II
Alessandra Mottola Molfino
1
afferma: "museo è dove esiste una
raccolta di oggetti da conservare: senza oggetti non esiste museo";
oggi, questa asserzione, può, al limite, non essere necessariamente
vera: nel museo virtuale non ci sono né oggetti né sale espositive
ma solo immagini digitali ed informazioni. Proprio per questo, un
museo reale si realizza in un museo virtuale (sia esso su Internet o su
CD Rom) solo ed esclusivamente se trova in questo mezzo un nuovo
e potente territorio di divulgazione culturale, "per raggiungere il
maggior numero di utenti prima, e di visitatori poi"
2
.
Le nuove tecnologie hanno realizzato il sogno di Paul Valery (1871-
1945) e reso possibile il dono dell'ubiquità: il museo virtuale, con i
suoi "clic", porta le immagini delle opere d'arte ovunque vi siano un
computer ed un modem; è interattivo, connesso, multimediale.
L'utente remoto, il visitatore virtuale, può scegliere da casa, l'opera
da vedere, il momento del consumo e la durata; ma, nessuna
istituzione museale al mondo mira a circondarsi di un pubblico
esclusivamente virtuale, e va smentita ogni ipotesi catastrofica che
vede nel cyberspazio una valida alternativa al reale.
1
MOTTOLA MOLFINO, A., P. 129.
2
FORTE, M. FRANZONI, M. p.195.
III
L'opera d'arte è, dunque, entrata nell'era della sua massima
riproducibilità tecnica perdendo, così, la sua magica "aura", la sua
unicità, ma se è vero che oggi l'arte è democratica come in nessun
altro periodo storico, è pur vero che le riproduzioni delle opere
d'arte hanno sempre circolato: dalle copie nell'antichità, alle prime
incisioni nel Rinascimento.
In verità i musei in Internet sono ancora pochi, se paragonati
all'immenso patrimonio italiano. Il cambiamento è avvenuto a
partire dal 1994 (non dimentichiamo che, Mosaic, il primo browser
grafico è del 1993) ma si può dire che siamo ancora agli inizi.
Lo studio che ha per oggetto questa tesi muove da un assunto
ipotetico di base secondo il quale l'utilizzo da parte delle istituzioni
museali delle nuove tecnologie informatiche costituisce la
premessa per una modificazione dei linguaggi nell'ambito delle
strategie di documentazione, esposizione, valorizzazione e
disseminazione del patrimonio.
Lo scopo principale consiste nella individuazione delle
caratteristiche generali del fenomeno in esame. Per verificare la
messa in atto di tutti questi presupposti, essendo i musei di arte in
IV
rete molto numerosi, ho circoscritto l'area di studio ad una realtà a
me familiare: i musei romani di arte moderna.
I giudizi in base ai quali ho valutato la legittimità dei siti, sono stati
formulati sui requisiti essenziali che un museo virtuale deve
possedere per essere così definito (multimedialità, interattività),
considerando sia i contenuti storico-artistici ed il loro carattere
ipertestuale, sia la navigabilità e la gradevolezza del sito dal punto
di vista grafico.
Non credo che l'atteggiamneto giusto sia quello di accettare o
condannare questo processo di virtualizzazione dell'istituzione
museale. Si tratta semplicemente di prendere atto di tale
trasformazione e di utilizzare al meglio le numerose possibilità offerte
dalle nuove tecnologie interattive: ricontestualizzazioni e
ricostruzioni virtuali di opere smembrate o distrutte, possibilità di
approfondimenti, di studio, come di gioco, visite e restauri virtuali,
mostre virtuali di opere sparse per il mondo, interconnessione
telematica tra musei.
1
1. Breve percorso storico e sviluppo del museo
dalleorigini ai giorni nostri
Non è facile dare una definizione precisa e completa di "museo".
Questo perché esistono tanti tipi di musei, diversi tra loro per tipologia,
dimensioni, funzioni, nati da vicende e necessità singolari e con finalità
e obiettivi distinti, a seconda del caso. "Nessun museo è uguale ad un
altro; ognuno ha una sua identità inconfondibile; nessun museo
dovrebbe apparire simile a un altro..."
1
.
