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CAPITOLO I
IL SERVIZIO DI CENTRALIZZAZIONE DEI
RISCHI: UNA RICOSTRUZIONE EVOLUTIVA
1. L’attività bancaria: le condizioni di efficienza allocativa.
L’analisi della disciplina e delle problematiche inerenti al servizio di
centralizzazione dei rischi bancari impone una previa disamina di
alcuni concetti fondamentali della materia.
Primariamente sembra opportuno introdurre la nozione di attività
bancaria e successivamente procedere ad esaminare le condizioni e i
presupposti di efficienza della stessa nei suoi primari elementi
costitutivi.
L’attività bancaria consiste, a norma dell’art. 10 co. 1 TUB,
nell’esercizio congiunto delle attività di raccolta del risparmio tra il
pubblico
1
e di erogazione del credito.
Ciò significa, in altri termini, come correttamente osservato, che “deve
esistere un collegamento funzionale necessario”
2
tra la raccolta del
risparmio fra il pubblico e l’erogazione del credito.
1
La nozione di raccolta di risparmio tra il pubblico è prevista nell’art. 11 co. 1
T.U.B.:“Ai fini del presente decreto legislativo è raccolta del risparmio
l'acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi sia sotto
altra forma”.
12
Ed è tale connessione necessaria che permette di realizzare la funzione
economica tipica della banca, a nulla rilevando l’eventuale
qualificazione dell’attività tipica in termini di “intermediazione”
3
nella
circolazione della moneta o “produzione” di moneta bancaria
4
.
Posto che lo svolgimento dell’attività bancaria si realizza attraverso il
compimento di due distinte tipologie di attività di segno opposto;
tradizionale è, in dottrina, la distinzione tra operazioni bancarie attive
2
BONTEMPI, Diritto Bancario e Finanziario, Milano, 2009, 22. La necessità di
tale collegamento tra le attività aveva, peraltro, già trovato riconoscimento in
dottrina. Si consideri in proposito GRECO, Le operazioni di banca. Appunti delle
lezioni di diritto commerciale dell’anno accademico 1929-1930, Padova, 1930, 28,
ove si afferma: “non deve trattarsi di un collegamento fortuito e occasionale, ma si
bene volontario ed intenzionale: questa intenzione si rivela in ciò che
un’operazione passiva si deve effettuare per colui che mediante essa riceve il
credito, allo scopo di compiere con gli stessi mezzi così ottenuti una successiva
operazione attiva”. Si segnala comunque la presenza di una posizione dottrinale
minoritaria (FORMIGGINI, Attività bancaria illecita, in Riv. Dir. civ, 1960, II, 251
ss.), secondo cui il solo esercizio dell’attività di raccolta tra il pubblico può
integrare attività bancaria. Per un’analisi critica di tale posizione si rimanda ad
URBANI, Attività bancaria, finanziaria e d’investimento, in Diritto delle banche,
degli Intermediari Finanziari e dei Mercati (a cura di CAPRIGLIONE), Bari,
2003, 121 ss.
3
Si allude alla disputa presente in dottrina avente ad oggetto l’individuazione della
funzione tipica svolta dalle banche. Parte della dottrina ritiene che l’attività
bancaria sia una attività di intermediazione della moneta tra un settore in surplus
del mercato (risparmiatori) e uno in deficit ( richiedenti il fido). Accolgono tale
posizione GRECO, Le operazioni di banca e l’impresa bancaria, in BBTC, 1934, I,
17, per il quale: “si tratta dunque di una vera e propria impresa commerciale, non
industriale, di una impresa organizzata al solo scopo di compiere atti di
interposizione e non processi di trasformazione economica oggettiva”. Si segnala
altresì ANTONUCCI, Diritto delle banche, Milano, 2006, 67 ss.
4
Diversa impostazione dottrinale (FERRO-LUZZI, Attività bancaria e attività
delle banche, in AA.VV., Il Testo Unico bancario: esperienze e prospettive, Roma,
1996, 62 ss.) qualifica l’attività bancaria in termini di produzione, in quanto la
banca produce “qualcosa di profondamente diverso da ciò che riceve”. Nonché in
senso conforme COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, 2001, 184, ove segnala
che: la teoria dell’intermediazione “non tiene conto della trasformazione che il
risparmio subisce ad opera degli intermediari bancari, trascura completamente di
mettere in evidenza che una parte molto importante delle imprese bancarie svolge
anche una funzione monetaria, creando moneta bancaria, e, ancora, non è in
grado di dare conto di importanti momenti dell’attività bancaria (come i crediti di
firma)”.
13
e passive, che indica la riconducibilità delle operazioni
rispettivamente all’attività di acquisizione della liquidità e alla attività
di erogazione del credito.
