1 INTRODUZIONE
Esistono molte ragioni che possono spingere qualcuno ad avventurarsi nel campo
della ricerca, interessi personali del ricercatore, risultati di altre ricerche, teorie già
accreditate, fatti casuali, fortuna. Nel mio caso gli studi di psicologia e l’attività di
allenatore in settore giovanile mi hanno fornito una combinazione di stimoli per
tentare di scoprire qualcosa di più a proposito della pratica sportiva in età
evolutiva. Vivere alcuni anni in un ambiente, se si è particolarmente attenti, ma a
volte basta anche solo la presenza, comporta la presa di coscienza di molte
dinamiche che si generano fra gruppi di persone si trovano a collaborare per scopi
comuni. Già su questa affermazione si potrebbe discutere a lungo, in quanto
spesso durante l’attività sportiva collaborare implica competere, pensate a due
compagni di squadra che collaborano per il successo del gruppo ma competono
per uno stesso ruolo, come si può pensare che sia facile gestire una situazione di
questo tipo? Quali problemi possono essere messi in luce spiegando una
situazione di questo genere ad un adulto e cosa cambia dovendo dare le stesse
spiegazioni ad un bambino, quali abilità comunicative sono richieste? Un discorso
simile lo si può fare anche nel momento in cui si considerano gli scopi comuni,
aggirandosi per una qualsiasi società sportiva si possono ascoltare i diversi
pensieri delle persone che la frequentano, dai dirigenti che hanno come primo
obiettivo di mantenere sano il bilancio e numerose le iscrizioni, agli allenatori che
meditano su nuove tattiche e come battere gli avversari nella prossima partita, ai
bambini che pensano al prossimo gol e a tentare di emulare almeno nell’esultanza
il campione visto la sera prima in televisione, ci sono poi i genitori che si
aspettano che il figlio si diverta, impari a stare in un gruppo e allo stesso tempo
frequenti un ambiente che sperando che questo sia sicuro. Nel caso in cui
l’ambiente non sia più quello della squadra del quartiere o di paese ma sia una
società professionistica allora entrano in gioco la necessità di ben figurare in
competizioni blasonate la speranza di vedere fiorire qualche campione e di
ricevere insegnamenti di livello superiore. Quello che ho potuto stabilire in questi
anni è che ci sono molti interessi in gioco nella pratica sportiva e non è facile
soddisfarli tutti, a volte anzi è difficile soddisfarne anche solo alcuni, non è detto
poi che quelli che ho citato siano i più importanti o i più diffusi, questa ricerca va
ad indagare anche su questo, quelli indicati erano solo esempi per avere un’idea
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più concreta dell’ampiezza e della complessità dell’argomento per cercare di
calarsi immediatamente nel contesto di questa ricerca, che vuole individuare
alcuni dei problemi indeboliscono il ruolo di leisure dello sport, con particolare
attenzione verso i comportamenti violenti e antisportivi e tentare di dare alcuni
consigli su come affrontarli.