Ciascun museo ha una sua storia da raccontare, che raramente può
affermarsi definitiva: il museo è, infatti, soggetto a continue
trasformazioni e rinnovamenti e ogni periodo storico sembra rinnegare
le scelte fatte dal precedente. "I musei sono organizzazioni (e
organismi) provvisori e programmaticamente mutevoli, ai quali
continue trasformazioni sul piano concettuale impongono
1
MOTTOLA MOLFINO, A., p. 129.
2
riadattamenti e ristrutturazioni materiali…quello che si osserva quando
si guarda alla storia dei musei è un processo di continua revisione dei
presupposti intellettuali e delle finalità che guidano l'esposizione delle
collezioni, al quale segue, più o meno rapidamente, una modifica
spesso sensibile degli allestimenti"
2
.
Il museo è nato come raccolta di oggetti, così afferma Alessandra
Mottola Molfino
3
: "Museo è dove esiste una raccolta di oggetti da
conservare: senza oggetti non esiste museo".
Con Lugli
4
possiamo dire che l'origine del museo è in un gesto
squisitamente privato; collezionare, raccogliere, salvare oggetti dalla
distruzione fa parte di un comportamento che l'uomo sembra avere
tenuto costantemente nel tempo, a partire dal gesto elementare di
disporre oggetti attorno a sé.
Lo stesso Vercelloni
5
sembra ribadire questo concetto, affermando
che "…è la necessità di conservare la memoria che ha sempre
motivato e verosimilmente motiverà ogni museo".
2
GALLUZZI, P. 1997b.
3
MOTTOLA MOLFINO, A., p.129.
4
LUGLI, A., p. 50.
5
VERCELLONI, V., p. 21.
3
Secondo Pomian
6
nel museo si verificano le condizioni fondamentali
affinchè una collezione possa essere considerata tale: ogni insieme di
oggetti naturali o artificiali, mantenuti temporaneamente o
definitivamente fuori del circuito di attività economiche, soggetti a
una protezione speciale in un luogo chiuso sistemato a tale scopo, ed
esposti allo sguardo del pubblico.
Alla base della nascita di un museo vi sono dunque delle istanze
fondamentali:
- raccolta di un dato gruppo di oggetti
- esposizione di essi allo sguardo
- conservazione.
Lo stesso Pomian
7
evidezia subito un paradosso: come tali oggetti, pur
non avendo un valore d'uso (in quanto non si comprano per servirsene
ma, per esporli allo sguardo), abbiano in realtà un valore di scambio,
sono cioè considerati preziosi; e certamente non in base a criteri
venali, bensì rispetto alla loro capacità di comunicare valori.
6
POMIAN, K., p.332.
7
Ibidem, p.332.
4
Tale aspetto è uno dei tanti motivi che fanno del museo un luogo dalle
peculiarità uniche, "astratto dalla realtà, completamente alieno dai
meccanismi di uso e di produzione degli oggetti che caratterizzano
l'esperienza quotidiana"
8
. Di fatto, varcando la soglia di un museo, si
ha davvero la sensazione di entrare in un altro mondo, con la
consapevolezza o semplicemente il desiderio, di fare un'esperienza
unica e di trovare qualcosa di raro. Questa curiosità, a mio avviso, non
dovrebbe mai venire a mancare, anche se "oggi il museo è luogo
della quotidianità"
9
e, mai come in questo secolo, è entrato a far parte
della nostra vita.
Il museo ha una lunga storia alle spalle: "I musei hanno tanta parte
nella nostra relazione con le opere d'arte, che stentiamo a pensare
che non ne esistano, non ne siano mai esistiti là dove s'ignora o
8
LUGLI, A., p.11.
9
BERTUGLIA, C. S. BERTUGLIA, F. MAGNAGHI, A., p.277.
Qui l'autore cita l'asserzione di Passamani, 1995:"io vedo realizzarsi…[il] museo del
2000…come luogo non dell'eccezionalità e dell'evento, bensì della quotidianità,
come luogo nel quale è bello ritornare e che appartiene alle abitudini, luogo di
aggregazione della coscienza culturale e civica, di riproposta di valori umani e
umanistici", p. 57.
5
s'ignorò la civiltà dell'Europa moderna; e che da noi ne esistano da
meno di due secoli "
10
.