Non può certamente sfuggire, peraltro, che la definizione di attività
bancaria, prevista nel T.U., non sembra presentare elementi di
innovazione significativi rispetto ai termini precedentemente utilizzati
dagli artt. 1 e 2 della Legge Bancaria
5
(“raccolta del risparmio tra il
pubblico sotto ogni forma ed esercizio del credito”
6
), “termini che,
come è noto, hanno consentito la configurazione di una nozione
generalmente accettata e dai più considerata coincidente con quella
non definita di cui all’art. 2195 co. 1 n. 4 c.c.”
7
.
La nozione di attività bancaria, con riferimento ai contenuti, appare
certamente generica
8
, per cui è difficile individuare i limiti e le
operazioni riconducibili alle suddette attività.
5
E’ opportuno precisare che la Legge Bancaria, r.d. 375/1936 (convertito dalla
legge 7 Marzo 1938, n. 141), non costituiva l’unica fonte normativa della materia
bancaria, che era infatti disciplinata altresì dal r.d.l. 17 Luglio 1937, n. 1400
(convertito dalla legge l7 Aprile 1938, n. 636), dalla legge 10 Giugno 1940, n. 933
e dal DL. C.PS. 17 Luglio 1947, n. 691. Tale complesso normativo è rimasto in
vigore, seppure con notevoli modifiche, fino all’emanazione del Testo unico
Bancario (TUB) d.lgs. 385/1993.
6
Sembra opportuno precisare che la Legge Bancaria si limitava a prevedere che
“la raccolta del risparmio tra il pubblico sotto qualsiasi forma e l’esercizio del
credito sono funzioni di interesse pubblico regolate dalle norme della presente
legge”. Peraltro, secondo la dottrina dominante, tale norma esprimeva la nozione di
attività bancaria, per tale impostazione si veda in proposito: MINERVINI, Banca,
Attività, bancaria, contratti bancari, in BBTC, 1962, I, 315 ss.; FERRI, (voce)
Banca (attività e organizzazione bancaria), in Enc. Dir, V, 1959, 1 ss.;
MACCARONE, Sulla nozione giuridica di attività bancaria, in Bancaria, 1965,
939 ss. Segnaliamo che le conclusioni, formulate della dottrina, risultano
chiaramente conformi al disposto dei lavori preparatori, riassunti nella Relazione
della Giunta generale del Bilancio per la conversione del d.lgs. 375/1936.
7
GIORGIANNI, TARDIVO, Diritto Bancario, Milano, 2006, 84.
8
Id. vedi nota 7, 88, secondo l’autore: “circa i contenuti, poi, che sulla base del
t.u., dovrebbero (o potrebbero) attribuirsi all’attività bancaria, può osservarsi che
il nostro legislatore (…) ha scelto, attenendosi forse troppo pedissequamente, alle
14
Ciò emerge, in particolare, dal confronto con la normativa francese, in
cui le singole operazioni bancarie sono specificatamente definite
9
. In
realtà la scelta adottata dal nostro legislatore non sembra dover essere
oggetto di critica, posto che risulta conforme alle disposizioni
comunitarie
10
e mira ad evitare una definizione di attività bancaria
limitata e soggetta a rapida obsolescenza. Si evidenzia, comunque, che
la rilevanza pratica di individuare le operazioni riconducibili
all’attività bancaria risulta fortemente ridotta, dato che le banche, con
l’entrata in vigore del T.U., possono esercitare, oltre all’attività ad
esse riservata, ogni altra attività finanziaria e attività connesse o
strumentali.
Peraltro, dato che la tematica del servizio di centralizzazione risulta
connessa alle operazioni di concessione del credito, appare utile
definire ed esaminare unicamente le questioni inerenti alla suddetta
attività, tralasciando, in questa sede, le problematiche relative al
concetto di raccolta tra il pubblico
11
.
La definizione di esercizio del credito non è espressamente prevista
nel T.U.B., è quindi lasciato interamente all’interprete il compito di
individuare i contenuti e i limiti di tale attività.
Per erogazione del credito si intende, comunemente, “l’attività di
concessione di finanziamenti o di qualsiasi altra facilitazione
creditizia, a nulla rilevando l’attualità o la potenzialità dell’esborso,
disposizioni comunitarie, una definizione di attività bancaria che rispetto ai
contenuti, come sopra abbiamo ricordato, può ritenersi affatto indeterminata o,
quantomeno, di scarso contenuto definitorio”.
9
Si vedano in proposito gli artt. L 311 – 1 Définition des opérations de banque, e L
311 - 2 Définition des opérations connexes aux opérations de banque in code
monétaire et financier.
10
Direttiva 77/780/CE e Direttiva 89/646/CE.