1.1 I PROBLEMI NELLO SPORT
Quando più persone con interessi differenti devono coabitare in uno spazio
possono sorgere dei problemi ed è da questi che voglio partire, come indicava
C.Popper, la ricerca scientifica parte dai problemi e non si può certo dire che il
settore dello sport sia un isola felice. La cosa che mi riesce più difficile in questo
momento è trovare un punto di partenza, perché non vorrei dare più importanza ad
un aspetto, rispetto ad un altro, eppure si deve cominciare così credo di non fare
torto a nessuno se inizio citando una parola che da sempre genera un certo
clamore quando viene riferita all’ambito sportivo, il doping. Oggi molto spesso
l’immagine delle sport purtroppo è legata anche a questo aspetto, da eventi
clamorosi come la squalifica alle olimpiadi di Seul di Ben Johnson, alla serie
ormai ininterrotta di provvedimenti presi a carico di ciclisti e negli ultimi anni
anche una costante serie di positività nel calcio in serie A. Questo deve portarci a
riflettere, come abbiamo visto con fatti di cronaca, il decesso del ciclista
M.Pantani e la travagliata storia di abuso di sostanze di D.A.Maradona e una serie
di decessi sospetti legati a sportivi del passato, l’assunzione di doping non si
limita a migliorare le prestazioni in gara e quindi a commettere un illecito
sportivo, ma può avere un incidenza nella vita dell’atleta decisamente maggiore e
questo spesso viene ignorato al momento dell’assunzione delle sostanze. Ci si può
chiedere cosa centri questo con la rappresentazione del calcio giovanile, ma la
questione non è di poco conto, perché se nel mondo adulto e professionistico la
situazione anche se spiacevole è quasi sempre sotto controllo medico, la stessa
cosa non si può dire per chi pratica lo sport a livello amatoriale e quel che forse è
peggio è che sono già avventi casi di ritrovamenti da parte dei N.A.S. di sostanze
proibite presso società Juniores e personalmente ho avuto resoconti di giovani
atleti, che alla fine di una gara ciclistica ammettevano “Se vuoi vincere devi
prendere qualcosa, altrimenti fai come me, la mia vittoria è finire la gara”. A
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questo punto sarebbe interessante scoprire quanto il fenomeno sia in espansione,
quali siano le motivazioni che spingano all’assunzione, ma questo esula dagli
scopi di questa ricerca e noi dobbiamo ritornare a parlare dei problemi dello sport,
del calcio in particolare. Quello che salta agli occhi a chi si mette a seguire questo
sport è probabilmente l’enorme giro di denaro che viene mosso, a partire dai
grandi club arrivando fino alle ultime categorie, ci sono esempi di squadre che
spendono molto più di quello che incassano. Una volta il risultato delle partite,
sottraendo un termine giuridico, veniva emesso dalla “sentenza” del campo,
accade ormai sempre più spesso che il termine ritorni in possesso alle corti di
giustizia e i risultati sportivi siano decretati dai giudici e le promozioni e
retrocessioni non più dalle classifiche ma dai bilanci. Viene da chiedersi quale sia
il fine di tutto questo, il calcio dovrebbe essere, almeno ad alto livello, uno
spettacolo avere quindi come fine quello di gratificare la platea, panem et
circenses, già dai tempi dei romani si era capito l’importanza di questi eventi e se
c’erano da fare sacrifici si facevano pur di mantenere vivo lo spettacolo, oggi
possiamo dire che la situazione sia cambiata? Quanto l’evento mediatico è più
importante di qualche rischio di salute, economico, giuridico. Pongo qui un
interrogativo, mi chiedo se effettivamente sia necessario tutto questo per ottenere
uno spettacolo, si presume, migliore più appagante. Purtroppo ciò che non aiuta
per niente, è il clima che quasi sempre si respira attorno agli eventi sportivi, che
non è quasi mai quello sereno e disteso di chi si reca a vedere uno spettacolo, gli
stadi sono diventati zone di confine dove molte persone hanno addirittura paura a
recarsi, sicuramente non è in cima alla lista dei luoghi dove si trascorrerebbe un
pomeriggio con la famiglia, come si è giunti a questo punto? Può capitare di
andare al cinema e vedere un brutto film, ma non mi è mai capitato di vedere atti
di violenza tra gli spettatori, come spesso invece accade nei campi di gioco,
l’aspetto preoccupante è che spesso il risultato sportivo incide solo in parte con
quello che accade al di fuori del rettangolo di gioco, De Coubertain diceva che
l’importante è partecipare non vincere, quello che mi sento di dire oggi, è che ci
sono molti altri aspetti da considerare e che la partecipazione e la vittoria vengono
spesso messi in secondo piano.