I musei attuali devono il loro nome agli antichi templi delle Muse: i
Greci esponevano offerte allo sguardo degli Dei (spettatori virtuali) nei
templi dove si recavano anche i cittadini.
La stessa cosa fecero poi i Romani, collezionando statue e oggetti sia
nei templi che nelle dimore patrizie; non vi era comunque alcun
intento di pubblico godimento (erano esibiti solo durante feste e
cerimonie) o di educazione artistica ma piuttosto di collezione privata
a testimonianza dei saccheggi perpetuati sui popoli vinti.
La prima forma spontanea di museo moderno, come riferisce Lugli
11
, è
stata identificata nella chiesa come luogo di conservazione delle
reliquie e dei tesori, frutto di dono e offerte: per la caratteristica di
fruizione pubblica, larghissima, che presenta e per i primi segni di
preoccupazione di vero e proprio allestimento che dimostra, con la
10
MALRAUX, A., p. 9.
11
LUGLI, A., p.56. "La chiesa ha avuto dal periodo romanico in poi il compito di
custodire, rendendolo pubblico, cioè esponendolo, tutto ciò che la comunità
circostante riteneva degno di essere conservato".
6
gerarchizzazione degli oggetti, fino alla collocazione alta, al centro
della navata, di quelli più preziosi.
Lo stesso Vercelloni
12
afferma che è nell'antropologia del sacro che
dobbiamo oggi ricercare le motivazioni che hanno condotto alla
formazione e alla conservazione di artefatti con la finalità di una
comunicazione culturale; le reliquie per circa quindici secoli dell'età
cristiana, ebbero in Europa un valore superiore a qualunaue oggetto
prezioso considerato nella sua possibile monetizzazione.
In verità i due secoli centrali per lo sviluppo del museo, sono il
Quattrocento e l'Ottocento.
Come afferma De Benedictis
13
, è col Rinascimento italiano che i
concetti di collezione, di museo pubblico, di tutela e salvaguardia del
patrimonio artistico, acquistano per la prima volta una compiuta
struttura e concrete realizzazioni. L'Italia, in assoluta precocità rispetto
agli altri paesi d'Europa, ha prodotto tra Quattrocento e Cinquecento i
primi esempi di collezioni pubbliche: la donazione di Sisto IV nel 1471 al
12
VERCELLONI, V., p.11.
13
DE BENEDICTIS, C., p.27.
7
popolo romano di importanti bronzi da collocare al Campidoglio, la
galleria degli Uffizi a Firenze e l'Antiquario Grimani a Venezia.
Contemporaneamente Lorenzo il Magnifico (1449-1492) mette a
disposizione dei giovani artisti la sua collezione di sculture antiche e
moderne. Riguardo a tale gesto De Benedictis
14
evidenzia che la
pubblicità dell'opera d'arte e del diritto alla comune fruizione risulterà
di fondamentale importanza per la costituzione del museo moderno.
Bertuglia
15
sottolinea come " in questa iniziativa si riconosce qualcosa
che, in qualche modo, è riconducibile al principio dellla pubblicità
delle raccolte: infatti, la pubblicità c'è, ma è limitata ad una sola
categoria di individui (i giovani artisti), dunque ad una aliquota del
'pubblico' ".
Tipico della cultura italiana del Rinascimento è lo studiolo, nato come
luogo di studio e di raccolta di oggetti legati agli interessi del
collezionista, dove il nobile cortigiano si dedica all'attività culturale
14
Ibidem, p.27.
15
L'autore cita Becherucci(1995) la quale "osserva acutamente che questa iniziativa
punta non tanto ad insegnare l'arte, quanto piuttosto ad insegnare attraverso
l'arte… E vede qui il passaggio chiaro dal 'tesoro' al 'museo' " p. 10.
8
circondandosi di oggetti e decorazioni artistiche che seguono un
preciso programma iconografico. Anche se luogo ancora ad uso
strettamente privato, lo studiolo racchiude in sé elementi tipici della
museografia moderna per la stretta corrispondenza tra contenente e
contenuto.
