Analisi Numerica della Combustione di Pellet da Biomassa in una Stufa Domestica
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Analisi numerica della combustione di pellet da biomassa in una stufa domestica A.A. 2011/2012
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Introduzione
A seguito degli obiettivi fissati dall’Unione Europea sull’utilizzo dell’energia e dello
schema della politica del 20-20-20, l’Italia ha assunto la responsabilità di coprire entro
il 2020 almeno il 17% degli usi finali di energia esclusivamente da fonti rinnovabili e di
ridurre del 14% le emissioni di CO2 in atmosfera rispetto ai valori di riferimento del
2005.
Le risorse energetiche attuali derivano per l’80% da combustibili fossili, mentre solo il
restante 20% deriva da fonti alternative. L’aspetto sul quale da anni si focalizza
l’attenzione riguardo ai combustibili fossili è la loro esauribilità, i loro effetti inquinanti,
nonché la volatilità dei loro prezzi, i cui riflessi sull’economia mondiale delineano
particolari scenari geopolitici.
Il rapporto “Climate Change 2007” del Panel on Climate Change (IPCC) stima un
innalzamento dal 66% al 90% dell’incidenza del fattore antropico sull’innalzamento
della concentrazione di gas serra nell’atmosfera. Se si considera che le attuali emissioni
di CO2 resteranno per almeno un secolo nell’atmosfera, è evidente che dalle scelte di
oggi dipendono le sorti delle future generazioni. Lo sviluppo sostenibile può e deve
essere avviato da un impiego più massiccio di fonti energetiche rinnovabili.
Tra le fonti energetiche rinnovabili rivestono un ruolo importante dal punto di vista
delle potenzialità e della facilità di reperimento le biomasse, ossia le materie prime
vegetali che costituiscono in natura la forma più sofisticata di accumulo dell’energia
solare.
Nonostante ciò, le biomasse soddisfano solo il 15% del fabbisogno energetico
mondiale, a causa della dispersione della materia prima sul territorio e dei bassi
rendimenti di conversione. Inoltre la distribuzione della produzione è disomogenea,
poiché i Paesi in via di sviluppo utilizzano biomasse per soddisfare il 38% del loro
fabbisogno, a fronte del solo 3% dei Paesi industrializzati.
L’Italia, in particolare, nel panorama europeo occupa una posizione al di sotto della
media, con solo il 2,5% della produzione energetica derivata da biomasse, malgrado il
suo vasto potenziale. Benchè il consumo di biomasse per impieghi energetici in Italia si
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è molto elevato negli ultimi anni. Tra gli impieghi di biomasse, predominano gli usi
termici diretti; nello specifico la fonte più usata è il legno per combustione diretta. Si
concentra l’attenzione sull’utilizzo di pellet da legno.
Il pellet di legno nasce nel 1973 in Idaho negli Stati Uniti, quando, a seguito della crisi
petrolifera, un ingegnere mise a punto questo nuovo tipo di combustibile legnoso.
Ideato inizialmente per l’impiego industriale, ben presto venne immesso sul mercato
delle caldaie domestiche che stava registrando una rapida espansione.
Il processo produttivo prevede, come prima operazione, l’essiccazione del materiale
legnoso di partenza, che deve raggiungere un’umidità intorno al 12%. Questo viene poi
sminuzzato finché presenta dimensioni omogenee per procedere alla successiva
compressione e per poter eventualmente miscelare tra loro differenti specie legnose o
scarti di lavorazione. La produzione vera e propria del pellet consiste in una pressatura
delle particelle ottenute, a pressione molto elevata (dell’ordine di 100 bar). Il pellet,
che al termine di tale fase può raggiungere temperature prossime ai 250 °C, viene
quindi raffreddato, privato delle polveri fini e depositato in silos o conservato in
appositi sacchi.
I cilindretti hanno un diametro variabile tra 6 e 12 mm ed una lunghezza oscillante tra
12 e 18 mm, così da risultare idonei all’alimentazione di stufe e caldaie, attraverso
l’automatica immissione nella camera di combustione tramite coclee.
L’uso del pellet di legno come materiale da riscaldamento porta dunque ad una
riduzione dell’impatto ecologico derivante dallo sfruttamento di combustibili fossili,
oltre ad un indubbio vantaggio economico, che può essere stimato attorno al 40/50%
rispetto al gasolio, e circa il 30% rispetto al metano.
