamazione e della calunnia che abbassa le qualità dell'altro
per vincere le resistenze del pubblico e convogliare la sua adesione attraverso il disprezzo; 6. Il
linguaggio gentile, educato, che mira a muovere sentimenti ed emozioni positive e benevolenza, e a
ottenere la stima e il favore del pubblico.
10
10
IANNANTUONO, Giuseppe, L'apparato retorico del discorso bugiardo pp. 105-106 in La menzogna nel discorso, Un
contributo alla teoria della società della comunicazione come retorica delle passioni, Tesi di dottorato, Torino 2002
10
“ Si servono del pensiero solo per autorizzare le proprie ingiustizie e fanno uso della parola solo
per mascherare i propri pensieri.”
11
“La bugia è possibile solo nella lingua ? ” Con questa domanda si apre il saggio di Pavel, “Sulla
definizione linguistica di menzogna.” E' evidente che si mente anche con i gesti, per esempio, se A
chiede a B se ha visto il suo gatto e B con un cenno del capo risponde negativamente, pur avendo
visto il gatto di A, allora B sta mentendo ad A con un gesto. Questo gesto, che può essere sostituito
con “una comunicazione orale equivalente” - B poteva dire ad A : “non l'ho visto”- possiamo
definirlo come un “gesto linguistico”. Mentre per esempio il lancio dei dadi sarà definito come un
“gesto non linguistico
12
” in quanto non esiste una trasposizione a parole dell'azione di lanciare i
dadi. Ne segue che solo i gesti linguistici possono essere “gesti bugiardi”. Da qui la possibilità di
mentire nella lingua, una possibilità che dimostra i limiti e l'imperfezione del linguaggio stesso.
La “struttura della lingua
13
” elaborata da Hjelmslev è il punto di partenza della tesi di Pavel sulla
natura menzognera del linguaggio. Il punto dove ha origine la menzogna secondo Pavel è quello
compreso tra la forma e il contenuto del significato; e poiché il senso di una proposizione che non si
riferisca alla realtà e quindi non al contenuto può essere facilmente compreso, la menzogna non ha a
che fare con il senso di una proposizione ma è posta tra il senso forma e la sostanza del contenuto.
Continua Pavel affermando che “il fine originario della lingua è la coincidenza della sostanza con la
realtà, dunque dell'espressione con la verità.” Quindi nell'atto linguistico: “1. la forma struttura la
sostanza, 2. la sostanza si limita al complesso di proposizioni vere , immagini del mondo reale”. A
questo punto le proposizioni di una lingua si dividono in : “a. proposizioni nelle quali si fa la prima
operazione, b. proposizioni che strutturano la sostanza e la limitano alla verità”. La menzogna è
una creazione incompleta che deriva dal “fatto di pronunciare certe proposizioni generatrici di
sostanza con l'intento di far credere che siano proposizioni limitatrici di sostanza”; inoltre la sua
11
Voltaire, Dialogo tra il cappone e la pollastra, in La cena del conte Boulainvilliers e altri dialoghi filosofici, cit. in
WEINRICH, Harald, op. cit., p. 9
12
Pavel riprende la distinzione behaviorista tra gesto linguistico e gesto non linguistico.
13
La lingua è una forma che organizza due sostanze : la sostanza dell'espressione (sostanza fonica ) e la sostanza del
contenuto (sostanza semantica ). HJELMSLEV, Louis, La stratification du langage, in Essais linguistiques, “TCLC”, XII,
1959
11
condizione rimane immutata , il suo essere-menzogna non cambia dal rapporto con l'uditorio, può
solo diminuire la sua riuscita a causa della ripetizione.
Partiamo dal presupposto senza il quale ogni comunicazione menzognera è destinata a fallire :
l’intenzionalità. La volontà di ingannare riguarda il mentitore stesso che deve essere intenzionato a
simulare il suo inganno:
per mentire occorre manipolare, ovvero sostituire, un insieme di credenze o uno stato di fatto assunto come
referenziale (...) questo nuovo stato di cose manipolato risponde a una precisa intenzione del mentitore. In altri
termini, il processo mimetico-simulativo che si compie nella menzogna riguarda l'occultamento delle stesse
intenzioni del mentitore. Il mentitore intenzionalmente simula le proprie intenzioni.