Mi premeva indicare alcuni dei problemi che affliggono quelli che sono i vertici
del calcio, doping, violenza, corruzione, truffe perché quello che scrivo penso
possa interessare sia chi opera nel settore calcio sia chi si occupa di psicologia ma
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penso possa interessare e far riflettere anche chi è meno interessato a questi
argomenti, perché quello di cui mi devo occupare sono le rappresentazioni
dell’attività sportiva in età evolutiva, ma volevo che fosse chiaro fin da subito che
non è un argomento fine a sé stesso, limitato alla pratica in età giovanile ma che
da lì si estende allo sport e alle attività ad esso collegate, con questo non voglio di
certo dire che da qui si possono trovare le soluzioni ai problemi dello sport di alto
livello, ma come ogni pianta si sviluppa dalle sue radici e in funzione della
robustezza di queste, così anche i vertici di questa attività sono legati alle sue
radici e ciò che accade ad un livello ha riflessi sugli altri. Ci tengo particolarmente
quindi che durante tutta la lettura dell’opera sia sempre bene presente nella mente
che si parla di un settore specifico che però fa parte di un argomento più vasto.
Credo che la scienza e la psicologia con essa abbia fatto di recente passi in avanti
per quanto concerne la ricerca, per cui sarei uno sciocco o un presuntuoso, se non
entrambi, se volessi con una ricerca basata sui settori giovanili dare spiegazioni ad
eventi come possono essere le serate di guerriglia che accadono con sempre
maggior frequenza negli stadi. Situazioni di questo tipo hanno spiegazioni
multifattoriali e sono troppo complesse perché ne venga determinata facilmente la
causa, perché poi va detto che questa non è quasi mai una, ma è sempre un
insieme di eventi che maturando in un ambiente idoneo scatenano le spiacevoli
conseguenze troppo spesso riportate dai giornali e non mi riferisco solo alle
questioni relative alle violenza negli stadi ma anche agli altri fenomeni riportati
prima come doping, truffe, penso sia ammissibile pensarvi mentre si legge una
ricerca dedicata allo sport in età evolutiva. Tutti gli aspetti che andrò ad indagare
si possono pensare riferiti anche all’attività di alto livello, perché è indubbio che
l’attività di gruppo, la personalità, gli scopi dell’attività sportiva, sono elementi
che si modificano durante lo sviluppo, ma la personalità si delinea già in
adolescenza e anche lo sviluppo morale, sia seguendo le teorie di Piaget o quelle
di Kohlberg entrambe evidenziano fasi ben delineate di sviluppo, specialmente
durante la fanciullezza e quindi non vanno tralasciate, perché determinano nel
bambino di oggi, l’uomo di domani. A volte ci si chiede come siano possibili certi
eventi riportati dai media, osservandoli dall’esterno sembrano così distanti dalla
vita di tutti i giorni che viene da chiedersi che persone possano essere quelle che
trasformano una partita di calcio in una guerra, ma se li confrontiamo con episodi
di altro spessore possiamo ugualmente sentirci così estranei, potrebbero i piccoli
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episodi di violenza che accadono nei campi di paese o nelle periferie delle città
essere indice di qualcosa? Già sono state fatte ricerche sulla diffusione di
responsabilità cioè sul come essere in gruppo non faccia sentire responsabili i
singoli e non voglio certo io invadere questo ambito di ricerca, però resta il fatto
che nonostante si siano acquisite nuove conoscenze ancora si riesce a fare poco
per arginare questi fenomeni. Uno degli aspetti che mi sono impegnato di studiare
è se esistono differenze nel pensiero di genitori e allenatori all’interno di squadre
professionistiche e dilettantistiche per avere una traccia che indichi se qualcuno è
particolarmente propenso a soddisfare i propri interessi oppure se esiste una
filosofia di pensiero ugualmente diffusa in questo ambiente sportivo, perché
fondamentalmente le società sportive sono strutture che offrono un servizio alla
comunità, ma come tale andrebbe anche verificato se effettivamente questo
servizio funziona come dovrebbe. Purtroppo non esiste al momento una figura che
possa giudicare ed intervenire in modo rapido e diretto, anche se bisogna dire che
per la federazione non tutte le società sono uguali cioè non tutte sono in grado di
fornire la stessa qualità del servizio, infatti da qualche anno è presente un
rinnovato interesse per cercare di offrire una miglior qualità del servizio e le
disposizioni federali che suddividono le scuole calcio in merito alla quantità e
qualità dei servizi messi a disposizione stimolano i responsabili delle scuole calcio
a fare del loro meglio.