11
Per un esame delle questioni inerenti alla nozione di raccolta tra il pubblico si
rinvia alla completa disamina svolta da GIORGIANNI,TARDIVO, op. cit., 88 ss.
15
la presenza o meno di garanzie, la durata, l’esistenza di un rapporto
sottostante o di condizioni di qualsiasi tipo a cui è subordinata la
concessione”
12
.
La nozione è quindi sufficientemente ampia da ricomprendere ogni
negozio giuridico volto a predisporre mezzi finanziari a favore di un
altro soggetto, con obbligo di restituzione del tantundem eiusdem
generis.
Prevale un orientamento sostanzialista diretto a ricomprendere nella
nozione di esercizio del credito ogni attività, a prescindere dalla forma
giuridica utilizzata, diretta a determinare “un accrescimento
patrimoniale temporaneo dell’accreditato accompagnato da un
obbligo di restituzione di quest’ultimo verso l’accreditante”
13
. Ciò
implica che l’esercizio del credito è nozione idonea a ricomprendere,
oltre alle ipotesi in cui vi è immediata dazione del denaro (cd. crediti
per cassa), altresì quelle del rilascio di garanzie
14
(cd. crediti di
firma), con cui gli intermediari si impegnano ad assumere o garantire
un’obbligazione del soggetto affidato nei confronti di un terzo.
12
GALANTI, Diritto delle banche e degli intermediari finanziari, Padova, 2008,
313.
13
COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, 2001, 191.
14
In tal senso si veda DESIDERIO, L’attività bancaria, Milano, 2004, 103, che
non dubita “dell’inclusione a pieno titolo dei crediti di firma e degli impegni tra le
operazioni che realizzano la funzione creditizia”. L’autore, inoltre, evidenzia che
l’analogia funzionale tra concessione di disponibilità liquide e garanzie è
confermata dal requisito minimo di patrimonializzazione delle banche. Infatti è
previsto lo stesso indice di ponderazione nel caso sia delle garanzie sia dei crediti
erogati, ma non utilizzati. Favorevole, all’inclusione dei crediti di firma
nell’ambito della attività di esercizio del credito, risulta altresì: COSTI, op. cit,
192, secondo cui: i crediti di firma e il rilascio di garanzie realizzano un
“accrescimento patrimoniale temporaneo del soggetto a favore del quale vengono
poste in essere così come è certo che a carico dell’accreditato sorga l’obbligo di
restituzione di quanto ricevuto o sborsato a favore di terzi dall’ente accreditante”.
Nella dottrina più risalente: MESSINEO, Caratteri giuridici comuni e
classificazione dei contratti bancari, in BBTC, 1960, I, 330 ss.
16
Le operazioni di garanzia costituiscono un impegno dell’intermediario
di messa a disposizione di disponibilità monetarie a favore del
soggetto garantito e, pur non comportando un esborso attuale, esse
accrescono direttamente la consistenza patrimoniale del soggetto
garantito. In altri termini, come correttamente osservato, “chi si
obbliga in tal modo è come se ponesse le proprie risorse economiche
immediatamente a disposizione immediata di chi ha l’interesse finale
al contratto”
15
.
Come si è avuto modo di esporre, le forme di erogazione del credito
sono numerose, ma i requisiti e i presupposti per il corretto
svolgimento delle singole operazioni sono sostanzialmente i
medesimi.
Infatti un corretto ed efficiente
16
esercizio dell’attività di erogazione
del credito presuppone necessariamente la possibilità di apprezzare le
informazioni economiche relative alla clientela.
15
FRAGALI, (voce) Finanziamento (diritto privato), in Enc. Dir., Milano, 1968,
XVII, 605.
16
Secondo l’impostazione economica consolidata, seppure non unanimemente
condivisa, “un soggetto economico raggiunge la sua efficienza quando il rapporto
tra output prodotto e input impiegato si colloca ad un livello massimo, non
ulteriormente accrescibile, almeno entro un dato intervallo temporale” (Così
VIVIANI, GAZZEI, L’analisi dell’efficienza nel mondo bancario. Dall’approccio
Macro all’approccio Micro, in Studi e Note di Economia, 2, 2001, 45). Precisiamo
che la nozione di efficienza bancaria appare scomponibile nel duplice aspetto
dell’efficienza operativa e allocativa. Il concetto di efficienza operativa esprime la
capacità dell’azienda di credito di utilizzare in modo ottimale i fattori della
produzione. Tale definizione trova riscontro nell’esercizio di ogni unità produttiva
e non assume quindi caratteristiche peculiari con riferimento al settore bancario. Il
criterio dell’efficienza allocativa assume una valenza specifica nel settore del
mercato creditizio, poiché esso deriva “dalla natura particolare dell’input
(risparmio) e dall’output (credito bancario), di modo che le relazioni che si creano
a monte (tra chi è fornitore) e a valle (chi è compratore), se sono di scarso rilievo
per l’efficienza della impresa industriale, sono invece cruciali per l’efficienza
bancaria”. (Così MESSORI, TAMBORINI, Assetti Bancari, Efficienza operativa
e efficienza economica, in A.A.V.V. Il sistema bancario Italiano, 2003, Roma, 48).