14
Martone cita Agostino per il quale la menzogna è una sostituzione “di un pensiero che si ritiene
vero e che si tiene nascosto con un altro pensiero che si ritiene falso e viene enunciato in luogo del
primo.” La menzogna è esclusivamente linguistica, per questo si può parlare di “atto insincero del
discorso”. Quindi a un livello morfologico si distinguono quattro “figure” che devono essere
compresenti pena il fallimento dell'atto menzognero. Sono rispettivamente :
Il soggetto di menzogna, colui che concretamente mette in atto uno specifico dispositivo menzognero. In
secondo luogo, l'oggetto, vale a dire il concreto e determinato contenuto che viene giocato nella menzogna
(effetto perlocutivo). Inoltre questo dispositivo deve possedere un indirizzo, vale a dire un destinatario che ho
intenzionato come bersaglio della mia strategia (se il destinatario coincide con il soggetto si parla di
autoinganno). Infine deve esserci uno scopo che legittimi e orienti tutta la strategia.
15
A livello della tipologia funzionale Martone con Castelfranchi-Vincent sostiene che esistono
diverse situazioni comunicative che rappresentano il luogo ideale per la realizzazione dell'atto
menzognero. Infatti :
La menzogna è un inganno comunicativo intendendo non solo che A vuole che B assuma una situazione X falsa
sul conto di A ; ma che A vuole che B assuma che A vuole che B assuma X ; e questo come mezzo perché B
14
MARTONE, Arturo, Sulla menzogna. Osservazioni sulla strategia pragmatico-linguistica del mentitore p. 165
15
MARTONE, Arturo, op. cit. p. 171
12
assuma X. Distinguiamo uno scopo comunicato ( è quello che l'autore dell'azione intende far capire agli altri di
avere) e scopo comunicativo ( è quello che l'autore intende raggiungere grazie al fatto di comunicarlo,
comunicarlo è il mezzo per realizzarlo ).
16
Inoltre la menzogna si presenta “in forme linguistiche” che dipendono dalle “specifiche situazioni
discorsuali.” La tipologia funzionale degli atti di menzogna rimane parziale. Ricordiamo che
l'insincerità è “il rapporto conflittuale tra il piano dell'intenzione comunicativa e quello
dell'espressione comunicata”. A questo punto possiamo considerare come luoghi ideali per gli atti
di menzogna : l'insinuazione, la reticenza, la calunnia, la simulazione e la dissimulazione.
L'insinuazione può essere definita come l'ambiguità voluta nell'espressione di un enunciazione per
lasciare disorientato l'interlocutore; l'allusione invece si presenta come una forma meno ambigua.
La reticenza è un “deliberato tacere su ciò che si sa.” Con la calunnia si afferma, al contrario della
reticenza, “deliberatamente e arbitrariamente qualcosa che non si conosce sul conto di qualcuno.”
Simulare vuol dire “manifestare quanto non si ha in mente”. Dissimulare significa “nascondere
quanto si ha in mente.”
17
Nel primo caso occorre simulare linguisticamente qualcosa diverso da
quello che si pensa ma in modo da far credere che lo si stia effettivamente pensando; mentre nel
secondo caso occorre tacere linguisticamente quello che si pensa ma in modo che “quanto
comunque viene espresso dissimuli il fatto che ciò che si dice non è ciò che si ha in mente.”
18
La menzogna esiste perché la narrazione è centrale nella vita dell’uomo. La narrazione implica
sempre l’esistenza di un narratore e di uno o più ascoltatori, ci si deve quindi rapportare sempre a
un altro, e questo avviene anche quando quell’altro siamo noi stessi, infatti ci rivolgiamo a noi
stessi in forma dialogica. Come la narrazione anche la menzogna ha sempre a che fare con l’altro
che posso essere io stesso, e infatti precisano Bonfantini- Ponzio :
L’impiego del verbo mentire comporta una dualità, uno sdoppiamento, un distanziamento. Mentire è un verbo di
risposta, che richiama una risposta. C’è un carattere dialogico implicito nel verbo mentire. ʹMenzognaʹ e ʹmentireʹ
come situati nel dialogo. Ci vuole un discorso altro rispetto al quale si possa dire: tu menti, è una menzogna. Il
16
MARTONE, Arturo, op. cit. pp. 171-172
17
Cfr. ACCETTO, Torquato, Della dissimulazione onesta, a cura di NIGRO, Salvatore, Einaudi, Torino 1997
18
MARTONE, Arturo, op. cit.
13
verbo mentire si gioca fra due discorsi. Il meta- linguaggio e il linguaggio oggetto sono due io, due discorsi, due
segni, di cui l’uno è interpretante dell’ altro
19
.
Per mentire è quindi necessario che ci siano A e B e che A intenzionalmente
20
inganni B .
Bonfantini-Ponzio distinguono cinque interpretanti della menzogna: l’interpretante vero,
l’interpretante che rileva la menzogna, l’interpretante che mente, l’interpretante destinatario della
menzogna, il discorso che si vuole ottenere come conclusione interpretativa del discorso che
smentisce.