Requisiti Scuole di Calcio Riconosciute Specializzate
Per ottenere la tipologia di “Scuola di Calcio Riconosciuta Specializzata”, è
Indispensabile possedere i seguenti requisiti e rispettare gli adempimenti appresso
indicati:
1) affiliazione da almeno due anni alla F.I.G.C.
2) attrezzature idonee per l’insegnamento del giuoco del calcio (1 pallone per
ciascun bambino, presenza di almeno due porte 4x2 di cui una bifronte)
3) attività ufficiale nelle seguenti categorie: PICCOLI AMICI, PULCINI,
ESORDIENTI, GIOV ANISSIMI e ALLIEVI;
4) rapporto istruttore/allievi non inferiore 1:20 (p.e. per 150 iscritti almeno 8
istruttori);
5) tesseramento di almeno 3 Tecnici qualificati iscritti all’albo del Settore
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Tecnico F.I.G.C., nei ruoli di Allenatore di base o Istruttore Giovani
Calciatori, di I Categoria, di II Categoria o di III Categoria. Fermo
l’obiettivo di destinare 3 Tecnici con qualifica federale alle tre categorie
dell’Attività di Base, con la possibilità che ricoprano il ruolo di
coordinatori di dette categorie, potranno essere utilizzati oltre ad eventuali
altri Tecnici qualificati, anche gli “Istruttori di Scuola Calcio” abilitati ad
operare dal Settore Giovanile e Scolastico che abbiano partecipato ai corsi
C.O.N.I. F.I.G.C.
6) rapporto tecnici qualificati iscritti all’albo del Settore Tecnico e “Istruttori
di Scuola Calcio” C.O.N.I. F.I.G.C. numero di iscritti non inferiore ad 1:30
in relazione al numero complessivo di allievi iscritti alla Scuola di Calcio
(p.e. per 150 iscritti almeno 5 Tecnici qualificati e “Istruttori di Scuola
Calcio” C.O.N.I. F.I.G.C.
7) programmazione tecnico – didattica con indicazione di obiettivi, metodi e
contenuti.
8) modulo di censimento Scuola di Calcio entro i termini stabiliti dai C.R.;
9) copia del tesseramento dei Tecnici operanti nella Scuola di Calcio, da
allegare al modulo di censimento.
10) tesseramento di un Responsabile Tecnico in possesso di qualifica Tecnica
Federale iscritto all’albo del Settore Tecnico. Questo ruolo potrà essere
ricoperto anche da uno dei tre tecnici qualificati, sopra citati.
11) il seguente numero minimo di ragazzi e ragazze per ognuna delle seguenti
categorie:
12) Piccoli Amici Minimo 10 bambini/e 6/8 anni
13) Pulcini Minimo 14 bambini/e 8/10 anni
14) Esordienti Minimo 18 bambini/e 10/12 anni
15) partecipazione obbligatoria al “Sei Bravo a… Scuola di Calcio”
16) realizzazione, nel corso della stagione sportiva, di una Convenzione con
almeno un Istituto Scolastico, possibilmente con una Scuola Elementare o
Materna.
17) Le Scuole di Calcio Specializzate, dovranno, nel corso della stagione
sportiva, presentare e realizzare un progetto di attività di informazione ed
aggiornamento, per almeno cinque incontri, rivolto a Dirigenti, Tecnici e
Genitori, su temi regolamentari, educativi, psicopedagogici, tecnici,
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medici e di funzione arbitrale.
18) Le Scuole di Calcio Specializzate devono avvalersi della collaborazione di
uno Psicologo quale esperto dello sviluppo delle relazioni umane con
provata esperienza. Il Settore Giovanile e Scolastico si farà promotore di
un adeguamento mirato alla formazione specifica di tali figure
professionali.