Inoltre, ha un’altissima resa, poiché il potere calorifico del pellet (18 MJ/kg), a parità di
volume (ma non di peso) è circa doppio rispetto a quello del legno. Altri vantaggi del
pellet sono il basso volume di ingombro e il basso peso specifico, che ne determinano
la facilità di trasporto, di stoccaggio e di utilizzo. Inoltre il pellet si contraddistingue per
la ridotta emissione di sostanze inquinanti.
La combustione del pellet produce anidride carbonica e altri inquinanti, tipici delle
biomasse solide, tra i quali principalmente monossido di carbonio, polveri e ossidi di
azoto. Il pellet può essere usato per stufe, caldaie e caminetti.
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Per valutare l’effettivo impatto della combustione all’interno delle stufe a pellet, nello
specifico emissioni, si è deciso di dedicare l’elaborazione della tesi proprio alla
simulazione della combustione all’interno di una stufa mediante software di analisi
numerica (CFD).
CFD (computational Fluid Dynamics) è una tecnica di analisi che permette lo studio di
problemi di fluidodinamica mediante l’utilizzo di software dedicati. Le analisi
numeriche CFD permettono di riprodurre il comportamento fluidodinamico di un
sistema, sono in grado infatti di risolvere le complesse equazioni che descrivono il
comportamento dei fluidi. Tramite le tecniche di analisi CFD è possibile studiare,
migliorare, ottimizzare l’efficienza di fenomeni che altrimenti sarebbero di difficile
osservabilità. Questo tipo di analisi consente infatti di predire e anticipare il
comportamento fluidodinamico dei sistemi considerati.
Le simulazioni numeriche CFD vanno ad abbracciare i più svariati campi di applicazione
ingegneristica. Nel seguente studio di lavoro, viene simulato il fenomeno della
combustione all’interno di una stufa a pellet andando a definirne le varie
caratteristiche. I vantaggi legati a questo tipo di analisi vanno appunto ricercati nella
loro capacità di previsione di fenomeni.
Nel capitolo 1 si è descritto dettagliatamente il processo di combustione di biomassa.
Si è caratterizzata ogni fase concorrente alla completa ossidazione del combustibile,
ovvero una prima fase di riscaldamento e essicazione, una seconda fase di pirolisi e
una terza fase di ossidazione del char e una quarta di ossidazione delle sostanze
volatili.
Il capitolo 2 presenta una approfondimento sulla fase di pirolisi della biomassa. Sono
presentati inoltre i vari meccanismi di modellazione delle reazioni di pirolisi primaria,
effettuando una distinzione tra modello a singolo componente e multi componente. È
stata inoltre riportata una trattazione sui recenti modelli strutturali di volatilizzazione.
Il capitolo 3 si apre con la descrizione dello stato dell’arte della modellazione
computazionale fluidodinamica (CFD) delle stufe a pellet. Sono riportati due esempi di
modellazione. Il primo studio viene effettuato su una caldaia a pellet da 50 KW di
potenza termica nominale, il secondo studio invece viene eseguito su una caldaia da 18
KW. In entrambi gli studi riportato, i meccanismi di combustione del pellet sono
simulati mediante l’inserimento, all’interno del software Ansys Fluent, di una funzione
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esterna (UDF, User Defined Function), ovvero una subroutine scritta in linguaggio di
programmazione C++.
Nel capitolo 4 viene invece tentato l’approccio di modellazione CFD per la stufa a pellet
oggetto di studio in questo lavoro di tesi. Si tratta di una stufa di potenza termica
nominale di 6 KW, che si trova nei laboratori del Centro di Ricerca Biomasse
dell’Università degli Studi di Perugia. Dalle misure di dimensione effettuate sulla stufa
di riferimento, si realizza una prima geometria bidimensionale, che rappresenta una
sezione della camera di combustione. Si riportano i risultati di modellazione in termini
di campo termico all’interno della camera, e una rappresentazione delle reazioni
concorrenti alla combustione del pellet.
L’ultimo capitolo, è un’evoluzione dello studio precedente. Viene infatti modificata la
geometria di riferimento, rendendola più vicina al caso reale. Sono presentati vari
modelli di analisi numerica che differiscono tra loro per la variazione dei meccanismi di
reazione, e dei materiali utilizzate per la combustione.
Viene inoltre effettuato un confronto fra i dati di emissioni reali, misurati
sperimentalmente, e simulati. Si presenta infine un modello di previsione di
formazione degli ossidi di azoto (NOx), formati a mezzo dei due diversi processi,
Thermal e Prompt.
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CAP. 1
Combustione di biomassa
Questo capitolo tratta il processo di combustione di biomassa, effettuando un’analisi
approfondita per ogni fase del processo.
