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INTRODUZIONE
Il matrimonio, come istituzione naturale della specie umana, è una
società durevole tra un uomo e una donna, voluta da entrambi, al fine
di procreare ed educare altri individui e di aiutarsi a vicenda per creare
una intima unione destinata a durare per tutta la vita.
Fattispecie specifica è rappresentata dal c.s. matrimonio
concordatario. Il matrimonio concordatario è il matrimonio canonico
che acquista efficacia giuridica di fronte allo Stato tramite la sua
trascrizione nei registri dello stato civile. All’interno di questo
argomento assume importanza il procedimento di delibazione delle
sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale. Il provvedimento di
delibazione è necessario per attribuire efficacia nello Stato italiano
alla sentenza di nullità matrimoniale resa dal Tribunale ecclesiastico.
Ma andiamo con ordine ad esaminare la trattazione in merito a detto
procedimento.
Il primo capitolo contiene l’excursus storico del matrimonio
concordatario; precisamente si analizza la nascita dell’istituto, la
regolamentazione data ad esso dall’art. 34 del Concordato lateranense
e infine gli accordi di revisione del Concordato stesso, cioè il c.s.
accordo di Villa Madama, con l’evidenziazione delle modifiche
apportate. La nascita del matrimonio concordatario si deve al
Concordato del 1929, ad alcuni fondamentali interventi della Corte
Costituzione nonché all’Accordo del 1984.
Il matrimonio concordatario viene disciplinato quanto alla sua validità
dall’ordinamento della Chiesa. Perché però produca effetti civili e non
resti pertanto un vincolo meramente religioso, è necessario che l’atto,
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redatto dal parroco, che attesta l’avvenuta celebrazione, sia trascritto
nei registri dello stato civile. Il parroco chiede la trascrizione
all’ufficiale dello stato civile del luogo dove è stato celebrato il
matrimonio. L’ufficiale dello stato civile, se sussistono le condizioni,
la effettua entro ventiquattro ore dalla richiesta del parroco. La
trascrizione ha efficacia costitutiva degli effetti civili del matrimonio
religioso. Ha anche effetto retroattivo, nel senso che gli effetti civili si
producono sin dal giorno della celebrazione del matrimonio religioso.
Infine la trascrizione può essere tempestiva o tardiva.
Il secondo capitolo invece contiene l’analisi del matrimonio canonico
e del procedimento che porta alla formazione delle sentenze
ecclesiastiche di nullità matrimoniale. Questione preliminare è quella
di risolvere il dubbio in merito alla sussistenza o meno della
giurisdizione ecclesiastica nel processo di nullità. La Corte
Costituzionale, con la sentenza n. 5188 del 1997, ha stabilito
definitivamente il principio per cui la Corte d’Appello non può
limitarsi ad un esame di regolarità formale della sentenza
ecclesiastica, ma deve accertare che la sentenza non contenga
disposizioni contrarie all’ordine pubblico italiano e che nel
procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle
parti il diritto di agire e di resistere a difesa dei propri diritti.
In merito al matrimonio canonico, questo invece è quello celebrato
nelle forme, liturgiche e sostanziali, previste dal codice di diritto
canonico e dalle altre norme della Chiesa cattolica. Questo
matrimonio può essere dichiarato nullo, in determinati casi, seguendo
un determinato procedimento che presuppone la presenza di specifici
soggetti: il giudice, il difensore del vincolo che rappresenta la parte
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pubblica nel processo, il promotore di giustizia che rappresenta
anch’essa una parte pubblica, ma, che a differenza del difensore del
vincolo, agisce nell’interesse generale di tutta la comunità e infine le
parti private cioè i coniugi. La dichiarazione di nullità non deve essere
confusa con l’annullamento; infatti la prima riguarda un atto nullo sin
dalla sua origine, perché posto in essere in modo irregolare, senza tutti
i requisiti della legge; il secondo, invece, interviene nel caso di un atto
di per se valido, ma che viene successivamente rescisso per
sopraggiunti motivi e produce però effetti giuridici solo dal momento
della rescissione.
Infine nel terzo capitolo si analizza il giudizio di delibazione davanti
alla Corte d’Appello.
Il procedimento per riconoscere la sentenza ecclesiastica di nullità
matrimoniale agli effetti civili deve svolgersi davanti alla Corte
d’Appello competente per territorio. Il procedimento ha inizio, come
precisa l’art. 8.2 dell’accordo, “su domanda delle parti o una di essa”.
Secondo le norme in astratto la Corte d’Appello non è chiamata a
svolgere nessun riesame nel merito della pronuncia ecclesiastica, ma
deve limitarsi ad effettuare il sindacato di legittimità. Essa deve
accertare: la competenza territoriale; che si tratti di matrimonio
concordatario; che il Tribunale della Segnatura Apostolica abbia
dichiarato la definitività della sentenza ecclesiastica e la regolarità
dello svolgimento del processo canonico; che nel procedimento
davanti al tribunale sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e di
resistere in giudizio e che, infine, ricorrano le altre condizioni
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richiesta dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia
delle sentenze straniere.