Questo è l’esempio di cosa sia richiesto ad una società sportiva perché le venga
dato il massimo riconoscimento da parte della federazione, va detto che tutto
questo viene autocertificato, anche se poi vengono fatti dei controlli, che però
risultano essere molto burocratici e rileggendo i parametri, possiamo notare come
la maggior parte di essi siano riferiti ad elementi quantitativi, mentre, ci si fida di
elementi cartacei per garantire anche la qualità del servizio. Siamo sicuri che la
presenza di tecnici che abbiano regolare patentino garantisca la qualità del
servizio? Certo mettersi a contare il numero degli attestati è un indice che si trova
molto rapidamente, se pensiamo poi che l’alternativa è andare a verificare il clima
del gruppo di ogni squadra per ogni società, possiamo facilmente capire quanto
sia più conveniente tenerci ben stretto il nostro indice quantitativo. I problemi per
ricavare altri tipi di indici non sarebbero pochi, oltre a quello già citato della
quantità di controlli da fare, veramente spropositata, perché ogni società è una
realtà diversa e spesso anche all’interno della stessa società, nonostante ci si
auspichi sempre ci sia una linea guida generale, ogni squadra ha un’anima ben
definita che deve essere considerata sia individualmente che all’interno della
società. Sorgerebbe poi anche il dubbio relativo a chi potrebbe avere le
competenze adatte per controllare tali situazioni perché andrebbero verificati tutte
le motivazioni che spingo le persone attorno ad una società sportiva non solo
quelle degli atleti e come ricorderete io all’inizio ne avevo citate alcune ma il mio
elenco era solo di esempio, perché ogni situazione data la presenza di gruppi
diversi di soggetti allenatori, dirigenti, giocatori, genitori, può presentare varie
combinazioni di motivazioni che di conseguenza andranno gestite in modo
univoco, per cui è indispensabile avere competenze differenti e cosa ancora più
importante sarebbe riuscire a definire quali siano gli elementi da prendere in
esame e come giudicarli, perché la conduzione di una società si divide in settori
sostanzialmente diversi come possono essere quelli tecnici, relazionali,
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economici. Non solo la federazione italiana è consapevole che la gestione sportiva
può e deve essere migliorata, probabilmente ci si è resi conto, senza per altro
doversi impegnare, che lo sport, il calcio in particolare ha bisogno di riproporsi
con altri valori perché attualmente l’ambiente che si è creato non corrisponda più
completamente a quelli che sono i suoi indirizzi di base consultabili qui di
seguito: l’attività calcistica giovanile viene regolata tenendo presente in maniera
prioritaria quanto riportato dalla Carta dei diritti dei ragazzi allo Sport (Ginevra
1992 - Commissione Tempo Libero O.N.U.) appresso indicata, alla quale si
dovrebbe guardare con particolare attenzione in modo che a tutti i bambini e le
bambine siano assicurati:
1) IL DIRITTO DI DIVERTIRSI E GIOCARE
2) IL DIRITTO DI FARE SPORT
3) IL DIRITTO DI BENEFICIARE DI UN AMBIENTE SANO
4) IL DIRITTO DI ESSERE CIRCONDATO ED ALLENATO DA
PERSONE COMPETENTI
5) IL DIRITTO Dl SEGUIRE ALLENAMENTI ADEGUATI AI SUOI
RITMI
6) IL DIRITTO DI MISURARSI CON GIOV ANI CHE ABBIANO LE
SUE STESSE POSSIBILITÀ DI SUCCESSO
7) IL DIRITTO DI PARTECIPARE A COMPETIZIONI ADEGUATE
ALLA SUA ETÀ
8) IL DIRITTO DI PRATICARE SPORT IN ASSOLUTA SICUREZZA
9) IL DIRITTO DI A VERE I GIUSTI TEMPI DI RIPOSO
10) IL DIRITTO DI NON ESSERE UN CAMPIONE
Quello che viene da chiedersi è dove siano gli errori nel funzionamento
dell’attività sportiva perché è chiaro che quanto si vede in pratica sui campi di
gioco e intorno ad essi è molto lontano dai principi esposti qua sopra. Qualcuno
potrebbe obiettare che in fondo l’O.N.U. non si occupa direttamente di sport e
potrebbe aver preteso troppo, proponendo principi che godano di una scarsa
validità ecologica. Quando ci si occupa di un gruppo, se non si va a conoscere
come questo funzioni si corre il rischio, anche descrivendo caratteristiche che
dovrebbero essere comuni alla normale convivenza, di commettere delle topiche,
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