1.1. Introduzione alla combustione di biomassa
Con il termine biomassa possiamo intendere in termini semplici e con alcune eccezioni,
qualsiasi sostanza di matrice organica, vegetale o animale, destinata a fini energetici,
alla produzione di fertilizzante agricolo e i cui principi generali sono rivolti ad sostituire
anche nei prodotti, l'uso di fonti fossili con materie prime rinnovabili. L’applicazione
delle biomasse ai fini energetici, in parziale sostituzione dei combustibili fossili, ha
subito un forte incremento a seguito delle politiche restrittive, in termini di emissioni e
efficienza degli impianti, proposte dalla Commissione Europea.
Nel gennaio 2007, la Commissione Europea ha presentato una nuova politica
energetica, proponendo un Pacchetto integrato per l’energia e il cambiamento
climatico. Con la sua proposta, la Commissione Europea ha posto nuovamente, al
centro dell’azione dell’UE, l’energia. Gli obiettivi da perseguire attraverso tale politica
si riducono alla promozione della sostenibilità ambientale, contrasto del cambiamento
climatico e garanzia della disponibilità di energia accessibile. La realizzazione di questi
obiettivi è sostenuta dallo sviluppo delle tecnologie energetiche, in particolare
efficienza energetica e sviluppo di tecnologie per una crescita a basse emissioni di CO
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,
considerato come principale specie climalterante, causa dell’effetto serra.
La Commissione ha elaborato un pacchetto integrato di proposte e misure volte a
facilitare il perseguimento della politica del 20-20-20, così chiamata perché gli obiettivi
da perseguire entro il 2020 sono:
• la riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990;
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• il raggiungimento di un risparmio energetico del 20% rispetto ai consumi
previsti;
• il raggiungimento di una quota da fonti rinnovabili del 20% rispetto ai consumi
energetici complessivi;
• il raggiungimento di una quota da biocarburanti del 10% rispetto ai consumi
complessivi di benzina e gasolio nel settore dei trasporti.
Oggi la quota di energie rinnovabili sul consumo energetico finale dell’UE è pari
all’8,5%; ciò significa che è necessario un aumento dell’11,5% per raggiungere
l’obiettivo del 20% nel 2020. L’Italia è al terzo posto in Europa per emissioni di gas
serra, con il 13,7% delle emissioni complessive. Le emissioni di CO2 rappresentano
per l’Italia la parte più significativa del totale delle emissioni di gas serra, coprendo
costantemente, dal 1990 ad oggi, oltre l’83%, e raggiungendo l’86% circa nel 2007,
delle emissioni totali. Dal 1990, le emissioni di questo gas serra sono aumentate di
circa il 9%. Il settore energetico, la cui quota si è sempre mantenuta, dal 1990 ad
oggi, al di sopra del 90%, contribuisce in modo preponderante alle emissioni di CO2.
L’Italia ha ratificato il protocollo di Kyoto nel 2002 impegnandosi a ridurre le proprie
emissioni del 6,5% rispetto a quelle del 1990. Le operazioni che a livello nazionale
sembrano al momento più perseguibili al fine del raggiungimento dei suddetti
obiettivi, non soltanto in termini di costo, ma anche di efficacia, sono da un lato
l’incentivazione all’uso delle fonti rinnovabili, dall’altro l’aumento della capacità di
assorbimento di CO2 attraverso le attività di riforestazione, ottimizzazione della
gestione forestale, gestione dei suoli agricoli, pascoli e rivegetazione.
L’impiego su scala sempre più vasta di fonti energetiche rinnovabili diventa
prioritario per frenare gli effetti nocivi prodotti sull’ambiente.
Fra le fonti energetiche alternative, si prende in esame in questo studio le biomasse.
Tra le biomasse si annoverano genericamente:
• Residui del settore forestale;
• Residui del settore agricolo (paglie, residue di potature ecc);
• Piante espressamente coltivate per scopi energetici;
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• Scarti dell’industria (legno ecc);
• Scarti delle aziende zootecniche;
• Parte organica dei rifiuti solidi urbani.
Gli impieghi finali delle biomasse sono orientati verso la produzione di energia termica,
elettrica e biocarburanti. Alcuni di questi impieghi utilizzano direttamente la biomassa
allo stato naturale, senza modifiche alla sua struttura originaria, (ad esempio la legna),
altri usi invece richiedono dei processi di trasformazione della biomassa per consentire
una maggiore versatilità del suo utilizzo energetico rivolto in particolare ad alcune
applicazioni tecnologiche di tipo convenzionale (stufe, caldaie ecc).
Considerando una biomassa di generica composizione, un semplificato schema di
reazione è il seguente [1]:
+ + 4⁄ −