L’efficacia della sentenza ecclesiastica, che ha dichiarato nullo il
matrimonio e che la Corte d’appello ha reso esecutiva, retroagisce
alla data di celebrazione del matrimonio.
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Capitolo 1. Brevi cenni sul matrimonio concordatario.
1. Il matrimonio concordatario a seguito della revisione del
Concordato.
Nell’evoluzione dello Stato moderno si è cercato di affiancare alla
tradizionale disciplina dell’ordinamento canonico una disciplina
“civile” del fenomeno stesso, come estrinsecazione della sovranità
statuale anche in questo ambito. In questo modo l’importanza del
matrimonio è stata avvertita sia all’interno dell’ordinamento canonico,
ove trova origine e regolamentazione, sia nell’ordinamento civile, nel
quale rileva sotto vari aspetti: dalla definizione dello status civile dei
contraenti alla formazione dei gruppi di interesse sociale, disciplinati
dalla Costituzione come la famiglia, fino alla definizione del regime
patrimoniale dei coniugi.
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Tuttavia questa realtà si è dovuta scontrare
con la crescita dello Stato contemporaneo che, nel suo sviluppo, ha
sempre cercato di ribadire la propria indipendenza da qualsiasi
ingerenza esterna che potesse turbare la propria sfera di sovranità.
Per quanto riguarda la situazione dell’Italia bisogna distinguere il
periodo pre-unitario da quello post-unitario. Infatti per quanto
concerne la situazione degli Stati pre-unitari, conformemente al
principio confessionista, il matrimonio era disciplinato dal diritto
canonico in base alla regola tridentina: il Concilio di Trento nel 1563,
infatti, stabilì l’obbligo della forma canonica per la celebrazione del
matrimonio, dichiarando nulli i matrimoni celebrati senza il rispetto
della forma pubblica. Con l’imposizione di una forma vincolante, la
Chiesa mirava a rendere facilmente riconoscibile ogni unione
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P. MONETA, Matrimonio religioso e ordinamento civile, Giappichelli, Torino, 1996, pp.3-7.
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coniugale, evitando la conclusione dei cosiddetti matrimoni
clandestini, cioè quei successivi matrimoni contratti da persone già
sposate. Nell’Italia post-unitaria il matrimonio fu disciplinato alla
stregua di un fenomeno civile come risulta dallo stesso codice civile
varato nel 1865 che introdusse il matrimonio civile in tutto il Paese:
dal 1° gennaio 1866, lo Stato riconobbe soltanto il matrimonio
celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile e questo regime di
matrimonio civile obbligatorio rimase inalterato fino al concordato del
1929
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. Il Codice Pisanelli del 1865 introdusse il regime separatista
secondo il quale, i cittadini di fede cattolica, che avessero voluto
unirsi in matrimonio con un vincolo rilevante sia nell’ordinamento
statuale che canonico, avrebbero dovuto effettuare una doppia
celebrazione: una davanti all’ufficiale di stato civile e una davanti al
ministro di culto. Se avessero contratto, diversamente, solo il
matrimonio canonico, i coniugi sarebbero stati considerati
dall’ordinamento italiano come conviventi more uxorio. Quindi si
avevano due tipi di matrimonio, quello civile e quello canonico,
indifferenti l’uno verso l’altro in sede giurisdizionale e ciascuno
rilevante solo nel proprio ordinamento di competenza. Quindi, l’unica
forma di celebrazione capace di produrre effetti giuridici era solo
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Un primo tentativo di introduzione del matrimonio civile si ebbe con il Codice napoleonico del
1805, ma si trattò di un breve periodo che si chiuse con la Restaurazione. Successivamente anche
la Destra Storica nel 1850-1852 si era impegnata ad introdurre il matrimonio civile negli stati sardi
con l’introduzione dell’art. 7 n.1013 della legge Siccardi che disponeva: “ il Governo del Re è
incaricato di presentare al Parlamento un progetto di legge inteso a regolare il contratto di
matrimonio nelle sue relazioni con la legge civile, la capacità dei contraenti, la forma e gli effetti
di tale contratto”. Tuttavia tale intervento fallì nel 1852 in quanto il senato piemontese rigettò il
progetto di legge che era stato presentato in proposito. Infine, durante il Risorgimento, fino al 1865
vigeva in Italia lo Statuto Albertino che regolamentava la competenza della Chiesa circa la
celebrazione del matrimonio e riservava allo Stato la sola regolamentazione degli effetti civili.