Al nord delle Alpi, invece, i prìncipi raccolgono nelle loro
Wunderkammern (camere delle meraviglie) reperti della natura,
strumenti scientifici, reliquie, oggetti d'arte senza alcun criterio di
ordine, non hanno insomma, come riporta Binni
16
caratteristiche
museografiche. Lo stesso autore contrappone alla promiscuità delle
Wunderkammern tedesche il contemporaneo museo di Paolo Giovio
a Como per i suoi requisiti di ordine razionale e classificatorio. Per Binni
il museo gioviano rappresenta, nella storia dei musei, la prima forma
museograficamente significativa, episodio isolato ma di geniale
invenzione.
L'evoluzione dello studiolo nel corso del XVII sec. porta alla nascita
della galleria, tipico luogo espositivo-celebrativo dei nobili "amateurs"
16
BINNI, L. PINNA, G., p.23.
9
(fenomeno, quest'ultimo, soprattutto romano, con esponenti come il
cardinal Del Monte, il marchese Giustiniani, Scipione Borghese, i
Ludovisi, i Sacchetti, solo per citarne alcuni).
Eredi dei gabinetti delle curiosità, saranno invece alla fine del XVIII
secolo, i musei della scienza e della tecnica, nati dalla dicotomia fra
arte e scienza e dalla specializzazione delle diverse discipline.
Come afferma Schaer
17
, poco per volta, la natura e l'organizzazione
dei musei si trasformano rompendo con la tradizione delle curiosità:
non ci si accontenta più delle "rarità". Nel 1727, quando il museo
muove i suoi primi passi verso la pubblica utilità, Caspar Friedrich
Neickel è il primo a parlare di "museografia" in un volume in cui
analizza e distingue le principali collezioni europee settecentesche.
Nell'opera, che è dunque una sorta di inventario tipologico delle
raccolte di quel periodo, il termine "museografia" comprende tutto ciò
che riguarda il museo ed i suoi problemi: contenitore e contenuti,
criteri di ordinamento, denominazioni dei vari ambienti, natura delle
collezioni, ecc.
10
Naturalmente oggi utilizziamo questo termine con un significato
diverso; innanzitutto distinguendo tra "museologia" come disciplina che
studia il museo da un lato teorico-storico, e "museografia" che invece si
occupa dei problemi operativo-architettonici.
In pieno clima illuminista il museo è portatore di nuovi significati e
trasmette importanti valori. Primi fra tutti i concetti di conoscenza,
sapere, educazione, cultura che la Rivoluzione francese muterà in
diritti di tutti i cittadini.
Molti musei d'arte e di scienza nascono infatti accanto alle
Accademie, per fornire modelli di studio agli allievi.
In tutta Europa il museo è al centro di dibattiti e riflessioni, supportato
anche da una precisa disciplina, la museografia
18
, ma sono a Roma il
Museo della Villa Albani nel 1746 e il Museo Pio Clementino in Vaticano
nel 1775 a porsi per primi il problema della progettazione
architettonica e dell'allestimento, e ordinamento, adeguati a un
17
SCHAER, R, p. 36.
18
Ibidem, p. 47. Schaer parla di un primo trattato museografico nel 1787 riguardo
l'allestimento del Louvre. Qui si affrontano problemi di illuminazione e addirittura di
rischi d'incendio.
11
museo aperto al pubblico
19
. Va però ricordato che, sempre a Roma,
altri due considerevoli musei artistici nascono in questo periodo con
precisi progetti espositivi: il Museo Capitolino inaugurato nel 1734 da
Clemente XII, per accogliere le opere da poco acquistate dalla
collezione del cardinale Alessandro Albani; la Pinacoteca Capitolina
fondata da Benedetto XIV tra il 1748-1752.
In realtà è nei Paesi al nord delle Alpi che la storia del museo, nel corso
del XVIII secolo, conosce importanti sviluppi. Soprattutto Inghilterra e
Francia
20
, rispettivamente con l'apertura del British Museum e del
Louvre, sono i due paesi in cui il museo conquista identità e qualità
che ne fanno una macchina culturale sociale, con la quale, ancora
oggi, ci confrontiamo.
19
MOTTOLA MOLFINO, A. , p.21.
20
"…Inghilterra e Francia, i due paesi europei in cui si realizza, nel corso del XVIII
secolo, il passaggio dalla tradizionale collezione privata al museo pubblico. Questi
due paesi, dalla fine del XVII secolo, detengono il primato del collezionismo d'arte."
BINNI, L. PINNA, G., p.53.