Tre invece sono i tipi di dialogo: un primo tipo si basa sull'intrattenimento, un secondo è volto
all'ottenimento e un ultimo tipo è quello di riflessione e di ricerca. La menzogna entra in gioco nel
dialogo dell’ottenimento che ha come obiettivo quello di indurre qualcuno a fare qualcosa. Mentre
la finzione è legata all’intrattenimento e la simulazione alla ricerca.
Il dialogo di ottenimento è unilaterale tende cioè a ridurre al minimo i contatti con l’altro, è come
un monologo che in malafede viene sostenuto da tattiche, a volte elementari ma non per questo
meno pericolose, sia linguistiche sia paralinguistiche ed extralinguistiche. Di questi espedienti si
servono soprattutto i politici per raggiungere i loro scopi; si sa che i politici mentono all’opinione
pubblica e si sa che qualche politico mente più di altri. È evidente che “in politica la regola
comunicativa è la reticenza, l'insinuazione o l'allusione. Un politico non è tale se non sa nascondersi
dietro i giri di parole, gli eufemismi, le parafrasi, le allusioni sapientemente calibrate.”
21
Vedremo come il discorso politico di Berlusconi si basi su un racconto caratterizzato da:
semplificazioni dicotomiche (noi e loro, bene e male, amore e odio); minaccia continua di un
nemico; esortazioni. Si tratta di un dialogo fonologico, dove gli ascoltatori non hanno gli strumenti
per ribattere, e dove l’idea che deve passare è sempre la stessa e deve essere difesa con tutte le
tattiche possibili. E ancora con Bonfantini-Ponzio: “il discorso di ottenimento rientra in una
19
BONFANTINI, Massimo, PONZIO, Augusto, Il dialogo della menzogna in BONFANTINI, Massimo, et al. Menzogna e
simulazione, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1997 p. 22
20
Searle sostiene che l'intenzionalità è una “proprietà di molti stati ed eventi mentali tramite la quale essi sono
direzionati verso, o sono relativi a oggetti e stati di cose del mondo”. SEARLE, Della Intenzionalità, Bompiani, Milano
1985 p.11
21
DE CATALDO NEUBURGER, Luisella, GULOTTA, Guglielmo, Op. cit., p. 62
14
narrazione, cioè un discorso orientato fin dall’inizio verso una precisa conclusione.”
22
Il fatto che
manchi l’apertura verso l’altro si spiega facilmente poiché dando meno informazioni aumentano le
probabilità di non essere scoperti.
Per non rendere partecipe l’ altro un tempo si nascondevano le informazioni, ma ora con i mass
media questo risulta impossibile perché i fatti sono scopribili; si nasconde quindi mostrando troppo,
ostentando i fatti
23
. Questo significa che “la menzogna non è più necessaria perché la verità è
irreale”.
24
Bonfantini-Ponzio propongono delle alternative per il cittadino : in primo luogo bisogna sondare
le tematizzazioni individuate come prioritarie e poi usare l'informazione per agire direttamente e
immediatamente sul potere . Questo è quello che sta succedendo con i social media
E infatti perché il sistema politico di Berlusconi è crollato ? Non sono stati i giudici cattivi, non i
giornali di sinistra ma un cambiamento avvenuto tra il 2008 e il 2011 all’interno della società
italiana a provocare la fine di un certo modo di fare politica. Si tratta della diffusione dei social
media che hanno sostituito i media tradizionali. Secondo la D’Agostini:
i media tradizionali hanno una struttura comunicativa caratterizzata da un vertice emittente e una base
ricevente, mentre i social media hanno un passaggio dalla base al vertice oltre che una plurizzazione di vertici.
25
In questo modo con i social media le informazioni possono essere controllate, si potrà dire che
aumentano le menzogne su internet, è vero ma è anche vero che aumenta la possibilità di
smascherarle e quindi la verità. Soppiantati i media come la televisione viene sconfitto il modello
politico che si è servito di essi per veicolare realtà fittizie. Si è passati quindi da una forma di
governo oligarchica a una democratica grazie alla “cyber democracy”. Ma non possiamo parlare di
felicità democratica, infatti il pericolo dell’utilizzo delle nuove tecnologie a scopi manipolatori è
molto alto, i social media comportano una concentrazione in grandi blocchi facilmente controllabili
dai tre gruppi che gestiscono la rete. In questo modo non è saldo l’impianto democratico anche
22
BONFANTINI, Massimo, PONZIO, Augusto, Il dialogo della menzogna in BONFANTINI, Massimo, et al. op. cit., p. 25
23
D'Agostini, Franca, Menzogna, Bollati Boringhieri, Torino 2012
24
D'Agostini, Franca, op. cit.
25
D'Agostini, Franca, op. cit.