17
In particolare la valutazione delle condizioni economiche e della
capacità di rimborso della clientela costituiscono gli elementi
fondamentali su cui si basa l’attività di concessione del credito.
Come correttamente osservato, quindi, “per raggiungere l’efficienza
allocativa, la singola banca deve avere la piena consapevolezza nella
scelta di finanziamento attuata, ovvero la cognizione dei gradi di
rischio-rendimento di ciascuna delle operazioni fattibili”
17
. A tal fine
quindi la banca, nell’esercizio dell’attività di credito, dovrà svolgere
una attività istruttoria per acquisire e valutare la posizione debitoria
dell’affidato.
Il ruolo fondamentale svolto dalle informazioni emerge chiaramente
nell’ambito del mercato creditizio, in quanto caratterizzato dalla
presenza di relazioni fiduciarie tra gli agenti e di rapporti giuridici, per
i quali risultano determinanti le caratteristiche e le qualità soggettive
della controparte.
Alla luce delle considerazioni svolte, appare ora necessario verificare
la disponibilità delle informazioni nel mercato creditizio e le
possibilità di accesso alle stesse da parte degli intermediari.
Ne consegue, come correttamente osservato (cfr. PROSPERETTI, Banche,
assicurazioni, gestori di risparmio, Milano, 2009, 41 ss.), che, mentre nel caso
dell’impresa industriale, l’interesse collettivo si esaurisce nel perseguimento
dell’obiettivo di efficienza operativa, nel caso dell’impresa bancaria, esso si
manifesta in maniera essenziale anche nell’efficienza allocativa. E ciò per il fatto
che l’efficienza allocativa si configura come uno dei presupposti dell’efficienza
operativa, e dunque della capacità del sistema economico di perseguire obiettivi di
benessere collettivo.
17
CENNI CORIGLIANO, I prestiti e la funzione allocativa della banca, in La
banca come impresa (a cura di ONADO), Bologna, 1996, 385.
18
Se si accogliesse la teoria economica classica
18
, si dovrebbe ritenere
che gli operatori economici abbiano accesso a tutte le informazioni
relative al bene o al servizio ed il prezzo costituisca l’unica variabile
del processo decisionale.
Ma le premesse e le conclusioni del modello liberista non risultano
corrispondenti alla realtà empirica del mercato creditizio,
caratterizzato dalla scarsità delle informazioni e da asimmetrie
informative
19
tra i soggetti economici. I soggetti agiscono quindi “in
condizioni di incertezza”, poiché le informazioni sono una risorsa rara
e non uniformemente disponibili tra gli agenti economici.
Alla luce di tali considerazioni, è possibile affermare che la
condivisione e la disponibilità delle informazioni costituisce
l’obiettivo da perseguire per realizzare una migliore allocazione delle
risorse e perseguire l’efficienza del sistema bancario nel suo
complesso.
La circolazione tra gli intermediari delle informazioni risponde ad un
interesse pubblico
20
, ed è quindi compito delle Autorità creditizie
istituire un sistema che raccolga, organizzi e diffonda tali
18
Per un esame di tale teoria si rinvia a RONCAGLIA, Lineamenti di Economia
Politica, Roma, 2009, 105 e ss.
19
L’asimmetria informativa è una condizione per cui una informazione non è
integralmente condivisa tra i soggetti facenti parte di un sistema economico. A tale
situazione consegue che una parte di essi ha a disposizione maggiori informazioni
rispetto agli altri partecipanti e può trarre un vantaggio da tale configurazione. Per
un’analisi in proposito si rinvia agli scritti di: AKELORF, The Market for Lemons:
Quality Uncertainty and the Market Mechanism in Quarterly Journal of
Economics, 1970, 488 ss.; STIGLITZ, WEISS, Credit rationing in markets with
imperfect information in American Economic review, 1981, 383 ss.
20
In proposito SERRA, Segnalazioni erronee alla Centrale dei Rischi, in Giur.
Comm.,2003, II, 224, afferma che: “il sistema informativo risponde ad un interesse
delle banche di natura pubblicistica in quanto l’obiettivo che si persegue è
costituito dalla stabilità del sistema creditizio nell’ambito dell’attività di
disciplina, coordinamento e controllo dell’esercizio del credito prevista dalle
norme costituzionali (art 47)”.